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Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda franz il 16/07/2008, 8:36

Intervista di Repubblica al re saudita Abdullah, leader del Paese che produce
la maggiore quantità di greggio al mondo: "Siamo contrariati per questi prezzi"

"Il petrolio è troppo caro
fermiamo gli speculatori"

Il monarca propone un vertice produttori-consumatori da tenersi a Gedda
Un monito all'Iran perché non cerchi egemonie sull'Iraq
dai nostri inviati ALIX VAN BUREN e ANDREA BONANNI

BUSKURA (CASABLANCA) - "Ascoltatemi bene, io vi parlo sia a titolo personale sia a nome del Regno dell'Arabia Saudita. Quando il prezzo del greggio ha sfiorato i 100 dollari al barile, eravamo già contrariati. Figuratevi adesso, che si parla di 200 dollari".

Accomodato su una poltrona di sete azzurre e dorate, chi parla non è uno dei tanti leader occidentali con il petrolio alla gola, ma Sua Maestà Abdullah Bin Abdul Aziz Al-Saud, Custode delle Due Sante Moschee e re dell'Arabia Saudita, primo Paese esportatore di petrolio al mondo. Il suo trono poggia su un quarto delle riserve mondiali di greggio; dispone dei due terzi di tutta la capacità aggiuntiva esistente sul pianeta: è il forziere energetico del mondo industriale.

Re Abdullah ha ricevuto la Repubblica nella sua "fattoria" di Buskura, alle porte di Casablanca dove ha trascorso un periodo di riposo, ospite del sovrano marocchino Mohammed VI. A lui l'affratellano la discendenza diretta dal Profeta Maometto, e la sintonia sui grandi temi del momento: la lotta contro il terrorismo, la promozione dell'Islam moderato, lo sviluppo economico e la ricerca della stabilità. Oggi Abdullah sarà a Madrid per la Conferenza sul dialogo fra i credenti delle diverse religioni e culture che egli stesso ha patrocinato.

A 83 anni, il monarca saudita passa, nel suo Paese, per un progressista. In questa intervista, una delle rare concesse alla stampa occidentale, oltre ad affrontare l'emergenza-petrolio, re Abdullah lancia anche un monito all'Iran, perché non approfitti di un futuro disimpegno americano a Bagdad. Ed esprime il proprio scetticismo sulle recenti dichiarazioni di apertura al negoziato di pace da parte di Israele.

Maestà, se il re saudita si inquieta per il caro-petrolio, qualcosa non quadra. Si direbbe che voi abbiate tutto da guadagnare col greggio che vola verso i 200 dollari al barile. Lei invece sta dicendo che l'Arabia vuole moderarne il prezzo?

"Certo, che è così: noi non volevamo e non vogliamo che il prezzo salga tanto in alto. Non è nel nostro interesse perché non è nell'interesse del resto del mondo. Il nostro interesse e quello mondiale sono strettamente legati".

E allora perché il petrolio è alle stelle?
"Perché il petrolio è diventato una commodity, quasi al pari di una valuta. Qui entra in campo l'avidità speculativa di certi personaggi, di certe imprese. Questi hanno sfruttato il rialzo nelle quotazioni del greggio per accumulare ricchezze, per avvantaggiarsene personalmente. Non si curano affatto dei danni inflitti all'umanità".

Che cosa si può fare per arrestare la spirale?
"La stabilità del mercato petrolifero mondiale è un obiettivo condiviso sia dai produttori sia dai consumatori. E ci battiamo per raggiungerlo. Però, malgrado noi abbiamo aumentato assieme ad altri Paesi dell'Opec la capacità di produzione, il mercato non ha risposto in maniera positiva. Come vedete, questo dimostra quanto influisca sui prezzi l'effetto di altri fattori che sfuggono alla semplice equazione di base della domanda e dell'offerta. In particolare la speculazione, come ho già detto. Ma anche l'imposizione di tasse addizionali all'importazione in alcuni Paesi consumatori".

