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Il caso ILVA di Taranto

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda flaviomob il 27/05/2013, 12:03

Ilva, la bufala dei 40 mila posti a rischio
di Alessandro Marescotti | 27 maggio 2013

Nella vicenda Ilva troppi giornalisti hanno accettato e rilanciato un numero misterioso: 40 mila. Uno per tutti il Corriere della Sera: “Ilva nel caos: 40 mila a rischio”. E’ un numero non verificato, da nessuna parte c’è uno straccio di documentazione, di disaggregazione attendibile dei dati.Ma allora quanti sono i posti di lavoro nell’Ilva Spa?

Sono 16.343 in 15 siti produttivi in Italia, Europa e Tunisia. Di questi a Taranto sono 12.859, a Genova 1.600, a Novi Ligure 800, a Racconigi 80, a Marghera 120, a Patrica 70.
L’indotto a Taranto oggi conta circa 3 mila lavoratori.
Tutto il Gruppo Riva nel mondo ammonta a 21.711 dipendenti.
Alcuni specificano che sono a rischio “24 mila posti di lavoro diretti, 40 mila con l’indotto”. Ma se sommiamo tutti i dipendenti del Gruppo Riva nel mondo ai tremila dell’indotto di Taranto oscilliamo tra i 24 e i 25 mila.Con quali calcoli si arrivi invece ai fatidici 40 mila nessuno lo spiega. Mistero. Eppure 40 mila è la cifra che appare nei titoloni.
Tuttavia la bufala non è solo questo fantomatico numero di 40 mila.
La vera bufala è far credere che i lavoratori siano meglio tutelati lasciando ai Riva la piena libertà di spostamento dei profitti accumulati in anni e anni di produzione che i magistrati ritengono frutto di attività altamente inquinanti e per la qual cosa da tempo è partita una poderosa inchiesta dal nome emblematico: Ambiente Svenduto.
L’accusa della magistratura è pesante: ammonterebbe a oltre 8 miliardi il profitto di un’attività ritenuta illecita penalmente.
“La ratio del sequestro – ha spiegato il procuratore Franco Sebastio – è quella di bloccare le somme sottratte agli investimenti per abbattere l’impatto ambientale della fabbrica”.
Sarebbe interessante capire come mai, invece di gioire per la mossa dei magistrati, stuoli di politici e giornalisti si preoccupino ora e non prima.
Era meglio promettere la realizzazione di un’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) senza un piano industriale e senza quattrini? Che garanzia dava e dà un cronoprogramma di interventi promessi e non mantenuti, dato che le casse dell’Ilva risultavano stranamente vuote?
A Taranto il dubbio che inquietava prima (e non ora) era invece che tutta la storia dell’Ilva finisse con il fallimento dell’azienda e la dichiarazione fatale: non abbiamo più un euro in cassa, arrangiatevi. Avremmo avuto i lavoratori sul lastrico senza paracadute. E in più un deserto pieno di veleni e di rottami.
Questo scenario apocalittico, grazie alla magistratura, non c’è più.
Ora a Taranto lavoratori e cittadini hanno un paracadute, una polizza per il futuro. E una speranza di rinascita basata sulle bonifiche.
Al posto dell’incubo di un futuro non garantito da niente e nessuno, c’è ora la Guardia di Finanza che sta setacciando operosamente conti correnti, titoli e proprietà riconducibili al gruppo Riva e ai protagonisti di questa vicenda.
Perché allora fare allarmismo e parlare di 40 mila persone messe in pericolo se i magistrati stanno cercando proprio ciò che servirà ai lavoratori e ai cittadini, per garantire le bonifiche, il lavoro e un futuro possibile risarcimento?
La storia dell’Ilva di Taranto è contornata da politici e sindacalisti che non si sono preoccupati quando si dovevano preoccupare e che si preoccupano invece ora che dovrebbero al contrario gioire e ringraziare la magistratura. La magistratura ha saputo dimostrare che la legalità paga.
Utilizzando il grimaldello legale del “sequestro per equivalente”, il Gip Patrizia Todisco ha fatto come Robin Hood: toglie ai Riva per dare ai poveri.
Nessuno sembra apprezzare che questa volta Robin Hood agisce nella legalità. Come confondere allora le idee? Facile: capovolgendo tutto e inventando 40 mila persone in preda al panico. Perché solo un’ondata di panico può contrastare l’ondata di giubilo con cui a Taranto è stato accolto il “sequestro per equivalente” di oltre otto miliardi di beni e capitali dell’impero economico dei Riva.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... io/607025/


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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda pianogrande il 27/05/2013, 16:03

Ahiaiai Franz.

