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rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda ambientalistaPD il 02/09/2008, 11:13

CLIMA: RAPPORTO ONU, SCIOGLIMENTO GHIACCIAI RADDOPPIATO
(ANSA) - GINEVRA - Il tasso medio della fusione dei ghiacciai appare raddoppiato dall'inizio del nuovo millennio, conferma un rapporto presentato oggi a Ginevra dall'Onu e dal World Glacier Monitoring Service (Wgms). Perdite record sono state registrate nel 2006, hanno precisato il Wgms ed il Programma Onu per l'ambiente (Unep) in un appello all'azione lanciato nell'ambito della riunione del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatci (Ipcc). ''Se tali tendenze continueranno ed i governi non giungeranno ad un'intesa per una riduzione profonda e risoluta delle emissioni nell'ambito della riunone dell'Onu a Copenaghen nel 2009 - dicono gli esperti - e' possibile che alcuni ghiacciai spariscano da molte regioni di montagna nel corso del 21/o secolo''. Il tasso medio della fusione dei ghiacciai di montagna appare raddoppiato dall'inizio del nuovo millennio rispetto al gia' accelerato ritmo dei due decenni precedenti. Il precedente record di perdite registrato nel 1998 e' stato superato a tre riprese nel 2003, nel 2004 e nel 2006, con le perdite del 2004 e del 2006 pari a circa il doppio rispetto al 1998. Per gli esperti ci sono crescenti prove che i cambiamenti climatici stanno provocando l'assottigliamento e lo scioglimento di molti ghiacciai nel mondo minacciando la disponiblita' di acqua per centinaia di milioni di persone. (ANSA).
01/09/2008 14:39
http://www.ansa.it/ambiente/notizie/fdg ... 23414.html
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Re: rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda FreeRider il 02/09/2008, 18:57

ambientalistaPD ha scritto:''Se tali tendenze continueranno ed i governi non giungeranno ad un'intesa per una riduzione profonda e risoluta delle emissioni nell'ambito della riunone dell'Onu a Copenaghen nel 2009 - dicono gli esperti - e' possibile che alcuni ghiacciai spariscano da molte regioni di montagna nel corso del 21/o secolo''.

Il riscaldamento è accertato, il collegamento con le emissioni di CO2 non mi pare.
La questione è aperta, tra gli scienziati, e le cause del riscaldamento globale possono essere diverse.
Giusto limitare le emissioni inquinnati (non solo la Co2) in ogni caso ma soprattutto perché la combustione di fossili fa male alla salute di qualsiasi essere vivente abbia dei polmoni.
In tanti luoghi di discussioni e siti distanti dal "pensiero unico ecologista" si fa notare che rapidi riscaldamenti equivalenti sono già stati registrati in passato. Si pensi alla "verde groenlandia" nell'anno mille (vedere Periodo caldo medioevale su Wikipedia: Il periodo caldo medioevale (PCM; in inglese Mediaeval Warm Period, MWP) o ottimo climatico medioevale fu un periodo di inusuale clima relativamente caldo, nella regione del nord Atlantico, durato circa 500 anni dal IX al XIV secolo). Vero che ai tempi avevamo registrazioni climatiche sommarie solo in europa per cui non possiamo sapere se nell'emisfero sud si verifico' lo stesso fenomeno e quindi non sappiamo per certo che fu un caso "globale" ma questo non toglie nulla al fatto che dove potevamo registrare le temerature e ben prima di ogni rivoluzione industriale abbiamo avuto lunghi periodi di atipico caldo intenso ed anche "piccole ere glaciali".

Singolare il fatto che temperature e precipitazioni seguano un adamento ciclico sinusoidale di 22 anni se si tracciano medie di 11 anni (il ciclo solare).

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Re: rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda franz il 09/09/2008, 8:33

Per la prima volta l'Artide è circumnavigabile. Siamo andati a
vedere da vicino l'ultimo effetto del riscaldamento globale

Viaggio nel Poloche si scioglie
dal nostro inviato PAOLO RUMIZ

Nulla. Solo un mite spazio grigio-azzurro dai riflessi opalini, sovrastato da vapori biancastri, piallato così regolarmente dal vento che potrei veder emergere il naso di un tricheco a un miglio di distanza. Eccola la finestra che s'è aperta nel Polo con la grande febbre della Terra. Mai così visibile come ora, mai come da questo punto, l'ultima Thule, il promontorio più settentrionale della terraferma americana.

