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Università - i punti della riforma

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Università - i punti della riforma

Messaggioda Gab il 29/10/2009, 14:39

Ecco tutti i punti della riforma Gelmini
di Maristella Iervasi da l'Unità

Ricercatori solo tempo, nel limbo l’attuale precariato. Senato accademico svuotato di poteri effettivi e studenti “infilati” ovunque, ma solo come operazione di facciata. Test di accesso persino per le borse di studio per il merito, un fondo a cura dell’Economia e non dal Miur. Riscrittura degli Statuti, pena il commissariamento e ore dei prof certificate e verificate. Ecco la riforma della Gelmini. Meno democrazia e più potere al Cda con l'ingresso delle aziende private e ai rettori. E la protesta dell’Onda è già dietro l’angolo. Un disegno di legge di riforma in 15 articolidi che dopo il via libera del Consiglio dei ministri comincerà il suo iter al Senato, affinchè il ddl Aprea sull’istruzione in fondazione possa avere una corsia privilegiata.

Nuovi statuti o commissariamento
Entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge le università statali dovranno modificare i propri statuti, rispettanto vincoli e criteri: ridurre le facoltà: al massimo 12 negli Atenei più grandi e i dipartimenti. Per evitare gli sdoppiamenti le università vicine possono federarsi. E ancora: personale esterno nei nuclei di valutazione, snellire i componenti del Senato accademico e dei Cda. Se la governance non verrà rivista, tre mesi di deroga. Poi scatta il commissariamento.

Rettori eletti dai prof.
In carica al massimo 8 anni (non più di due mandati), scelti con voto ponderato dei professori ordinari in servizio.

Cda con dentro i privati
Sarà aperto al territorio, enti locali e mondo produttivo il consiglio di amministrazione. Attribuzione al Consiglio di amministrazione delle funzioni di indirizzo strategico, competenze sull’attivazione o soppressione di corsi e sedi. Il Cda sarà composto di 11 componenti, incluso il rettore e una rappresentenza elettiva degli studenti. Il mandato sarà di 4 anni, quello degli studenti solo biennale. Scompare la figura del direttore amministrativo e subentra quella del direttore generale con compiti di gestione e organizzazione dei serviti, Un vero manager. Il Cda non sarà elettivo, ma fortemente responsabilizzato e competente, con il 40% di membri esterni. Il presidente del cda potrà essere esterno. Il direttore generale avrà compiti di grande responsabilità e dovrà rispondere delle sue scelte, come vero e proprio manager dell'ateneo.

Fondo per il merito
Istituito presso il minsitero dell’Economia e non dell’Istruzione il fondo per “sviluppare l’eccellenza e il merito dei migliori studenti”. La gestione è affidata a Consap Spa. Erogherà borse e buoni ma non a pioggia: per accedere bisognerà partecipare a test nazionali. Previsti prestiti d’onore.

Reclutamento prof.
Per i docenti arriva l’abilitazione nazionale di durata quadriennale assegnata sulla base delle pubblicazioni da una commissione sorteggiata tra esperti nazionali e internazionali. Solo chi ha l’abilitazione può partecipare ai concorsi di Atenero che avverranno sulla base di titoli e del curriculum con i bandi pubblicati anche sul sito della Ue e del Miur. Scatti di stipendio solo ai prof migliori: In caso di valutazione negativa si perde lo scatto biennale e non si può partecipare come commissari ai concorsi. Possibilità di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.

Ricercatori solo a tempo
Non ci saranno più concorsi per i ricercatori a tempo indeterminato. Solo contratti a termine di tre anni rinnovabili con selezioni pubbliche. Dopo il terzo anno lo studioso può essere chiamato dall’Ateneo per un posto docente. Anche il ministero potrà fare i suoi bandi per sostenere i migliori. Lo stesso vale per gli assegnatisti di ricerca.
Didattica certificata. Non saranno i tornelli o i badge ma di sicuro i prof saranno tenuti a firmare e timbrare le loro ore di lezione. L’obbligo è quello di fare 1.500 ore l’anno, di cui 350 dedicate alla didattica. Il provvedimento abbassa l'età in cui si entra in ruolo da 36 a 30 anni con uno stipendio che passa da 1.300 a 1.800 euro. Tra le novità l'aumento degli importi degli assegni di ricerca e l'abolizione delle borse post-dottorali.