Quello che dici potrebbe spiegare tutta questa fuga dall'ILVA.
Altro che ambiente e occupazione e magistratura e politica e posti di lavoro e ci pensi lo stato.

Non conviene più.
Il resto diventa coreografia.
Mamma mia!!

Non conviene bonificare e magari non conviene più nemmeno produrre inquinando?

Senza risposta a queste domande di cosa discutiamo?

Il governo li farà questi conti per capire come comportarsi?

Tutto piuttosto frustrante.
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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda pianogrande il 27/05/2013, 16:17

Non condivido il "giubilo" del giornalista ma,se Riva avesse avuto l'intenzione di squagliarsela con tutti i soldi e non ci riuscirà, lo dobbiamo alla magistratura e alla guardia di finanza.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... io/607025/

Troppo bello guadagnare, inquinare e poi tirarsi indietro a partire dalle dimissioni in massa del cda.
In effetti, il rischio di ritrovarsi con uno stabilimento chiuso ed un mare di veleni e di rottami lo vedo altissimo.
Il giornalista vede la magistratura e la guardia di finanza come le uniche realtà che stanno lottando contro questo pericolo mentre l'informazione continua a parlare dei posti di lavoro a rischio.
Direi agli informatori di non preoccuparsi troppo.
Finché a certa gente conviene produrre la produzione va avanti (magari inquinando, purtroppo).
Quello che non conviene sicuramente a nessuno (tranne la popolazione) è bonificare sopratutto una volta che lo stabilimento dovesse essere chiuso.
Che brutta storia!
La politica ci fa la solita pessima figura.
Nessuno degli addetti a questo compito ha tutelato i cittadini.
la magistratura fa rispettare la legge e fa benissimo.
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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda franz il 27/05/2013, 23:31

pianogrande ha scritto:Ahiaiai Franz.

Quello che dici potrebbe spiegare tutta questa fuga dall'ILVA.
Altro che ambiente e occupazione e magistratura e politica e posti di lavoro e ci pensi lo stato.

Non conviene più.
Il resto diventa coreografia.

No, questo è assurdo. Il prezzo sale e scende, ci sono periodi buoni e perodi pessimi ma poi torna il sereno.
Nessuno vende in periodi di crisi, anche perché nessuno comprerebbe.
Nemmeno lo Stato, indebitato com'è.
Se vuoi vendere/disfarti lo fai solo nei periodi buoni.
In quelli pessimi c'è il fallimento, come strumento piu' adatto.
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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda flaviomob il 04/06/2013, 12:37

Riva, capitalismo all'italiana
di Vittorio Malagutti

Avvelenava i tarantini. Pagava i giornalisti e sindacalisti perché stessero buoni. Finanziava Berlusconi e Bersani. Puniva gli operai con i reparti-confino. Accumulava miliardi nei paradisi fiscali. E ora si fa passare per vittima


...
I numeri allineati nell'atto d'accusa della procura di Milano illuminano però una storia diversa da quella che ora, e soltanto ora, viene proposta dalla difesa dell'indagato eccellente. I documenti raccontano di una famiglia che ha accumulato un gigantesco patrimonio all'estero prelevando miliardi dalle casse delle aziende italiane.

...


http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... na/2208284


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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda pianogrande il 05/06/2013, 10:25

E adesso arriva lo stato a raccogliere i cocci e tentare di evitare guai peggiori.
Ammettiamo che lo stato riesca a sanare la situazione (con costi che si può ipotizzare comprenderanno anche costi della politica molto meno nobili del risanamento ambientale).
A quel punto ed è davvero sconfortante ammetterlo, la cosa che più probabilmente succederà sarà di ricominciare da capo con un altro privato.
Questa altalena costi a me e benefici a te, avrà mai fine?
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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda franz il 08/06/2013, 9:24

flaviomob ha scritto:...
I numeri allineati nell'atto d'accusa della procura di Milano illuminano però una storia diversa da quella che ora, e soltanto ora, viene proposta dalla difesa dell'indagato eccellente. I documenti raccontano di una famiglia che ha accumulato un gigantesco patrimonio all'estero prelevando miliardi dalle casse delle aziende italiane.

...

Appunto, l'articolo dice anche
Un tribunale, prima o poi, dirà se davvero quel tesoro è stato creato frodando il fisco. Un giudice stabilirà se alcuni fiscalisti dello studio Biscozzi-Nobili, uno dei più importanti e blasonati d'Italia, si sono resi complici di una truffa colossale. Certo è che quei complicati giochi di sponda tra holding nei paradisi offshore erano decifrabili perfino tra le righe degli stringatissimi bilanci delle società dei Riva.