Qui pochi anni fa, anche in questi giorni di fine estate, la linea della banchisa non spariva mai dall'orizzonte, era sempre visibile prima che cominciasse la sua implacabile manovra a tenaglia verso il continente.
Il gelo era sempre lì, pronto a richiudersi. Se il tempo peggiorava, capitava che nella prima metà di settembre le baleniere ritardatarie naufragassero a poca distanza dalla riva in un'apocalittica collisione di ghiacci. Ora è tutto finito. Il mare si ricompatta sempre più tardi, in modo sempre meno prevedibile, e agli uomini della stazione scientifica polare che svernano in questo villaggio sperduto non resta che monitorare, più che una silenziosa ritirata, una fuga precipitosa. Duecento, trecento, quasi trecentocinquanta chilometri in pochi anni.
***

Ma la nostra storia comincia altrove, molto più a Ovest, sullo stretto di Bering, alle sette del mattino, in un freddissimo giorno di vento forte da Ovest. Inizia con un'alba svogliata che si fa strada agli antipodi del mio mondo, aprendo squarci blu come bolle d'inchiostro dentro una banchisa di nubi ferme, simili a una coperta funebre. È quello il Finis-terrae da cui parte il nostro viaggio ai margini del Polo che si scioglie fino al mitico Passaggio a Nordovest. Alle spalle c'è l'Alaska - penisola di Seward - punto estremo delle Americhe. Davanti, oltre la luce intermittente di un faro, la Siberia ancora immersa nella notte. A Sud il Pacifico, l'acqua di mezzo planisfero terrestre che imbocca con spaventose correnti il varco di cinquanta miglia che lo separa dal Mare artico.

Il Polo è diventato circumnavigabile dopo centomila anni, i ghiacci si sciolgono, da qualche giorno - e forse solo per qualche istante - il Passaggio a Nordest e quello a Nordovest si sono aperti in simultanea, ma è sul secondo - quello di gran lunga più difficile tra Il Canada e la Groenlandia - che s'è rotto l'ultimo diaframma. È su questo itinerario maledetto che, in un labirinto di isole e ghiacci, nell'agosto 1845 il capitano John Franklin scomparve con due grandi navi e un equipaggio di centocinquanta uomini, ed è verso quel punto che tenteremo di andare, toccando alcuni punti chiave della traversata, nell'ultimo varco di bel tempo che ancora rimane all'emisfero boreale.

Tutto si capovolge nello stretto di Bering. L'ora del tuo orologio, la notte che diventa giorno, la data che cambia agli antipodi di Greenwich. E poi la Russia che qui sta a Occidente, l'America che diventa Oriente, e l'Europa - capovolta! - che si scopre a Nord, oltre la calotta polare e le isole Svalbard, sulla rotta dei jet intercontinentali. Tutto si inverte e tutto finisce: gli oceani; il nuovo e il vecchio mondo che qui sembrano navigare come incrociatori in rotta di collisione; il passaggio a Nordest e quello a Nordovest che confluiscono, simultaneamente liberi dalla banchisa. Al primo chiarore scopro che il mare non c'è, lo stretto è coperto da un altro mare, un mare fatto di bruma, una grigia decalcomania delle superfici oceaniche che ribollono di sotto.

In mezzo a questa prateria lattiginosa, venti-trenta miglia al largo, sbucano due montagnole, come monconi di un ponte bombardato, ferme nella corrente. Le Isole Diomede, vicinissime tra loro: una russa, più grande e piatta, e una americana, più piccola e irregolare. In quel punto la nebbia s'ispessisce verso Ovest, diventa bambagia densa come il piumaggio delle oche, causa il freddo siberiano che lambisce la costa e incontra l'umido del Pacifico.

Una grande nave da carico, nera, ispida di ponteggi e sollevatori, esce da Capo Prince of Wales, fende il mare controcorrente lungo la costa alaskana, scende verso le Isole Aleutine. "Viene da Kivalina, 150 miglia a Nordest, dove sta la più grande miniera di zinco del mondo" spiega Tim, la mia guida, un tipo lungo nato sulla costa Est. "Il traffico è continuo, la ditta porta via tutto quello che può prima che quei fottuti ghiacci chiudano di nuovo gli stretti", brontola sputando semi di zucca.

Ha appena smesso di fumare, e i semi sono la sua sola consolazione. "Poi, a fine ottobre si ferma tutto. Gli Stretti chiudono baracca".

Intanto, dice con un lieve tono di commozione, arriveranno le balene. Molleranno i loro pascoli estivi nel Nord dell'Alaska, dove tutte le correnti si mescolano generando pazzesche concentrazioni di plancton, e per fine settembre doppieranno Point Hope, il promontorio giusto a settentrione della penisola di Seward, dove si possono vedere quasi sotto riva, e scenderanno controcorrente nel Pacifico. Tim sa quasi a memoria i libri di London, Konrad o Melville, e lancia al vento oscuri presagi. "Big changes are going on, amico mio", mutamenti biblici sono in corso tra gli uomini e nella natura. Poi allarga le braccia per dire che nessuno ha la minima idea di dove il clima porterà la Terra Madre.

Dura arrivare fin qui; solo l'aereo collega le Terre estreme al resto del mondo. Niente strade, niente alberghi, persino la mappa si desertifica, perde la densità di nomi in un mondo dove pure i cercatori d'oro hanno battezzato ogni rigagnolo. Ci si lascia alle spalle l'Alaska coperta di foglie gialle, immersa nella luce della placida estate indiana, e subito verso la costa il paesaggio si imbarbarisce. Vento forte, freddo, colline coperte di abeti anemici, paludi già pronte al rigelo, un terreno che sotto il metro di profondità resta un blocco ghiacciato anche d'estate. Alla fine, una brughiera nuda scende verso la costa cui s'aggrappano ispidi villaggi eschimesi, chiusi come ostriche al resto del mondo. Qua e là, basi militari - Tin City, Point Hope, Cape Lisburne - con le bandiere stellate al vento, ancora in allerta per una guerra fredda che può ricominciare.