Codice etico anti-parentopoli
Ci sarà un codice etico per evitare incompatibilità, conflitti di interessi legati a parentele.

Gli studenti valutano i prof.
Gli studenti valuteranno i professori e questo giudizio sarà determinante per l'attribuzione dei fondi alle università da parte del ministero.

Abilitazione di carriera
Il ddl introduce l'abilitazione nazionale per l'accesso di associati e ordinari. L'abilitazione è attribuita da una commissione nazionale (anche con membri stranieri) sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università. Si prevede una netta distinzione tra reclutamento e progressione di carriera.

Bilanci trasparenti
Verrà introdotta una contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra i ministeri dell'Istruzione e del Tesoro. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio. È previsto il commissariamento per gli atenei in dissesto finanziario.

Il ministro Gelmini
Allo stato attuale «si diventa mediamente ricercatori a 37 anni - ha spiegato il ministro Gelmini - dopo anni di precariato». «Non ha senso - ha aggiunto - essere ricercatori a 50 o 60 anni». Invece, osserva, con la riforma licenziata dal consiglio dei ministri «si può diventare ricercatori a 30 anni». Il nodo dei ricercatori «è l'aspetto che più mi sta a cuore», ha detto il ministro dopo il Consiglio dei ministri.

Tremonti e i finanziamenti
I finanziamenti della riforma, ha assicurato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ''saranno disponibili con la Finanziaria, e dentro la sua meccanica sarà fondamentale la priorità nei fondi del rimpatrio dei capitali'', cioè dall'utilizzio prioritario delle risorse dello scudo fiscale a favore della riforma degli atenei. «Ci sono dei meccanismi di uscita dallo schema per esempio formule più fondazionali che statali». Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, illustrando con la collega di governo Mariastella Gelmini il ddl di riforma dell'università. «Non è che si privatizza l'università - ha aggiunto il ministro - è come un ritorno al passato». Per la riforma del sistema universitario il governo ha scelto «equilibrio tra modello continentale e quello americano», ha spiegato Tremonti, aggiungendo che la formula prevalente è «il modello anglosassone». Il cda degli atenei sarà, infatti, aperto a territorio, enti locali e mondo produttivo.

L'entusiasmo di Confindustria
«La Riforma approvata oggi risponde all'esigenza, condivisa da Confindustria, di porre l'Università italiana in condizione di competere ad armi pari con i migliori Atenei del mondo». Così Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l'Education, commenta il disegno di legge varato stamattina dal Consiglio dei ministri. «Al centro del provvedimento - continua Rocca - c'è il tentativo di liberare il nostro sistema universitario da modelli organizzativi inefficienti, da vincoli burocratici e da abitudini corporative che finora hanno appesantito la vita dei nostri Atenei. Il merito, il finanziamento premiale, la selezione dei migliori e l'internazionalizzazione potranno sostituire l'appiattimento retributivo, il finanziamento su base storica e egualitaria, le assunzioni per anzianità e la chiusura internazionale». «Le nuove regole - conclude il vicepresidente degli industriali - potranno migliorare la gestione finanziaria degli Atenei, consentire alle nostre Università di attrarre docenti e ricercatori validi e di raggiungere più elevati livelli di autogoverno e qualità scientifica e didattica. Mi auguro che l'iter parlamentare sia rapido, registri un ampio consenso e non stravolga un provvedimento organico ed equilibrato che raccoglie anche le migliori proposte dell'opposizione».

