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La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

Messaggioda franz il 11/05/2010, 10:12

6 maggio 2010
La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

La marea nera del golfo del Messico potrebbe insidiare la green economy di Obama
. Uno dei pilastri della riforma energetica proposta dal presidente degli Stati Uniti è il climate and energy bill, fermo al Senato, che, tra le altre cose, vuole mettere un tetto alle emissioni di gas serra. Muovendosi tra difficili equilibri, Obama, più di un mese fa, ha annunciato di voler sospendere la moratoria sulle trivellazioni offshore imposta nel 1969 in America dopo un disastro ecologico in California, cercando, con questa sorta di compromesso, nuovi consensi, tra repubblicani e democratici, per il pacchetto clima. Dopo il disastro ambientale il presidente ha temporaneamente bloccato le esplorazioni e avviato un'indagine sulla sicurezza degli impianti. Ancora non è chiaro quale sarà la scelta finale, certo è che «con il disastro ambientale nel golfo del Messico, nessuno vuole sentire parlare di nuove trivellazioni» spiega Richard Caperton, analista di politiche energetiche del think-tank liberal "Center for American Progress". E dunque il Climate and Energy Bill potrebbe fare più fatica del previsto. Caperton lavora a fianco dell'amministrazione Obama fornendo studi e proposte per la nuova politica energetica. Trascorre qualche giorno in Italia per esporre la politica energetica dell'amministrazione americana.

In che modo si inserisce la legge sul clima nella rivoluzione energetica annunciata da Obama?
Per compiere questo percorso occorrono diversi interventi legislativi, uno dei quali è l'approvazione del Climate Bill, con un taglio delle emissioni del 17%, rispetto ai valori del 2005, entro il 2020. Certamente questo non basta, non si può mettere un tetto alla CO2 e poi dire "buona fortuna". Per il cambiamento occorre sostegno finanziario, interventi sulle infrastrutture di rete, educazione dei cittadini e domanda.

La marea nera complica le cose, come finirà?

Molto si capirà nelle prossime settimane. Il disastro ambientale ha fatto lievitare enormemente il numero di persone contrarie alle nuove trivellazioni. Il Climate Bill, per essere approvato, deve cercare un compromesso tra diverse anime: chi sostiene il nucleare, chi, come me, le energie rinnovabili e chi le nuove perforazioni. Si tratta di senatori democratici e repubblicani, dipende anche dagli interessi dei singoli stati, non solo dalla parte politica. La partita si gioca sui numeri: se togli le trivellazioni perdi dei voti, ma lo stesso può succedere mantenendoli.

Quali passi ha compiuto sinora la green economy americana?
Il "recovery act" (pacchetto di stimoli da 787 miliardi di dollari varato oltre un anno fa) ha elargito 36,7 miliardi di dollari all'energia, la maggior parte dei quali sono andati alla promozione dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Il resto alla promozione di start-up innovative, progetti di ricerca, cattura e sequestro della CO2, reti elettriche di nuova generazione (smart grid). L'anno scorso è cresciuto moltissimo l'eolico, creando 87mila posti di lavoro. Sono in via di definizione la "green bank", per i finanziamenti alle aziende e tecnologie innovative, e un programma per le reti intelligenti.

Quali saranno le tecnologie più importanti nei prossimi anni?

Puntiamo allo sviluppo di un'intera filiera industriale, per questo non parliamo solo di green energy, ma di green economy come grande opportunità di sviluppo riducendo la CO2 in atmosfera. Il che significa ricerca e nuove installazioni di eolico, solare, biomasse e geotermia.

Obama è tornato a finanziare le centrali nucleari dopo trent'anni, definendo l'atomo green energy.
Oggi un quinto dell'energia prodotta negli Usa viene dal nucleare. È una energia a bassissima produzione di carbonio, dunque pulita, con le scorie conservate in posti sicuri. Ha ottime possibilità occupazionali. E' una fonte pulita, ma non come il sole e il vento. Credo non assisteremo, negli Stati Uniti, a una grande proliferazione di centrali atomiche. Poche unità.

Quali sono gli stati americani con le politiche più avanzate nella promozione delle rinnovabili?
E' difficile, però sono misure molto diverse. Dovendo scegliere, dico Colorado, California e New Jersey.

I grossi investimenti, oggi, sono in Cina e Stati Uniti.
Per quanto riguarda la produzione certamente il nostro concorrente è la Cina. Stiamo studiando anche le politiche messe in atto da Germania e Spagna. Hanno forti politiche nazionali e di lungo termine che per noi possono essere da esempio. Quanto all'Italia, è molto interessante l'utilizzo di feed-in tariff (come il "conto energia" fotovoltaico, che prevede un contributo economico per kw prodotto). Garatiscono trasparenza e stabilità. Per gli Usa, con il più grosso mercato elettrico al mondo, sarebbe troppo costoso. Per il momento vengono utilizzati gli incentivi fiscali.

