politiche demografiche e natalita'

Recentemente si e' discusso sui giornali italiani e a livello di governo di politiche demografiche, di bonus bebe' e del costo di allevare i figli. Vorrei condividere con chi e' interessato alcune riflessioni un po' pedanti e tecniche forse, ma vi assicuro con risultati molto interessanti.
Non e' facile spiegarsi perche' alcuni Paesi hanno, a parita' di condizioni, un indice di natalita' elevato e altri meno. Perche' gli indici di natalita' di Hong Kong (7.37 nati all'anno ogni 1000 abitanti), Giapppone (7.87), Germania (8.18) e Italia (8.36) sono i piu' bassi del mondo (dati 2008)? Che cosa hanno in comune fra loro questi 4 Paesi? Se uno va oltre trova Austria, Macau (!), Bosnia Erzegovina, Jersey, Repubblica Ceca etc. Tutti paesi come vedete diversissimi fra loro. Praticamente tutti i paesi europei hanno indici inferiori a 12, con il massimo in Norvegia - molto interessante, come vedremo piu' tardi - di 11.12.
Io credo che le politiche di aiuto ai nuovi nati, ai bambini e ai loro genitori siano estremamente necessarie per ovvi motivi, ma non credo sia facile "convincere" una nazione a incrementare sensibilmente l'indice di natalita'. Ci piacerebbe, ma non sembra SOLO una questione di asili nido, di rispetto sul lavoro per le madri (cosa che dalle molte testimonianze mi sembra sia sotto le scarpe in Italia...), di aiuti economici o di parchi giochi ben tenuti. Tutte cose estremamente necessarie per la qualita' della vita, ma chi si illude che un bonus possa innalzare gli indici di natalita' ha capito male la legge della domanda e dell'offerta. Questo al di la' del fatto se un basso indice di natalita' non sia una cosa positivo.
Ultimamente, comunque ho letto un articolo sull'argomento pubblicato di recente dall'Economist (ma ripreso da uno studio originale pubblicato su Nature), per chi e' interessato ad affrontare la questione scientificamente e al di la' delle "sensazioni" personali.
Essenzialmente, alcuni ricercatori della Univ. of Pennsylvania, USA, hanno analizzato l'andamento della natalita' in tutti i Paesi del mondo. Dati risalenti al '75 mostrano che la natalita' era allora inversamente proporzionale al cosiddetto indice di sviluppo umano (HDI, o Human Development Index), parametro usato dall'ONU per misurare il benessere, che dipende dai salari, dalla speranza di vita e dal livello di istruzione.
Nei Paesi dove questo indice e' piu' basso l'indice di natalita' raggiunge gli 8 figli per donna. Mano a mano che l'HDI, e quindi il "benessere" aumenta, la natalita' per donna diminuisce, fino a raggiungere 1.3 (figli per donna), una quota incapace di sostenere i livelli attuali di popolazione per il quale e' necessario superare i 2.1 (su questo tornero' piu' tardi). Questo fatto sembra apparentemente difficile da spiegare. Siamo infatti gli unici "animali" la cui prolificita' tende a diminuire quando le probabilita' di sopravvivenza crescono.
In realta' esistono due strategie per massimizzare le capacita' di sopravvivenza dei propri cromosomi. La prima, quella adottata da quasi tutti gli animali, e' quella di generare un gran numero di figli, sperando che almeno alcuni di essi riescano a sopravvivere. Questo e' quello che accade dove le risorse "di famiglia" sono scarse o nulle, cioe' in natura e nei paesi poveri delle societa' umane. L'altra strategia e' quella di generare 1-2 figli, e concentrare su di loro tutte le risorse disponibili. Questo e' il modello riproduttivo adottato inconsciamente nelle societa' umane ricche, dove i genitori investono nei figli tutte le proprie risorse per garantirgli il successo. Personalmente mi sono ritrovato molto in questo modello, cosi' come, immagino, molti di voi. Ma le sorprese dell'articolo non finiscono qui.
Lo studio ha preso quindi in considerazione i dati del 2005. E qui e' risaltata una novita' inattesa. In questo periodo infatti, l'HDI dei paesi piu' ricchi e' aumentato ancora, e in certi casi ha raggiunto il suo valore massimo, che per definizione e' 1.