Beh, se erano decifabili perfino leggendo il bilancio, non mi pare un granché come truffa colossale.
naturalmente la pubbblica accusa ha il dovere di accusare ma questo non implica di per se una condanna. Vale per Penati come per i Riva. Il giudice stabilirà. Naturalmente la tifoseria sugli spalti ha già deciso.

Il gruppo Riva fa 2/3 del fatturato in Italia ma opera anche in Belgio, Francia, Germania, Spagna, Grecia, Tunisia e Canada, dove fa l'altro terzo dei fatturato. Ha la sede in Lussemburgo (certo un paese dal "fisco leggero" ma quasi tutti lo sono rispetto all'Italia) ed è normale che una multinazionale investa i ricavi ottenuti nella nazione A in una nazione diversa. Tutto regolare, se i citati paradisi fiscali (termine come sappiamo abusato) sono quelli "bianchi" (visto che la lista nera è vuota e ne sono rimasti due nella lista grigia). Se sono paradisi fiscali collaborativi ogni tribunale avrà i dati che chiede di conoscere e quindi l'uso di quel termine così vago (paradisi fiscali) è solo giornalismo spazzatura, cose che normalmente Espresso non è. Ma bisogna pur vendere, lo capisco. ;)
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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda flaviomob il 08/06/2013, 9:47

Forse si possono intuire delle possibili irregolarità leggendo bene il bilancio: ma il difficile è dimostrarle. Anche i bilanci di Grecia e Italia pare che fossero "truccati" per entrare nell'euro, eppure è venuto fuori dopo un decennio e passa. Poi ci sono i trucchetti legali e quelli illegali o "grigi".

Sul giornalismo spazzatura? Non direi proprio, casomai questo è - in tutti i sensi - capitalismo spazzatura, con rifiuti altamente tossici...


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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda franz il 08/06/2013, 9:59

flaviomob ha scritto:Forse si possono intuire delle possibili irregolarità leggendo bene il bilancio: ma il difficile è dimostrarle. Anche i bilanci di Grecia e Italia pare che fossero "truccati" per entrare nell'euro, eppure è venuto fuori dopo un decennio e passa. Poi ci sono i trucchetti legali e quelli illegali o "grigi".

Sul giornalismo spazzatura? Non direi proprio, casomai questo è - in tutti i sensi - capitalismo spazzatura, con rifiuti altamente tossici...

Direi che dal bilancio si possono vedere dei movimenti contabili e basta.
Poi dimostrare che un movimento contabile è regolare o irregolare dovrebbe essere facile.
Piu' difficile è dimostrare che un movimento è irregolare solo perché uno ne è convinto ma non ne ha le prove.
Il bilancio della grecia era truccato, questo è certo (usando derivati, mi pare).
Quelli dell'Italia no. O almeno qualche giornale di destra cosi' avràipotizzato, in polemica anti-prodi.
Ma non basta seminare calunnie per determinare prove e l'accusa è rimasta infondata.

Sulla spazzatura hai ragione, il tema è vasto e comprende anche certo capitalismo, italiano e non.
Non solo il giornalimso e la politica.
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Re: Il caso ILVA di Taranto

Messaggioda franz il 14/07/2013, 21:02

Ilva, tumori e fumo

Leggo della polemica sulle dichiarazioni di Bondi
http://www.corriere.it/politica/13_lugl ... 889e.shtml
http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/ ... ef=HREC1-2
http://www.lastampa.it/2013/07/14/itali ... agina.html

Leggo che
VENDOLA - La ricostruzione dei tecnici ha fatto inorridire il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che ha definito «inaccettabili» gli argomenti di Bondi

In effetti la dichiarazione di Bondi è di quelle forti ma piu' che vedere se accertarla o no, bisogna vedere se è accertabile o no. Accertare i fatti dovrebbe essere semplice. Ci sono 300 casi accertati di operai deceduti per tumore al polmone e migliaia di malati. Nella cartella clinica di un malato di tumore ai polmoni dovrebbe essere scritto se la persona era o meno un fumatore e forse anche da quanto tempo e per quale quantità. Per ogni caso di un fumatore con una storia di molto fumo da molto tempo è difficile capire se la causa è data dalle sigarette o dal lavoro in fabbrica. Tuttavia si potrebbe verificare la frequenza dei fumatori nei casi noti sia degli operai sia degli abitanti. Poi accertato come stanno le cose, bisogna eventualmente accettare l'inaccettabile.
In ogni caso un ambiente inquinato secondo alcuni è molto peggio del fumo di sigaretta. Ricordo che si diceva che l'aria del centro di Milano negli anni 70 equivaleva a 120 sigarette al giorno. Mai saputo se fosse una palla o meno.
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