La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Università, tutta Italia contro la 133

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 20/10/2008, 8:24

I professori universitari all'estero invece sembrano apprezzare al 133 e anzi dicono che è troppo poco.

Dal sito noiseFromAmerika riporto un appello che ha già centinaia di firme, all'estero come in patria.

http://www.noisefromamerika.org/index.p ... C3%A0#body
Un appello per l'università
di redattori noiseFromAmeriKa, 16 Ottobre 2008 permalink stampa Edit
In riferimento alla proposta di legge sulla riforma dell'università, gia ampiamente discussa su questo sito, segnaliamo un appello che ci sembra meritevole di ampia diffusione. La lista dei firmatari la potete trovare all'indirizzo http://www.meritonella133.tk/ e le adesioni vanno inviate via email all'indirizzo adesioni@meritonella133.tk indicando: nome e cognome, posizione ricoperta, dipartimento e università o istituto di ricerca.
Articoli collegati

* Cosa manca all'appello (11 Ottobre 2008)
* La carica degli 800 ( 8 Ottobre 2008)
* Un appello con molti assenti ( 8 Ottobre 2008)
* Non ci resta che piangere. (10 Settembre 2008)
* Affidare l'università al mercato? ( 2 Giugno 2008)
* La lunga strada per Lisbona: lo stato della Ricerca in Italia. (27 Maggio 2008)
* In bocca al lupo a Guido Tabellini (27 Maggio 2008)
* Lettera aperta al PD (I) ( 2 Maggio 2008)

... e altri 24 articoli

Collegamenti: universita (32)

Una università più meritocratica

La recente approvazione della legge n.133, 6 Agosto 2008, ha riportato l'attenzione del Paese sullo stato dell'Università. Da molti anni esiste un consenso internazionale sul fatto che l'Università italiana soffra di vari e gravi mali che ne impediscono un corretto funzionamento. Le insufficienze sono forse più platealmente evidenti nel campo della ricerca, ma anche sul versante della didattica vi sono evidenti problemi riguardo al numero di fuoricorso, al ridotto numero di laureati rispetto agli iscritti, all'inadeguatezza della formazione universitaria per il mercato del lavoro. In ambito internazionale esiste anche un diffuso consenso secondo cui gran parte di questi mali troverebbe soluzione se si adottasse un sistema di merito che premi le università virtuose ed emargini quelle mediocri.

Qualifichiamo come "internazionale" la natura del consenso perché fuori d'Italia nessuno dubita che tale sia il problema, mentre all'interno del Paese, ed all'interno del mondo universitario italiano, ancora poche sono le voci francamente critiche, mentre ancora troppi sono coloro che sostengono che tutto va bene o che i pochi problemi derivano soltanto da scarsità di risorse. Negli ultimi quattro mesi ci hanno rinfrancato le frequenti dichiarazioni in cui il ministro Gelmini affermava di essere consapevole dell'importanza di una riforma meritocratica del settore.

Il contenuto effettivo della legge 133, per la parte che attiene al settore universitario, ci ha purtroppo delusi. Nonostante le buone intenzioni, trattasi di un'occasione perduta che, di fatto, potrebbe danneggiare ulteriormente il sistema universitario. Nella parte che qui interessa, la legge 133 prevede: (1) la limitazione del turnover al 20% dei pensionamenti, con proporzionale riduzione del finanziamento ordinario; (2) la possibilità per le università di trasformarsi in fondazioni senza scopo di lucro per raccogliere finanziamenti e donazioni dei privati.

Non discutiamo qui se sia appropriato, da un punto di vista macroeconomico e di politica di bilancio, ridurre i fondi destinati all'università e alla ricerca per sé, ma dubitiamo fortemente che si tratti di una buona idea. Assumiamo, quindi, la necessità di tagliare i fondi universitari purché questo sia fatto razionalmente, nell'interesse del Paese. La creazione di fondazioni è invece un'operazione che trova il nostro consenso in quanto permetterebbe alle università italiane di raggiungere quell'autonomia patrimoniale, operativa e didattica che tanto loro manca e che è il presupposto necessario alla valutazione dei risultati in sede di assegnazione di risorse pubbliche. Ma queste riforme vanno fatte bene, la qual cosa questa legge non fa.

