(quello che segue e' stato da me trasferito da viewtopic.php?f=4&t=658&st=0&sk=t&sd=a su suggerimento della redazione).
Da parte mia ho veramente difficolta' a valutare la situazione. Ho l'impressione che dietro a questa protesta ci sia qualcuno informato, mosso da intenzioni giuste, ma molti che vogliono fare casino e basta e che avverserebbero qualsiasi tentativo di riforma dell'Universita', da qualunque parte provenisse. Inoltre, ho la sensazione che in realta' nessuno sappia quanta sia la percentuale di gente che protesta veramente. Questo in fin dei conti e' sempre successo e mi pare normale e inevitabile.
Ma quando dico che ho difficolta' a valutare la situazione intendo veramente questo. Penso che la riforma di Berlusconi (la Gelmini mi sembra il solito passacarte e basta) sia sbagliata, ma ho l'impressione che lo sia per motivi diversi da quelli invocati prevalentemente da chi protesta attraverso la lettura dei giornali. Per me il problema principale di questa riforme, come di tante altre, e' l'improvvisazione e lo spoiling system del sistema legislativo che e' caratteristico di ogni cambio di governo. L'ho gia' detto (l'eta', scusate...) ma secondo me prima dovrebbe venire un assessment della situazione, e poi una proposta di riforma. Vorrei far notare che se si volesse dare autonomia all'universita', molti di costoro che protestano sarebbero parimenti contrari. E vorrei far notare che probabilmente anche in caso di una proposta ragionevole, ci sarebbe una forte opposizione da parte di molti studenti e professori, attaccati (come sempre in Italia) allo status-quo. Per questo temo che questa protesta sarebbe vera anche nel caso di qualsiasi proposta, anche da parte di un governo di centrosinistra che non volesse semplicemente tagliare budget.
Sono anche perplesso di fronte alla retorica del precario e del precariato. D'accordo, il sistema e' distorto da stratificazioni decennali di interventi insensati, da sanatorie che hanno saturato tanti ruoli con personale scadente (e che molti tendono a dimenticare), dai blocchi del turn-over per fare cassa. Ma qui quello che dovrebbe essere chiaro e' che il lavoro nella ricerca non e' un diritto, ma un privilegio. Ve lo dice uno che, a 50 anni vive ancora di un buon contratto a termine. Ho lavorato per tanti anni all'universita' di roma, con un contratto a tempo indeterminato (ruolo di tecnico), e ho notato che il precario spesso e' persona che tende a credere ad una specie di diritto all'assunzione legato al tempo trascorso a fare il portaborse di qualcuno. Questo sistema se anche non fosse distorto da nepotismi e raccomandazioni (cosa che secondo la mia esperienza avviene spessissimo, e non solo a Palermo...), ha portato spesso a una caduta verticale della qualita' della ricerca, perche' chi viene "allevato" in un gruppo non ha quella capacita' di introdurre nuove idee, rapporti e tecnologia che si affina solo accumulando esperienze diverse e a livello internazionale, il che da' gia' di per se' un valore aggiunto al ricercatore.
Inoltre, lavorare nella ricerca ha i suoi privilegi. C'e' una liberta' di orari, di indipendenza, di viaggiare, di collaborare, ma soprattutto di creare a spese del contribuente, che ha pochi uguali nel mondo del lavoro. Io mi sento spesso piu' un artista quando faccio il mio lavoro, che un ricercatore in senso stretto. Per questo la selezione dovrebbe essere durissima. Le distorsioni introdotte nel passato, cui accennavo prima, e il meccanismo scellerato dei concorsi, cui andrebbe sostituita l'indipendenza nella selezione del personale dei singoli gruppi, dipartimenti e universita', associata a una verifica a valle della qualita' naturalmente, hanno creato un sistema di privilegi associate a salari e garanzie scarsi, come sempre succede: io ti chiedo poco, ma ti concedo anche poco. E' un discorso difficile, ma io credo che il muro fondamentale da rompere sia quello dell'indipendenza delle universita' nelle assunzioni, sebbene sotto un forte controllo e regolamentazione da parte dello stato sebbene a valle (nei risultati).
Facile a dirsi, ma difficile a farsi, me ne rendo conto. Si rischia sempre che il sistema evolva verso la direzione sbagliata. Per questo tutto dovrebbe cominciare da quell'assessment preliminare, associato ad una comparazione con sistemi esistenti altrove, di cui parlavo all'inizio.
Il mio intervento non e' esaustivo (per motivi di tempo) e ci sono certamente aspetti altrettanto importanti che non ho voluto considerare. RImane il fatto che secondo me l'autonomia nella selezione del personale e' il nodo fondamentale dell'Universita' italiana. L'abolizione dei concorsi e di tutta la burocrazia, le lungaggini e i costi allegati, se anche molto rischiosa, sarebbe un'ottima idea per un eventuale programma di centrosinistra.
saluti
pagheca