Vuol dire che il caro-petrolio è colpa dei consumatori?
"Partendo da questa analisi, l'Arabia Saudita ha indetto un vertice straordinario tra Paesi produttori e consumatori a Gedda. A nostro avviso, si deve rafforzare la collaborazione tra le due parti per affrontare la situazione complessiva del mercato: questa è la garanzia necessaria per stabilizzare il prezzo del petrolio, ed è un obiettivo comune. Faccio un esempio. Abbiamo seguito da vicino i lavori del G8; tra le raccomandazioni c'è quella di aprire un dialogo tra produttori e consumatori. Ebbene io vorrei ricordare che noi abbiamo già creato il World Energy Forum per facilitare il dialogo, e il segretariato generale è a Riad. Insomma vorremmo che il G8 appoggiasse i programmi già esistenti, anziché duplicare gli sforzi per progetti analoghi".

Sulla febbre dei mercati pesa anche l'incognita di un attacco militare contro l'Iran. Che conseguenze avrebbe un conflitto Israele-Iran?
"Chi agita simili minacce, deve assumersene l'intera responsabilità. Le affermazioni fatte da certi Paesi sono la responsabilità di quegli stessi Paesi. Detto questo, finché proseguono gli sforzi diplomatici, non credo via sia spazio per discutere di altre opzioni".

Come trattare con l'Iran? Teheran ha il diritto di dotarsi di un programma nucleare?
"Se parliamo del dossier nucleare, noi chiediamo di abbandonare il linguaggio della tensione e dell'escalation, e di adottare una soluzione diplomatica. Quanto poi alla proliferazione nucleare, questa non favorisce né la sicurezza né la stabilità della regione. Mi auguro che tutti i Paesi dell'area si adeguino alla politica del Consiglio di cooperazione del Golfo (di cui fa parte anche l'Iran, n. d. r.) e della Lega araba, il che significa liberare l'intero Medio Oriente e il Golfo dalle armi di distruzione di massa e nucleari".

L'Iran ha ambizioni egemoniche sulla regione e in particolare sull'Iraq. Non teme che un eventuale ritiro della forze americane da Bagdad possa trasformare il Paese in un bastione iraniano?
"L'Iraq ha un bisogno estremo di liberarsi dalle interferenze esterne, di qualsiasi provenienza esse siano. Soltanto così potrà ottenere la sicurezza, la stabilità e la prosperità, e riuscirà a preservare la propria unità, sovranità e integrità territoriale. In Cha Allah, il popolo iracheno potrà ottenere questi risultati guidato da una seria e sincera volontà nazionale, salvaguardando l'ideale di un solo Paese per tutti iracheni, a prescindere dalle etnie e le affiliazioni politiche o religiose".

Ma se l'Iran dovesse prevalere?
"Tutto è possibile. Se io lo temo? No, non abbiamo paura di nulla e di nessuno. Una cosa però è certa: se l'Iran dovesse interferire in Iraq, nel tentativo di dominarlo, questo non servirebbe gli interessi di nessuno. Tantomeno dell'Iran. Infatti se ciò accadesse, si solleverebbe una nuova ondata di resistenza popolare in Iraq, stavolta contro l'Iran. E si creerebbe ulteriore instabilità nella regione".

Sua Maestà, lei è autore del piano di pace comprensivo fra il mondo arabo e Israele: il suo è l'unico progetto rimasto sul tavolo, a eccezione dei negoziati di Annapolis. Quali erano le sue intenzioni iniziali? E sessant'anni dopo la creazione dello Stato di Israele c'è speranza che possiate finalmente vivere in pace?

"Il mio piano voleva e vuole ancora esprimere la seria e sincera volontà del mondo arabo di arrivare a una pace equa, duratura e complessiva della crisi mediorientale, in base al diritto internazionale. Quell'iniziativa è uno dei fondamenti di pace essenziali, riconfermata al summit arabo di Riad. Ci sono poi altre proposte internazionali. Ma tutti questi sforzi continuano a scontrarsi con una politica del rifiuto da parte di Israele".

