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Italiano, questo sconosciuto

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda franz il 08/12/2009, 12:13

La maggior parte dei giovani ignora grammatica e sintassi. Anche nelle università
Viaggio in un Paese che non conosce più la sua lingua

Italiano, questo sconosciuto
"Studenti quasi analfabeti"

di MAURIZIO CROSETTI

Io cossi tu cuocesti egli cosse: cos'è 'sta roba? Piccolo esame di verbi: "Se io sarebbe più abile, tu mi affiderai una squadra". Ma anche: "Se tu saresti più alto, potessi giocare a pallacanestro". Nel cimitero dove giacciono, insepolte, sintassi e ortografia, accenti e apostrofi si confondono in un'unica insalata nizzarda di parole: "Non so qual'è la prima qualità di un'uomo". E tutto questo accade, si legge, si scrive all'Università.

Test d'ingresso per le facoltà a numero chiuso, anno di disgrazia 2009: alcuni degli aspiranti dottori del terzo millennio hanno risposto così. "I giovani che arrivano dalle scuole superiori sono semi-analfabeti", ha dichiarato il magnifico rettore dell'ateneo bolognese, Ivano Dionigi.

E chi ha già superato il traguardo della laurea non sta poi tanto meglio: secondo una ricerca del Centro Europeo dell'Educazione (CADE, o forse sarebbe meglio dire casca: l'asino), l'otto per cento dei nostri laureati non è in grado di utilizzare pienamente la scrittura. Anzi, peggio: 21 laureati su 100 non vanno oltre il livello minimo di decifrazione di un testo. Cioè, se proprio va bene riescono a far partire la lavastoviglie leggendo le istruzioni, oppure intuiscono le controindicazioni dell'aspirina. Ma di più no.

Ancora: un laureato su cinque non riesce a dirimere un'ambiguità lessicale. E un laureato su tre ha meno di cento libri in casa, quasi sempre quelli che ha (più o meno) sfogliato per arrivare al pezzo di carta. Ma su quella carta, troppo spesso è come se fossero impressi geroglifici. E non parliamo poi di quando è necessario scrivere un testo.

Per questo, molti atenei hanno deciso di organizzare corsi di recupero di italiano per le matricole: grammatica e sintassi, cioè argomenti da prima media. "I ragazzi non conoscono il significato di espressioni lessicali banalissime", spiega Pier Maria Furlan, preside di Medicina 2 a Torino, dove appunto si torna sui banchi quasi per fare le aste, e per ripassare (o per studiare?) il congiuntivo. "Credetemi, è una situazione da mettersi le mani nei capelli. Per fortuna, gli studenti sono abbastanza consapevoli dei propri limiti: gli iscritti ai corsi di recupero sono oltre 35 su cento".

Come nasce lo "studente analfabeta"? Quando comincia a diventarlo? "I guasti iniziano nella scuola dell'obbligo", risponde Tullio De Mauro, il padre degli studi linguistici italiani. "Il buonismo degli insegnanti ha fatto grossi danni, ormai si tende a promuovere un po' tutti e non si sbarra il passo a chi non è all'altezza. Ma il disprezzo per la lingua italiana risiede anche in certi romanzi di nuovi autori, pieni di parolacce e di inutili scorciatoie, e nel linguaggio sempre più sciatto dei giornali dov'è quasi scomparsa la ricchezza della punteggiatura".

Insomma, oggi s'impara poco anche leggendo. E si studia male. "Credo che il predominio dell'inglese stia nuocendo all'uso dell'italiano", sostiene il noto linguista Gian Luigi Beccaria. "Ormai è necessario alfabetizzare adulti e ragazzi, e la colpa è di un intero percorso scolastico che non sempre funziona. Le lacune nascono da lontano. Inoltre, l'uso esclusivo di telefoni cellulari e computer come strumenti di comunicazione non aiuta la nostra lingua: l'italiano sta regredendo quasi a dialetto". Lasciando perdere gran parte della narrativa italiana contemporanea, dov'è possibile far tesoro della lingua giusta? "Leggendo o rileggendo autori esemplari per pulizia dello stile e chiarezza: penso a Primo Levi, a Calvino, ma anche a Pirandello e Pavese, oppure al Fenoglio di Primavera di bellezza, mentre Il partigiano Johnny è più complesso".