Decleva, presidente dei rettori
«La proposta di legge Gelmini per l'ampiezza del suo impianto e la valenza riformatrice degli interventi previsti, rappresenta un'occasione fondamentale e per molti versi irripetibile per chi ha davvero a cuore il recupero e il rilancio dell'università italiana», afferma il presidente della Crui (Conferenza dei Rettoridelle Università italiane), Enrico Decleva. "Ora è necessario - ha aggiunto -che il confronto parlamentare si sviluppiconcentrandosi sul merito delle varie questioni. Così come è indispensabile, e per più aspetti pregiudiziale, che all'avvio del processo riformatore, e a garanzia della sua credibilità, corrisponda una disponibilità adeguata di risorse. A partire da quanto sarà garantito al finanziamento degli atenei per il 2010".

28 ottobre 2009
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda trilogy il 03/11/2009, 11:17

Cancellato dalla versione definitiva della riforma dell'università l'incremento dell'assegno per i ricercatori

FLAVIA AMABILE

Era scritto nero su bianco nel comunicato dell’ufficio stampa del ministero dell’Istruzione, e tutte le agenzie di stampa lo hanno fedelmente riportato: nella riforma dell’università varata la scorsa settimana l’assegno per i ricercatori sarebbe stato rivisto, aumentando lo stipendio da 1300 a 2100 euro.

Almeno 73 mila ricercatori in Italia esultavano, mentre gli altri all'estero solidarizzavano: in fondo qualcosa avevano ottenuto. Non sapevano che nel frattempo qualcosa di misteriosamente imponderabile si stava consumando - non si sa bene dove - che avrebbe cancellato l’aumento, e introdotto tante piccole parole tra un comma e l’altro dei quindici articoli del provvedimento fino a renderlo un po’ meno meritocratico, meno anti-baronale e anche meno trasparente.

Tutto inizia venerdì 23 ottobre. Alle dieci del mattino il testo definitivo è pronto dopo una maratona che coinvolge diversi uffici del Tesoro, dell’Istruzione e della Funzione Pubblica. E’ un testo di 23 pagine con in alto la dicitura «versione 6» e la data «venerdì 23 ottobre ore 12». E’ il testo destinato a entrare in Consiglio dei Ministri. La riunione però salterà, Berlusconi ufficialmente è bloccato in Russia dalla neve, tutto è rinviato.

Poco male, viene convocato un nuovo consiglio dei ministri cinque giorni dopo. In teoria tutto è pronto, il testo dovrebbe soltanto essere ripresentato. E’ vero, ma solo in parte. Il giorno del consiglio i fogli distribuiti hanno, in alto, la dicitura «versione definitiva» e «mercoledì 28 ottobre ore 9», ma le pagine sono 24. Non è lo stesso testo.

Ad essere cambiato è innanzitutto l’articolo 10 sugli assegni di ricerca. Quando si tratta di definire l’importo si specifica che viene «determinato dall’ateneo ai sensi dell’articolo 51, comma 6, nono periodo, della legge 27 dicembre 1997, n.449». Tradotto in cifre, a 1300 euro ammontava l’assegno prima del ddl, a 1300 euro ammonterà anche dopo. Nella versione precedente, invece si chiedeva un importo «in misura non inferiore al cinquanta per cento del trattamento economico complessivo iniziale spettante ai ricercatori di ruolo confermati». Dal ministero confermano la modifica ma spiegano di essere intervenuti «per evitare un trattamento economico diverso tra ricercatori delle università e quelli degli enti di ricerca» e promettono invece di trovare un modo per garantire l’aumento promesso in «un provvedimento successivo».

Ma le modifiche sono tante. Dal Fondo per il merito degli studenti sono scomparse le borse di studio, confermati soltanto buoni studio da restituire al termine del ciclo universitario. I professori ordinari e associati non devono più essere sottoposti ad una conferma in ruolo. Sono state aggiunte due verifiche in più, con un inevitabile allungamento dei tempi di approvazione, della delega al Governo sull’efficienza del sistema universitario, vale a dire di tutte le norme sulla valutazione dei docenti, compresa la verifica dell’orario di lavoro. Dovranno esaminarla anche il Ministero della Gioventù e la Conferenza Stato-Regioni. Nella lotta ai crediti riconosciuti agli studenti vengono introdotte «deroghe» da definire in un provvedimento successivo in relazione «a particolari esigenze degli Istituti di formazione della pubblica amministrazione».

