Dalla rete:
Fonti alternative
Verso un biocombustibile sostenibile
I ricercatori stanno ora cercando di sperimentare nuove biomasse per
alimentare i microrganismi che dovrebbero fermentare gli zuccheri in
etanolo: il materiale più conveniente è la biomassa lignocellulosica che
include i residui del legno, la carta ricicla
ta e i materiali di scarto di coltivazioni dedicate alla produzione di
energia
Il principale biocombustibile attualmente sul mercato è l’etanolo,
prodotto per la maggior parte negli Stati Uniti a partire dalla
fermentazione degli zuccheri del mais. Questo tipo di produzione è ora
oggetto di aspre critiche per l’aumento dei prezzi dei
beni alimentari che determina.
I ricercatori stanno ora cercando di sperimentare nuove biomasse per
alimentare i microrganismi che dovrebbero fermentare gli zuccheri
producendo etanolo.
Il materiale più conveniente è la biomassa lignocellulosica, che include i
residui del legno, la carta riciclata e i materiali di scarto di
coltivazioni dedicate alla produzione di energia (come i tutoli del mais
coltivato per produrre biocombustibili).
In questo caso il problema è che gli zuccheri necessari per la
fermentazione sono intrappolati all’interno della cellulosa del legno.
Govind Nadathur e colleghi dell’Università di Puerto Rico stanno cercando
ecosistemi inusuali dotati di organismi rari in
grado di produrre enzimi che consentono di estrarre questi zuccheri.
"Il legno finisce nell’oceano: che cosa degrada tutta questa biomassa?
Abbiamo trovato che alcuni molluschi che consumano il legno sono in grado
di farlo con l’aiuto di batteri che vivono nel loro stomaco, che producono
enzimi in grado di scindere le molec
ole di cellulosa. E si trova qualcosa di analogo anche nelle termiti", ha
commentato Nadathur. L’obiettivo pertanto è quello di utilizzare questi
enzimi come passo fondamentale per costruire sistemi chiusi e integrati
che potrebbero produrre etanolo.
La ricerca è cominciata cercando di sfruttare la canna da zucchero e i
fiori di ibisco che cresce nelle coltivazioni locali di Puerto Rico, che
producono grandi quantità di biomassa. Utilizzando diversi enzimi,
Nadathur e i suoi colleghi ritengono di poter
estrarre gli zuccheri contenuti nella biomassa e di farli fermentare per
ottenere etanolo, intrappolando il biossido di carbonio che viene
prodotto nel corso del processo. (fc)
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Ripensare il riciclaggio del combustibile nucleare
Le Scienze, luglio 2008, n. 479
Gli USA sono pronti a riprocessare il combustibile esausto, ma i vantaggi
di questa tecnologia impallidiscono a confronto con i pericoli. Di Frank
N. von Hippel
Il combustibile nucleare esausto contiene plutonio, che si può estrarre e
usare in nuovo combustibile. Per ridurre la perdita radioattiva a lunga
emivita, lo U.S. Department of Energy ha proposto di riprocessare il
combustibile esausto in questo modo e poi
«bruciare» il plutonio in speciali reattori. Il riprocessamento è
un'operazione molto costosa. Inoltre il combustibile esausto emette
radiazione letale, mentre il plutonio si può maneggiare facilmente. Quindi
il riprocessamento lascia aperta la possibili
tà che gruppi terroristici possano sottrarre plutonio per costruire una
bomba. L'autore è contrario al riprocessamento, ed è favorevole allo
stoccaggio in fusti a secco finché sarà disponibile un deposito geologico
per le scorie.
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Sulla rivista “Science”
Rischio ecologico anche per il ciclo dell'azoto
La produzione massiccia di fertilizzanti e l'uso di combustibili fossili
ha immesso nell’ambiente un'enorme quantità di composti reattivi
dell’azoto
Due nuovi articoli firmati da importanti studiosi pubblicati sull’ultimo
numero della rivista “Science” discutono dell’impatto che le attività
umane, tra cui la produzione di cibo e di energia, stanno determinando
sull’accumulo di azoto nel suolo, nelle ac
que, nell’atmosfera e nelle zone costiere degli oceani, contribuendo
all’effetto serra, all’inquinamento, alle piogge acide, alle zone morte
lungo le coste e all’impoverimento dell’ozono nella stratosfera.
"L’opinione pubblica non è molto informata sull’azoto, ma per molti
aspetti si tratta di un problema grave quanto quello del carbonio, in
virtù anche delle interazioni tra i due elementi, dal momento che la loro
produzione è intrinsecamente collegata alla
produzione di cibo e di energia. E anch'essa pone anche notevoli problemi
dal punto di vista ambientale globale”, ha spiegato James Galloway,
docente di scienze ambientali dell’Università della Virginia, coautore di
entrambi gli articoli.
"Stiamo accumulando azoto reattivo nell’ambiente con una velocità
preoccupante, ponendo un rischio per l’ambiente simile a quello del
biossido di carbonio. Aspetto unico e sconvolgente è il fatto che un solo
atomo di azoto rilasciato nell’ambiente possa ca
usare una cascata di eventi che produce come risultato una perturbazione
dell’equilibrio naturale dell’ecosistema e in definitiva anche un rischio
per la nostra salute", Galloway.
Nella sua forma inerte, l’azoto è innocuo ed estremamente abbondante, dal
momento che costituisce il 78 per cento dell’atmosfera terrestre. A
cominciare dal secolo scorso tuttavia, la produzione massiccia di
fertilizzanti a base di azoto e la combustione s
u larga scala di combustibili fossili ha fatto sì che un enorme quantità
di composti reattivi dell’azoto, come l’ammoniaca, siano entrati
nell’ambiente.
Un atomo di azoto inizialmente parte di un composto che finisce
nell’atmosfera può in seguito depositarsi nei laghi e nelle foreste come
acido nitrico, nocivo sia per i pesci sia per gli insetti. In seguito,
trasportato verso le coste, lo stesso atomo di a
zoto può contribuire al fenomeno della fioritura algale e a quello delle
“zone morte”, in cui un forte deficit di ossigeno porta a un notevole
depauperamento delle forme di vita. Infine l’azoto viene riportato
nell’atmosfera come parte del gas serra ossid
o di di azoto, che distrugge l’ozono atmosferico.
Nell’ambito dello studio oggetto del secondo articolo, firmato da autori
della Texas A&M University e dell'Università dell’East Anglia (UEA) si è
calcolato che circa il 30 per cento dell’azoto che entra negli oceani di
tutto il pianeta dall’atmosfera deriv
a dalle attività umane.
Ciò ha importanti conseguenze per il cambiamento climatico globale poiché
l’azoto aumenta l’attività biologica marina e l’assorbimento del CO2, che
a sua volta produce ossido di azoto. Al fine di ridurre l’impatto del
problema gli autori auspicano che si a
rrivi a un maggior controllo dell’uso di fertilizzanti in agricoltura e
del consumo dei combustibili fossili per la produzione energia e per il
traffico veicolare.