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Bruxelles apre agli Ogm. Sì alla patata modificata

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Re: Bruxelles apre agli Ogm. Sì alla patata modificata

Messaggioda franz il 05/05/2010, 17:18

mauri ha scritto:posso chiamarla memoria? faccio l'esempio della migrazione, non si capisce come gli uccelli si orientino durante il volo, o come sia quando fabbricano i nidi, ma si intuisce che i geni abbiano la memoria trasmessa nelle generazioni con in più l'aggiunta delle nuove esperienze e i mutamenti, ecco magari diventa incomprensibile come i geni possano memorizzare le novità, cervello? si probabilmente è il cervello l'autore di tutto ed è lui che dirige il gioco e informa i geni dei cambiamenti

La memoria a cui ti riferisci dovrebbe risultare dall'incontro di due forze: la genetica e la selezione naturale. Per ora a quanto ne so non esistono sistemi con cui il cervello possa comunicare qualche infomazione ai geni. Le cose che sappiamo muoiono con noi. Eventualmente i geni possono costruire un cervello piu' autonomo, che faccia lui piu' velocemente le cose che i geni facevano prima. Si passa da un comportamnto geneticamente determinato ad uno culturalmente determinato (un sisema misto, in realtà, dov facciamo fatica a coire cosa è inflienzato dai geni e cosa dalle informazioni apprese).

Il risultato finale pero' non deve cambiare ed è importante che l'inseme non porti la specie alla rovina. annalu aveva scritto: C'è da sperare che l'umanità nel suo complesso, composta da individui tutti differenti e portati a valutazioni differenti, sappia scegliere una via di mezzo compatibile con il progresso e la sopravvivenza (in salute) del maggior numero possibile di persone. In realtà non è che tutti insieme scelgano una particolare via di mezzo ma avviene che comunque questa via di mezzo viene raggiunta tramite la somma di migliaia di comportamenti diversi, finalizzati ad una maggiore sopravvivenza.

Uno dei comportamenti vincenti è stato quelli di dominare la natura e passare all'agricoltura, cercando la massimizzazione della produzione, addomesticando specie vegetali e modificandole pesantemente, con ogni mezzo conosciuto in ogni epoca (e l'agricoltura è stata "inventata" parallelamente in posti diversi usando piante diverse). L'agricoltura ha comportato la logica dell'accumulo (sconosciuta nelle società di cacciatori) e la logica del profitto (senza la quale non semini l'anno prossimo e non vendi al mercato i tuoi prodotti) nonché la logica della divisione del lavoro. Questo Ha portato alle grandi città e poi alla nascita dello stato. A me tutto questo pare progresso e migliore qualità della vita. Tanto che, come ottimo indicatore, ora siamo piu' di sei miliardi mentre solo 110 anni fa eravamo circa un miliardo e mezzo. E questi sei miliardi stanno mediamente meglio di come si stava alla fine del 1800. Grazie soprattutto alla industializzazione dell'agricoltura ed ai successi nel campo della genetica, dagli ibridi F1 agli OGM.

Franz
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Re: Bruxelles apre agli Ogm. Sì alla patata modificata