Ora il testo passa al Senato. E i parlamentari della stessa maggioranza hanno già annunciato grande battaglia e ulteriori modifiche.


http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplr ... =&sezione=
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda franz il 03/11/2009, 12:18

Tutto inizia venerdì 23 ottobre. Alle dieci del mattino il testo definitivo è pronto dopo una maratona che coinvolge diversi uffici del Tesoro, dell’Istruzione e della Funzione Pubblica. E’ un testo di 23 pagine con in alto la dicitura «versione 6» e la data «venerdì 23 ottobre ore 12». E’ il testo destinato a entrare in Consiglio dei Ministri. La riunione però salterà, Berlusconi ufficialmente è bloccato in Russia dalla neve, tutto è rinviato.

è un risvolto dello scontro tra Tremonti ("non ci sono piu' soldi") ed i ministri che, temendo di essere toccati dalla crisi che ha coinvolto il premier, tendono alla spesa facile.
La spesa pubblica è fuori controllo da mesi e Tremonti cerca di resistere come puo'.
Un altro aspetto della "caccia famelica ai soldi" è quello della notevole aggressività sullo scudo fiscale, che vede sul confine svizzero automezzi che riprendono le targhe di tutti quelli che passano e gli 007 del fisco italiano in incognito come finti turisti che filmano e fotografano a Chiasso e Lugano chi entra nelle banche svizzere o nelle società fiduciarie. Operazione di sconfinamento non solo contraria al diritto internazioanle ed alla privacy e pure molto rischiosa (un militare catturato all'estero, in civile, rischia l'accusa di spionaggio) ma che ha fatto considerare da piu' parti (analisti finanziari e politici) che la situazione economica italiana deve essere ben disastrosa se si mettono a rischio i rapporti di buon vicinato e le relazioni internazionali con un paese confinante.
Ovviamente ogni riforma costa e quella universitaria non è da meno.
Se le spese salgono e la crisi provoca un calo del gettito, ovviamente sale il deficit e tremonti deve raschiare il fondo del pentolone ogni giorno.

FMI: deficit Italia 2009 salirà al 4,8% del PIL, in 2010 5,2%
http://www.diariodelweb.it/Articolo/?d= ... 9&id=75719

Franz
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda Gab il 07/11/2009, 16:50

di Alessandro Dal Lago
UNIVERSITA'
La riforma del gattopardo da il Manifesto

Ogni discussione seria sulla situazione dell'università (e quindi sul Ddl Gelmini) non può che partire da un accordo preliminare sulla funzione dell'istituzione accademica. Da un paio di secoli circa, qualsiasi università degna di questo nome si basa su un presupposto semplice: l'unico fine che la formazione superiore dovrebbe servire è la conoscenza in quanto tale. Da Kant e Wilhelm von Humboldt al cardinale Henry Newman, senza dimenticare Max Weber e Karl Jaspers.
L'idea classica di università, oggi visibilmente al tramonto, ruota intorno al principio della libertà di ricerca e ad alcuni corollari: che né il potere politico, né gli interessi privati possono interferire nella ricerca e nell'educazione degli studenti, che solo gli scienziati giudicano gli scienziati, e che l'università è responsabile davanti alla società del modo in cui usa la propria libertà.

Questo è lo spirito che si respira in una vera università. Dal ruolo che tradizionalmente gli studenti svolgono di opposizione sociale e politica (dal maggio '68 sino alla Teheran d'oggi) sino alle bizzarrie in tema di abbigliamento e stile di vita dei professori, la libertà accademica è il lusso che una società sviluppata e democratica lungimirante dovrebbe concedersi facilmente, riconoscendone le ricadute positive. Che si tratti di algoritmi o di scoperte, di interpretazioni giuridiche o letterarie, di nuove cure o nuove tecnologie, ciò che l'università produce liberamente torna in forma di valore aggiunto conoscitivo, civile e culturale alla società che l'ha reso possibile.