Non lo fa perché il potenziale meritocratico insito nella trasformazione in fondazioni viene fortemente ridotto, se non totalmente eliminato, laddove la legge 133 (art. 16, comma 9) indica che i fondi pubblici verranno utilizzati per "perequare" (ossia, bilanciare) i fondi privati: ai più meritevoli, in grado di raccogliere finanziamenti privati, arriveranno meno finanziamenti pubblici che fluiranno quindi, in maggiore quantità, ai meno meritevoli. Questo è l'opposto della meritocrazia tante volte invocata: in molti Paesi vige il principio esattamente opposto al comma 9, in base al quale lo Stato premia le università in proporzione ai fondi privati da esse raccolti, anziché punirle, fornendo oltre al finanziamento ordinario specifici fondi aggiuntivi (matching grants, con espressione inglese). In questo modo lo Stato concorrerebbe a premiare i meritevoli e punire i fannulloni, come contiamo il ministro Gelmini e l'intero Governo intendano fare. Consigliamo pertanto di eliminare l'anti-meritocratico criterio "perequativo" dal testo di legge e dalle finalità del finanziamento pubblico per l'università e di adottare il sistema dei matching grants.

Ulteriori passi avanti si potrebbero compiere ampliando sia l'autonomia gestionale che le responsabilità degli atenei, una volta costituiti in fondazioni: (1) commisurando i finanziamenti statali alla produzione scientifica e ai risultati didattici in termini di numero e qualità dei laureati; (2) consentendo agli atenei maggiore autonomia contrattuale in materia di reclutamento dei docenti in modo tale da accedere al mercato del lavoro accademico internazionale mediante rapporti di tipo privatistico; (3) concedendo l'opportunità di fissare le tasse di iscrizione anche oltre l'attuale limite del 20% sul totale dei fondi spesi.

I tagli al finanziamento dell'Università potrebbero diventare, nonostante la scarsa lungimiranza che li sottende, uno strumento per introdurre la meritocrazia: basta farli adeguatamente. Chiediamo, dunque, che i tagli di spesa siano accompagnati ora e subito da una seria riforma meritocratica. Chiediamo che le università italiane, i dipartimenti, i docenti e i ricercatori possano ricevere fondi dallo Stato solo a fronte di una periodica, imparziale e trasparente valutazione effettuata dalla comunità scientifica internazionale, come già accade nel resto delle istituzioni accademiche del mondo avanzato. In Italia, è necessario compiere tale esame in maniera generalizzata. Sulla base dei risultati si potranno poi allocare in modo equamente meritocratico i tagli desiderati, oltre che i premi di ricerca.

In particolare, è opinione comune tra politici e commentatori che in mezzo ad un malcostume dilagante di nepotismi ed incompetenze, l'università italiana conosca ancora alcuni focolai di eccellenza che ne tengono alto il nome nel mondo con ricerche all'avanguardia ed altrettanto notevole insegnamento. Tali focolai d'eccellenza vanno alimentati e premiati. Chiediamo quindi che queste realtà vengano chiaramente identificate dalla comunità scientifica internazionale con i criteri obiettivi e trasparenti del peer reviewing condotto da scienziati esterni al sistema italiano.

L'attuale riforma punisce senza distinzioni tutto il mondo accademico italiano e questo non è né utile né saggio, aggravando situazioni già compromessei ricercatori seriamente motivati. Nessun criterio meritocratico viene introdotto, nessun trasferimento di risorse da chi non fa a chi fa viene attuato o anche solo incentivato. La legge 133 prescrive di qui al 2013 una riduzione del 13% del finanziamento ordinario all'università senza però intervenire al suo interno e prefigurando quindi un sistema identico al precedente, con tutti i suoi difetti e le sue distorsioni, solo rimpicciolito. Dubitiamo che questo possa essere utile al Paese. Anche se fosse vero che l'unico obiettivo consiste nel risparmiare (e ci auguriamo che non lo sia, perché ne va del futuro del Paese), allora si risparmi tagliando impietosamente laddove non si insegna, non si fa ricerca, non si produce cultura, innovazione ed educazione di qualità, lasciando che le risorse fluiscano laddove si fa l'opposto. Anzi, si creino le condizioni legislative e gli incentivi materiali perché le risorse, siano esse private o pubbliche, se ne vadano da laddove sono male utilizzate e si dirigano laddove possono essere meglio utilizzate. Questa è la meritocrazia, quando funziona e quando la si vuol fare funzionare. Chiediamo al ministro Gelmini di far seguire i fatti alle dichiarazioni in favore della meritocrazia da ella frequentemente rilasciate. Ora è il momento, ora si può fare, basta averne la volontà politica.

L'elenco dei firmatari, aggiornato periodicamente, si trova all'indirizzo http://www.meritonella133.tk/
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: anche Università private?