Secondo recenti e sconfortanti statistiche, il venti per cento dei laureati italiani rischia l'analfabetismo funzionale, cioè la perdita degli strumenti minimi per interpretare e scrivere un testo anche semplice. E la percentuale sale tra i diplomati: trenta su cento possono diventare semi-analfabeti di ritorno. Una delle cause può essere l'abbandono della grammatica e della fatica della sintassi: già alle medie non si studiano quasi più, figurarsi al liceo. Nella scuola superiore, ormai pochissimi insegnanti si sobbarcano la correzione di trenta temi pieni di bestialità, una fatica tremenda e scoraggiante. E guai se non si promuove chiunque: scatterà la reazione anche violenta delle famiglie (sempre più spesso si rivolgono all'avvocato per rintracciare vizi di forma nei registri, anche dopo la più sacrosanta delle bocciature dei loro pargoli).

"Siamo molto preoccupati", dice Franca Pecchioli, preside di Lettere a Firenze. "Se gli studenti non sanno dov'è il Mar Nero, beh, è grave ma glielo possiamo insegnare. Ma se non sono in grado di seguire la spiegazione di un docente perché ignorano il significato di certe parole, allora è peggio". Ha un suono sinistro anche la testimonianza di Elio Franzini, preside di Lettere alla Statale di Milano: "L'anno scorso, insegnando ai primi anni di filosofia chiesi chi avesse letto Proust, e alzarono la mano in tre. E quasi nessuno sapeva chi avesse scritto Delitto e castigo".

Invece è palese il delitto nei confronti della lingua italiana, o di quella che dovrebbe essere la formazione universitaria: tra i paesi industrializzati, solo Messico e Portogallo stanno peggio di noi. Vale forse la pena ricordare che in Italia soltanto 98 persone su mille acquistano ogni giorno un quotidiano, mentre in Giappone sono 644. Un problema di formazione, o di scarsa informazione? "Siamo di fronte a un'autentica violenza nei confronti della parola", risponde Giovanni Tesio, critico letterario e docente all'Università del Piemonte Orientale. "Ma non dipende solo dalla scuola: la colpa è anche delle famiglie e dei modelli culturali. La prevalenza dell'immagine porta a una disattenzione verso i testi, e comunque è vero che mancano le basi. Me ne accorgo correggendo tesi di laurea non solo scritte male, quello sarebbe il meno, ma anche piene di strafalcioni. Perché per decenni si è demonizzata la grammatica, come se tutto dovesse essere facile e divertente. Ebbene, a scuola non tutto può né deve esserlo. Un'altra fesseria è credere che la grammatica s'impari leggendo, quello è un universo che non accetta usi strumentali". Ma l'analfabetismo dei laureati può essere arginato? "Siccome la letteratura è il luogo in cui il senso della complessità diventa più forte, io la insegnerei anche nelle facoltà scientifiche".

Forse in Italia manca un vero sistema di educazione per adulti, non siamo più capaci di aggiornarci, allenando cervello e conoscenza come se fossero muscoli. La faciloneria portata da Internet, strumento meraviglioso e banale, ricco di potenzialità ma anche di comode tentazioni, ha ormai diffuso una specie di cultura del "copia e incolla", attraverso l'utilizzo di una lingua spesso piatta e tutta uguale, riprodotta all'infinito. Molti esami scritti, all'Università, vengono condotti come i test per la patente, mettendo crocette su un questionario; e le relazioni degli studenti procedono con "Powerpoint", un altro strumento che riduce la dialettica a riassunto di qualche schema, sillabando quattro parole.

"Abbiamo vastissima conoscenza orizzontale e istantanea, però non siamo più in grado di approfondire, di scendere nel cuore delle cose", conclude Tesio. Il sessanta per cento degli italiani non ha mai letto un libro (anche se molti di loro, purtroppo, hanno provato a scriverlo). E non è affatto vero che "val più la pratica della grammatica". Altrimenti non sarebbe possibile che 45 laureati su cento ignorino qual è (scritto senza l'apostrofo) il passato remoto del verbo cuocere.