Il privilegio accademico ha naturalmente delle contropartite. I professori devono meritare la loro posizione, e ciò significa che solo la loro capacità e produttività (da accertare in base a ciò che fanno, secondo criteri di valutazione inevitabilmente convenzionali, ma applicati universalmente) giustifica la loro posizione; devono rendere conto alla collettività non di ciò che ricercano, ma dei soldi che spendono nella ricerca e, soprattutto, hanno il dovere di rendere pubblici e trasparenti i criteri e le procedure con cui cooptano o promuovono quelli che un giorno li sostituiranno.

In altri termini, l'università può essere libera solo se è responsabile. Su questo piano, spiace dirlo, non solo i governi di centrodestra e centrosinistra degli ultimi vent'anni si sono dimostrati disastrosi, ma il ceto accademico ha dato il suo efficace contributo al disastro. Farò un esempio di connivenza oggettiva. Anche i sassi sanno ormai che la riforma Berlinguer è fallita perché imposta dalle lobby accademiche che vi hanno trovato un meccanismo ideale per moltiplicare posti e poteri. Al di là delle proteste puramente verbali della Conferenza dei rettori per il taglio incessante dei fondi, tra i governi degli ultimi anni e i grandi gruppi di potere accademico c'è sempre stata una corrispondenza d'amorosi sensi.
Ma la connivenza tra baronati e ministri va oltre. Dopo la comparsa priva di tracce ed effetti di personaggi incompetenti come Moratti e Mussi, il ministro Gelmini - che probabilmente di questioni universitarie non mastica molto, ma deve avere dei consulenti che hanno obiettivi assai chiari - dà un'ulteriore sterzata dirigistica non solo imponendo a tutte le università la stessa struttura di governo, ma aumentando a dismisura il potere del rettore e conferendo la facoltà di eleggerlo ai "professori ordinari in servizio presso università italiane in possesso di comprovata competenza ed esperienza di gestione, anche a livello internazionale, nel settore universitario, della ricerca o delle istituzioni culturali" (art 2, comma 2, capo c). In altri termini, solo un ristretto gruppo di baroni eleggerà il rettore, e poiché di norma i rettori che contano sono medici e ingegneri, chiunque capisce quali sono i gruppi di interesse, accademici e non, coinvolti nella vera "governance" dell'università.

In base ai principi della libertà e della responsabilità esposti sopra, alcuni punti del Ddl sono del tutto inaccettabili, mentre altri, sulla carta, potrebbero essere discussi. Tra i primi c'è il quaranta per cento dei posti in Consiglio di amministrazione riservati ai "privati", senza alcun vincolo di finanziamento (con che diritto i privati contribuiscono alle decisioni in materia di vita accademica se non danno contributi?). E lo stesso vale per un'agenzia di valutazione dai contorni indefinibili, ma aperta ai privati e soggetta visibilmente all'imperio del ministro. E non parliamo delle norme in materia di reclutamento. Al di là dell'"abilitazione" nazionale dei futuri docenti, che riprende idee vecchie quanto il mondo e in fondo l'antica libera docenza, la composizione delle commissioni è ovviamente macchinosa, come sempre, e si basa su un principio, il sorteggio, che sostituisce in parte il mero caso alle vecchie spartizioni nazionali. Nei settori scientifico-disciplinari organizzati, e cioè quelli che hanno un potere reale, è facile prevedere che il sorteggio non cambierà di molto le cose.
Il principio della valutazione della ricerca individuale in linea di principio è sacrosanto e non si capisce perché incontra tante resistenze a sinistra (o meglio si capisce benissimo). Chi è vecchio del mestiere sa che l'università italiana si porta dietro, a ogni livello gerarchico, una sacca di docenti i quali, ammesso che abbiano fatto ricerca da giovani, a un certo punto smettono o vivacchiano, facendosi i fatti propri o interessandosi esclusivamente dei propri micropoteri. Che i contribuenti paghino lo stipendio a simili "professori" - e non sono pochi - i quali oltretutto occupano posti che potrebbero essere riservati ai giovani è una vergogna dell'università italiana. E io non trovo nulla di scandaloso nel fatto che siano previsti incentivi per i più meritevoli, quelli che lavorano di più e meglio. Semmai, ciò che è privo di senso è i che fondi per l'incentivazione siano gestiti dal ministro dell'Economia: questo significa soltanto che il ministro detterà alla comunità accademica criteri di valutazione che saranno tutto tranne che scientifici. Quanto al fatto che tali fondi deriveranno (a parole) dal gettito del famigerato scudo di Tremonti, l'equazione tra denari illeciti e finanziamento della scienza parla da sé.
Anche i ricercatori a tempo determinato in teoria potrebbero essere accettabili (se non altro per metterli alla prova ed evitare che uno entri all'università e il suo lavoro non sia valutato mai più). Ma poiché siamo in Italia e la "riforma" è a costo zero, appare evidente che i contratti a tempo determinato sono solo nuovo precariato, oltretutto senza alcuna indicazione sugli sbocchi futuri.