Messaggioda mauri il 20/10/2008, 10:06

siamo d'accordo? oppure no
dunque i docenti in eccesso, precari e non, verranno dirottati nelle private finanziate ad hoc
e io pago...
mauri

Un ulteriore schiaffo alla Carta Costituzionale: anche le scuole non paritarie rientrano nella sfera della cosiddetta Scuola Pubblica (quella truccata, non quella della Costituzione, cioè la Statale). Infatti, in esse si può assolvere l'obbligo scolastico, ehm...cioè il diritto-dovere. Inoltre si avrà la conseguenza che, aumentando il numero di scuole private, aumenteranno anche i finanziamenti


Viene così completato il progetto morattiano avviato con la legge 27/2006 che ha profondamente modificato la legge 62 del 2000. Confermiamo il nostro giudizio negativo sull’intera materia.

Il Miur detta le linee guida sulla parità, sulle scuole non paritarie e sulle convenzioni delle scuole primarie paritarie

Flc Cgil - 17/10/08

Con l’emanazione delle linee guida di attuazione dei
regolamenti, riassunte in tre decreti ed emanati in applicazione dell’art. 1 bis “Norme in materia di scuole non statali” della legge del 3 febbraio 2006 n. 27, il MIUR completa il progetto morattiano di revisione della legge di parità (legge 62/2000) consegnandoci così in maniera definitiva la nuova struttura della scuola non statale in Italia e le norme che la disciplinano. Vale la pena ricordare che i relativi regolamenti vennero emanati durante il dicastero Fioroni e che in entrambe le occasioni esprimemmo tutte le nostre perplessità sull’intera partita.

1) Il decreto n. 82/2008 Arrow QUI
definisce le linee guida di attuazione del decreto 29 novembre 2007, n. 263 “Disciplina delle modalità procedimentali per l’inclusione ed il mantenimento nell’elenco regionale delle scuole non paritarie”.

Come si ricorderà la legge 27/2006, in controtendenza a quanto previsto dalla legge di parità, ha introdotto nel nostro ordinamento le scuole non paritarie. Queste per essere ritenute tali debbono soddisfare alcuni requisiti minimi (progetto educativo, locali e arredi, docenti con titoli professionali e alunni frequentanti) per essere incluse in un apposito elenco regionale e fregiarsi della denominazione di scuole non paritarie. Ovviamente non rilasciano titoli di studio, mentre la frequenza costituisce assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione. Vengono ripristinati, in questo modo, due istituti già presenti nella legislazione previgente la parità scolastica ossi la presa d’atto e l’autorizzazione. Va sottolineato che sia nella normativa primaria che in quella secondaria di riferimento non si fa menzione alcuna sui rapporti di lavoro e sull’applicazione al personale dei contratti di categoria. La legge 62/2000 ovvero la legge di parità scolastica non contempla in alcun modo la fattispecie di scuola non paritaria e a suo tempo noi giudicammo l’introduzione di questa tipologia come una evidente forzatura tesa a favorire in modo più o meno esplicito una mercificazione e feudalizzazione del sistema.

2) Il decreto n. 83 /2008 Arrow QUI
definisce le linee guida di attuazione del decreto 29 novembre 2007, n. 267 “Disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento”.

Anche in questa circostanza l’immaginazione del ministero non è andata oltre quanto già emanato dalla normativa secondaria. A grosse linee, con l’eccezione di alcune piccole novità, il decreto conferma le disposizioni impartite con la CM 31/2003.

Fanno eccezione il numero minimo di alunni per classe e la limitazione della costituzione di una sola classe collaterale per le classi terminali della scuola secondaria superiore, questo per limitare il numero dei candidati privatisti esterni e porre fine alla cosiddetta piramide rovesciata. Contestualmente, però, non vengono posti limiti alla costituzione di classi collaterali intermedie anche a seguito degli esami di idoneità. Comunque sia per gli esami di idoneità che per quelli conclusivi si fa esplicito riferimento alle relative disposizioni generali.

Anche per quanto riguarda i rapporti di lavoro si fa qualche ulteriore e positiva precisazione, però si rimane ancora nella genericità. Benché non previsto sia nel regolamento che nelle linee guida sembrerebbe superata la famigerata circolare Criscuoli.

