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Università, tutta Italia contro la 133

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda annalu il 24/10/2008, 20:05

franz ha scritto:La novità è che i privati, oltre a regalare come mecenati qualche apparecchio, potrebbero entrare nelle fondazioni (ora non possono) con capitali, con il management specializzato, cogestendo progetti dall'interno, non da partner esterni.
Capisco che ci sono resistenze che definirei "antiche" se non ideologiche all'ingresso del privato nel campo universitario ma questo è il modo in cui funzionano bene quelle università estere e qui centri di ricerca su elencati.

Ciao,
Franz

Ma tu davvero credi che ora si limitino a finanziare "come mecenati" qualche apparecchio, e non finanzino interi progetti di ricerca, offrendo anche collaborazioni del loro personale (oltre a pagare dei contratti a universitari)?
E credi che diano i soldi "come mecenati" senza entrare direttamente nella gestione del progetto?
I privati i vogliono i risultati, e se per caso comprano un apparecchio, è perché comprarlo per l'università costa loro meno che non comprarlo per la loro industria, dove dovrebbero contemporaneamente assumere personale di alta specializzazione per farlo funzionare.
E tra l'altro, credi che i presuntuosissimi e ricchi ingegneri di scienza dei materiali avrebbero condiviso con me il laboratorio (che fino alla pensione ho diretto) se non fosse che quegli apparecchio io sapevo farli funzionare e loro no?
Ovviamente ho insegnato, e adesso sono certa che sono molto più bravi di me.

Comunque, il finanziamento necessario per far funzionare un ateneo non è paragonabile a quello necessario per una ricerca, per quanto costosa, e i finanziamenti statali, almeno per gli stipendi, resterebbero fondamentali.
I finanziamenti fissi attuali alle università, il cosidetto FFO (fondo di finanziamento ordinario) viene speso al 98% (tetto massimo) in stipendi al personale.
E' questa cifra che lo stato vuole tagliare, e tu credi che ci siano industrie disposte ad accollarsela?
Guarda che una cosa simile non accade nemmeno negli USA: lì il funzionamento è pagato con le rendite del patrimonio e coi soldi federali e statali. Lo so che non mi credi, ma ho amici che lavorano negli States ... lasciami almeno il beneficio del dubbio!

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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 24/10/2008, 22:26

annalu ha scritto:Ma tu davvero credi che ora si limitino a finanziare "come mecenati" qualche apparecchio, e non finanzino interi progetti di ricerca, offrendo anche collaborazioni del loro personale (oltre a pagare dei contratti a universitari)?
E credi che diano i soldi "come mecenati" senza entrare direttamente nella gestione del progetto?
I privati i vogliono i risultati, e se per caso comprano un apparecchio, è perché comprarlo per l'università costa loro meno che non comprarlo per la loro industria, dove dovrebbero contemporaneamente assumere personale di alta specializzazione per farlo funzionare.
E tra l'altro, credi che i presuntuosissimi e ricchi ingegneri di scienza dei materiali avrebbero condiviso con me il laboratorio (che fino alla pensione ho diretto) se non fosse che quegli apparecchio io sapevo farli funzionare e loro no?
Ovviamente ho insegnato, e adesso sono certa che sono molto più bravi di me.

Ovviamente far parte della fondazione (che nel capitale ha immobili, terreni e macchinari) significa entrare nella composizione delle prorietà di trutto questo ed è ance un investimento, oltre ad un veicolo pubblicitario.
Quiindi ritengo che la fondazione sarebbe un salto logico che poterebbe ancora piu' avanti quanto racconti.

annalu ha scritto:Comunque, il finanziamento necessario per far funzionare un ateneo non è paragonabile a quello necessario per una ricerca, per quanto costosa, e i finanziamenti statali, almeno per gli stipendi, resterebbero fondamentali.
I finanziamenti fissi attuali alle università, il cosidetto FFO (fondo di finanziamento ordinario) viene speso al 98% (tetto massimo) in stipendi al personale.
E' questa cifra che lo stato vuole tagliare, e tu credi che ci siano industrie disposte ad accollarsela?