I risultati sono mostrati nella figura seguente:

In questi Paesi diciamo cosi' "super-ricchi", la natalita' ha ripreso a crescere proporzionalmente all'HDI. Ovvero: in questo gruppo di Paesi, PIU' SI E' RICCHI E PIU' IL NUMERO DI FIGLI CRESCE, al contrario di quello che sembrava accadere finora. Una spiegazione possibile e' che in questi Paesi il benessere ha raggiunto un livello tale da permettere di allevare 3-4 figli senza esaurire le risorse familiari disponibili, e senza quindi ridurre le probabilita' di successo di ognuno di loro.
Questa analisi ha delle conseguenze importanti anche sulle politiche demografiche dei vari paesi. In particolare, quegli Stati dove il livello di nascite e' inferiore a quello necessario al mantenimento dei livelli di popolazione attuale, hanno bisogno, lo si desideri o no, di importare immigrati. Altrimenti vi sara' un momento, previsto intorno al 2050, in cui vi sara' un esplosione del rapporto tra pensionati e persone attive sul lavoro, creando il rischio di una catastrofe nella spesa pensionistica. E' noto che per scongiurare questo rischio un Paese a bassissima natalita' come l'Italia deve importare *ogni anno* immmigrati per circa l'1.5% della popolazione residente, ovvero circa 900.000 persone, proprio quello che sta accadendo automaticamente. L'altra conseguenza, se i risultati di questo studio verranno confermati, e' che se la ricchezza delle nazioni del Mondo Sviluppato continuera' ad aumentare, si assistera' ad una inversione di tendenza nella natalita'. Se e' quindi vero che la ricchezza non comporta necessariamente un aumento del numero dei figli (con buona pace di chi pensa di risolvere il problema con un bonus bebe'), e' anche vero che se la ricchezza aumenta oltre un certo livello, il problema si risolve da solo. La terza conseguenza e' che per risolvere il problema della sovrappopolazione bisognerebbe risolvere quello dell'estrema poverta' di certe regioni del mondo, in modo da diminuirne automaticamente la natalita'.
saluti,
pagheca
l'articolo originale e' disponibile a http://www.economist.com/sciencetechnol ... d=14164483.
Non e' facile spiegarsi perche' alcuni Paesi hanno, a parita' di condizioni, un indice di natalita' elevato e altri meno. Perche' gli indici di natalita' di Hong Kong (7.37 nati all'anno ogni 1000 abitanti), Giapppone (7.87), Germania (8.18) e Italia (8.36) sono i piu' bassi del mondo (dati 2008)? Che cosa hanno in comune fra loro questi 4 Paesi? Se uno va oltre trova Austria, Macau (!), Bosnia Erzegovina, Jersey, Repubblica Ceca etc. Tutti paesi come vedete diversissimi fra loro. Praticamente tutti i paesi europei hanno indici inferiori a 12, con il massimo in Norvegia - molto interessante, come vedremo piu' tardi - di 11.12.
Io credo che le politiche di aiuto ai nuovi nati, ai bambini e ai loro genitori siano estremamente necessarie per ovvi motivi, ma non credo sia facile "convincere" una nazione a incrementare sensibilmente l'indice di natalita'. Ci piacerebbe, ma non sembra SOLO una questione di asili nido, di rispetto sul lavoro per le madri (cosa che dalle molte testimonianze mi sembra sia sotto le scarpe in Italia...), di aiuti economici o di parchi giochi ben tenuti. Tutte cose estremamente necessarie per la qualita' della vita, ma chi si illude che un bonus possa innalzare gli indici di natalita' ha capito male la legge della domanda e dell'offerta. Questo al di la' del fatto se un basso indice di natalita' non sia una cosa positivo.
Ultimamente, comunque ho letto un articolo sull'argomento pubblicato di recente dall'Economist (ma ripreso da uno studio originale pubblicato su Nature), per chi e' interessato ad affrontare la questione scientificamente e al di la' delle "sensazioni" personali.