3) Il decreto n. 84/2008 Arrow QUI
definisce le linee guida applicative del D.P.R. 9 gennaio 2008, n. 23 “Regolamento recante norme in materia di convenzioni con le scuole primarie paritarie”. Ora viene data piena attuazione a quanto previsto al comma 6 dell’art. 1 bis della L. 27/2006. Ferme restando le nostre perplessità di natura giuridica, tutte le scuole primarie paritarie possono accedere al convenzionamento, il che significa accedere agli specifici fondi che prima erano destinati solo alle scuole elementari parificate. Questo vuol dire, come a suo tempo segnalato, che vengono poste in essere le condizioni per un incremento delle risorse da destinare alle scuole primarie paritarie visto che la platea di riferimento si amplierà notevolmente.
mauri
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1961
Iscritto il: 16/06/2008, 10:57

Re: anche Università private?

Messaggioda franz il 20/10/2008, 12:14

mauri ha scritto:siamo d'accordo? oppure no
dunque i docenti in eccesso, precari e non, verranno dirottati nelle private finanziate ad hoc
e io pago...
mauri

Un ulteriore schiaffo alla Carta Costituzionale: anche le scuole non paritarie rientrano nella sfera della cosiddetta Scuola Pubblica (quella truccata, non quella della Costituzione, cioè la Statale). Infatti, in esse si può assolvere l'obbligo scolastico, ehm...cioè il diritto-dovere. Inoltre si avrà la conseguenza che, aumentando il numero di scuole private, aumenteranno anche i finanziamenti

Mi sembrano cose diverse.
Per prima cosa stiamo discutendo di università (insegnamento teziario), che non mi risutano far parte della scuola dell'obbligo.
Qui per le università quelle che si trasformano in fondazioni potranno ricevere fondi privati, oltre a quelli pubblci.

Per la parte di testo inoltrata invece si parla della scuola primaria e secondaria.
Qui oltre alle "paritarie", ci sono ora le "non paritarie" ma da nessuna parte si dice che possono ricevere fondi pubblici.
Si dice solo che nelle scuole "non paritarie" è possibile compiere il percorso formativo obbligatorio.
E si dice che l'accesso ai fondi pubblici è possibile solo per le paritarie.
Cose che se qualcuno mi chiede se sono d'accordo gli dico di si'.
Secondo me questa assurda e medioevale guerra di religione tra pubblico e privato deve finire.

Ciao,
Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda bpm il 20/10/2008, 14:04

ho bisogno di capire stiamo discutendo della 133 o di una nuova, ipotetica riforma universitaria. Se il caso è il primo vorrei che qualcuno mi spiegasse come può funzionare il sistema con tagli del 20 %, come sia rispettato il diritto allo studio a fronte di più che probabili aumenti di tassazione per gli studenti; quale sia il senso pratico delle fondazioni se non affossare quanto resta dell'Università italiana. Più semplicemente vorrei che qualcuno giustificasse la logica del testo di legge qualora diversa dalla ricerca di denaro. Se il caso è il secondo vorrei avere un testo di legge altrimenti trattasi di chiacchere da bar. Se si vuole cambiare perchè si vuole ripristinare il fuoriruolo e non procedere ai concorsi che aprano ai giovani?
bpm
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 3
Iscritto il: 18/10/2008, 17:21

Re: Università, tutta Italia contro la 133

Messaggioda franz il 20/10/2008, 14:59

bpm ha scritto:ho bisogno di capire stiamo discutendo della 133 o di una nuova, ipotetica riforma universitaria.

Sicuramente in un forum di discussione vale la risposta "entrambi".
Si parla della 133, per quello che è e si parla di quello che potrebbe/dovrebbe essere una riforma universitaria.
Premettendo che purtroppo non mi risulta che mai dal mondo della scuola siano emerse proposte operative e concrete di riforma (scartando le proposte che riguardano solo le materie sindacali, concorsi, cattedre, posti, stipendi, carriera, di cui il mondo della scuola pare occuparsi in modo esclusivo e maniacale) ma solo tanti NO alle proposte dei governi (da Berlinguer a Moratti) siamo quindi qui a discutere di quello che noi possiamo proporre, sulla base della nostra esperienza.

Alcuni di noi hanno fatto docenza in giro per il mondo, altri - come me - hanno figli che hanno scelto di studiare all'estero e che forse all'estero ci rimarranno molti anni. Alcuni ci raccontano di vivere all'estero. Insomma possiamo confrontare la tragica realtà italiana con quella estera, frutto di scelte ben diverse che anche noi ora possiamo fare.
Conosciamo quindi varie realtà e sul piano del benchmark possiamo intuire soluzioni che possono funzionare perchè sappiamo che funzionano bene altrove.