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Re: La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

Messaggioda pianogrande il 11/05/2010, 13:56

La marea nera mette a rischio la green economy?
Sarebbe paradossale se non fosse che rovina la possiblità di compromessi tra i vari potentati americani.
In assoluto, quello che sta succedendo dovrebbe essere un formidabile propulsore per la green economy.
Sarebbe il momento di contrapporla alla black economy dei petrolieri.

Obama considera green anche le centrali nucleari?
Gli si può perdonare questa stranezza in nome dei compromessi che permettono, comunque, passi avanti.
Speriamo sempre con vari compromessi, che si facciano passi avanti anche sulla sicurezza.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: La marea nera mette a rischio la green economy di Obama

Messaggioda mauri il 11/05/2010, 19:17

sono storie vecchie come il mondo
io sono convinto che siano più vicino alla verità questi
http://www.greenpeace.org/italy/news/ma ... a-risposta

che le informazioni che girano
si continua a parlare di benefici per noi, indipendenza energetica, ma si nascondono il prezzo che la terra paga per avere l'auto, l'energia perchè le aziende speculano, guadagnano e poi lasciano i cocci a noi, le catastrofi possono essere previste ed evitate ma costa la sicurezza costa, bp pagherà un bel 0,
ciao, mauri
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Le nove domande a cui Bp non sa rispondere

Messaggioda franz il 16/06/2010, 8:15

Obama: combatteremo contro la marea nera. Le nove domande a cui Bp non sa rispondere

a cura di Luca Salvioli

Sono passati quasi due mesi dal disastro nei mari del Golfo del Messico, eppure le domande senza risposta sono ancora tante. Ieri Obama ha parlato alla nazione dallo Studio Ovale, dove dovrebbe ha spinto il Climate and Energy bill - fermo al Senato - come soluzione per andare "oltre il petrolio" e ha nominato un nuovo capo del Minerals Management Service, l'agenzia che controlla le perforazioni. Sulla falsariga dell'inchiesta di Businessweek ecco i principali quesiti (e i tentativi di risposta) ancora attuali sulla marea nera di Bp.

Il Golfo è compremesso? Le fuoriuscite di petrolio del passato servono poco per capire cosa sta succedendo nel mare dove è sprofondata la Deepwater Horizon, perché sono avvenute a profondità molto inferiori. Questa volta il greggio raggiunge con maggiore difficoltà la superficie, solo che nelle acque profonde nascono dei pennacchi di petrolio che formano dense nuvole nere. Il 6 giugno il Ceo Tony Hayward negava l'esistenza di queste nubi nere, mentre due giorni dopo il National Oceanic & Atmospheric Administration la smentiva. I biologi hanno poca esperienza con questi "pennacchi" e potrebbe essere la triste occasione per fare delle scoperte. I microbi che si nutrono di petrolio, prevedono gli scienziati, ne consumeranno gran parte, solo che nel farlo bruciano ossigeno vitale per le altre specie animali. A 21 anni di distanza dal disastro Exxon Valdez la fauna marina deve ancora tornare ai livelli precedenti.

Funzioneranno i due pozzi?
La data cruciale è agosto. E' stata invocata a più riprese, quantomeno dopo ogni tentativo di chiusura della falla andato in fumo. La costruzione di due nuovi pozzi che raggiungano da sotto la perdita per chiuderla con il cemento sembra l'uovo di colombo. E' così? Se lo augura Bp, il governo americano e il mondo intero. Solo che i tempi sono tutt'altro che certi. Un tentativo simile è stato fatto in Australia e, per andare a buon fine, ha richiesto cinque tentativi. Se i due pozzi raggiungeranno quello incriminato ci vorrano comunque altre due settimane per le operazioni. A essere ottimisti.

Qualcuno finirà in prigione? Molti americani, sfiancati dalla crisi finanziaria e ora anche dall'infinita marea nera, vorrebbero vedere i colpevoli con le manette. Ma secondo Noah Hall, un professore di legge della Wayne State University di Detroit ed ex procuratore della National Wildlife Federation, in casi come questo la detenzione è «molto rara». Il primo di giugno ministro della Giustizia americano Eric Holder ha annunciato una causa civile e criminale per potenziali violazioni del clean water act e di altre leggi ambientali. Ma non ha detto contro quali aziende. Per il carcere, inoltre, devono essere dimostrate «azioni intenzionali».

