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UE e Italia; Kyoto ed il riscaldamento globale

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

UE e Italia; Kyoto ed il riscaldamento globale

Messaggioda franz il 10/12/2008, 17:17

L'Italia e la riduzione della CO2
"Kyoto sempre più lontana"

Il nostro Paese si piazza al 44esimo posto su 57 nel Climate change performance index. Legambiente: "Disastroso"

ROMA - Gli obiettivi del Protocollo di Kyoto? Sono sempre più distanti per l'Italia. Il nostro Paese prende voti scarsi nella lotta al surriscaldamento globale e, quel che è peggio, la soglia della sufficienza si allontana di anno in anno. A dare un giudizio negativo sulla performance italiana in quanto a misure per la riduzione dei gas serra è il rapporto internazionale Climate change performance index del German Watch, che mette l'Italia al 44esimo posto nella classifica dei 57 Stati a maggiori emissioni di CO2, cioè quelli che producono il 90% dei gas serra a livello mondiale.

In caduta libera. Nello studio, che si sofferma sugli interventi positivi e strutturali di ogni singola nazione nel campo del riscaldamento, l'Italia si piazza nel gruppo di coda e perde terreno rispetto alla scorso anno, quando era 41esima. Davanti a noi, India e Brasile. Poco dopo, Paesi noti per essere "grandi inquinatori" come la Polonia e la Cina. E comunque rimaniamo ben lontani dal terzetto di punta delle prime in classifica: le virtuose Svezia, Germania e Francia. Nelle ultime posizioni ci sono invece Arabia Saudita, Canada e Usa.

"Disastroso". Così Legambiente, una delle associazioni ambientaliste che hanno collaborato alla stesura del rapporto, definisce il nostro piazzamento, "che rispecchia il cronico ritardo nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto".

Le cause. A determinare questa situazione hanno contribuito l'assenza di una strategia complessiva per abbattere le emissioni di CO2, una politica energetica che punta sull'aumento dell'uso del carbone - una fonte non pulita - e il deficit di trasporti a basse emissioni. Non solo: su di noi pesa la constatazione che nella Ue siamo uno degli Stati dove i gas serra sono cresciuti di più rispetto ai livelli del 1990 (+9,9%). E questo in barba al taglio del 6,5% imposto dal trattato internazionale.

Punti di forza a rischio. Legambiente osserva che a salvare l'Italia dagli ultimissimi posti della classifica sono state "le poche ma importanti misure adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del fotovoltaico o gli incentivi del 55% per l'efficienza energetica". Ironia della sorte, fa notare Legambiente, queste sono proprio le misure finite nel mirino del governo, "che dopo aver eliminato l'obbligo della certificazione energetica degli edifici, ha tagliato il 55%".

Prospettive future. Il rapporto del del German Watch ipotizza che il giudizio in futuro potrebbe persino peggiorare e non lesina sulle critiche al comportamento del nostro Paese nei negoziati in corso sul pacchetto energia e clima dell'Unione Europea. Insieme alla Polonia, infatti, l'Italia si merita il giudizio più negativo sul piano internazionale per i ripetuti tentativi di sabotare il pacchetto. Come dire, abbiamo incassato anche uno zero in condotta.

(10 dicembre 2008)
http://www.repubblica.it

I rapporti:
2008: http://www.germanwatch.org/klima/ccpi08.pdf
2007: http://www.germanwatch.org/klima/ccpi07.pdf
2006: http://www.germanwatch.org/rio/ccpi2006.pdf
Ultima modifica di franz il 12/12/2008, 18:12, modificato 1 volta in totale.
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... ma la Terra si beffa dei modelli climatici

Messaggioda franz il 10/12/2008, 23:32

Nei mari c'è una macchina che può imbizzarrirsi
WALLACE BROECKER
COLUMBIA UNIVERSITY - NEW YORK
Verso la metà degli Anni 80, due mie linee di ricerca si sono improvvisamente incrociate. Una riguardava la determinazione della velocità di «ossigenazione» dell'ambiente oceanico attraverso la formazione di acque profonde e l'altra riguardava la ricostruzione del clima terrestre degli ultimi 100 mila anni.