Da quanto ho letto il tetto massimo sarebbe il 90% .... quindi qualcuno ha barato sul tetto di spesa:-)

Se per Haward il 19% dei fondi annuali è "non federale", di fatto i privati si accollano parte delle spese di gestione.
Ma là le spese di personale sono il 38% .... chissà cosa fanno con il restante 62%?
Spulciando il bilancio ... chi ha tempo ....
http://vpf-web.harvard.edu/annualfinanc ... report.pdf

Ti lascio tutti i dubbi cosi' come io mi tengo i miei.
È uno dei pochi diritti che non ci possono togliere.

Ciao,
Franz
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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda pagheca il 25/10/2008, 15:05

(quello che segue e' stato da me trasferito da viewtopic.php?f=4&t=658&st=0&sk=t&sd=a su suggerimento della redazione).


Da parte mia ho veramente difficolta' a valutare la situazione. Ho l'impressione che dietro a questa protesta ci sia qualcuno informato, mosso da intenzioni giuste, ma molti che vogliono fare casino e basta e che avverserebbero qualsiasi tentativo di riforma dell'Universita', da qualunque parte provenisse. Inoltre, ho la sensazione che in realta' nessuno sappia quanta sia la percentuale di gente che protesta veramente. Questo in fin dei conti e' sempre successo e mi pare normale e inevitabile.

Ma quando dico che ho difficolta' a valutare la situazione intendo veramente questo. Penso che la riforma di Berlusconi (la Gelmini mi sembra il solito passacarte e basta) sia sbagliata, ma ho l'impressione che lo sia per motivi diversi da quelli invocati prevalentemente da chi protesta attraverso la lettura dei giornali. Per me il problema principale di questa riforme, come di tante altre, e' l'improvvisazione e lo spoiling system del sistema legislativo che e' caratteristico di ogni cambio di governo. L'ho gia' detto (l'eta', scusate...) ma secondo me prima dovrebbe venire un assessment della situazione, e poi una proposta di riforma. Vorrei far notare che se si volesse dare autonomia all'universita', molti di costoro che protestano sarebbero parimenti contrari. E vorrei far notare che probabilmente anche in caso di una proposta ragionevole, ci sarebbe una forte opposizione da parte di molti studenti e professori, attaccati (come sempre in Italia) allo status-quo. Per questo temo che questa protesta sarebbe vera anche nel caso di qualsiasi proposta, anche da parte di un governo di centrosinistra che non volesse semplicemente tagliare budget.

Sono anche perplesso di fronte alla retorica del precario e del precariato. D'accordo, il sistema e' distorto da stratificazioni decennali di interventi insensati, da sanatorie che hanno saturato tanti ruoli con personale scadente (e che molti tendono a dimenticare), dai blocchi del turn-over per fare cassa. Ma qui quello che dovrebbe essere chiaro e' che il lavoro nella ricerca non e' un diritto, ma un privilegio. Ve lo dice uno che, a 50 anni vive ancora di un buon contratto a termine. Ho lavorato per tanti anni all'universita' di roma, con un contratto a tempo indeterminato (ruolo di tecnico), e ho notato che il precario spesso e' persona che tende a credere ad una specie di diritto all'assunzione legato al tempo trascorso a fare il portaborse di qualcuno. Questo sistema se anche non fosse distorto da nepotismi e raccomandazioni (cosa che secondo la mia esperienza avviene spessissimo, e non solo a Palermo...), ha portato spesso a una caduta verticale della qualita' della ricerca, perche' chi viene "allevato" in un gruppo non ha quella capacita' di introdurre nuove idee, rapporti e tecnologia che si affina solo accumulando esperienze diverse e a livello internazionale, il che da' gia' di per se' un valore aggiunto al ricercatore.