Esempi.
Una università che raccoglie fondi pubblici e privati potrà avere rette piu' basse di una che non vale una cicca e raccoglie solo i fondi pubblici (qui hanno ragione gli amici di noiseFromAmerica e la 133 è sbagliata in pieno).
Una università che fa corsi inutili e di fantasia gestiti da parenti inetti di qualche barone avrà per forza un finanziamento solo pubblico e rette alte. La cosa non mi crea problemi ma capisco che ne crei ai baroni. Qui la 133 è fin troppo generosa. Io non darei nemmeno il finanziamento pubblico. Lo darei in funzione della capacità dell'università di attirare ottimi docenti e finaziamenti privati. La logica della ricerca di denaro mi pare giustamente selettiva. Il denaro ha valore e si dà alle cose che valgono. Oggi la dequalificazione della nostra università è dovuta al fatto che troppe cose senza valore vengono premiate piu' delle cose che valgono (è una tautologia, lo ammetto, ma parte dal fatto evidente che nessuna nostra università è nelle top 100 al mondo e nelle top 50 europee, stando ai benchmark piu' noti).

Un sistema di borse di studio adeguate (all'estero anche 8-10'000 euro all'anno) a chi non ha risorse economiche sufficenti e rispetta il piano di studio risolve eventuali problemi di accesso equo al sistema universitario. Vero anche pero' che in un paese come il nostro in cui il "nero" è stimato tra il 25 ed il 30% forse i dati tributari non sono il massimo per ottenere equità di accesso. Ma cosa altro? Escluderei dalle borse di studio chi ha aderito a condoni negli ultimi 10 anni.

Un sistema di tagli al 20% dovrebbe essere compensato da pari volume economico offerto dai privati.
Probabilmemte pero' questi non sono interessati alle cattedre sullo studio della dislessia nei tapiri orfani del paranà ma eventualmente ai politecnici, alla fisica, alla matematica, alla chimica, le lingue, a quanto serve veramente al tessuto produttivo italiano. Come appunto avviene all'estero, dove le imprese finanziano ricerche, politecnici ed università.

Insomma la 133 è una mazzata, anche se per me è insufficente.
Purtroppo noi non abbiamo saputo fare nulla di meglio quando siamo stati al governo.
La nostra pena è quindi pari ad una sorta di contrappasso dantesco.
A furia di dire di no ad ogni riforma è chiaro che prima o poi la fune si spezza.

Ciao,
Franz


"Coloro che rendono impossibili
le rivoluzioni pacifiche
renderanno inevitabili
le rivoluzioni violente."
(John F. Kennedy)
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: anche Università private?

Messaggioda mauri il 21/10/2008, 11:21

franz ha scritto:
mauri ha scritto:siamo d'accordo? oppure no

Per prima cosa stiamo discutendo di università (insegnamento teziario), che non mi risutano far parte della scuola dell'obbligo.
Qui per le università quelle che si trasformano in fondazioni potranno ricevere fondi privati, oltre a quelli pubblci.

Per la parte di testo inoltrata invece si parla della scuola primaria e secondaria.
Qui oltre alle "paritarie", ci sono ora le "non paritarie" ma da nessuna parte si dice che possono ricevere fondi pubblici.
Si dice solo che nelle scuole "non paritarie" è possibile compiere il percorso formativo obbligatorio.
E si dice che l'accesso ai fondi pubblici è possibile solo per le paritarie.
Cose che se qualcuno mi chiede se sono d'accordo gli dico di si'.
Secondo me questa assurda e medioevale guerra di religione tra pubblico e privato deve finire.

Ciao,
Franz


Se questo non è finanziare la scuola privata allora cos’è?

http://flcgil.it/index.php/layout/set/p ... nzioni.pdf

istruzione, 133 e 137, è istruzione e non faccio distingui, in gioco c'è il futuro della ns istruzione, ora si deve capire se sono ancora condivisi i principi fondamentali della costituzione

Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Art. 34.
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

poi possiamo guardare oltre
su il come deve essere l'istruzione, è pacifico che come sono strutturate oggi medie superiori università fanno acqua da tutte le parti, l'autonomia non ha determinato cambiementi strutturali nelle singole unità ma è servita a dare coscienza al personale-studenti-genitori, ora i passi sucessivi sono magari come dici tu franz ricercare una autonomia economica ma finanziata da tutte le componenti compreso privati imprenditori con l'obiettivo di promuovere la cultura dell'appartenenza andando oltre l'io pago e ci tengo che funzioni, efficiente e sforni anche cittadini oltre a cervelli
ciao, mauri
mauri
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1961
Iscritto il: 16/06/2008, 10:57

Cariche contro studenti:risultato di una politica incapace.