Messaggioda annalu il 05/05/2010, 18:52

Molto interessante.
La visone di Mauri di una evoluzione guidata dal cervello è qualcosa di molto simile all'idea dell'ereditarietà dei caratteri acquisiti: cioè il cervello "imparerebbe" qualcosa che poi "insegnerebbe" ai geni: questa teoria appare superata dalle moderne conoscenze sull'evoluzione biologica.
Quanto a Franz, la sua visione dell'evoluzione umana mi sembra troppo individualistica.
Io non riesco a non pensare alle società umane (ma anche animali, le termiti ad esempio) come una sorta di macroorganismo, e non riesco a non pensare ai singoli animali (uomo compreso) come società complesse composte da miliardi di individui: le cellule.
All'inizio dell'evoluzione biologica, gli individui erano tutti costituiti da singole cellule, solo in seguito questi individui isolati hanno imparato a cooperare, costituendo all'inizio comunità temporanee (colonie) e poi comunità stabili con una organizzazione complessa basata sulla divisione delle funzioni e dei compiti.
Con la formazione delle colonie prima, ed ancor più degli organismi complessi, il problema maggiore che l'evoluzione ha dovuto affrontare è quello della comunicazione, che consenta un'azione coordinata di tutte le cellule di un organismo, e, cosa ancora più misteriosa, il differenziarsi di un organismo complesso da un unica cellula, l'uovo fecondato.
Ora, se pensiamo alla precisione con cui viene disegnato che so, un qualsiasi osso umano durante lo sviluppo, e la quantità di informazioni reciproche che le diverse cellule devono scambiarsi per trovare ognuna la giusta collocazione (ed anche la giusta durata della vita ed il tasso di riproduzione delle cellule, per mantenere nel tempo la forma e le funzioni appropriate dell'osso nel suo insieme), a me pare che la situazione sia molto più complessa e stupefacente del numero di informazioni che le termiti devono scambiarsi per costruire insieme il loro complicatissimo nido.
Ecco, il problema è tutto lì, a mio vedere, nelle informazioni che vengono scambiate, per quale via, con quali intermediari.
Gli uomini "credono" di comunicare quasi solo attraverso le parole (vibrazioni meccaniche) o la vista (quanti di luce), mentre in realtà le modalità di comunicazioni possibili sono molte di più, alcune note, altre ancora da scoprire.
Per le cellule di un organismo in sviluppo, la comunicazione è essenzialmente chimica ed elettrochimica, ma le sostanze in gioco sono moltissime e solo da poco si sta cominciando a decifrare i messaggi che le cellule si mandano.
Anche tra i diversi individui di una specie i messaggi principali sono di natura chimica: sostanze volatili odorose oppure ... chissà. Il "codice genetico" per la trasmissione dei caratteri di una colonia di termiti o di una società umana ci è ignoto, ma non possiamo non ipotizzare che esista in qualche forma.
Certo, le comunità animali (uomo compreso) sono più simili alle colonie transitorie delle prime organizzazioni pluricellulari che non ad organismi complessi stabili, però qualcosa in comune con gli organismi lo si può trovare: per esempio, l' organizzazione e la spartizione dei compiti e delle funzioni.
Mi fermo qui, non volevo scrivere un trattato.
Volevo però giungere ad una ipotesi: a volte mi sembra che, in questo nostro volgere di secolo, si stia assistendo al passaggio che potrebbe portare alla formazione di un vero "organismo umanità" comprendente tutti gli umani. Pensate a quanto agivamo e vivevamo in isolamento prima del telefono o della posta, e quanto siamo ora continuamente tutti interconnessi con i telefoni, i telefonini ed i computer ... è come se si stesse costruendo un "sistema nervoso" per l'umanità nel suo insieme.
Entusiasmante o terrificante? Non so.
Come non so ipotizzare se possa trattarsi di un tentativo destinato a buon fine, oppure, come molti tentativi dell'evoluzione, destinato a fallire per poi magari ricominciare da capo (da capo? diciamo, da più indietro, alla Troisi: ricomincio da tre) con una nuova forma di civiltà ...
Scusate, ma a me la fantascenza piace, e spesso poi si scopre che non era così fantasiosa.

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Re: Bruxelles apre agli Ogm. Sì alla patata modificata

Messaggioda franz il 05/05/2010, 22:30

annalu ha scritto:Quanto a Franz, la sua visione dell'evoluzione umana mi sembra troppo individualistica.
Io non riesco a non pensare alle società umane (ma anche animali, le termiti ad esempio) come una sorta di macroorganismo, e non riesco a non pensare ai singoli animali (uomo compreso) come società complesse composte da miliardi di individui: le cellule.

A dire il vero i veri capitani della situazione non sarebbero le cellule ma qualcosa di ancora piu' picclo: i geni.
Sono loro i veri protagonisti e dominano anche cellule di piu' specie contemporaneamente: per esempio il gene che codifica l'emoglobina è presente, identico, in tantissimi animali anoi vicini. Altri, che impartiscono gli ordini che soprassiedono alla divisione celulare, sono traticamente gli stessi ovunque, da milioni di anni. L'insieme che sopravvive, selezionato dall'ambiente pero' è sicuramente l'individuo, non la cellula (ne muoioni a milioni ogni girni nel nostro corpo) e non il gruppo (anche se questa era una tesi di alcuni decenni fa). In questo senso sono piu' individualista che collettivista.

L'idea, interessante, dell "organismo umanità" mi pare affine a quella che Negroponte chiama intelligenza collettiva, che si sviluppa grazie ad Internet. Penso sia entusiasmante e già godiamo alcuni suoi frutti. Forse è terrificante per le dittature.

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Re: Bruxelles apre agli Ogm. Sì alla patata modificata

Messaggioda annalu il 07/05/2010, 15:57

franz ha scritto:A dire il vero i veri capitani della situazione non sarebbero le cellule ma qualcosa di ancora piu' picclo: i geni

Ci sono in natura, dei "salti quantitativi" che portano a cambiamenti qualitativi. Il "salto" da non-vivente a vivente si ha quando dal mondo delle molecole (strutture chimiche, sia pure complesse) si passa a parlare di cellule (veri organismi viventi, capaci di autonomia). Come in tutti i salti di qualità, ci sono degli stadi intermedi di difficile collocazione, come per esempio i virus, costituiti da poche molecole che come molecole si comportano se essiccati, ma si comportano come fossero vivi se introdotti in cellule viventi; questo però è un altro discorso.
Certo, volendo estremizzare, anche le cellule ed i viventi in genere possono essere considerate come macchine con un "motore" biochimico, ma allora dovremmo considerare anche noi stessi come semplici macchine, e questo direi che lo consideriamo poco accettabile.