Inoltre, lavorare nella ricerca ha i suoi privilegi. C'e' una liberta' di orari, di indipendenza, di viaggiare, di collaborare, ma soprattutto di creare a spese del contribuente, che ha pochi uguali nel mondo del lavoro. Io mi sento spesso piu' un artista quando faccio il mio lavoro, che un ricercatore in senso stretto. Per questo la selezione dovrebbe essere durissima. Le distorsioni introdotte nel passato, cui accennavo prima, e il meccanismo scellerato dei concorsi, cui andrebbe sostituita l'indipendenza nella selezione del personale dei singoli gruppi, dipartimenti e universita', associata a una verifica a valle della qualita' naturalmente, hanno creato un sistema di privilegi associate a salari e garanzie scarsi, come sempre succede: io ti chiedo poco, ma ti concedo anche poco. E' un discorso difficile, ma io credo che il muro fondamentale da rompere sia quello dell'indipendenza delle universita' nelle assunzioni, sebbene sotto un forte controllo e regolamentazione da parte dello stato sebbene a valle (nei risultati).

Facile a dirsi, ma difficile a farsi, me ne rendo conto. Si rischia sempre che il sistema evolva verso la direzione sbagliata. Per questo tutto dovrebbe cominciare da quell'assessment preliminare, associato ad una comparazione con sistemi esistenti altrove, di cui parlavo all'inizio.

Il mio intervento non e' esaustivo (per motivi di tempo) e ci sono certamente aspetti altrettanto importanti che non ho voluto considerare. RImane il fatto che secondo me l'autonomia nella selezione del personale e' il nodo fondamentale dell'Universita' italiana. L'abolizione dei concorsi e di tutta la burocrazia, le lungaggini e i costi allegati, se anche molto rischiosa, sarebbe un'ottima idea per un eventuale programma di centrosinistra.

saluti
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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 25/10/2008, 15:57

pagheca ha scritto:Ma quando dico che ho difficolta' a valutare la situazione intendo veramente questo. Penso che la riforma di Berlusconi (la Gelmini mi sembra il solito passacarte e basta) sia sbagliata, ma ho l'impressione che lo sia per motivi diversi da quelli invocati prevalentemente da chi protesta attraverso la lettura dei giornali. Per me il problema principale di questa riforme, come di tante altre, e' l'improvvisazione e lo spoiling system del sistema legislativo che e' caratteristico di ogni cambio di governo. L'ho gia' detto (l'eta', scusate...) ma secondo me prima dovrebbe venire un assessment della situazione, e poi una proposta di riforma.

Sono d'accordo ma vorrei far notare che nel grande baccano che si fa si finisce con mettere a tacere (o a parlare poco) dell'aspetto per me principale: quello delle fondazioni (tranne devo dire in pochi posti come qui e su noisfromamerica in cui il tema è stato approfondito malgrado ben altri clamori).

Lo dico perché qui lo spoiling system del sistema legislativo qui c'èntra poco (su altri temi hai ragione).
Quella proposta è anche nostra, già da 10 e passa anni ed infatti una delle critiche lette è che si tratta di una riproposizione di quanto proposto in passato dal governo Prodi ed affossato dalle allora proteste di turno.
Leggo in rete che una prima realizzazione concreta della creazione di fondazioni universitarie è stata sperimentata in provincia di Trento su elaborazio­ne dei senatori Tiziano Treu e Andrea Ranieri dell'Ulivo.
Ci siamo riusciti a livello locale (Trento, sulle cui virtu' amministrative credo sia superfluo specificare) ma non a livello nazionale.
L'unica differenza quindi sarebbe che noi di fronte alla proteste, arretriamo, questo governo invece, sulla stessa proposta (o molto simile) va avanti.

Qui c'è da dire che l'assessment è stato fatto (ogni governo si prodiga in studi, libri bianchi, verdi e di ogni colore) ma non è stato condiviso con gli interessati. Quindi si tratta di lavoro calati dall'alto. E c'è da dire che raramente se non mai dal mondo della scuola emergono proposte ma solo proteste alle riforme del governo di turno, indipendentemente dal colore.
Quindi se dal basso non nasce nulla, difficile procedere diversamente.
Fatto enormemente positivo pero' è che finalmente gli studenti si siano svegliati dal letargo.
Io spero che sappiono andare alle fonti e non protestare solo sulla base di quanto leggono indirettamente, con le baronie interessate a sobillare le folle per mantenere i loro privilegi di casta.