A me pare che il Disegno di legge Gelmini manipoli più o meno abilmente alcuni principi che sono diventati.nel bene e nel male senso comune dell'università (valutazione, merito, efficienza ecc.). Ma ho l'impressione che il suo obiettivo sia soprattutto rafforzare l'università italiana in senso verticistico, attribuendo tutto il potere all'alleanza tra rettori, gruppi baronali e attori esterni. In realtà, nel Disegno di legge il controllo su quello che davvero fanno i professori è del tutto aleatorio e fumoso, la valutazione è una chimera e la semplificazione delle strutture al servizio di un'organizzazione più dispotica di prima ma burocratica quanto in passato.

Se si tiene conto che i finanziamenti sono in costante diminuzione e che i difetti strutturali non sono scalfiti in nulla, il risultato del disegno di legge Gelmini sarà un'università culturalmente modesta, ancor meno competitiva sulla scena internazionale e assoggettata al potere politico. Insomma, una riforma roboante ma gattopardesca nello stile della destra italiana, affinché tutto sia come prima o magari peggio.
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda ranvit il 07/11/2009, 19:54

>Se si tiene conto che i finanziamenti sono in costante diminuzione e che i difetti strutturali non sono scalfiti in nulla, il risultato del disegno di legge Gelmini sarà un'università culturalmente modesta, ancor meno competitiva sulla scena internazionale e assoggettata al potere politico. Insomma, una riforma roboante ma gattopardesca nello stile della destra italiana, affinché tutto sia come prima o magari peggio."

Vedremo.....ma almeno ci provano!
Il Cs ha fatto solo di peggio sia nelle scuole medio/superiori che nelle Università....oddio, i propri supporters ( Rettori e Professori) li ha difesi bene senza intaccarne mai le prerogative di tromboni complici dello stato vergognoso degli Atenei italiani.

Vittorio
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda trilogy il 13/11/2009, 19:43

"80 milioni spariti dalla Finanziaria"
Ghizzoni (Pd): "Messi in discussione fondi già stanziati nel 2007"
di ROSARIA AMATO

ROMA - Ottanta milioni destinati all'assunzione a tempo indeterminato di 4200 ricercatori universitari finiti nel nulla. La denuncia è dell'Osservatorio della Ricerca, un gruppo trasversale di scienziati e ricercatori italiani. Il rischio che la somma, stanziata dalla Finanziaria 2007 ma 'vincolata' a un successivo provvedimento, svanisse nel nulla si è concretizzato quando l'emendamento presentato nell'Aula del Senato (e a suo tempo bocciato in commissione Bilancio a Palazzo Madama), (che ha appena approvato il provvedimento in via definitiva), è diventato un semplice 'ordine del giorno'.

segue:

http://www.repubblica.it/2009/09/sezion ... cerca.html
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda ranvit il 13/11/2009, 20:07

Trilogy, questo non c'entra niente con la riforma.
E, comunque, se volessimo fare le pulci a tutte le cazzate (ammesso che lo sia, perchè non ho alcuna voglia di approfondire) fatte da qualsiasi governo, non si finirebbe mai.

Il punto non è la singola azione ma la volontà operativa di voler incidere un bubbone che assilla un sistema universitario pachidermico e inefficiente.