"Posti per duri", mi ha avvertito Hajo Eicken, giovane luminare dell'università di Fairbanks che sta monitorando la febbre terrestre attraverso la fusione dei ghiacci marini. "Laggiù è illusorio muoversi senza una guida e senza essersi annunciati con anticipo alla comunità tribale. Ti ignoreranno". Difatti mi ignorano. Nei villaggi costieri tra Teller e l'aeroporto di Nome, non ottengo risposta a nessuna domanda. Buongiorno. Silenzio. Sono italiano. Silenzio. Ti guardano con gli occhi a mandorla chiusi a fessura, poi continuano a fare le loro cose.

A Singigyak, a Sinuk, stessa musica. Hajo ha ragione, per gli eskimo sono solo un ficcanaso. Niente da mangiare, un posto per dormire non esiste; devo tornare a Fairbanks in giornata. Ma la visione degli Stretti avvolti nella bruma siberiana è sufficiente a capire la partita in gioco su questo tratto di mare che potrebbe diventare il Canale di Suez di domani.
Basta un po' d'immaginazione. L'anno scorso il minimo storico dei ghiacci s'è registrato la seconda settimana di settembre.

Ora, mi ha detto sempre Eicken davanti alla mappa satellitare che radiografa ora per ora l'estensione del Polo, "questo record potrebbe essere battuto". Se è vero, lo sapremo a giorni. E se continua così, è chiaro fin d'ora che le rotte del domani, saldandosi su questo stretto oceanico, potranno far risparmiare al trasporto marittimo mondiale migliaia di miglia e milioni di barili di petrolio.

L'accesso alle acque polari è largo sull'Atlantico, occupa tutto lo spazio tra Groenlandia e Scandinavia, e non genera bagarre tra le nazioni. Qui, invece, dove il varco è minimale, si concentrano enormi conflitti di interessi. Russia e Canada, i due grandi Paesi con coste artiche, hanno in mano le chiavi delle due rotte circumpolari, e gli Stati Uniti sono nervosi per il fatto di dover dipendere dalle compiacenza altrui. Nervosi soprattutto col Canada, che ha avuto l'ardire di ispezionare navi americane in transito, e nel 2005 ha subito per ritorsione lo smacco di vedersi passare sotto il naso sommergibili Usa in acque artiche di sua competenza. Passaggio ovviamente non annunciato. È qui in Alaska, più che in Texas, che si misura la fame energetica americana.

Qui, in uno stato al settanta per cento repubblicano che spazzerebbe via orsi polari, balene, renne e foche per un solo barile di petrolio in più. "Drill, drill, drill!", Trivella, trivella, trivella, è stato il grido delle truppe repubblicane alla convention di Saint Louis che ha incoronato, accanto al candidato presidente John McCain, la sua vice Sarah Palin, governatrice dello stato più settentrionale degli Usa. Era un grido che partiva dalle compagnie petrolifere che lavorano in Alaska, e ovviamente aspettano la liquefazione dei Poli per mettere le mani sulle ultime risorse.

Non è ambientalista l'Alaska, e i democratici lo sanno bene. "We are terrified by her", siamo terrorizzati da questa donna, dichiarano ai giornali locali i pochi partigiani di Obama. Gli orsi polari stanno sparendo, ma la signora Palin ha fatto recentemente ricorso contro la decisione federale di schedarli come specie a rischio di estinzione. Motivo non detto: la tutela della vita animale limiterebbe la libertà dei trivellatori. "La sua filosofia è tagliare, uccidere, scavare e trivellare", parola di John Toppenberg, direttore dell'Alaska Wildlife Alliance.

In Mediterraneo la fine dell'estate genera dolci malinconie. Qui ti squarcia l'anima di angoscia. Nelle terre estreme dello spazio iperboreo la discesa del sole s'accompagna a una grande fuga che ti fa sentire l'ultimo sopravvissuto di una catastrofe nucleare. Partono i pensionati verso la Florida, partono i turisti; i cacciatori e i pescatori tengono duro ancora due-tre settimane al massimo, per sparire anch'essi alla prima tempesta di neve. Ma se ne vanno soprattutto i migratori.

Sulle brughiere che fanno da scenario alle correnti oceaniche di Bering la smobilitazione è già iniziata. Il cielo è segnato ovunque da squadriglie di oche, anatre, gru, e Sand Pipers (bestiole trampoliere dal becco lungo a canna di flauto, di cui non trovo il nome italiano) che vanno in formazione verso il Sudovest dell'Asia e il Sudest dell'America. Alcuni dall'Alaska vanno fino in Australia e altri dalla Siberia tagliano verso il Texas, costruendo sul cielo di Bering delle grandi "X" con l'incrocio delle loro rotte transoceaniche.