Vale a dire?
"Israele continua a impossessarsi di terre palestinesi, a costruire nuovi insediamenti e ad ampliare quelli esistenti. Impone ai palestinesi ogni genere di ingiuste restrizioni, compreso l'assedio, sfidando il diritto internazionale e i principi morali. E più gli arabi e il mondo compiono passi verso la pace, più Israele si lancia in atti di aggressione e di violenza verso i palestinesi".

Eppure a Parigi il premier israeliano Olmert ha detto che, mai come adesso, la pace è vicina. Lei non gli crede?
"Questo gli israeliani lo dicono da sempre, però quel che conta sono i fatti sul terreno. E alle loro parole non seguono mai azioni concrete. Perciò è assolutamente urgente che la comunità internazionale, oggi più che in passato, s'impegni, se vogliamo che la più lunga crisi della storia moderna possa trovare soluzione".

Lei, Sua Maestà, non lo dice, ma tralascia di accennare al ruolo del mediatore americano. Il suo regno è un tradizionale alleato degli Stati Uniti. Si ha l'impressione che la luna di miele sia finita?
"Le nostre amicizie si basano soltanto sulla difesa dei diritti e degli interessi della regione e dei suoi popoli, e su null'altro".

I suoi viaggi storici a Pechino e a Mosca sono segno di un mutamento negli equilibri del potere mondiale?
"A mio avviso, la crisi in cui versa la regione è a tal punto grave da richiedere ogni sforzo e ogni sostegno internazionale, che sia americano, russo, europeo, islamico o arabo. Noi non esiteremo a sostenere qualsiasi tentativo di soluzione, purché sia serio e sincero, e ottenga sicurezza, stabilità e prosperità per la regione garantendo i legittimi interessi dei popoli che la abitano".

Lei è impegnato anche sul fronte della lotta al terrorismo. Con quali risultati? Ritiene di essere riuscito a ripulire il paese da al-Qaeda?
"Chi ha osservato l'impegno del Regno nel combattere la piaga del terrorismo, sa che sono stati raggiunti risultati significativi negli ultimi anni. Questo è stato possibile grazie all'aiuto di Dio, al coraggio dei nostri servizi di sicurezza e al fronte unito che il popolo saudita ha formato contro il terrorismo. Il terrorismo ci è estraneo: è estraneo alla nostra religione, alla nostra società, alla nostra cultura. Ma non basta ricorrere all'azione di polizia. Abbiamo affrontato il problema dei finanziamenti, delle sue radici intellettuali attraverso un programma integrato per contrastarne le deviazioni ideologiche. Continueremo fino al giorno in cui il fenomeno sarà completamente eliminato, finché le sue fonti saranno prosciugate così come le idee devianti che lo alimentano".

Lei ha criticato il mondo perché non fa abbastanza?
"La comunità internazionale potrebbe fare meglio e di più, anche per restringere il cerchio attorno alle reti terroristiche dovunque esse siano. Noi abbiamo convocato a Riad una conferenza internazionale per la lotta al terrorismo, abbiamo invitato la comunità mondiale a creare un centro apposito internazionale per scambiarci informazioni con rapidità, prevedere ed evitare in tempo gli attacchi. Eppure, nonostante i pareri favorevoli, quel Centro non ha ancora visto il giorno. Noi dobbiamo privare il terrorismo di qualsiasi santuario da cui possano minacciare il resto del mondo".

C'è un'altra emergenza mondiale ed è quella del cibo, la salita dei prezzi non conosce più freni. L'Arabia Saudita sta comprando terreni fertili in altri Paesi per garantirsi la sicurezza alimentare?
"Non basta acquistare o affittare terreni. Questa crisi dovrebbe essere in cima alle priorità mondiali, bisogna raddoppiare gli sforzi perché riguarda l'intera umanità. Noi nel Regno ci siamo mossi su tre fronti. Primo: stanziando 500 milioni di dollari in favore del programma alimentare delle Nazioni Unite, per fronteggiare l'innalzamento mondiale dei prezzi del carburante e delle derrate alimentari. Secondo: lanciando investimenti agricoli tesi a migliorare e ad aumentare la produzione agricola in Paesi dotati di terreni fertili e carenti sotto il profilo economico. Noi abbiamo una notevole esperienza nella tecnologia legata all'agricoltura, e i capitali per investire in questo settore. Trasferiamo tecnologie, sviluppiamo imprese agricole per contribuire ad aumentare i raccolti e fornire cibo all'umanità. Il terzo approccio è quello di appoggiare tutti gli sforzi internazionali tesi a risolvere la crisi alimentare".