Ciao,
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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 25/10/2008, 16:18

annalu ha scritto:I finanziamenti fissi attuali alle università, il cosidetto FFO (fondo di finanziamento ordinario) viene speso al 98% (tetto massimo) in stipendi al personale.

Ho cercato di verificare l'affermazione, che mi sembrava esagerata, dato che il limite è del 90%
Come sempre in questi casi è la ragioneria generale dello stato a dare le cifre esatte.
Il superamento, anche elevato, è solo in alcuni (19) atenei.
Firenze 99.4% Napoli 98.8% Roma La sapienza 94.6%, Siena 101.1% ma la media generale è sull'87%
Poi sono ammessi alcuni correttivi (per una legge del 2004) che in gran parte dei casi riportano la situazione nella normalità e solo 4 atenei superano il 90%.
Sono ammessi per esempio nel caso in cui l'università faccia anche attività sanitaria.

Cercando pero' ho trovato anche altre cose (come capita spesso).
Ho visto quindi che da noi la spesa universitaria è pari allo 0.9% del PIL (Germania 1.1% ma ha molti piu' studenti) ma ho anche visto su "education at a glance 2007" che quel dato è la somma di pubblico e privato.
In realtà la spesa pubblica è lo 0.6% del pil e quella privata è lo 0.3%.
Ho anche visto che da noi solo il 45% degli studenti iscritti arriva alla laurea (77% in germania e 80% in UK, dove mi dicono che le UNI sono tutte fondazioni).

Come spiegato in un altro thread ho scoperto che la proposta sulle fondazioni risale ad un nostro governo (penso il primo governo Prodi) affossata per le proteste, come furono affossate altre proposte sul welfare (leggi commissione Onofri).

Ciao,
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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda pagheca il 25/10/2008, 16:41

Oltre alle fondazioni qui in UK c'e' il cosiddetto meccanismo degli spin-off, ovvero (per chi non lo sapesse) di vere er proprie aziende che si sviluppano dalle costole dell'universita' stessa e che pagano una quota dei loro introiti al dipartimento, in cambio di locali, spazio, e uso delle strutture.

Lo spin-off in genere deriva da un'idea sviluppata da un ricercatore o da un gruppo. Costui in alcune universita' ha diritto a una percentuale degli introiti, in altre (come nella mia) no, come specificato dal contratto. Comunque ci sono meccanismi attraverso i quali alcuni si arricchiscono (giustamente) prestando parte del loro tempo allo spin-off, sotto oculato controllo dell'universita' stessa.

Per fare un esempio concreto, nel mio solo dipartimento ci sono almeno 4 spin-off, uno dedito alla progettazione di macchine hi-tec per la produzione, uno per quella di dispositivi magnetici, uno per le nanotecnologie e uno per lo sviluppo di strumentazione a microonde. Quest'ultimo e' particolarmente interessante perche' fornisce supporto a un gran numero di esperimenti di astronomia (praticamente TUTTA l'astronomia nelle microonde a terra, su pallone e spaziale degli ultimi anni di tutto il mondo fa uso di particolari filtri fabbricati qui in totale monopolio, lascio immaginare con quale ritorno per questo dipartimento, sia in termini economici che di potere contrattuale nelle collaborazioni), contraddicendo in parte l'opinione che un'orientamento commerciale dell'universita' significhi la rinuncia automatica alla ricerca di base.

Lo spin-off ha di buono che puo' specializzarsi in settori che non converrebbero ad una grande azienda a causa dei piccoli numeri di oggetti venduti, e della simbiosi con l'ambiente della ricerca.

Questa e' un'altra alternativa possibile all'uso di fondi di stato. Non so se in Italia ci sia qualcosa del genere (al di la' delle consulenze esterne prestate da professori e tecnologi).