La legge americana sul clima passerà? Ironia (tragica ironia) della sorte. Obama sin dai primi giorni della campagna elettorale per le presidenziali ha insistito sulla necessità di una nuova politica energetica e ambientale per gli Stati Uniti, descrivendola come un volano per la crescita all'insegna della green economy. Uno dei pilastri è il climate and energy bill, già approvato alla Camera e ora in discussione al Senato americano. Obama, per convincere i senatori repubblicani contrari al pacchetto, aveva inserito la possibilità di effettuare nuove trivellazioni offshore in cerca di combustibili fossili per rendere più autonomi, da un punto di vista energetico, gli Stati Uniti. La falla di Bp ha cambiato completamente lo scenario. Ora negli Usa - come detto da Richard Caperton, analista di politiche energetiche del think-tank liberal "Center for American Progress in un'intervista al Sole24ore.com - nessuno vuole più sentire parlare di nuove trivellazioni. I democratici hanno cambiato il testo inserendo l'obbligo di maggiori garanzie sulle nuove perforazioni. Però il passaggio della legge, soprattutto il taglio alle emissioni di CO2 - novità assoluta per gli Usa - non è affatto scontato.

La marea nera raggiungerà l'East Coast americana?
Ecco una domanda con una risposta quasi definitiva: sì. Almeno stando alle simulazioni del National Center for Atmospheric Research di Boulder. Secondo le animazioni le chiazze di petrolio, alla velocità di 100 miglia al giorno, dopo la Florida (dove sono già arrivati i primi divieti di balneazione) toccheranno le spiagge della East coast, come Cape Hatteras (N.C.). I "pennacchi" di petrolio andranno poi in mare aperto, nell'Atlantico, fino a raggiungere l'Inghilterra, casa nativa di Bp.

Com'è potuto succedere? Chi mente? Gli investigatori stanno cercando di capire quali siano le responsabilità della catena di eventi che ha portato al disastro del 20 aprile. In realtà la cosa più difficile da capire è chi all'interno di Bp e del governo federale abbia preso le decisioni sbagliate. Bp chiese e ricevette il permesso di utilizzare tubi e guaine diverse dalla tradizionale policy aziendale. L'aziende ottenne inoltre il via libera per una serie di test a una pressione inferiore a quella prevista dalle regole federali. Bp ha spinto per andare avanti nonostante gli avvertimenti via mail di alcuni dipendenti inviate sei settimane prima del disastro.

Bp potrebbe fallire?
L'agenzia di rating Fitch ha abbassato di 6 livelli il rating di Bp a «BBB» da «AA» e ha ridotto la valutazione di breve termine a «F3» da «F1+». La pesante bocciatura del 15 giugno è stata decisa a fronte dei maggiori costi previsti nel breve termine per il risarcimento dei danni del disastro ambientale. Allo stesso tempo anche il costo assicurativo contro il rischio default - sintetizzato dai credit default swap (cds) - è aumentanto: gli spread sui Cds a 5 anni sono aumentati e di molto. Il Ceo Tony Hayward ha detto che l'azienda ha cassa sufficiente per affrontare la crisi. Secondo diversi analisti il fallimento non sarà necessario. Altri sottolineano il rischio delle eventuali sanzioni che Bp si troverà a pagare. In quel caso - prevedono gli analisti - sarebbe possibile un passaggio dal Chapter 11, la procedura di fallimento americana, per alcuni rami di azienda.

Come procederrano le cause legali? Le centinaia di cause già depositate sulla vicenda potrebbero essere raggruppate in una o più grosse cause. Chi sarà il giudice? Una possibilità è Carl J. Barbier della Louisiana. Da decidere, in una delle vicende legali più lunghe e intricate della storia americana, anche il Tribunale dove si svolgerà il processo.

Resisterà Tony Hayward? Il Ceo di Bp ha assunto la guida del gruppo petrolifero da Lord Browne, storico ceo travolto dagli scandali. Sperava di riuscire a imporre un marchio di rigore al suo marchio alla, invece rischia di passare alla storia per le sue gaffe (si legga il ritratto scritto da Leonardo Maisano). «Voglio indietro la mia vita», aveva detto settimane fa ai cronisti. E' probabile che venga soddisfatto. La rosa dei papabili è lunga, dal responsabile del marketing Iain Conn al capo della divisione gas Frank Chapman. Una cosa è certa. Il sostituto di Hayward, chiunque esso sia, si troverà a gestire uno dei più grandi danni di immagine della storia del capitalismo americano.

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