Vanno e ti strappano il cuore, mentre il freddo comincia e la linea bianca dei ghiacci si prepara a invertire il suo movimento tornando a Sud. Gli stretti non hanno mai fermato gli animali. Orsi, foche, leviatani, narvali e orche marine vanno dove vogliono. Un tempo passò anche l'uomo, se è vero che gli eskimesi alaskani arrivarono dal Nord della Siberia e hanno le stesse fattezze rotonde dei loro cugini in terra russa. Così, almeno, appurò la mitica spedizione del norvegese Rasmussen nell'anno del Signore 1925. E poi le correnti. Non avete idea di cosa succede qua sotto. Il Pacifico comincia a correre verso Nord - per una questione di scarsa salinità - già all'altezza della penisola di Kamchatka, quella specie di zoccolo, grande come l'Italia, un posto pieno di vulcani che sulla mappa fa sembrare l'Eurasia una strana mucca che scalcia. Quando arriva al lungo arcipelago delle Aleutine - la coda della spina dorsale americana - la corsa è tale che tra un'isola e l'altra il mare s'ingolfa creando uno scalino di mezzo metro. "Anche se l'acqua fosse calda non potresti nuotare" ti dicono gli oceanografi.

Una volta sullo stretto, il Pacifico diventa una carica di cavalleria, un fiume incontenibile, con punte di settanta chilometri al giorno. Anche lì, con il satellite vedi perfettamente cosa succede. Acqua marrone sulla costa, per i sedimenti dello Yukon. Acqua blu-notte tra le Isole Diomede e la costa americana, a indicare il canale d'uscita dell'oceano più grande del mondo.
Dopo, succede di tutto. Fiumi e fiumi sottomarini che vanno attorno al Polo, la profondità diverse, senza mescolarsi, per migliaia di chilometri. E intanto ecco che una corrente atlantica, dopo aver circumnavigato il Polo in senso orario a partire dalle Svalbard, ha una forza tale che è capace di arrivare fino allo stretto di Davis, in zona Passaggio a Nordovest, per riemergere nei pressi della Groenlandia. Così accade che sulla costa Nord dell'Alaska ci sia acqua del Pacifico in superficie e acqua dell'Atlantico in profondità.

Meraviglie, equilibri insondabili, con la vita animale che non fa che seguire la traccia dell'enorme mestolo capace di mettere in movimento tutto questo.
Anche il ghiaccio, qui intorno, subisce mutazioni stupefacenti. Non diventa banchisa piatta, non riesce a creare le infiorescenze e le trame sottili con cui comincia a consolidarsi nelle acque più ferme. Non avanza nemmeno, come un fronte. Si accumula, invece, rabbiosamente: con tempeste, nevicate, agglomerazioni tondeggianti dette "pancakes" che poi riempiono gli interstizi con altro ghiaccio mobile. Alla fine tutto si salda, e Bering diventa teoricamente percorribile a piedi. Ogni tanto c'è qualche pazzo che ci prova, e scompare nella tormenta, per via delle tremende spinte sottostanti che spaccano tutto, sollevando lastre di ghiaccio come pietre tombali in un cimitero abbandonato.

Ma il ghiaccio dov'è? Dov'è la bianca signora, la fatamorgana che arretra a Nord? A quanti chilometri dalla costa sta la linea del fronte del Polo? Trecento, dicono i satelliti, ma il gioco delle correnti fa sì che, a Nordovest dell'ultimo Finis Terrae americano, un promontorio di gelo arrivi a cento, forse ottanta chilometri dalla costa. Per vederlo c'è solo l'aereo e il rompighiaccio, se il tempo lo permette. E per questo che la nostra seconda tappa è quassù a Barrow, dove finisce il Passaggio a Nordovest.

Ma attenzione. Settembre resta una stagione infida, Nessuna nave oggi si allontanerebbe dalla costa, anche se è ora che i ghiacci raggiungono, teoricamente, la minima estensione. Già a metà agosto il gelo può arrivare in un lampo, il tempo diventa dannatamente imprevedibile. E poi, ti dice chi conosce l'Artico, non c'è satellite al mondo che sappia segnalare i ghiacci vaganti, specie se semisommersi. La circumnavigabilità può essere anche una questione di minuti. A queste latitudini non esiste che l'aeroplano, ma anche quello diventa un terno all'otto se comincia la neve.

La giornata di Bering è finita. Arrivo all'aeroporto di Nome, sulla costa Sudovest, infreddolito come un mendicante, in pieno sballo da fuso orario e con una fame da morire. Chiuso nella giacca a vento, ho nella pancia solo quattro chips prese da un distributore automatico. "Lei è italiano?" mi chiede sconvolta un'eskimese bella tondetta al tavolo del check-in.