Messaggioda Sandra Zampa il 21/10/2008, 21:23

Tutti i siti dei quotidiani online riportano foto e filmati di cariche delle Forze dell’Ordine contro una manifestazione di studenti che questa mattina ha attraversato le vie del centro a Milano. Una delle tante manifestazioni contro la cosidetta “Riforma Gelmini” che in questi giorni ritrova uniti nella pacifica protesta gli studenti medi, gli universitari, i docenti e gli altri operatori della scuola.

Questa mattina, pero’, le Forze dell’Ordine sono intervenute contro il corteo dei collettivi studenteschi che si snodava per le vie del centro di Milano, lanciando candelotti e fumogeni e respingendo i manifestanti in Piazza Cadorna.

A questo momento si ha notizia di una decina di ragazzi feriti dalle manganellate.

Voglio pensare che la situazione sia momentaneamente sfuggita di mano e che il Ministro dell’Interno sappia riprendere il controllo della situazione evitando l’inasprirsi della tensione sociale provocata dal blitz della riforma Gelmini varata per decreto legge.

Questo e’ il risultato di una politica incapace di ascoltare le ragioni della gente e di dar vita al necessario confronto: una politica che svilisce le regole della democrazia.

Voi cosa ne pensate ?

Sandra Zampa

Qui potete trovare link ad alcune foto e filmati: http://www.sandrazampa.it/?p=518
Avatar utente
Sandra Zampa
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 61
Iscritto il: 29/05/2008, 15:22
Località: Bologna

Re: Per tagliare scuole e posti il Governo commissaria le Region

Messaggioda mauri il 22/10/2008, 9:44

penso che quelli se ne fregano, non mi meraviglio perchè l'italia è e rimane uno stato di polizia con aggiunta di esercito con mitra, li ho visti a milano e mi hanno fatto una certa impressione e mi hanno fatto anche riflettere per i prox 10 anni ci possiamo scordare la democrazia come la conoscevami prima, e veltroni se ne esce con un "berlusconi è strepitoso"
http://www.televideo.rai.it/televideo/p ... pagina=126
era meglio se avesse detto è un furbino è un falsone...

ritorno alla scuola e alle furbate di questo governo
bella giornata, mauri

"Le Regioni hanno detto NO al commissariamento previsto dal Governo per le operazioni di dimensionamento e riorganizzazione della rete scolastica.
Con un colpo di mano il Governo ha inserito, in un decreto sulla Sanità, un articolo che impone alle Regioni, pena il commissariamento, di procedere entro il 30 novembre prossimo al dimensionamento e alla riorganizzazione dell'intera rete scolastica. La conferenza Stato-Regioni, che avrebbe dovuto esprimere un parere sul piano programmatico Tremonti/Gelmini, è stata sospesa in attesa di una risposta del Governo che cancelli quella norma inapplicabile e vessatoria."

" Per tagliare scuole e posti si stravolgono gli ordinamenti dalla scuola dell'infanzia alle superiori"
L'operazione di smantellamento del sistema di scuola pubblica non risparmia nessun ordine di scuola. A cominciare dalla scuola dell'infanzia e del primo ciclo. Nella Scuola dell'infanzia, il piano programmatico Tremonti/Gelmini prevede il funzionamento prevalentemente antimeridiano e il ripristino e l'estensione degli anticipi. Nella scuola primaria e secondaria di I grado si prevede la riduzione del tempo scuola anche attraverso l'introduzione del maestro unico e dei piani orari della legge Moratti.

Non sta meglio la scuola superiore dove sia nei licei che nell'istruzione tecnica e professionale si prevede una drastica riduzione del tempo scuola, degli indirizzi e delle sperimentazioni.

