Un editoriale del giornale vaticano rimette in discussione il Rapporto di Harvard
La comunità scientifica: nessun paese evoluto contesterebbe questo criterio
Bioetica, l'Osservatore Romano
"La morte cerebrale non basta"
La precisazione della Santa Sede: "Un articolo non modifica la dottrina"
CITTA' DEL VATICANO - La dichiarazione di "morte cerebrale" non può sancire più la fine di una vita e va rivista in nome delle nuove ricerche scientifiche: è quanto scrive l'Osservatore Romano, in un editoriale in prima pagina dedicato ai quarant'anni del cosidetto "Rapporto di Harvard" che modificò la definizione di morte, da allora non più basata sull'arresto cardiocircolatorio ma sull'encefalogramma piatto. Ma poco dopo è arrivata una nota della Sala Stampa vaticana in cui si precisa che "un articolo non cambia la dottrina: si tratta di un editoriale dell'Osservatore Romano, firmato da una persona e che porta l'autorevolezza della testata e di quella persona".
Anche la Chiesa cattolica, ricorda il giornale del Papa, accettò quella definizione, proclamandosi favorevole al prelievo degli organi da pazienti cerebralmente morti. Nell'editoriale dell'organo di stampa vaticano si sostiene che "è stato dimostrato, però, che la morte cerebrale non è la morte dell'essere umano".
Anche la Chiesa si trova ora in una situazione delicata perché l'assunto di "morte cerebrale" - si legge nell'articolo - "entra in contraddizione con il concetto di persona secondo la dottrina cattolica, e quindi con le direttive della Chiesa nei confronti dei casi di coma persistenti".
Ferma la replica del mondo scientifico, nelle parole di Alessandro Nanni Costa, direttore del Cnt, il Centro nazionale trapianti: "Il criterio di morte cerebrale per sancire la morte di un individuo è l'unico scientificamente valido". Inoltre, "la comunità scientifica mondiale approva i criteri stabiliti dal rapporto di Harvard e le critiche, che arrivano da frange minoritarie, sono basate essenzialmente su considerazioni non scientifiche". Conclude lo scienziato: "In tutti i paesi scientificamente evoluti i criteri sono stati recepiti come norma". In Italia nel 1978 sono diventati legge, poi riconfermati da una legge successiva, nel 1993.
Anche Vincenzo Carpino, presidente dell'Associazione anestesisti-rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi), conferma la posizione di fatto della comunità scientifica: la morte cerebrale "resta al momento l'unico criterio valido, in mancanza di nuove evidenze scientifiche, per definire il decesso di un individuo". E aggiunge: "Quando in rianimazione i medici rilevano un accertamento di encefalogramma piatto, trasmettono la notizia alla direzione sanitaria, che a sua volta istituisce un collegio di tre medici (un anestesista-rianimatore, un medico legale e un neurofisiologo) che, a prescindere dalla fascia di età del paziente, effettua un periodo di 6 ore di osservazione con un protocollo preciso". "La morte cerebrale", conclude Carpino, "è la morte dell'individuo".
(2 settembre 2008)
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