Capisco che spera che non sia vero, ma ammetto a malincuore la provenienza. Questo la getta ancor più nello sconforto. Ripete: "Italia, Venezia, Roma...", poi mi guarda a bocca aperta e chiede, sconsolata: "Ma lei perché viene qui?". Non riesce a capire cosa spinga tra i ghiacci un figlio del sole.
(1 - continua)

(9 settembre 2008)
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I ghiacci artici ai livelli del '79

Messaggioda franz il 06/01/2009, 10:32

dati del Centro di Ricerca sul Clima Artico dell'Università dell'Illinois.
«I ghiacci artici ai livelli del '79»

Dopo l'allarme scioglimento dei mesi scorsi, le superfici ghiacciate sono aumentate velocemente

MILANO - Il livello dei ghiacci artici è tornato ai livelli del 1979. Lo rivelano i dati, per certi versi sorprendenti, del Centro di Ricerca sul Clima Artico dell'Università dell'Illinois. Nei primi mesi del 2008 - riferiscono gli studiosi - la superficie ghiacciata aveva subito una forte riduzione, tanto che qualcuno aveva predetto la scomparsa totale dei ghiacci artici entro l'anno. Ma nei mesi invernali i territori ghiacciati sono aumentati velocemente invernali riportando i livelli a quelli di 30 anni fa.

LE CAUSE - Gli scienziati americani monitorano periodicamente la solidità del ghiaccio terrestre attraverso i satelliti. Ogni anno milioni di chilometri quadrati di ghiaccio si sciolgono e si risolidificano con l'arrivo dell'inverno, ma gli scienziati non si aspettavano un andamento così improvviso negli ultimi mesi. Bill Chapman, uno dei ricercatori del centro universitario, spiega che negli ultimi tempi le temperature nelle zone artiche sono state particolarmente rigide. A contribuire al raffreddamento sarebbe stato il calo dei venti che rende più facile la formazione di ghiaccio, lasciando uno strato di neve in superfice.


05 gennaio 2009
http://www.corriere.it


Da altre fonti avevo letto che il livello dei ghiacci polari e dei ghiacciai montani è influenzato non dalle estati calde ma da inverni miti. Questo inverno è uno dei piu' rigidi e quindi il livello dei ghiacci è risalito. Vari studi segnalano una periodicità nel clima terrestre (temperatura e piovosità) legata molto probabilmente ai cicli solari (~11 anni) e geomagnetici (~22 anni) ed infatti questo inverno, come il precedente risulta freddo e molto innevato, come quelli (chi si ricorda?) del 1984 e del 1985. In mezzo al periodo di 22 anni ci sono anni piu' secchi e caldi, cosa che rende, in certi momenti, forte l'impressione di un riscaldamento globale. Recentemente un gruppo di 650 scienziati ha sotto scrittto un documento critico nei confronti delle tesi sul riscaldamento globale pubblicate dei 55 scienziati di IPCC. Il documento è un rapporto del Senato americano.
http://epw.senate.gov/public/index.cfm? ... 1411df5804

Ciao,
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Re: rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda pinopic1 il 08/01/2009, 21:49

FreeRider ha scritto:
ambientalistaPD ha scritto:''Se tali tendenze continueranno ed i governi non giungeranno ad un'intesa per una riduzione profonda e risoluta delle emissioni nell'ambito della riunone dell'Onu a Copenaghen nel 2009 - dicono gli esperti - e' possibile che alcuni ghiacciai spariscano da molte regioni di montagna nel corso del 21/o secolo''.

Il riscaldamento è accertato, il collegamento con le emissioni di CO2 non mi pare.
La questione è aperta, tra gli scienziati, e le cause del riscaldamento globale possono essere diverse.
Giusto limitare le emissioni inquinnati (non solo la Co2) in ogni caso ma soprattutto perché la combustione di fossili fa male alla salute di qualsiasi essere vivente abbia dei polmoni.
In tanti luoghi di discussioni e siti distanti dal "pensiero unico ecologista" si fa notare che rapidi riscaldamenti equivalenti sono già stati registrati in passato. Si pensi alla "verde groenlandia" nell'anno mille (vedere Periodo caldo medioevale su Wikipedia: Il periodo caldo medioevale (PCM; in inglese Mediaeval Warm Period, MWP) o ottimo climatico medioevale fu un periodo di inusuale clima relativamente caldo, nella regione del nord Atlantico, durato circa 500 anni dal IX al XIV secolo). Vero che ai tempi avevamo registrazioni climatiche sommarie solo in europa per cui non possiamo sapere se nell'emisfero sud si verifico' lo stesso fenomeno e quindi non sappiamo per certo che fu un caso "globale" ma questo non toglie nulla al fatto che dove potevamo registrare le temerature e ben prima di ogni rivoluzione industriale abbiamo avuto lunghi periodi di atipico caldo intenso ed anche "piccole ere glaciali".

Singolare il fatto che temperature e precipitazioni seguano un adamento ciclico sinusoidale di 22 anni se si tracciano medie di 11 anni (il ciclo solare).

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Potrebbero evitare di farlo notare perché è ben noto a qualsiasi studente di Scienze Naturali o di Geologia ed è ben noto anche agli "ecologisti". E appunto anche ai lettori di Wikipedia. Insomma non è una grande novità. E' nota anche la relazione fra l'incremento naturale di CO2 nell'atmosfera e i cambiamenti climatici. Anche la CO2 nell'atmosfera ha i suoi cicli naturali nel senso che aumenta, provoca cambiamenti climatici e questi a loro volta provocano la riduzione della CO2 atmosferica. (Feed back)
Allora si tratta di stabilire se la CO2 prodotta dalle attività umane può essere una frazione significativa rispetto a quella "naturale".