Tutti i viventi, dalla più semplice cellula batterica all'uomo, sono costituiti dagli stessi elementi biochimici: hanno un codice genetico costituito da acidi nucleici (DNA e RNA) dei meccanismi che ne consentono le funzioni costituiti da proteine, più altre due classi di molecole biochimiche, i grassi (lipidi) e gli zuccheri, con diverse funzioni, tra le quali quella di riserva energetica.
Queste molecole caratterizzano in modo così specifico la vita che, se troviamo una qualsiasi di queste molecole nello spazio extraterrestre, ne deduciamo che la vita (o i suoi precursori) è presente anche al di fuori della Terra.

Una volta che la vita è iniziata, essa tende a riprodursi e ad evolversi, adattandosi all'ambiente in cui vive e mantenendo immutate le strutture che risultano vincenti nella lotta per la sopravvivenza.
Tu dici che ci sono geni presenti in specie diverse, e fai l'esempio dell'emoglobina. Vero, ma l'emoglobina è presente solo nei vertebrati, quindi è un gene relativamente recente e poco diffuso. Ci sono geni ben più antichi, che si trovano quasi immutati dai batteri all'uomo, e sono i geni che regolano le principali funzioni vitali delle cellule.
Poi, un po' più recenti ma pur sempre molto antichi, ci son geni che regolano le prime fasi dello sviluppo embrionale degli organismi complessi: non ci crederai, ma i geni che dicono ad un embrione umano (e in quello di tutti gli animali) da che parte sta la testa e da che parte la coda sono molto simili a quelli che nelle piante indicano quale deve essere il basso e quale l'alto ... questo per chiarire la capacità di invarianza evolutiva dei geni di "successo".

Il vero salto è quindi tra vivente e non vivente, tra cellule e molecole. Tra i viventi poi ci sono molti livelli evolutivi, da un'ameba (cellule singole con vita autonoma) all'uomo (comunità complessa di miliardi di cellule).
Tu dici che quello che viene selezionato dall'ambiente è l'individuo, non la cellula, né il gruppo. E' una teoria in una certa misura sostenibile, in quanto la selezione naturale agisce sugli individui. Ma la sopravvivenza degli individui non avrebbe alcuna importanza per l'evoluzione, se l'individuo non si riproducesse e quindi non ci fosse sopravvivenza del gruppo, o della specie, o al limite, della vita in generale.

Le cellule di un individuo pluricellulare muoiono a miliardi ogni giorno perché l'individuo sopravviva, ma anche gli individui muoiono ogni giorno a milioni, perché sopravviva la famiglia, il gruppo, la specie. Esistono geni specifici (di cui credo non si sappia ancora il funzionamento) che presiedono all'altruismo dei singoli: le formiche operaie non si riproducono, eppure lavorano tutta la vita per il benessere del gruppo. Anche tra gli umani ci sono occasioni nelle quali gli individui sono disposti a sacrificare la loro vita per la collettività, come per esempio, al limite, i soldati in guerra.
Anche questo è un discorso che potrebbe diventare molto lungo, e forse non è questa la sede più adatta.
Quello che volevo sottolineare è come la relazione tra singolo e collettività è una interazione complessa. Col passaggio alla pluricellularità la divisione dei compiti tra le cellule è diventata rigorosissima, e ci appare del tutto normale che i globuli rossi, per esempio, come le formiche operaie, si sacrifichino ogni giorno per il bene dell'organismo (e in quest'ottica, potremmo vedere i tumori come gruppi di individui ribelli che si rifiutano di seguire il loro destino e, pur di sopravvivere com singole cellule, arrivano ad uccidere l'organismo di cui fanno parte).
Ma sempre in quest'ottica, la comunità delle formiche come le società umane costituiscono in un certo qual modo un superorganismo. La società delle formiche è organizzata molto rigidamente, potremmo dire in caste, mentre le civiltà umane per fortuna per ora consentono un grado di libertà individuale relativamente ampio.
Però anche gli umani sono capaci di sacrificarsi per la collettività, rappresentata nel caso più "ristretto" dai propri familiari, e nel caso più ampio dall'umanità nel suo complesso.
In questo senso l'individualismo, se generalizzato, porterebbe all'estinzione della specie. Per questo credo che debba mantenersi entro limiti ben definiti, e credo di essere forse più collettivista che individualista.