Questa «collisione» è avvenuta quando mi sono reso conto che le grandi e improvvise variazioni di temperatura registrate nelle carote di ghiaccio della Groenlandia potevano essere spiegate da un fenomeno di attivazione e disattivazione della formazione delle acque profonde nella parte settentrionale dell'Atlantico. Una volta formate, queste acque profonde scorrevano per tutto l'oceano, giravano attorno alla punta dell'Africa e confluivano nella corrente circumantartica. Da lì penetravano nelle profondità dell'Oceano Indiano e dell'Oceano Pacifico per poi risalire in superficie. Completavano il circuito globale rifluendo nell'Atlantico.

Stando così le cose, l'alterazione da me ipotizzata ha portato a una riorganizzazione del funzionamento dell'oceano e di conseguenza anche a grandi cambiamenti a livello atmosferico.

E' stata, questa, una sorta di quantizzazione del clima della Terra.

Si disattiva la produzione di acque profonde nell'Atlantico settentrionale e il clima passa di colpo da una modalità di funzionamento a un'altra.

Questa era un'idea rivoluzionaria ed è occorso tempo perché prendesse piede. Una volta accettata, però, molti dati a suo sostegno sono arrivati dalla paleoclimatologia e dai modelli climatologici. È emerso che sbalzi di temperatura equivalenti a quelli della Groenlandia erano presenti nelle registrazioni climatiche dell'emisfero settentrionale e ai Tropici.

Pur se ridotte nell'emisfero Sud, le registrazioni delle carote di ghiaccio dell'Antartico mostravano una situazione di antifase rispetto a quelle dell'emisfero Nord. Questo ha portato al concetto di un'oscillazione bipolare del funzionamento dell'oceano. Le interruzioni della formazione di acque profonde nell'Atlantico settentrionale erano apparentemente compensate da un'aumentata formazione di acque profonde nella parte Sud.

È occorso tempo per capire come la riorganizzazione della circolazione oceanica possa aver influito in modo tanto profondo sul clima. La risposta è arrivata quando John Chiang, dell'Università di Berkeley, ha mostrato che la presenza di una copertura più vasta dei ghiacci marini nell'Atlantico del Nord poteva essere responsabile del fenomeno: il ghiaccio non solo impediva la dispersione del calore nell'atmosfera, ma rifletteva la luce del Sole. Avrebbero così avuto origine inverni di tipo siberiano in Canada e nell'Europa del Nord. Chiang ha mostrato che il fenomeno avrebbe anche spinto verso Sud l'equatore termico e la fascia umida, spiegando gli effetti registrati ai Tropici.

Inizialmente ero preoccupato del fatto che il riscaldamento causato dalla CO2 prodotta dai combustibili fossili portasse a una ripetizione dell'arresto delle acque profonde. Tuttavia non ci sono elementi a favore di un'improvvisa inondazione di acqua dolce. Inoltre, molti modelli hanno mostrato che il previsto aumento delle piogge e del deflusso fluviale darebbero luogo solo a un rallentamento e non a un improvviso arresto del fenomeno. Ad ogni modo, ora che è chiaro che l'andamento del clima può essere soggetto a improvvisi mutamenti non possiamo scartare la possibilità di future sorprese.

Nel 2002 ricevetti una lettera che rivelatrice. Era di Gary Comer, un signore che mi chiedeva consiglio. Spiegava che nell'estate precedente era riuscito a navigare con il suo «Turmoil», uno yacht di 50 metri, attraverso il Passaggio a Nord-Ovest, dalla Groenlandia al Mare di Bering. Essendo stato il primo a realizzare questa impresa, si chiedeva se il riscaldamento globale stesse già influendo sull’Artico. Una settimana dopo, si presentò alla Columbia University con molte domande. Suppongo che le mie risposte lo abbiano soddisfatto, perché prese sotto la sua protezione me e anche alcuni miei amici impegnati nello studio dei cambiamenti climatici. Non solo ci aiutò economicamente, ma ci mise a disposizione i mezzi per raggiungere luoghi per noi altrimenti inaccessibili. Così facendo, creò una squadra di scienziati che, a due anni dalla sua scomparsa, continuano a lavorare in stretta collaborazione.

La missione di Comer si è spinta oltre la sua partecipazione attiva alla nostra ricerca. Era molto preoccupato delle conseguenze del riscaldamento globale e riteneva che tutte le scoperte su quanto il sistema climatico sia sensibile anche a piccole sollecitazioni sarebbero servite da «allerta» sulle conseguenze di tutta la CO2 che produciamo.