Più in generale che le attività umane provochino cambiamenti ambientali significativi non mi pare si possa negare. Naturalmente l'estensione regionale e la velocità di tali cambiamenti dipende da quanti esseri umani partecipano a queste attività. Fino a pochi anni fa solo una piccola parte dell'umanità contribuiva con le sue attività a modificare l'ambiente e a consumare risorse. Credo che negli ultimi decenni l'incremento abbia assunto un andamento esponenziale.
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Re: rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda franz il 09/01/2009, 10:21

pinopic1 ha scritto:Potrebbero evitare di farlo notare perché è ben noto a qualsiasi studente di Scienze Naturali o di Geologia ed è ben noto anche agli "ecologisti". E appunto anche ai lettori di Wikipedia. Insomma non è una grande novità. E' nota anche la relazione fra l'incremento naturale di CO2 nell'atmosfera e i cambiamenti climatici. Anche la CO2 nell'atmosfera ha i suoi cicli naturali nel senso che aumenta, provoca cambiamenti climatici e questi a loro volta provocano la riduzione della CO2 atmosferica. (Feed back)
Allora si tratta di stabilire se la CO2 prodotta dalle attività umane può essere una frazione significativa rispetto a quella "naturale".

Più in generale che le attività umane provochino cambiamenti ambientali significativi non mi pare si possa negare. Naturalmente l'estensione regionale e la velocità di tali cambiamenti dipende da quanti esseri umani partecipano a queste attività. Fino a pochi anni fa solo una piccola parte dell'umanità contribuiva con le sue attività a modificare l'ambiente e a consumare risorse. Credo che negli ultimi decenni l'incremento abbia assunto un andamento esponenziale.

Aspetta un atttimo. Dal punto di vista divulgativo è perfettamente legittimo far notare al grande pubblico qualche cosa che è noto a chi studia in dettaglio qualche cosa. Che sia noto agli studenti non basta.
Per quanto riguarda il tuo interrogativo, la frazione di CO2 messa in circolo da noi è pari al 4% del totale delle CO2.
Difficile dire se questa mole sia significativa.
Di per sé pare poco ma un equilibrio puo' essere rotto anche da meno.
Tuttavia il problema è che molti contestano il contributo di CO2 all'effetto serra, in comparazione al contributo di altri gas.
CO2 non è il maggior gas-serra. Il Protocollo di Kyoto prende in considerazione un paniere di 6 gas serra: l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), i clorofuorocarburi (CFC), i perfluorocarburi (PFC) e l’esafloruro di zolfo (SF6). Tuttavia il principale gas serra è il vapore acqueo, presente in grandissima quantità, rispetto agli altri di quell'elenco, e dotato di ampie oscillazioni cicliche legate ai cicli solari.

Qui visto che stiamo discutendo di cose che tutti dovrebbero sapere, e non solo gli esperti, sarebbe il caso di chiarire una volta per tutte che questo "effetto serra" non è una maledizione per il pianeta ma è un benedizione. Senza non ci sarebbe vita sulla terra e saremmo un pianeta freddo e senza vita. L'effetto serra in passato è stato fortissimo ed ha avuto (ed ha tutt'ora) un grande influsso pro-biotico. Se, per qualche motivo, dovessimo notare una diminuzione, dovremmo iniziare seriamente a preoccuparci. Come tutte le cose l'effetto serra non è stabile ma varia nel tempo, con le classiche oscillazioni (cicliche e non) ed un suo incremento porta anche vantaggi. Se la temperatura sale, la vita prospera piu' rigogliosa. Un aumento di temperatura e CO2 porta un aumento della massa vegetale. Basti vedere dove la temperatura è piu' elevata (equatore) e dove appunto vi è il massimo di sviluppo della vita e della biodiversità. Il clima in se non è che cambia: si spostano i climi. La piovosità globale rimane la stessa ma quella locale si sposta lentamente in altre regioni. Il rischio è, si dice, che se il cambiamento è troppo veloce la natura puo' non starci dietro. È possibile ma per ora notiamo un grado in 150 anni mentre le oscillazioni cicliche dovute ai cicli solari ed al loro influsso sul clima sono, nell'arco degli 11-22 anni, di intensità anche due volte superiori. la natura quindi già è abituata ad oscillazioni notevoli un anno con l'altro (anche di 1.5~2 gradi) e a cicli decennali che presentano oscillazioni piu' forti di quella osservata in questi 150 anni.

Il problema tutto nostro è che siamo giustamente preoccupati dal livello dei mari, perché abbiamo molte città sulle coste, temiamo per i giacciai. Qui molto dipende dalle capacità nostre di previsione. C'è chi fa previsioni catastrofiche ed esponenziali, chi considerando un riscaldamento lineare non è affatto pessimista. Recentemente gli scienziati piu' prudenti si sono fatti sentire maggiormente, firmando un documento che è agli atti nel senato usa.