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Re: Bruxelles apre agli Ogm. Sì alla patata modificata

Messaggioda franz il 09/05/2010, 10:02

annalu ha scritto:Quello che volevo sottolineare è come la relazione tra singolo e collettività è una interazione complessa. Col passaggio alla pluricellularità la divisione dei compiti tra le cellule è diventata rigorosissima, e ci appare del tutto normale che i globuli rossi, per esempio, come le formiche operaie, si sacrifichino ogni giorno per il bene dell'organismo (e in quest'ottica, potremmo vedere i tumori come gruppi di individui ribelli che si rifiutano di seguire il loro destino e, pur di sopravvivere com singole cellule, arrivano ad uccidere l'organismo di cui fanno parte).
Ma sempre in quest'ottica, la comunità delle formiche come le società umane costituiscono in un certo qual modo un superorganismo. La società delle formiche è organizzata molto rigidamente, potremmo dire in caste, mentre le civiltà umane per fortuna per ora consentono un grado di libertà individuale relativamente ampio.
Però anche gli umani sono capaci di sacrificarsi per la collettività, rappresentata nel caso più "ristretto" dai propri familiari, e nel caso più ampio dall'umanità nel suo complesso.
In questo senso l'individualismo, se generalizzato, porterebbe all'estinzione della specie. Per questo credo che debba mantenersi entro limiti ben definiti, e credo di essere forse più collettivista che individualista.

Non credo. Per prima cosa le formiche (come termiti e api) sono tutte sorelle (la regina è una sola) e quindi si sacrificano esattamente come per l'uomo, per i propri familiari stretti. Padri, figli, fratelli e sorelle condvidono con noi il 50% del patrimonio genetico, esattamente come accade tra le api dello stesso alveare. È una forma di individualismo anche quello, perché difendi al 50% il tuo stesso patrimonio genetico. Tra formicai diversi invece sono, come noto, "botte da orbi ...". Non parliamo poi delle formiche nere e rosse!

Tra esseri umani l'ottica non è quella del sacrificio ma quella della scelta, a seconda dei casi, tra cooperazione e competizione tra individui. La nostra società basata sulla divisione del lavoro e sul conseguente mercato (l'uno non ha ragione di esistere senza l'altro) è fondamentalmente un ottimo mix tra cooperazione tra individui diversi e con capacità/qualità/abilità diverse (io faccio scarpe, tu fai mobili, lui fa il riso, l'altro fa gli aratri) e competizione (io cerco di fare le scarpe meglio di altri, idem tutti gli altri) ed il luogo in cui tutto questo viene selezionato (come in natura con la selezione naturale) è il mercato. Se non succedono disgrazie (carestie, alluvioni, terremoti, cavallette, siccità, invasioni barbariche) nessuno deve sacrificarsi. Quello che non viene capito di solito è che l'individualismo porta alla cooperazione tra individui, non all'egoismo sfrenato. Il collettivismo invece è solo una forma "imposta" (quindi autoritaria) di cooperazione, che esclude anche la competizione ed il mercato. Imposta dai geni tra api e formiche perché sono stretti parenti (e al limitie si sacrificano l'uno per l'altra) ed imposta dall'ideologia nel caso degli umani. Invece l'invidualismo liberista non impone nulla (per questo è definito libertario) ma lascia ad ogni individuo stabilire quale è il suo interesse.
Questo interesse non è ormai più esistenziale (vita morte) ma è un interesse di relazione. Se io faccio scarpe, devo pur avere dei compratori. Se io coltivo grano, naturale, BIO, ibrido, OGM, so che avro' diversi fattori di rendimento e potro' quindi vendere piu' prodotto a piu' compratori a prezzi differenti. Ma è sempre un interesse in relazione agli altri (dettato dal mercato). Interesse che prevede che ci sia sempre competizione (non si creino monopoli di mercato o di stato).
Questo è avvenuto in modo praticamente spontaneo a partire da 10'000 anni fa circa, da quando è stata .... Inventata(?), scoperta (?) l'agricoltura e l'allevamento e quindi si è passato dalla logica del cacciatore raccoglitore a quella del produttore che scambia i suoi prodotti con altri. Questa "spontaneità" è stata definita da adamo smith come un "mano invisibile" (proprio come avviene in natura) ma a parte come il nome scelto (smith non poteva conoscere la teoria dell'evoluzione, visto che è morto ben prima che darwin nascesse) il concetto è che la libera interazione tra soggetti diversi (animali o uomini) è comunque filtrata, limitata, da fattori che selezionano e regolano. Selezione, naturale o artificiale, e mercato, sono entrambi fattori che fanno si' che vi sia un costante e spontaneo miglioramento adattativo, senza per questo presumere un super-fattore esterno che regoli dall'alto per sistemare le cose che non vanno (che si chiami DIO o che siano uomini che si riescono a convincere altri di essere superiori e piu' adattai a guidarli, non fa molta differenza).

Scusate la solita, lunga, divagazione domenicale.
Franz
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