Essenzialmente, alcuni ricercatori della Univ. of Pennsylvania, USA, hanno analizzato l'andamento della natalita' in tutti i Paesi del mondo. Dati risalenti al '75 mostrano che la natalita' era allora inversamente proporzionale al cosiddetto indice di sviluppo umano (HDI, o Human Development Index), parametro usato dall'ONU per misurare il benessere, che dipende dai salari, dalla speranza di vita e dal livello di istruzione.
Nei Paesi dove questo indice e' piu' basso l'indice di natalita' raggiunge gli 8 figli per donna. Mano a mano che l'HDI, e quindi il "benessere" aumenta, la natalita' per donna diminuisce, fino a raggiungere 1.3 (figli per donna), una quota incapace di sostenere i livelli attuali di popolazione per il quale e' necessario superare i 2.1 (su questo tornero' piu' tardi). Questo fatto sembra apparentemente difficile da spiegare. Siamo infatti gli unici "animali" la cui prolificita' tende a diminuire quando le probabilita' di sopravvivenza crescono.
In realta' esistono due strategie per massimizzare le capacita' di sopravvivenza dei propri cromosomi. La prima, quella adottata da quasi tutti gli animali, e' quella di generare un gran numero di figli, sperando che almeno alcuni di essi riescano a sopravvivere. Questo e' quello che accade dove le risorse "di famiglia" sono scarse o nulle, cioe' in natura e nei paesi poveri delle societa' umane. L'altra strategia e' quella di generare 1-2 figli, e concentrare su di loro tutte le risorse disponibili. Questo e' il modello riproduttivo adottato inconsciamente nelle societa' umane ricche, dove i genitori investono nei figli tutte le proprie risorse per garantirgli il successo. Personalmente mi sono ritrovato molto in questo modello, cosi' come, immagino, molti di voi. Ma le sorprese dell'articolo non finiscono qui.
Lo studio ha preso quindi in considerazione i dati del 2005. E qui e' risaltata una novita' inattesa. In questo periodo infatti, l'HDI dei paesi piu' ricchi e' aumentato ancora, e in certi casi ha raggiunto il suo valore massimo, che per definizione e' 1.
I risultati sono mostrati nella figura seguente:

In questi Paesi diciamo cosi' "super-ricchi", la natalita' ha ripreso a crescere proporzionalmente all'HDI. Ovvero: in questo gruppo di Paesi, PIU' SI E' RICCHI E PIU' IL NUMERO DI FIGLI CRESCE, al contrario di quello che sembrava accadere finora. Una spiegazione possibile e' che in questi Paesi il benessere ha raggiunto un livello tale da permettere di allevare 3-4 figli senza esaurire le risorse familiari disponibili, e senza quindi ridurre le probabilita' di successo di ognuno di loro.
Questa analisi ha delle conseguenze importanti anche sulle politiche demografiche dei vari paesi. In particolare, quegli Stati dove il livello di nascite e' inferiore a quello necessario al mantenimento dei livelli di popolazione attuale, hanno bisogno, lo si desideri o no, di importare immigrati. Altrimenti vi sara' un momento, previsto intorno al 2050, in cui vi sara' un esplosione del rapporto tra pensionati e persone attive sul lavoro, creando il rischio di una catastrofe nella spesa pensionistica. E' noto che per scongiurare questo rischio un Paese a bassissima natalita' come l'Italia deve importare *ogni anno* immmigrati per circa l'1.5% della popolazione residente, ovvero circa 900.000 persone, proprio quello che sta accadendo automaticamente. L'altra conseguenza, se i risultati di questo studio verranno confermati, e' che se la ricchezza delle nazioni del Mondo Sviluppato continuera' ad aumentare, si assistera' ad una inversione di tendenza nella natalita'. Se e' quindi vero che la ricchezza non comporta necessariamente un aumento del numero dei figli (con buona pace di chi pensa di risolvere il problema con un bonus bebe'), e' anche vero che se la ricchezza aumenta oltre un certo livello, il problema si risolve da solo. La terza conseguenza e' che per risolvere il problema della sovrappopolazione bisognerebbe risolvere quello dell'estrema poverta' di certe regioni del mondo, in modo da diminuirne automaticamente la natalita'.
saluti,
pagheca
l'articolo originale e' disponibile a http://www.economist.com/sciencetechnol ... d=14164483.