(16 luglio 2008)
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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda franz il 16/07/2008, 8:59

Intervista a tutto campo che forse stava meglio in "temi caldi nel mondo" ma visto che anche il richiamo del titolo punta sul tema del petrolio l'ho messo qui.
E devo dire che è curioso che ci si riferisca alla semplice equazione di base della domanda e dell'offerta dimenticando che è un cartello tra produttori che determina quote di produzione e quindi il prezzo. Se la produzione è fissa, decisa sulla base di riunioni periodiche, e la domanda cresce, è ovvio che siamo fuori dalla semplice dinamica invocata ed i prezzi possono assumere qualsiasi valore.

Non si tratta infatta di domanda di generi voluttuari o di non prima necessità. L'energia è la base fondamentale per ogni crescita e la domanda dei paesi emergenti viene quindi posta "a qualsiasi prezzo" se la produzione è bloccata.
Chiaramente le nazioni non fanno il pieno come noi andando alla pompa sotto casa ma comprano in anticipo.

Comprano quindi oggi quello che servirà domani. Le prospettive di crescita certa della domanda e di stasi nella produzione sta facendo schizzare in alto i prezzi. Ovviamente partendo da questo anche chi specula si da da fare ma non credo che la speculazione sia la causa principale. Quando il prezzo del petrolio era a 18 dollari, nessuno ne alzava il prezzo speculando.

A questo va aggiunto che un motivo di trasparenza che potrebbe calmierare i prezzi (ma anche farli salire ulteriormente) sarebbe quello di dichiarare pubblicamente la stima delle riserve petrolifere in ogni paese.
Cosa che invece i principali paesi produttori si guardano bene dal fare, alimentando speculazioni al rialzo.

Attorno alle stime sulle riserve infatti aleggiano misteri da segreto di stato. Se si dicesse che le riserve sono superiori a quanto conosciuto, il prezzo tenderebbe subito a calare. Viceversa notizie su scorte basse porterebbe il prezzo del petrolio (e quello del gas, che è collegato) a prezzi ancora piu' elevati.

Per me chi oggi punta il dito sulla speculazione (che non nego esista) nasconde le vere cause.
Nel caso del petrolio sicuramente il cartello dei produttori pone il mercato ben lontano dall'essere libero e la mancanza di notizie certe sulle scorte naturali ancora nel sottosuolo toglie trasparenza e questa mancanza informativa alimenta l'isteria degli investirori (che vanno in fibrillazione ogni volta che c'è un incidente in un pozzo o un uragano impone la chiusura di quelli off-shore) ed alimenta la speculazione.
I paesi produttori quindi se volessero veramente togliere linfa alla speculazione saprebbero cosa fare.

Ciao,
Franz
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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda mauri il 17/07/2008, 23:23

franz penso sia anche una questione di dollareu, non a caso la benza a 1.60 e il cambio a 1.60
anche se noi trovassimo un bel giacimento sotto lo stivale nulla cambierebbe per noi
ciao, mauri

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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda trilogy il 22/07/2008, 18:50

Beh, negli ultimi 5 giorni ha perso la bellezza di 22 dollari passando dal massimo di 148 $ al barile ai 126 $ di oggi.

il link del NYMEX

http://www.nymex.com/index.aspx
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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda franz il 22/07/2008, 20:03

mauri ha scritto:franz penso sia anche una questione di dollareu, non a caso la benza a 1.60 e il cambio a 1.60
anche se noi trovassimo un bel giacimento sotto lo stivale nulla cambierebbe per noi
ciao, mauri

ps
in ammerica la benza costa 50 centeuro

certo che è una questione di dollari.
il dollaro scende, il petrolio sale.
il petrolio scende, il dollaro risale.