Con queste scelte ci sarà meno scuola e meno qualità per tutti e un pesante taglio di posti che non risparmierà nessuno"

fonte flcgil
mauri
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1961
Iscritto il: 16/06/2008, 10:57

Università, tutta Italia(o quasi) contro la 133

Messaggioda franz il 22/10/2008, 9:54

Da NoiseFromAmerika
http://www.noisefromamerika.org/index.p ... blema#body

La riduzione del turnover NON è il problema
di paola potestio, 21 Ottobre 2008

Personalmente, non mi dispero affatto per le riduzioni del turn over e per i conseguenti tagli programmati al Fondo di Finanziamento Ordinario, FFO, dell'università (Legge 133/08). Che si tratti di un attacco alla ricerca - come si grida nelle "agitazioni" di questi giorni e nell'appello di illustrissimi docenti per bloccare addirittura l'apertura del nuovo anno accademico - è una mistificazione. Certo è una misura drastica, che impone razionalizzazioni e che lascia del tutto aperto il problema della distribuzione del FFO tra gli atenei, cui dovrà provvedere, come ogni anno, apposito decreto. Ma la questione è molto più complessa di quanto le strumentalizzazioni della politica, a tutti i livelli, lasciano intendere.

Tre principali quesiti si pongono sul tema:
- Complessivamente, i finanziamenti dello stato sono sottodimensionati rispetto ai livelli di paesi con analogo grado di sviluppo?
- I finanziamenti dello stato sono ben indirizzati, vale a dire lo stato distribuisce bene, in base a validi criteri, i finanziamenti tra i singoli atenei?
- Gli atenei, a loro volta, utilizzano bene le risorse ottenute?


Partendo da tali quesiti e senza pretesa di rispondervi esaurientemente, cercherò di argomentare la mia lontananza dallo stato di agitazione che mi circonda.

Per quanto riguarda il primo quesito, si deve a Roberto Perotti aver chiarito (già in The Italian University System: Rules vs. Incentives e di nuovo in "L'Università truccata", Einaudi) che la mancanza di fondi è un falso mito. Tenendo opportunamente conto della circostanza che un numero notevole di studenti iscritti non ha più un rapporto con l'università e dunque non grava in alcun senso sulle strutture universitarie, la spesa annuale per studente risulta in Italia "la più alta al mondo dopo Usa, Svizzera e Svezia".

Ma se, in rapporto al numero di studenti equivalenti a tempo pieno, le risorse complessive attribuite al sistema universitario non sono sottodimensionate, problemi seri sorgono dalla loro distribuzione e dal loro utilizzo. In misura assolutamente prevalente, lo stato ha fino ad oggi finanziato gli atenei sulla base di un criterio di "spesa storica". Vale a dire, garantire a ciascun ateneo la disponibilità di fondi dell'anno precedente è stato l'obiettivo prioritario delle singole assegnazioni in ciascun anno. I finanziamenti non sono stati mai collegati in modo significativo a una valutazione dei risultati, in particolare delle attività di ricerca. Un sistema di incentivi che premiasse meriti scientifici e uso virtuoso delle risorse non è mai veramente decollato. L'ex ministro Moratti ha compiuto i primi passi in questa direzione, con un serio esercizio di valutazione della ricerca. Ma questo esercizio non ha avuto poi alcuna sensibile incidenza sulla distribuzione delle risorse. Due soli dati per chiarire le dimensioni: nel 2008 (decreto ministro Mussi) la quota percentuale di FFO assegnata sulla base dei "risultati dei processi formativi e dell'attività di ricerca scientifica" è stata 2.2%, e nel 2007 0.58%. Il criterio della spesa storica, attraverso cui sono stati sostanzialmente ripartiti i finanziamenti, è pessimo non solo perché non ha nulla a che vedere con il merito, comunque valutato, ma perché offre continua copertura a qualunque politica o a qualunque errore di gestione delle sedi.

Per sottolineare elementi attinenti il terzo quesito, 6 anni di concorsi della riforma Berlinguer, con 3 e poi 2 idoneità per concorso, hanno prodotto nell'università una enorme ope legis per avanzamenti di carriera, la quale ha pesato abbondantemente sulle casse degli atenei. Dal 1999 al 2006 il numero di professori ordinari è cresciuto di ben il 54%, una crescita più consona a un paese sottosviluppato che a un paese di solida tradizione accademica. L'ope legis a beneficio dei professori associati è stata altrettanto imponente ma meno visibile, data la mole dei passaggi alla fascia degli ordinari. Le indiscriminate promozioni di carriera non sono state frenate dal vincolo di legge, posto addirittura nel 1998, per cui le università non possono operare nuove assunzioni a tempo indeterminato se le spese per il personale di ruolo assorbono risorse superiori al 90% del FFO. In questo caso, la legge stabilisce, nuove assunzioni sono possibili solo nel limite del 35% del risparmio che segue alle cessazioni dell'anno precedente. La legge, però, non ha mai fissato precise sanzioni per il rispetto del vincolo. E il vincolo, posto evidentemente per garantire risorse minime per la funzionalità delle strutture, non è rispettato da ben 19 atenei. Questa è la diagnosi della Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica in un documento del luglio 2007.