(8 dicembre 2009)
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda franz il 08/12/2009, 12:16

La maggior parte dei giovani ignora grammatica e sintassi

Direi anche la maggior parte degli adulti, politici e giornalisti compresi.
L'articolo qui riportato è una pregevole eccezione.
Di norma il panorama è desolante.
Franz
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda pianogrande il 09/12/2009, 1:22

Uno dei parametri da tenere presente è l'utilità di una buona preparazione scolastica ai fini dell'impiego e della carriera.
Siamo il paese dei favoritismi e dei raccomandati.
Ben altri sono i mezzi per affermarsi.
Vale molto più un "book" che una tesi sul pessimismo cosmico di Leopardi.
La nostra società dovrebbe fare qualcosa per rendere la preparazione scolastica influente sulla affermazione sociale e lavorativa.
Andando di questo passo arriveremo, però, ad una situazione di non ritorno.
Rischiamo, cioè, di arrivare ad una situazione in cui gli elementi capaci di giudicare la altrui preparazione cominceranno a scarseggiare.
Altro parametro da non trascurare è il concetto di "persona seria" (o diligente, se vogliamo).
Praticamente una offesa (detto per esperienza vista e vissuta).
Quest'ultimo è un male ancora più antico ed ancora più difficilmente rimediabile.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda cardif il 09/12/2009, 2:17

Non è il prodotto della società tecnologica?
Dell'apatia, per cui si sta più volentieri davanti alla tv che a leggere un libro?
Dell'abitudine alla interruzione dell'attenzione, causata dalle interruzioni pubblicitarie?
Del telecomando, assassino della concentrazione?
Della fretta di arrivare alla conclusione, pensando di aver già capito tutto e subito (anche nell'apprendere le regole di guida, per cui poi muoiono tanti giovani)?.
Queste, almeno in parte, credo che siano le cause del fenomeno dalle vaste dimensioni.
Poi c'è il piccolo.
La giornalista che potrebbe dire incontro e dice "summit" con la "u".
Si sta diffondendo il termine "avvallare" per "avallare".
E c'è il più piccolo :P : io scrivo bè, pur sapendo che sarebbe "bene" troncato in be'.
La nostra società dovrebbe ridurre il contributo della televisione alla formazione culturale, altro che decoder.
Dovrebbe ridurre il costo dei libri, per renderli un prodotto di consumo, altro che costose stampe su carta satinata.
O no? O si ferma il progresso? Boh
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Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda franz il 09/12/2009, 9:43

cardif ha scritto:Non è il prodotto della società tecnologica?

Si, penso che la grande accellerazione della società della comunicazione stia accellerando quel fenomeno "naturale" di deriva che fa mutare le lingue. Pensiamo al grande spostamento vocalico (in inglese Great Vowel Shift) http://it.wikipedia.org/wiki/Grande_spo ... o_vocalico
Le lingue mutano costantemente e penso che se la comunicazione aumenta, questo accellera i mutamenti.
È chiaro pero' che quando si perde per strada il congiuntivo si perde una possibilità espressiva particolare, che chi usa vorrebbe dare e chi ascolta o legge puo' non cogliere.
Quel tipo di perdita comporta un appiattimento ed una semplificazione.
Diminuisce le possibilità di fare e capire ragionamenti complessi.
Alcuni politici non usano il congiuntivo perchè non lo conoscono ed altri non lo usano per farsi capire da tutti.

Ciao,
Franz
PS Mi pare che le carte siano piu' probabilmente "patinate", non satinate.
La satinatura come processo riguarda alcuni metalli (acciaio, alluminio) ed il vetro.
# tipo di lavorazione effettuata per rendere opache le superfici di metalli preziosi come oro ed argento;
# lavorazione effettuata con spazzole composte da fili metallici rotanti, immersi in olio e smeriglio, che permette la finitura di superfici in lega leggera.

Ho trovato anche riferimenti a carte fotografiche satinate (si intende opaca, invece di lucida) ma non credo che ti riferissi a quel tipo di carta.
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda Giorgio Graffieti il 09/12/2009, 10:53

franz ha scritto:Mi pare che le carte siano piu' probabilmente "patinate", non satinate.

al massimo le carte vengono considerate "sataniche"... dipende da chi ci scrive sopra. ;)
«vedo gente, faccio cose...»
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda cardif il 09/12/2009, 15:30

Secondo me l'uso dell'indicativo dopo "che" si è diffuso più che altro per dare maggior valore alla realtà
(credo che devi andare a ... è più incisivo di: credo che tu debba andare a ...; così verrebbe da dire anche a me a qualcuno che gira qua dentro ...).
Questo perché vedo che parlano così anche tante persone che hanno un buon "pezzo di carta".