Ho in mente un esempio. Klaus Lackner, un collega alla Columbia University, è stato il primo a capire che le correnti d’aria utilizzate per far funzionare gli impianti eolici si sarebbero potute sfruttare anche per eliminare l'anidride carbonica dall'atmosfera. Una volta elaborata l'idea, mi sono reso conto che Klaus aveva trovato una soluzione che sarebbe stata non solo l'elemento-chiave di qualsiasi strategia per contenere l'aumento di CO2, ma che sarebbe diventata anche l'unico modo per diminuirla, una volta stabilizzati i valori. Per questo motivo ho convinto Gary Comer a investire nello sviluppo di un dispositivo in grado di catturare la CO2 in modo economico, nonostante le preoccupazioni dei suoi consulenti finanziari, che ritenevano il progetto troppo rischioso.Ora, dopo cinque anni, la General Research Technologies, alimentata dal genio di Lackner, promette un prototipo che sarà disponibile sul mercato entro due anni.

In conclusione, ho tratto grande piacere dai miei 56 anni da scienziato e l’Osservatorio della Columbia University è il mio paradiso. Ora intendo impiegare il denaro del Premio Balzan per nuove ricerche che consentano di usare i dati paleoclimatici come guida per il futuro.

Chi è Broecker Geologo
RUOLO: E’ PROFESSORE DI GEOLOGIA ALLA COLUMBIA UNIVERSITY E RICERCATORE ALL’OSSERVATORIO TERRESTRELAMONT-DOHERTY
IL RICONOSCIMENTO: HAVINTO IL PREMIO BALZAN 2008
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Interventi ambientali e tutela delle specie

Messaggioda mauri il 11/12/2008, 13:32

tanti piccoli passi, in questo caso a costi zero, sono medicine per curare e guarire la nostra terra, unica
vegetali e animali sono indispensabili per la vita di tutti, l'uomo come ha distrutto ora deve ripristinare, aggiustare e ricostruire anche il sistema ecobioambientale, il 20-20-20 da solo è insufficiente
buona colazione, mauri



Interventi ambientali e tutela delle specie
Dalla Gran Bretagna i risultati estremamente incoraggianti dell’iniziativa WildCare per favorire le specie in maggiore declino (09/12/08)

A dimostrazione di come gli agricoltori giochino un ruolo fondamentale nella conservazione - o, come avviene di solito, nel drammatico crollo - di alcune specie arrivano dalla Gran Bretagna i risultati estremamente positivi dell’iniziativa WildCare. Specie in declino come lepri, zigoli gialli e addirittura i passeri stanno facendo un consistente ritorno nelle aziende agricole partecipanti all’iniziativa.

I dati vengono a soli due anni dal lancio del progetto a cui hanno aderito sinora 60 aziende agricole: nell’ultimo anno l’ambiente adatto alla fauna selvatica è aumentato del 19% ma gli avvistamenti di avifauna considerata in declino è aumentata del 47%.

Cosa si sono impegnati a fare gli agricoltori che hanno aderito? Hanno lasciato crescere, fiorire e fruttificare le siepi di divisione tra i campi, mantenuto fasce non lavorate al bordo dei campi dove sono potute crescere e fiorire piante selvatiche indispensabili per le farfalle, hanno creato piccoli stagni, fossi, fasce di prati stabili, installato cassette nido, lasciato le stoppie invernali.

Tra le specie che hanno principalmente beneficiato dell’iniziativa:

· Pigliamosche (Muscicapa striata): numeri ancora bassi, ma +500%
· Migliarino di palude (Emberiza schoeniclus): numeri ancora bassi, ma +280%
· Storno (Sturnus vulgaris): +163%
· Passero (Passer domesticus): +130%
· Zigolo giallo (Emberiza citrinella) (+102%
· Lepre (Lepus europaeus): + 45%


Anche le farfalle hanno mostrato sostanziali segni di ripresa:

* Maniola jurtina (1,822)
* Pyronia tithonus (626)
* Aphantopus hyperantus (483)
* Pieris brassicae (460)

Secondo Tim Oliver, Business Services Manager di WildCare, i risultati sono molto positivi. «Dopo soli due anni si è assistito a una ripresa significativa di alcune specie a dimostrazione di come una gestione efficiente dell’impresa e fauna selvatica possano perfettamente convivere. Dato che il 70% della terra nel regno Unito è ad uso agricolo, progetti come questi che viene il coinvolgimento come protagonista del mondo agricolo possono avere un impatto complessivo estremamente significativo».