"Per anni - si legge nel documento della Commissione - le università hanno preferito spendere risorse per garantire la progressione di carriera dei docenti piuttosto che assumere nuovi ricercatori...". Nulla da eccepire, naturalmente, a questa osservazione. Certo, però, che se le regole concorsuali, ossia le triple e doppie idoneità della riforma Berlinguer, forniscono incentivi perversi (alle selezioni fasulle, alla moltiplicazione dei titoli, all'espansione incontrollata dei posti di professore), non c'è poi da meravigliarsi di comportamenti degli atenei che sono del tutto coerenti con gli incentivi perversi forniti dalle regole.

Purtroppo la storia non è finita e gli errori tornano a ripetersi. L'ultimo atto del passato governo, in attesa di una nuova disciplina in materia, è stata la riapertura dei concorsi nel 2008 con i due idonei della regola Berlinguer. La nuova tornata concorsuale, appena avviata, registra 724 bandi per posti di professore ordinario e 1143 per posti di professore associato! In rapporto al numero di ordinari e associati in forza nei nostri atenei, i bandi emanati implicano una crescita potenziale (considerate le due idoneità) degli ordinari pari al 7.2% e degli associati pari al 12.1%. Al costo medio nazionale delle due posizioni di ruolo, questi bandi si traducono in un impegno di risorse aggiuntive di quasi 189 milioni di euro. Se tutte le seconde idoneità si tramutassero in ulteriori posizioni di ruolo, l'impegno di risorse naturalmente si raddoppierebbe. Con quali risorse e sulla base di quali piani di sviluppo sono stati deliberati dalle sedi questi bandi? E questa mole di bandi è compatibile nei singoli atenei con il pieno turn over dei docenti? Se non lo è, le risorse liberate dalle cessazioni del prossimo futuro saranno impegnate per promozioni di carriera.

In questo contesto, ciò che preoccupa non può certo essere un programma di contrazione del turn over e del FFO. Ciò che preoccupa è che non emergano ancora volontà e chiari segnali di un'ampia revisione dei meccanismi di finanziamento degli atenei. Le linee indicate nell'appello "Una università più meritocratica" sono quelle giuste per impostare una tale revisione. Le penalizzazioni di una generalizzata riduzione del FFO potrebbero ridimensionarsi alquanto per atenei che hanno compiuto e che compiono scelte di merito.


paola potestio è Professore ordinario di Economia Politica, Università Roma3
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Università, tutta Italia(o quasi) contro la 133

Messaggioda annalu il 22/10/2008, 21:01

franz ha scritto:Da NoiseFromAmerika
http://www.noisefromamerika.org/index.p ... blema#body

La riduzione del turnover NON è il problema
di paola potestio, 21 Ottobre 2008


Mi sembra che Franz non abbia ben chiara la gravità del problema.
Si può discutere all'infinito di come migliorare la distribuzione dei fondi alle Università, di come garantire un futuro alla ricerca italiana, ed ai giovani ricercatori che lavorano nella ricerca.
Quello che è certo, è che la situazione è esplosiva, i fondi per la ricerca in Italia sono estremamente pochi rispetto ai paesi europei e non solo, i ricercatori "giovani" (sino altre i 40 anni) sono pagati pochissimo, e si sentono e sono "precari" perché in Italia (e solo in Italia) un ricercatore che esce dall'università non ha sbocchi, e magari per trovare lavoro deve anche "nascondere" le proprie qualifiche.
A questo aggiungiamo tutti i mali ben noti delle università, e il problema appare in tutta la sua dimensione.

A questo, come risponde Berlusconi?
Direi che semplicemente non risponde, a lui l'università e la ricerca non interessano. Ha bisogno di soldi, a chi toglierli? Ovvio, alla scuola a all'Università. Cosa contano?

Le scuole e le università, in tutte le loro componenti, protestano?
Si sa che gli studenti sono sempre stati un pericolo per i regimi di ogni genere.
Quale occasione migliore per mostrare che il governo ha i muscoli?
E così un grave problema italico diventa un semplice problema di ordine pubblico, e si comincia la repressione.
Si comincia dagli studenti, che bella novità!

annalu
annalu
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1387
Iscritto il: 17/05/2008, 11:01

PrecedenteProssimo

Torna a Ecologia, Energia, Innovazione, Ricerca

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 17 ospiti