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Ultima modifica di pagheca il 25/10/2008, 17:06, modificato 1 volta in totale.
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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 25/10/2008, 16:51

Bankitalia: "Scuola e università inadeguate, ora misure importanti"

Il vicedirettore generale Visco:
capitale umano motore crescita

ROMA
Per migliorare il capitale umano del Paese sono necessari «interventi importanti» su scuola e università, che offrono un’istruzione «inadeguata». È il monito della Banca d’Italia, secondo cui il capitale umano è un «motore della crescita di lungo periodo». Per la crescita infatti, ha affermato il vicedirettore generale di Bankitalia, Ignazio Visco, «la qualità del capitale umano è tanto importante quanto la sua quantità.

Le principali indagini sui livelli di apprendimento nelle scuole italiane indicano chiaramente che questa è oggi una priorità per il nostro paese. Il miglioramento della qualità del capitale umano - ha aggiunto - richiede quindi interventi importanti sulla scuola e sull’università». «Pur senza scendere in dettagli - ha sottolineato Visco in una lezione alla riunione annuale della Società italiana degli economisti a Perugia - vanno certo rivisti gli incentivi che guidano l’apprendimento come l’attività di insegnamento, va apprezzato e compensato il merito là dove si manifesta, è necessaria una migliore e più continua valutazione dei programmi, dei metodi e dei risultati, occorrono infrastrutture e ambienti scolastici adeguati e attraenti».

In Italia, ha spiegato, «il livello medio di istruzione della popolazione è ancora basso, in quantità e in qualità, e inferiore a quello di quasi tutte le economie avanzate (nel 2006, la quota di popolazione in età da lavoro con titolo d’istruzione universitaria era poco più del 13% circa metà della media Ocse; tra i più giovani il tasso sale al 17%, contro il 33% medio dei paesi sviluppati). Anche il rendimento dell’istruzione è relativamente basso nel confronto internazionale, pur se ancora apparentemente superiore a quello di investimenti alternativi». «Diversi fattori - secondo il vicedirettore di Palazzo Koch - concorrono a spiegare questi risultati. La forte dipendenza dei risultati dalle condizioni iniziali (reddito e livello d’istruzione dei genitori) suggerisce la presenza di vincoli all’ingresso per le fasce di popolazione più svantaggiate. Non sembrano esservi, inoltre, sufficienti meccanismi in grado di valorizzare il merito e premiare i comportamenti e i risultati individuali, con la conseguenza che tendono a ridursi le esternalità positive associate all’investimento in capitale umano».

«Ma l’associazione tra un basso livello di istruzione e una bassa remunerazione della stessa - ha ammonito Visco - suggerisce che anche la qualità dell’istruzione fornita dal nostro sistema scolastico è inadeguata: a un’istruzione di bassa qualità le imprese reagirebbero, in condizioni di informazione imperfetta, con un’offerta generalizzata di bassi salari; questi sarebbero ritenuti insufficienti a compensare il costo di un ritardato ingresso nel mercato del lavoro, riducendo l’investimento in istruzione. Il rischio è di finire in un equilibrio di bassi salari, bassa accumulazione di capitale umano, possibile disoccupazione o sotto-occupazione di coloro che hanno livelli di istruzione più elevati. L’attenzione al capitale umano e ai processi della sua formazione - ha concluso il vicedirettore - è ancora più cruciale in un contesto di crescente immigrazione».
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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda annalu il 26/10/2008, 12:01

pagheca ha scritto: Ma quando dico che ho difficolta' a valutare la situazione intendo veramente questo. Penso che la riforma di Berlusconi (la Gelmini mi sembra il solito passacarte e basta) sia sbagliata, ma ho l'impressione che lo sia per motivi diversi da quelli invocati prevalentemente da chi protesta attraverso la lettura dei giornali. Per me il problema principale di questa riforme, come di tante altre, e' l'improvvisazione e lo spoiling system del sistema legislativo che e' caratteristico di ogni cambio di governo. L'ho gia' detto (l'eta', scusate...) ma secondo me prima dovrebbe venire un assessment della situazione, e poi una proposta di riforma. Vorrei far notare che se si volesse dare autonomia all'universita', molti di costoro che protestano sarebbero parimenti contrari. E vorrei far notare che probabilmente anche in caso di una proposta ragionevole, ci sarebbe una forte opposizione da parte di molti studenti e professori, attaccati (come sempre in Italia) allo status-quo. Per questo temo che questa protesta sarebbe vera anche nel caso di qualsiasi proposta, anche da parte di un governo di centrosinistra che non volesse semplicemente tagliare budget.