Ciao,
Franz
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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda trilogy il 22/07/2008, 20:22

franz ha scritto:
mauri ha scritto:franz penso sia anche una questione di dollareu, non a caso la benza a 1.60 e il cambio a 1.60
anche se noi trovassimo un bel giacimento sotto lo stivale nulla cambierebbe per noi
ciao, mauri

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certo che è una questione di dollari.
il dollaro scende, il petrolio sale.
il petrolio scende, il dollaro risale.

Ciao,
Franz


Si il cambio centra, ma è anche l'attesa per il voto del Congresso USA sulla ripresa delle trivellazioni sulle coste americane e in Alaska. Ci sono forze e interessi contrastanti che cercano di influenzare quel voto.

link per i cambi valutari in diretta, il mitico forex, la formula 1 degli speculatori internazionali :D

http://www.forexdirectory.net/euro.html
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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda trilogy il 30/07/2008, 12:41

Diamo un'occhiata al petrolio che continua a scendere e parliamo un po’ delle tecniche degli speculatori di breve periodo.
Il grafico sotto è relativo al future sul WTI. Nei futures i grafici sono importanti perchè vengono utilizzati dai traders per aprire le loro posizioni rialziste o ribassiste.

La figura che si è formata sul grafico del petrolio è un doppio massimo ribassista. In altre parole, dopo un lungo movimento rialzista si formano 2 massimi dei prezzi pressochè sullo stesso livello, oppure il secondo massimo è più alto del primo. I due massimi sono separati da un minimo
Abbiamo in sostanza una specie di V (figura sotto).
Quando i prezzi scendono al di sotto della base della V quello è il segnale di vendita. Questo almeno nell'analisi tecnica classica. Nella pratica gli speculatori sui futures anticipano il movimento , prendendo posizioni ribassiste nel momento in cui i prezzi dopo aver superato il precedente massimo, dal basso verso l'alto, tornano indietro e fanno il movimento contrario rompendo il precedente massimo dall'alto verso il basso. La tecnica prende il nome di tourtle soup (zuppa di tartaruga). Le tartarughe che finiscono in zuppa sono quelli troppo lenti che hanno acquistato sui massimi e ora si trovano dalla parte sbagliata :D
I movimenti dei prezzi possono essere confermati o meno dall’andamento di una serie di oscillatori basati su algoritmi matematici dove si possono creare delle “divergenze”. Guardando sempre alla figura sotto, si vede nella parte alta, il grafico dei prezzi, nella parte bassa l’andamento di un oscillatore stocastico. Come si vede i prezzi si sono mossi al rialzo ma sul secondo massimo i valori dell’oscillatore vanno in direzione opposta e non raggiungono i massimi precedenti segnalando in questo modo la perdita di forza del movimento rialzista (divergenza), confermando in questo modo il segnale di vendita dato dal grafico dei prezzi.
Il movimento ribassista in atto dovrebbe trovare un suo punto di arrivo teorico tra i 110-115 dollari dove transita la media mobile esponenziale a 200 giorni dei prezzi.


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Re: Abdullah: Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori

Messaggioda trilogy il 20/08/2008, 11:20

Riprendiamo la nostra chiacchierata sulla speculazione. E’ interessante, guardando alla propaganda della destra, vedere come viene accreditata l’idea che i loro leaders giochino un ruolo fondamentale sulla scena internazionale. Così mentre Berlusconi risolve la crisi in Ossezia parlando con l’amico Putin, Tremonti è l’alfiere del nuovo ordine finanziario mondiale, colui che ferma la speculazione internazionale.

Nel precedente intervento del 30 luglio si era ipotizzato, solo guardando il grafico del future sul petrolio, che i prezzi sarebbero scesi verso la loro media esponenziale a 200 giorni. Guardiamo lo stesso grafico aggiornato a ieri (figura 1) . La linea blu più grossa sono i prezzi del petrolio, la linea verde più fine è la media a 200 giorni. La discesa dei prezzi e il contatto con la media in questione è evidente.