Ciao,
Franz
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Re: rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda pinopic1 il 09/01/2009, 12:48

Stavo proprio per scrivere che l'effetto serra non è una patologia ma la condizione per l'esistenza di un clima compatibile con la vita. E che i cambiamenti climatici non disturbano il pianeta e anche l'azione dell'uomo la più distruttiva è una sciocchezza trascurabile dal punto di vista del pianeta. Il punto è proprio vedere quali danni può provocare alla vita delle comunità umane anche una piccola variazione del livello dei mari e del clima in determinate regioni.

Hai ragione a dire che dal punto di vista divulgativo è perfettamente legittimo informare il grande pubblico di certe conoscenze che comunque all'ingrosso stanno anche sui libri di scuola media. Un pò scorretto presentarle in contrapposizione alle ricerche di altri specialisti in ecologia (e non ecologisti per scelta politica) facendo credere che questi li ignorino e non ne tengano conto nei loro studi.

Voglio dire che è scorretto che giornalisti più o meno competenti appena cade qualche centimetro di neve si affrettino a riempire pagine di giornali per svergognare, secondo loro, le "cazzandre del clima" ed esultare per la "fine del riscaldamento globale". (Vedi il Riformista).
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Re: rapporto onu, scioglimento ghiacciai raddoppiato

Messaggioda franz il 09/01/2009, 13:06

pinopic1 ha scritto:Voglio dire che è scorretto che giornalisti più o meno competenti appena cade qualche centimetro di neve si affrettino a riempire pagine di giornali per svergognare, secondo loro, le "cazzandre del clima" ed esultare per la "fine del riscaldamento globale". (Vedi il Riformista).

Chiarissimo.
Parimenti è scorretto, da parte di altri media, farsi influenzare da estati molto calde, che sono tali proprio perché accadono al culmine del ciclo solare. I fenomeni meteo eclatanti vengono troppo spesso usati come indicatori del cambiamento climatico, sia per evidenziarlo, sia per negarlo. I giornalisti fanno cosi', per bucare la notizia, per fare audience.
Purtroppo lo fanno anche alcuni "scienziati" invena di notorietà.

Personalmente cerco di reperire i dati da solo e di esaminarli per i fatti miei.
Una cosa che ho notato è che la ciclicità delle precipitazioni prosegue indisturbata da 150 anni, senza alcuna apparente o manifesta variazione tendenziale positiva o negativa, mentre per la temperatura, prima abbastanza stabile con una leggera propensione alla crescita, è successo qualche cosa di notevole a partire dal 1945, durato una ventina di anni circa. Da li' il ciclo sinusoidale si è spezzato. Per molti anni la temperatura è rimasta stabile, in leggero calo, spezzando il ciclo, poi ha iniziato a salire velocemente, quasi cercasse di ricuperare il tempo perso. Tutto questo mentre la ciclicità delle precipitazioni è andata avanti regolarmente. Infatti l'anno 2008 è stato uno dei piu' piovosi (e nevosi in inverno) e molti commentatori hanno fatto il parallelo con il 1985 ... quando a Milano scesero 80 cm di neve e furono registrati, nel gennaio 1986, una ventina di gradi sotto zero. Ricordo nettamente le difficoltà di allora, per chi aveva una macchina diesel.

Per quanto riguarda lo shock iniziato nel 1945, e durato fino a parte degli anni 70, io un mezzo sospetto lo avrei.
Ritengo che i tanti esperimenti nucleari fatti in superfice, sia a nord che nell'emisfero sud, abbiano lasciato il segno.
Alcuni furono fatti al suolo, altri ad alta quota. Poi si inizio' a farli nel sottosuolo. 2000 esplosioni in tutto, ho letto.
Ora diamo la colpa alla CO2 ma ne siamo sicuri?

Ciao,
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le papere della nasa

Messaggioda mauri il 09/01/2009, 20:20

credo che tutti i rifiuti che sbattiamo in giro per il mondo, solidi e non, modificano l'ecobiosistema, se ancora si può parlare di questo che oramai ce lo siamo giocato, le previsioni catastrofiche che parlano di riscaldamento o glaciazione comunque parlano di sconvolgimenti che potrebbero verificarsi se non arrestiamo il saccheggio della terra, oramai siamo in debito ecologico e la terra deve assolutamente tornare in credito, vero o falso io ci credo anche perchè vivendo in campagna vedo che le piante da qualche anno stanno soffrendo, scarsa produzione, morte precoce e senza cause apparenti
sicuramente i media ci giocano per vendere notizie basta vedere il cancan che fanno sul meteo quando deve piovere o non, nevicare, gelo, caldo estivo tutte notizie che infondono allarmismo ma di fatto sono il normale andamento stagionale della natura, il trascorerre delle stagioni sfugge alla maggiorparte delle persone che vive nelle città e questi hanno perduto il contatto con la natura e il clima,
ma chissà perchè anche nel meteo, come in tutto, c'è sempre questa voglia di creare allarmismo, ma dobbiamo sempre vivere nella paura per poi constatare che non ci succede niente e stiamo meglio? bah forse il catastrofismo serve a smuovere le menti e iniziare a cambiare abitudini per scongiurarlo
ora qui da me ha nevicato per la 4ta volta tra novembre e gennaio, ora ha fatto 60 cm, ma è un avvenimento normale come il gelo che è stagionale, inverno, e domani saremo a meno 7
bella serata, mauri






