flaviomob ha scritto:Intanto non capisco dove Martone dimostri l'assioma che laurearsi tardi equivalga a entrare tardi nel mondo del lavoro: molti iniziano a lavorare prima della laurea e proprio per questo motivo ritardano gli esami e la discussione della tesi. Poi bisogna dire che l'università italiana è piuttosto anomala rispetto ai paesi più avanzati d'Europa, in cui si incentiva il giovane a studiare e a trovar casa nelle città universitaria, mentre da noi si debbono affrontare tasse universitarie sempre crescenti, affitti abnormi, mantenersi agli studi e per chi non vive con i genitori
Immagino che l'entrata nel mondo del lavoro come laureato sia un po' diversa, in linea di principio, di quella precaria durante gli studi. Quindi se questo è vero (perché se non lo fosse allora cosa serve laurearsi?) non serve che Martone dimosti una cosa che tu stesso, capisci da solo, come ognuno di noi. In secondo luogo l'uni italiana è anomala per tanti motivi (baronie e nepotismo, dequalificazione rispetto agli standard internazionali, salvo piccole eccezioni che non devono essere usate come foglia di fico) ma non per quello che dici tu, che non riguarda l'Università bensi' il sistema di welfare. Borse di studio e prestiti allo studio infatti non sono un problema dell'università "tal dei tali" ma del sistema nazionale o locale di sostegno allo studio. So bene a cosa ti riferisci (e sono d'accordo) ma non è un'anomalia universitaria. Le università (pubbliche o private) non devono guardare a come uno ha i soldi o meno per studiare, ma devono dare un servizio uguale per tutti. È la collettività che deve mettere tutti in condizione di studiare.