Il risultato è incoraggiante, ma deve essere valutato con attenzione. È purtroppo facile raggiungere percentuali impressionanti quando si parla di numeri molto piccoli. Già passare da 1 a 2 è un aumento del 100% ma in termini assoluti è sconfortante. Occorre poi una valutazione complessiva: non è che gli interventi ambientali hanno solo contribuito a fare concentrare in determinate aree gli ultimi superstiti? Occorre verificare che un aumento in certi luoghi non sia avvenuto a discapito di altri limitrofi.

Resta comunque il valore assoluto del messaggio. Condividiamo il pianeta con altre specie e abbiamo il dovere morale di garantire loro le condizioni adatte alla sopravvivenza dato che unicamente sulla base del «diritto del più forte» abbiamo deciso che questo mondo è tutto roba nostra. E pare che non ne stiamo esattamente facendo buon uso.
fonte tutelafauna
mauri
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Re: UE e Italia; Kyoto ed il riscaldamento globale

Messaggioda franz il 12/12/2008, 18:15

Accordo tra i paesi Ue
al vertice di Bruxelles

Concessioni a Italia, Germania e Polonia, ma restano gli obiettivi 20-20-20. Berlusconi esulta: "Abbiamo avuto tutto quello che chiedevamo"

BRUXELLES - Acordo raggiunto sul pacchetto clima ed energia dell'Unione Europea. Il vertice di Bruxelles ha trovato un'intesa che mette d'accordo i 27 paesi Ue su come affrontare la lotta ai cambiamenti climatici e riconvertire il sistema energetico del Vecchio Continente. Un testo che il presidente di turno dell'Unione Nicolas Sarkozy ha definito "storico", mentre il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lo ha salutato come "una grande vittoria dell'Italia, abbiamo ottenuto tutto".

L'articolato finale ribadisce l'obiettivo di ridurre del 20% entro il 2020 le emissioni di gas serra, arrivando alla stessa scadenza a un'identica percentuale di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili. Il compromesso con i paesi che nelle ultime settimane avevano sollevato forti opposizioni è stato raggiunto piuttosto sulle modalità con cui arrivare a centrare le ambizioni ambientali europee. Tra questi anche l'Italia, arrivata a minacciare persino di far saltare l'intero tavolo di trattativa.

In particolare Roma nella versione finale porta a casa una maggiore gradualità nel processo di estensione delle quote di emissioni a pagamento. Si passerà, per le industrie giudicate non a rischio di delocalizzazione, dal 20% nel 2013 al 70% nel 2020, ma nel 2025 si arriverà al 100% dei diritti di emissione a pagamento. Una novità, questa, introdotta per non incappare in una bocciatura da parte dell'Europarlamento, schierato su posizioni decisamente più ambientaliste rispetto al Consiglio.

Sulla definizione delle industrie a rischio di delocalizzazione (carbon leakage) che potranno beneficiare dei diritti di emissione gratuiti al 100%, la nuova bozza accoglie soprattutto le richieste avanzate dalla Germania per tutelare le sue imprese manifatturiere e la produzione di cemento, acciaio e alluminio. Le rivendicazioni italiane a tutela di ceramica, vetro e carta saranno soggette invece a un complicato calcolo in base alla percentuale di extra costi che l'acquisto di certificati di emissione comporterebbero per i diversi settori e sottosettori.

Parlando in conferenza stampa subito dopo il raggiungimento dell'intesa, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha rivendicato come un grande successo italiano anche l'inserimento di "una clausola di revisione generale al marzo 2010 per l'intero pacchetto clima-energia dell'Ue estesa alla valutazione sull'impatto di competitività".

Secondo il responsabile della diplomazia italiana, la revisione sarà generale, mentre nella bozza circolata in mattinata ci si limitava a prendere in considerazione il rischio di delocalizzazione delle imprese, da rivalutare sulla base di un eventuale fallimento della conferenza Onu sul clima in programma a fine 2009 a Copenaghen.