I negazionisti, grazie alle nevicate e alle gelate di questi giorni
gioiscono: Al Gore ha mentito e chiedono che venga restituito il
Nobel....ma la Nasa continua ad allarmare per il dissolvimento dei
ghiacci e la scomparsa delle paperelle di plastica:
la "ricerca" fatta con le paperelle ed ora...... si va alla ricerca
delle paperelle Grazia
*Allarme Nasa: in Groenlandia si dissolvono ghiacci e paperelle di
plastica (rubate dai russi?). Una storia*

San Francisco, 7 gennaio -- Proprio in questi giorni di grande freddo e
nevicate, nuovi dati dai satelliti rilanciano i timori per il
surriscaldamento del Pianeta. Secondo le ultime elaborazioni della Nasa,
l'agenzia spaziale americana, dal 2003 si sono sciolte più di 2mila
milioni di tonnellate di ghiaccio in Groenlandia, Antartide e Alaska. I
dati sono stati presentati in questi giorni a San Francisco, in
California, alla conferenza dei geofisici americani. E proprio dalla
Groenlandia la Nasa aveva lanciato una novantina di paperelle di
plastica munite di sensori e trasmittenti per controllare gli iceberg
vagabondi: le paperelle sono sparite, dissolte come i ghiacci che
avrebbero dovuto studiare.
Più della meta dei ghiacci sciolti negli ultimi cinque anni era in
Groenlandia, come ha ricordato il geofisico Scott Luthcke. Lo stesso
scienziato ha fatto stime migliori per l'Alaska dove, grazie ad
abbondanti nevicate invernali, il livello dei ghiacci è invece aumentato
leggermente. Secondo un altro scienziato, Jay Zwally, i ghiacci sciolti
in Groenlandia fanno aumentare il livello dei mari di circa mezzo
millimetro all'anno. E, considerando anche l'Antartide e l'Alaska, negli
ultimi cinque anni il livello dei mari sarebbe aumentato a livello
globale di circa mezzo centimetro.
Altri due studi, presentati sempre alla conferenza di San Francisco,
dimostrano come il disgelo in Alaska e Siberia causi anche il rilascio
nell'atmosfera di metano, il secondo gas serra più potente. In
particolare, un professore dell'università dell'Alaska, Igor Semiletov,
stima che rispetto all'inizio degli anni Novanta il livello di metano
che arriva in superficie nel mare della Siberia orientale e nel mare di
Laptev, nell'oceano Artico, sia ormai dieci volte più alto. Secondo
Semiletov, la quantità di metano rilasciata è già "allarmante" .
E uno scioglimento così repentino dei ghiacci, insieme alle correnti
subglaciali troppo forti, o la glaciazione che quest'anno è stata tanto
rapida quanto ritardata, potrebbero aver distrutto, imprigionato o
disperso le paperelle della Nasa. Proprio così: novanta anatroccoli sono
scomparsi nelle acque della Groenlandia. E c'è perfino chi pensa che
possano averli rapiti i russi, le spie eredi del Kgb. I palmipedi sono
fatti di gomma, non di piume, e al posto del cuore che batte ne hanno
uno elettronico fabbricato dall'ente spaziale americano. Che li ha
costruiti e poi "liberati" in mare per studiare il cambiamento del
clima, i movimenti dei ghiacciai, il flusso delle correnti sottomarine.
Ma da allora (le papere gialle della Nasa sono state messe in acqua lo
scorso mese di settembre) non si hanno più notizie.
mauri
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Re: le papere della nasa

Messaggioda franz il 09/01/2009, 21:58

mauri ha scritto:Più della meta dei ghiacci sciolti negli ultimi cinque anni era in
Groenlandia, come ha ricordato il geofisico Scott Luthcke. Lo stesso
scienziato ha fatto stime migliori per l'Alaska dove, grazie ad
abbondanti nevicate invernali, il livello dei ghiacci è invece aumentato
leggermente. Secondo un altro scienziato, Jay Zwally, i ghiacci sciolti
in Groenlandia fanno aumentare il livello dei mari di circa mezzo
millimetro all'anno. E, considerando anche l'Antartide e l'Alaska, negli
ultimi cinque anni il livello dei mari sarebbe aumentato a livello
globale di circa mezzo centimetro.

Credo che sia chiaro che a questo ritmo per arrivare ai 20 piedi previsti
da Al Gore ci vogliono 3500 anni.

La media degli ultimi 18'000 anni è stata di 1.8 mm all'anno.
Ora quindi pare che l'incremento del livello dei mari sia diminuito negli
ultimi 18'000 anni, visto che mezzo centimento (5mm) in 5 anni fa 1 mm
all'anno, che è quasi la metà dell'incremento medio millenario.

Franz
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