Questo discorso di Pagheca lo condivido pienamente.
Sono in pensione da qualche anno, per cui posso essere rimasta indietro, ma di riforme e tentativi di riforme ne ho vosti tanti, nessuno mai risolutivo, tutti più o meno inefficaci perché non hanno veramente intaccato lo status quo dei privilegi vari, privilegi a tutt'oggi intoccabili.
Per questo mi ero ripromessa di non intervenire più su dibattiti riguardanti la riforma dell'università, a meno che non accada qualcosa di veramente nuovo. Poi di tanto in tanto ci ricasco.

Aggiungo alcune precisazioni:
franz ha scritto:Sono d'accordo ma vorrei far notare che nel grande baccano che si fa si finisce con mettere a tacere (o a parlare poco) dell'aspetto per me principale: quello delle fondazioni (tranne devo dire in pochi posti come qui e su noisfromamerica in cui il tema è stato approfondito malgrado ben altri clamori).

Novità?
Nel 3d "Lauree veloci" lo stesso Franz riporta:
franz ha scritto: le culle del sapere che sfornano più «precoci» sono l'Università di Siena (494ª nella classifica di Shanghai) e la «Gabriele D'Annunzio» di Chieti e Pescara, che non figura neppure tra le prime 500 del pianeta. Numeri alla mano, risulta che dall'ateneo abruzzese, che grazie al contenitore unico di un'omonima Fondazione presieduta dal rettore Franco Cuccurullo e finanziata da molte delle maggiori case farmaceutiche (Angelini, Kowa, Ingenix, Fournier, Astra Zeneca, Boheringer, Bristol- Myers...), conta su una università telematica parallela non meno generosa, sono usciti nel 2007 la bellezza di 5.718 studenti con laurea triennale. In maggioranza (53%) immatricolati, stando ai dati, nell'anno accademico 2005-2006 o dopo. Il che fa pensare che si siano laureati in due anni o addirittura in pochi mesi.

Come vedi, le fondazioni universitarie in Italia già ci sono, ma ti sembrano affidabili?
Il mio problema sta tutto nel fatto che non ho fiducia nel come il concetto di "Fondazione" può venir interpretato, se non si cambia sul serio il modo in cui l'Università viene concepita.

Quanto al FFO al 90% in stipendi, hai ragione, sono io che sono rimasta indietro: era al 98%, ma il discorso generale non varia di molto.

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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda FreeRider il 26/10/2008, 19:09

annalu ha scritto:Come vedi, le fondazioni universitarie in Italia già ci sono, ma ti sembrano affidabili?
Il mio problema sta tutto nel fatto che non ho fiducia nel come il concetto di "Fondazione" può venir interpretato, se non si cambia sul serio il modo in cui l'Università viene concepita.

Le fondazioni sono uno strumento.
Come tutti gli strumenti puo' essere usato male o bene.
Vedi la dinamite o una pistola.
All'estero le fondazioni universitarie funzionano.
Ma anche le università interamente pubbliche.
Dobbiamo ritenere che da noi non funziona nulla?

Chi deve cambiare il modo in cui l'università viene concepita?
Il governo o chi ci lavora dentro?
Io dico "entrambi" ma tutto nasce prima da una terapia d'urto.
E questa solo un governo puo' farla.

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Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 27/10/2008, 9:34

"Noi, studenti di destra delusi dal governo"

I ragazzi di Cl: Berlusconi o sinistra, arrivano solo tagli
FLAVIA AMABILE
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Ci sono studenti che protestano in piazza e quelli che lo fanno nelle aule, ci sono quelli che hanno votato Veltroni e quelli che invece hanno preferito Berlusconi e che ora si vedono costretti a opporsi. E’ una galassia di studenti che va da An a Forza Italia e che in questi giorni non riesce a nascondere imbarazzo, stupore, delusione per i tagli inseriti nella legge Finanziaria che finiscono per colpire le loro speranze.

