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La bicicletta che produce ossigeno


I designer tailandesi di Lightfog hanno inventato una bicicletta elettrica, per ora si tratta di un concept, un progetto solo su carta, in grado di produrre ossigeno e purificare l'aria attorno al ciclista.
Il segreto, scrive Zeusnews, sarebbe “un sistema a fotosintesi (così viene definito) che genera ossigeno grazie all'acqua e all'elettricità fornita da una batteria agli ioni di litio.” La produzione di aria pulita avviene sia quando la bici è in movimento sia quando è ferma.
Recentemente la Air Purify Bike ha vinto il Red Hot Award Design Concept 2014.

(cacao news su Alcatraz.it)

Mi viene un dubbio.
Per far andare la bici, bisogna pedalare e questo consuma ossigeno.
La fotosintesi è una reazione endotermica (assorbe calore, assorbe energia).
Da chi assorbe energia la fotosintesi?
Da chi pedala.
Per pedalare si consuma ossigeno e si produce anidride carbonica.
Come è è possibile far andare la bici e dare energia alla fotosintesi in modo che il bilancio porti a produzione di ossigeno?
C'è qualcosa che non quadra.
La bici è elettrica?
E come viene prodotta questa elettricità?
Dal sole?
Ecco che qualcosa comincia a quadrare.
Ma, allora, tanto vale dire che ci portiamo in giro una centralina che produce ossigeno a spese di una batteria caricata ad energia solare.
Tutto questo apparato potrebbe anche stare fermo.
Che cavolo c'entra la bicicletta?
Interessante l'idea di produrre ossigeno a spese della energia solare.
Potrebbe essere una via di uscita per le centrali fotovoltaiche rispetto alla discontinuità dei consumi.
Potrebbe essere una ottima applicazione (ma su quale scala per essere significativa?) del fotovoltaico.

O non ho capito niente?

La fotosintesi ha come materie prime acqua e anidride carbonica e produce materiale organico.
Mi fermo ma mi sembra tutto un po' complicato.

La respirazione umana produce comunque anidride carbonica, abche a riposo. Non so valutare la differenza di produzione sotto sforzo fisico, ma è pacifico che se utilizzo una bici genero meno CO2 ed inquinanti rispetto ad un autoveicolo, se poi la bici produce ulteriore ossigeno tramite sintesi l'apporto di CO2 viene ulteriormente abbattuto. Immagino che la batteria sia un accumulatore che può essere caricato con una dinamo tramite vigorose pedalate... Bisogna quindi allenarsi

Per far funzionare il marchingegno bisogna dare ulteriore energia rispetto al semplice pedalare (che inquinava meno dell'auto anche prima di questa idea che non mi sembra così miracolosa tranne il meccanismo stesso che potrebbe essere la vera novità).
Che l'incremento di energia (che mi fa consumare ossigeno) porti ad una reazione che produca più ossigeno del mio incremento di consumo è il vero problema.
Ci stanno lavorando degli esperti del settore?
Stiamo un po' a vedere.

pianogrande ha scritto:... Che l'incremento di energia (che mi fa consumare ossigeno) porti ad una reazione che produca più ossigeno del mio incremento di consumo è il vero problema.
Ci stanno lavorando degli esperti del settore?
Stiamo un po' a vedere.

Ho seguito la cosa, che sui giornali è spiegata poco e male. Mi sembra che il marchingegno sia originale, in quanto produce fotosintesi (che in natura da acqua, anidride carbonica e luce solare produce zucchero e ossigeno) utilizzando una fonte di energia che non è la luce diretta del sole ma è l'energia della pedalata o del motore elettrico.
Lo scopo primario del marchingegno mi sembra sia favorire i ciclisti, che pedalando in città di solito inalano quantità abnormi di smog, producendo una corrente di ossigeno ed aria pulita verso di loro quando pedalano nel traffico. Questo potrebbe incentivare il desiderio di andare in bicicletta che, anche con pedalata assistita da motore elettrico, è pur sempre meno inquinante di altri mezzi di trasporto.
Quando la bici è ferma (quindi anche se non ci fosse la bici) il marchingegno può continuare a funzionare sfruttando il motore elettrico, che si spera funzioni con energia prodotta da fonti non inquinanti.

Credo che gli inventori abbiano applicato il loro marchingegno ad una bicicletta perché ha ancora una resa molto bassa, sufficiente a spruzzare aria ossigenata sul viso del ciclista, insufficiente a ripulire anche solo una zona della città.
Sul problema della "ripulitura" dell'aria mi sembra però che i gruppi di ricerca che ci stanno lavorando siano molti, su molte linee di ricerca: dalla costruzione di "giardini verticali" con vere piante posizionate su muri e terrazzi per produrre fotosintesi naturale, alla produzione di cementi o asfalti in grado di assorbire gli inquinanti.
Vista la rapidità con cui è cambiato il mondo negli ultimi decenni, direi che c'è speranza che il problema finisca col venir risolto, catastrofi varie permettendo.

Annalu

Su questa falsariga, si potrebbe allora pensare a stazioni di lavaggio dell'aria che, tutto sommato, consisterebbero in un tunnel, ugelli che spruzzano acqua e un ventilatore che aspira aria dall'ambiente, la fa passare nel tunnel e la restituisce ad una certa distanza.
Conosco casi concreti in cui, per sfruttare l'inquinatissima aria in un impianto industriale, si è obbligati ad una procedura simile che può trattare quantità di aria ragguardevoli con mezzi abbastanza limitati.
Si può anche fare gli spiritosi (come ha fatto il sottoscritto in momenti di relax sul lavoro) suggerendo di additivare l'acqua con Chanel o roba del genere ma forse un giorno arriveremo anche a questo.

Che ne direste di una pioggia provocata una volta alla settimana?

Città come Milano, in questa stagione ne guadagnerebbero tantissimo.

Il lavaggio dell'aria è un'ottima idea per i polmoni dei milanesi, ma credo che in termini assoluti sposti solamente il danno senza ridurlo: gli inquinanti si trasferirebbero dall'atmosfera ai corsi d'acqua e, forse, alle falde acquifere.

L'asfalto che assorbe gli inquinanti è già utilizzato in un tunnel sotto la stazione di Lambrate, sempre nel capoluogo lombardo. Purtroppo ci si è fermati lì, mentre andrebbe introdotto nel manto stradale di tutti i centri urbani.

Anche quando piove gli inquinanti si spostano ma il passaggio dall'aria all'acqua non è una differenza da poco.
Le vie respiratorie sono molto più sensibili (ad esempio alle polveri).
Anche quando tira vento l'aria si pulisce per modo di dire.
In quel caso sì che lo sporco si sposta solo da un'altra parte (e il tutto funziona se l'aria che arriva è pulita).
Che dobbiamo fare?
A queste pseudo soluzioni siamo ridotti.

In effetti a Milano l'aria si muove poco, mentre le risorse idriche sono sovrabbondanti. Con le dovute precauzioni (contro la formazione di ghiaccio) ci sarebbero benefici macroscopici per la cittadinanza, soprattutto per i più piccoli e gli anziani.