Se fosse confermato il contenuto della bozza, che fissava tra l'altro la possibilità di revisione al regime di "codecisione" (quindi senza possibilità di opporre veti) il successo italiano sarebbe molto parziale. Le pretese di Palazzo Chigi erano infatti ben altre. L'Italia in teoria avrebbe voluto rinviare tutto il pacchetto 20-20-20 in blocco, rimandandolo a un'eventuale uscita dalla crisi economica. Senza timore di apparire in controtendenza rispetto a quanto stanno facendo Stati Uniti, Germania, Francia, Gran Bretagna e persino Cina promuovendo con forza politiche di sostenibilità ambientale per rilanciare l'economia, Berlusconi non aveva esitato a definire le iniziative contro il riscaldamento globale in tempi di crisi "un malato di polmonite che pensa alla messa in piega".

Sicuramente più corpose le concessioni fatte in sede di trattativa alla Polonia e agli ex paesi del blocco comunista che hanno ottenuto sostanziosi aiuti economici e agevolazioni per riconvertire il loro sistema energetico al momento prevalentemente a carbone.

Ora comunque il testo varato dal vertice dovrà passare al vaglio del "trilogo", ovvero di un ulteriore confronto con Consiglio Europeo, Europarlamento e Commissione. Se "ratificato" andrà in votazione mercoledì nella prevista seduta dell'assemblea di Strasburgo dopo la discussione in programma martedì. A quel punto il via libera definitivo, una semplice formalità, spetterebbe al Consiglio europeo. In realtà l'ok dell'Europarlamento è molto probabile ma non è del tutto scontato. L'assemblea, come detto, è schierata infatti su posizioni molto più esigenti dal punto di vista ambientale e potrebbe ritenere eccessive concessioni fatte dalla mediazione francese.

(12 dicembre 2008)
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Accordo europeo sul clima, per il WWF un fallimento

Messaggioda mauri il 14/12/2008, 20:18

non sono tutte rose quelle che sbocciano...
bella settimana, mauri

12/12/2008 - Acordo raggiunto sul pacchetto clima ed energia dell'Unione Europea. Il vertice di Bruxelles ha trovato un'intesa che mette d'accordo i 27 paesi Ue, ma per il WWF si tratta di un fallimento: troppe concessioni all'industria
Accordo raggiunto sul pacchetto clima ed energia dell'Unione Europea. Il vertice di Bruxelles ha trovato un'intesa che mette d'accordo i 27 paesi Ue su come affrontare la lotta ai cambiamenti climatici e riconvertire il sistema energetico e industriale verso un'economia a minor tasso di carbonio. Un testo definito "storico" dal presidente di turno dell'Unione, Nicolas Sarkozy. Fortemente critico il WWF, come del resto le altre associazioni presenti a Bruxelles (Greenpeace, Oxfam, Friends of the Earth, Climate Action Network). In pratica l’Europa ha appena deciso di compensare circa due terzi delle proprie emissioni di gas serra, di far pagare ai consumatori i permessi per inquinare che le industrie inquinanti ottengono gratis e di non dare supporto ai Paesi poveri nella lotta al cambiamento climatico.

"Al Consiglio Europeo di Bruxelles non abbiamo visto leader, ma solo dei politici europei impegnati nella difesa degli interessi particolari delle proprie industrie - ha detto Mariagrazia Midulla, Responsabile del programma clima WWF Italia, da Poznan - . Così facendo hanno danneggiato in modo grave l’idea di Europa, oltre che il pacchetto Clima. Oggi i cittadini europei sono dunque alla ricerca di leader per l’Europa e per il clima, mentre i politici europei probabilmente sbandiereranno l’accordo appena raggiunto come un grande successo, mentre in realtà si tratta di un grosso fallimento per le ambizioni e le potenzialità europee. Questa non è certo la nuova rivoluzione industriale che ci aspettavamo l’Europa avviasse. Il risultato di questa corsa al ribasso è che l’Europa ridurrà le proprie emissioni di gas serra molto meno del proclamato target del -20% entro il 2020. Dopo aver guidato la battaglia mondiale contro i cambiamenti climatici, oggi che si profilano le condizioni per vincerla entro il prossimo anno, con gli USA che ritornano in pista e i buoni segnali dalle economie emergenti (addirittura avanti a noi negli investimenti e nella strategia) l’Europa non può tornare indietro. Siamo certi che questa sarà la cartina di tornasole degli elettori alle prossime elezioni europee".

"Un futuro migliore è possibile, ma dobbiamo agire tutti insieme, e adesso". Guarda "Microonde", lo spot video WWF sul clima http://generazioneclima.wwf.it/spotclima.htm
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