Domande & risposte
29/04/2013 - il mese dei bit
Quanto è digitale il nostro Paese?
a cura di bruno ruffilli
torino
Questa settimana parte a Torino il quarto Digital Festival. Di che cosa si tratta?
È forse il più grande appuntamento italiano dedicato alle tematiche digitali, la cosidetta «digital experience». Di sicuro è quello che dura di più, dal 3 al 20 maggio, con mostre, convegni, incontri. Si articola in cinque temi: il digitale per il lavoro, per il business, per la creatività, per la gente e i progetti speciali. Se alcuni aspetti e workshop sono per appassionati e professionisti, è però vero che altre iniziative hanno un carattere più generale. In concomitanza con il Salone del Libro, ad esempio, si parlerà di ebook, mentre dall’11 al 19 maggio sarà la volta dei «Digital Food Days», un viaggio alla scoperta dei blogger culinari italiani, con cene reali e non virtuali. E il 18 maggio è il giorno della Seat PG Connection Game, una grande caccia al tesoro su smartphone a cui si può partecipare da tutta Italia.
E se invece fossi un giovane che cerca lavoro?
Nel programma del Digital Festival ci sono numerosi seminari e incontri: sui Big Data, su come costruire un curriculum invitante per le aziende usando Google e i social network, su come allestire un’azienda online. E molti altri, alcuni dei quali si possono seguire anche sul web (www.digitalfestival.net).
Si parla molto di start up. Meglio puntare ad avere un posto in un’azienda o crearla?
Start up è una specie di formula magica, in tempi di crisi come questi: ma secondo l’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, un investimento di 300 milioni di euro in nuove aziende si tradurrà in un impatto sul Pil di circa 3 miliardi di euro fra dieci anni. In Italia c’è ancora molto da lavorare per arrivare al livello delle altre economie mature, sia per numero di start up, sia per ammontare di investimenti. Con Usa e Israele in testa, da noi si investe in nuove imprese per un settimo rispetto alla Francia, un quinto rispetto alla Germania e al Regno Unito. A prevalere è il settore Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione), con circa il 50 per cento del totale: 44 le start up finanziate nel 2011 per 27 milioni di euro e 29 quelle finanziate nei primi 9 mesi del 2012, per 20 milioni di euro. La metà di questi investimenti si concentra su tecnologie mobili, e qui l’Italia è all’avanguardia a livello internazionale.
Ma non era indietro rispetto agli altri Paesi?
I computer nelle famiglie italiane sono 67 ogni 100, contro 88 nei cinque Paesi europei più avanzati e 140 negli Stati Uniti d’America, ma siamo penalizzati anche per la limitata penetrazione della banda larga (circa il 62 per cento della popolazione, a fronte del 90 per cento nei paesi nordeuropei). Siamo invece primi in Europa per gli smartphone: li usa per accedere a Internet il 41 per cento di chi naviga sul web.
Allora il futuro del digitale passa per smartphone e tablet?
È uno dei futuri possibili, e certamente tra i più interessanti per il commercio online. In Italia continua a crescere il numero di utenti che hanno fatto acquisti online: negli ultimi tre mesi sono 13,8 milioni, ovvero quasi la metà dell’utenza Internet (era il 35,8 per cento un anno fa). Ma soprattutto aumenta del 165% l’incidenza degli acquisti da piattaforme mobili, che nel 2012 superano il dieci per cento del totale delle transazioni online.
Cosa si vende ?
Di tutto: beni, servizi, software. C’è chi ha lanciato un’app per prenotare l’autista privato, chi ha inventato giochi di successo, come Angry Birds o Ruzzle, o strumenti utili per comunicare, come Whatsapp. Apple, che ha lo store di app più grande del mondo, ha pagato finora oltre 9 miliardi di dollari agli sviluppatori, e molti sono indipendenti.
E per i creativi?
Intanto il creativo di oggi è spesso digitale: usa il pennello con il computer, la tastiera accanto alla chitarra. Almeno all’inizio, non ha bisogno di uno studio di registrazione, non gli serve una videocamera, perché ha già tutto nello smartphone o nel pc. Il digitale ha incrinato le gerarchie tradizionali e agevolato l’accesso. Per vendere un libro avere una casa editrice alle spalle aiuta, ma non è indispensabile: basta pubblicarlo su Amazon. Lo stesso per la musica, come mostrarono qualche anno fa i Radiohead: registrarono un disco («In Rainbows») e lo misero a disposizione sul loro sito in cambio di un’offerta libera. Certo, erano già una delle band più famose del mondo.
E ora il digitale approda anche in politica.
Oltre Grillo, esistono mille modi in cui il digitale può influenzare la politica, dalla comunicazione diretta su Facebook, Twitter e siti web, allo streaming di incontri e sedute. E naturalmente, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, con cui si stimano possibili risparmi fino a 20 miliardi di euro in tre anni, mentre le maggiori entrate ammonterebbero a circa 5 miliardi. L’e-government è uno dei sei punti dell’«Agenda digitale» italiana, che punta anche su infrastrutture e sicurezza, competenze digitali, smart cities, ricerca e innovazione, e-commerce.
Twitter@BrunoRuffilli http://www.lastampa.it/2013/04/29/cultu ... agina.html