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Nel frattempo abbiamo avuto la guerra nel Caucaso che in altre situazioni avrebbe potuto far schizzare i prezzi del petrolio verso l’alto, invece questi sono andati verso il loro obiettivo ignorando tutto. In altre parole il movimento in atto sul petrolio è un movimento tecnico, dettato più che altro dai computers che individuano condizioni favorevoli per una certa operazione e la seguono pedissequamente, fino all’obiettivo teorico.

Per trovare conferma a questa tesi guardiamo lo stesso movimento dei prezzi al “microscopio”. Utilizziamo un grafico differente (grafico 2). E’ un grafico a candlestick o candele giapponesi. Ogni candela rappresenta una giornata di scambi. Le candele blu sono giornate in cui i prezzi si sono mossi al ribasso, le candele bianche giornate in cui i prezzi si sono mossi al rialzo. La parte grossa della candela (corpo) racchiude il movimento dei prezzi tra apertura e chiusura della giornata. Le linee che escono sopra o sotto dal corpo rappresentano le oscillazioni complessive dei prezzi durante la giornata.
Guardate le ultime sette giornate di negoziazione, in altre parole le ultime 7 candele sulla destra. I prezzi sono scesi, hanno raggiunto la media a 200 giorni e li’ si sono fermati oscillando su e giù senza una direzione. I traders sanno dove si trovano, e la media a 200 giorni funziona da riferimento temporaneo.

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Quando sui giornali o alla TV si sente che una certa notizia, o le dichiarazioni di qualcuno hanno provocato un ribasso o un rialzo dei prezzi sui mercati va sempre presa con il dovuto scetticismo. Spesso si tratta di movimenti tecnici a cui viene data dai media una spiegazione “razionale” a posteriori. La conoscenza di questi meccanismi consente inoltre ai vari opinion leader (banchieri centrali, politici, analisti) di intervenire in particolari situazioni tecniche dei mercati quando la possibilità di ottenere l’effetto voluto è massima, in questo modo si può costruire l'immagine di tizio che influenza i mercati.

Se aveste la pazienza di segnarvi nel tempo il rapporto tra notizie e movimenti dei prezzi vi accorgereste che alla stessa notizia una volta viene attribuita la capacità di far salire i prezzi e la volta successiva di averli fatti scendere. Per gli speculatori in realtà la cosa più importante è la reazione del mercato ad una notizia più che la notizia stessa. Un mercato che sale a fronte di news negative è un mercato forte, un mercato che scende anche su news positive è un mercato debole.
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Il petrolio è troppo caro fermiamo gli speculatori.. ma come

Messaggioda franz il 22/08/2008, 21:05

Caro-greggio: la causa è la speculazione


Alfonso Tuor
Poco più di un mese fa la guerra in Georgia e soprattutto la conseguente sospensione delle forniture di petrolio azero avrebbero spinto il prezzo del greggio verso nuove vette. Invece il prezzo dell’oro nero, che aveva superato la soglia dei 147 dollari il barile, è sceso lo scorso 12 agosto sotto i 113 dollari e, anche calcolando il leggero rialzo degli ultimi giorni, registra un calo del 20% circa rispetto al massimo toccato in luglio. Questo ribasso è stato una delle cause che ha favorito il rimbalzo del dollaro che si è negli ultimi giorni apprezzato sia nei confronti del franco svizzero sia nei confronti della moneta unica europea. È dunque legittimo interrogarsi sulle ragioni che hanno provocato la discesa.

La spiegazione che va per la maggiore è che da un canto si è ridotta la fame di greggio di Europa e Stati Uniti e che dall’altro l’Opec, con in testa l’Arabia Saudita, ha aumentato la produzione. Quindi il gioco combinato di una domanda in calo e di un’offerta in aumento ha spinto al ribasso il prezzo del greggio. Questa spiegazione, apparentemente incontestabile, non soddisfa per diverse ragioni. Innanzitutto, nell’ultimo mese non vi è stato alcun avvenimento di rilievo tale da determinare un’inversione dell’andamento del prezzo del petrolio. Il rallentamento dell’economia europea ed americana e dunque il calo della loro domanda di greggio è un dato di fatto conosciuto da tempo. Così come la decisione dell’Arabia Saudita di aumentare la propria produzione di petrolio: era stata infatti annunciata alla vigilia del vertice tenutosi a Gedda a metà luglio. Questi dati non erano però riusciti finora a modificare le aspettative del mercato e quindi a frenare la corsa al rialzo del prezzo del greggio.