Si chiama Coordinamento delle Liste per il Diritto allo Studio, è una federazione di liste di studenti universitari vicini a Comunione e Liberazione. Sono circa 50 mila in tutt’Italia, per una settantina di liste che prendono anche nomi diversi, tutte però lontane «da logiche partitiche o ideologiche». A Milano la lista di Cl è Obiettivo Studenti ma li conoscono anche come «Formigoni-boys» perché il presidente della Regione Lombardia, potente ciellino da sempre, è il loro leader. Alla Statale sono circa 600, uno dei loro capi si chiama Francesco Cacchioli ma in tanti lo conoscono come Bencio. Ha votato Forza Italia e non fa mistero di quello che pensa delle misure inserite nella legge 133 a proposito di università e ricerca: «Non si tratta nemmeno lontanamente di una riforma ma di tagli da Finanziaria per cui sono e siamo contrari».

Per opporsi però quelli di Obiettivo studenti fanno tutto fuorché occupare le facoltà. «Nessun blocco della didattica: stiamo studiando altri modi di agire. Distribuiamo volantini, stendiamo comunicati». E poi stanno provando a organizzare un convegno sul futuro dell’università, proprio partendo dall’analisi sulle conseguenze dei tagli. Primo relatore invitato: il senatore pd Nicola Rossi, autore di una proposta di legge nel 2006 sulla riforma universitaria. Ma vorrebbero avere anche Pietro Ichino, pure lui senatore del Pd, oltre che docente di Diritto del Lavoro proprio alla Statale di Milano e in prima linea da anni nella lotta contro i fannulloni. Insomma nessuna difficoltà a chiedere aiuto agli economisti vicini al centrosinistra come non ne hanno mai avuta a dirsi contrari a qualcosa o qualcuno, senza timori politici. Eppure l’imbarazzo resta. Francesco lo definisce stupore: «Si poteva fare una cosa migliore mettendo mano a una riforma organica dell’università». Delusione, quella no: «Non mi sono mai aspettato la soluzione ai problemi dalla politica e quindi non mi ha demoralizzato la scarsa attenzione verso l’università da parte di questo governo come di quelli che lo hanno preceduto. Mi ha stupito, però, non riesco a capire come non riescano a rendersi conto che da questo dipende il futuro dell’Italia». Dov’è l’imbarazzo, allora? Nel fatto che al termine della telefonata corre a chiamare tutti i rappresentanti di Obiettivo Studenti eletti insieme a lui a Scienze Politiche per chiedere di non rispondere alle domande che arriveranno, semmai di inviare il loro volantino. Che nessuno invece invierà.

«Mi ha appena telefonato Francesco», risponde infatti Anna Pelleri, una delle elette nella lista della facoltà. «Posso dire che già a luglio abbiamo scritto un documento che lanciava un allarme sulle conseguenze del decreto». Delusa dal governo che ha votato? «Per chi ho votato non lo dico, posso rispondere che da parte nostra da dieci anni c’è una grande preoccupazione indipendentemente dal governo in carica». La telefonata di Cacchioli arriva troppo tardi a casa di Francesco Dal Canto, invece. Ammette senza alcuna difficoltà di aver votato per Forza Italia e di essere deluso. «Da una parte non mi aspettavo che la politica desse una risposta ai miei problemi, dall’altra mi sembra assurdo che Berlusconi un giorno dica una cosa e il giorno seguente la smentisca. Questo crea scetticismo rispetto alla politica ed è deludente. Bisognerebbe davvero imboccare la strada della meritocrazia senza riempirsene solo la bocca e poi tagliare indifferentemente fondi».

Barbara Graziani è rappresentante di Azione Universitaria, la lista vicina ad An, di Scienze Politiche alla Statale. Parla a titolo personale e spiega di aver votato per la Cdl e di non essere ancora delusa. «Aspettiamo che il quadro sia completo prima di giudicare. Ora ci sono stati i tagli ma vorrei vedere quale altro provvedimento verrà adottato e se eventuali sacrifici saranno inseriti in un quadro condivisibile».
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