Intendevo rimarcare la riduzione del costo dei libri con l'uso di un tipo di carta meno costosa, casomai anche riciclata; perciò ho citato quella più costosa.
Carta patinata: http://upmkymmene.paginegialle.it/carta-patinata.html
Carta satinata: http://www.digitalpix.com/Products.aspx?id=300018

E comunque è + meglio :lol: che uno scrive male cose non sataniche o che si scriva in forma grammaticalmente e sintatticamente appropriata di cose senza senso?
La forma è bella, ma la sostanza lo è di più, per me.
Un ciao, cardif
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda franz il 09/12/2009, 16:14

cardif ha scritto:E comunque è + meglio :lol: che uno scrive male cose non sataniche o che si scriva in forma grammaticalmente e sintatticamente appropriata di cose senza senso?
La forma è bella, ma la sostanza lo è di più, per me.
Un ciao, cardif

Nella comunicazione, la sostanza (pensiero) è supportata dalla forma (grammaticale).
È abbastanza chiaro che una comunicazione sgrammaticata, come alcuni degli esempi fatti nell'articolo, comporta in chi esamina il messaggio alcuni seri problemi che in aluni casi possono portare a dubbi interpretaviti (cosa avrà mai voluto dire?). Quindi forma e sostanza vanno a braccetto ed ogni stonatura in una delle due comporta un difetto di comunicazione. Non sto parlando degli errori di digitazione, perché a quelli siamo abituati e la nostra mente si adegua ma proprio dei periodi senza capo e senza coda, senza punteggiatura, sconclusionati. Queste cose di solito si imparano a scuola e si mantengono con l'esercizio e la costante correzione di qualcuno che, nel caso, fa notare gli errori. Se pero' già hai dei dubbi su come si dice qualche cosa e leggi sui giornali "un milione di studenti hanno manifestato" ecco che la maggioranza della popolazione si farà idee strane sulla concordanza dei verbi (ammesso che si ricordi cosa sia).
Il problema qui è il pessimo esempio, nella lingua scritta e parlata che i media (radiofonici, televisivi e stampati) ci danno ogni giorno.

Franz
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda cardif il 09/12/2009, 16:56

franz ha scritto:periodi senza capo e senza coda, senza punteggiatura, sconclusionati.

Su questo sono perfettamente d'accordo.
E' necessario quel minimo di cultura che consenta (rigorosamente con la a) di esprimere con chiarezza e senza equivoci quel che si vuol dire.
Anche se, prioritariamente, è necessario sapere con chiarezza cosa si vuol dire. E poi c'è il problema di quello che si dice.
Mi va di fare qualche esempio, prendendolo da una discussione che mi sarebbe piaciuto se avesse avuto un seguito, per chiarire tant'altro, a partire dai livelli di conoscenza.
"Fatto le somme (vendite, acquisti, spese varie ) si fa il saldo e da li si considera l'imponibile, dopodiche' da questo viene considerata l'imposizione fiscale." è sconclusionata nella forma e nei concetti che chi l'ha scritta tenta di esprimere, denotando assoluta confusione mentale.
"Lo sapevi che l'imposta sul valore aggiunto che generalmente è del 20%, noi l'anticipiamo allo stato?" È abbastanza corretta, ma falsa.
"Non so se sia il caso di spiegarti alcune cose relative alla tassazione" è corretta, ma infondata.

cardif
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Re: Italiano, questo sconosciuto

Messaggioda franz il 09/12/2009, 22:24

cardif ha scritto:E' necessario quel minimo di cultura che consenta (rigorosamente con la a) di esprimere con chiarezza e senza equivoci quel che si vuol dire.
Anche se, prioritariamente, è necessario sapere con chiarezza cosa si vuol dire.

Minimo di padronanza del linguaggio, direi piuttosto, senza la quale la cultura a poco serve. Anzi non esiste.
Per esprimere quello che si vuole dire, noi pensiamo in una lingua e quello che esce dipende dalla padronanza di questa lingua. Il problema del collegamento tra pensiero, lingua e grammatica è uno dei maggiori filoni di studio degli ultimi 20 anni. Senza padronanza della lingua, il pensiero (emesso e recepito) è castrato. Noi non possiamo comunicare tra noi in "mentalese". Abbiamo sempre bisogno di una lingua, con grammatica, simboli, fonemi.

Ciao,
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