Questa spiegazione appare dunque quanto meno insoddisfacente. È quindi legittimo avanzare un’altra ipotesi, che è suffragata sia dall’andamento dei mercati sia da dati sempre più numerosi. Il prezzo del petrolio tende indubbiamente al rialzo, da un canto, per l’aumento della domanda complessiva dovuta anche alla fame di energia di India e Cina e, dall’altro, per l’incremento dei costi di estrazione dei giacimenti petroliferi. Questa tendenza è stata esasperata dalla speculazione finanziaria, che ha creato una vera e propria bolla.

Quello che oggi sembra l’inizio dello scoppio di questa bolla è stato determinato dalla volontà politica del Congresso americano di intervenire per chiudere le porte di accesso a questo mercato agli operatori non direttamente coinvolti nell’acquisto e nella vendita di petrolio, ossia agli Hedge Funds, ai fondi di investimento, alle banche, ecc. Il provvedimento di legge, che sta seguendo il suo normale iter parlamentare, ha provocato il «risveglio» della Commodity Futures Trading Commission, che è la commissione incaricata di sorvegliare il mercato e che è stata fortemente criticata dai senatori americani per la sua inazione.

Lo scorso mese di luglio la Commissione ha cominciato a riclassificare alcuni operatori come «speculatori non commerciali», a tal punto da spingere il «Wall Street Journal» a scrivere che «i dati che emergono sugli operatori nei mercati delle materie prime mostrano che gli speculatori rappresentano una percentuale ben più ampia di quanto si pensasse prima» e ad aggiungere che «questi dati cambiano la percezione da un mercato del petrolio diversificato ad uno con una forte concentrazione di operatori finanziari che fanno grandi scommesse sul prezzo del petrolio». Il risveglio dal letargo della Commissione ha provocato l’esclusione da ogni attività sul mercato delle materie prime di alcuni grandi operatori e il fallimento di altri (come l’americana SemGroup, accusata oggi anche di frode e comportamenti non appropriati). Alcuni specialisti ritengono che il recente calo del prezzo del greggio sia proprio originato dal fatto che questi operatori sono stati costretti a chiudere le loro posizioni in fretta e furia. La stessa Commissione è consapevole di essere solo all’inizio della sua opera, poiché è molto complicato differenziare tra operatori commerciali, che usano il mercato dei derivati per difendersi dalle variazioni di prezzo, e speculatori finanziari. Anzi, spesso sono contemporaneamente speculatori e operatori commerciali.

L’offensiva politica del Congresso americano comincia comunque a produrre risultati concreti. Il primo è quello di aver messo in luce che l’influenza della speculazione finanziaria sul prezzo del petrolio è nettamente maggiore di quanto si pensasse. Il secondo è di aver probabilmente fatto scoppiare la bolla speculativa che si era formata nel mercato delle materie prime.

Ciò non vuol dire che il prezzo del petrolio ritornerà ai livelli dell’inizio di questo decennio, ossia attorno ai 20 dollari il barile, ma che potrebbe scendere sotto i 100 dollari. In ogni caso i guai economici provocati dall’impennata del prezzo del greggio non possono essere sanati dall’attuale trend, che per di più non è certo sia duraturo. In ogni caso gli effetti benefici del calo del greggio sull’inflazione non saranno immediati. Anzi occorrerà tempo, poiché la corsa del greggio ha cominciato a provocare un aumento generalizzato dei prezzi. Quindi neppure il ribasso del greggio basta a mutare sostanzialmente le prospettive poco rosee delle economie dei paesi di vecchia industrializzazione.
21/08/2008 23:39
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