Vedremo i risultati. Ed è su questo che si potrà discutere. Intanto pero' "loro" procedono. Noi, quando ne abbiamo avuto l'occasione, ci siamo impantanati in milleeuna discussione sul sesso degli angeli (pur di salvaguardare poltrone e culi caldi di tanti "amici").

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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda trilogy il 13/11/2009, 20:14

ranvit lo so che non è direttamente legato alla riforma. L'ho messo qua per non aprire l'ennesima discussione sull'università e i ricercatori.
La sostanza è che il Governo continua a fare conferenze stampa e convegni sui ricercatori e l'università in cui annuncia questo e quell'altro e 24 ore dopo, tutto viene cancellato nel silenzio pressochè totale. L'opinione pubblica ha l'impressione che stiano riformando tutto il paese mentre il 90% di quello che annunciano in TV con grande sfarzo, scompare 24 ore dopo nelle commissioni parlamentari per iniziativa dello stesso governo.
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Re: Università - i punti della riforma

Messaggioda ranvit il 14/11/2009, 22:44

Comunque.....


Da repubblica.it :

La replica del ministro dell'Istruzione alla denuncia del mancato 'sblocco'
di 80 milioni destinati dalla Finanziaria 2007 all'assunzione di 4200 ricercatori
Gelmini: "Nessun taglio alla ricerca
I fondi erogati tra 2 settimane"
Il ministero si impegna anche a dare i finanziamenti legati al concorso 'Futuro in ricerca'
Garavaglia (Pd): "Spiegazione non convincente e tutt'altro che rassicurante"
di ROSARIA AMATO

ROMA - I finanziamenti destinati dalla Finanziaria 2007 all'assunzione di giovani ricercatori universitari non andranno persi. Lo assicura il ministero dell'Università e della Ricerca: "Il ministero entro due settimane emanerà un decreto ministeriale che trasferirà l'intera cifra alle università per consentire l'assunzione dei giovani ricercatori".

"E' falso che ci sia stato un taglio - conferma il ministro Mariastella Gelmini, a margine del Terzo convegno nazionale dei popolari Liberali del Pdl, a Verona - Forse tutto nasce dal fatto che il presidente della commissione Cultura e Scuola del Senato aveva presentato un emendamento per ripristinare un vecchio taglio che era contenuto nella precedente Finanziaria, ma non c'è nessun taglio aggiuntivo".

In effetti il presidente della commissione Cultura e Scuola del Senato aveva presentato un emendamento per sbloccare gli 80 milioni di euro che la Finanziaria 2007 destinava all'assunzione di ricercatori universitari, un finanziamento triennale che per ragioni burocratiche deve essere ogni anno autorizzato con una norma apposita, nonostante i fondi siano già nel bilancio del Miur. L'emendamento era stato bocciato in commissione Cultura, e poi trasformato in Aula in ordine del giorno. A quel punto l'allarme del mondo universitario e di diversi esponenti del Pd.

Una vicenda che appare un po' diversa da quella descritta dal ministro, e infatti la senatrice del Pd, Maria Pia Garavaglia, definisce "la spiegazione data oggi dal ministero dell'Università e Ricerca e ribadita a Verona dalla titolare del dicastero, l'on. Gelmini (...) assolutamente non convincente, oscura e tutt'altro che rassicurante".

"Invece di nascondersi dietro commi e codicilli, - dice Garavaglia - la maggioranza dovrebbe chiarire una volta per tutti se questi fondi saranno erogati. In Parlamento si discuteva una legge e il MIUR ora annuncia un decreto ministeriale. Per quale ragione, si dovrebbe preferire questo strumento all'Aula del Senato? La verità è che il governo Berlusconi, fin dal suo insediamento, ha sempre tagliato gli aiuti alla ricerca. Al di là dunque del chiacchiericcio, resta solo un fatto incontrovertibile: c'erano soldi destinati a questo settore strategico per il Paese e queste risorse sono state negate. Qualcuno smentisca questo punto, senza rimandare a ipotetiche future soluzioni che non convincono nessuno".

I fondi 'scadono' il 31 dicembre. Peraltro queste 4200 assunzioni sono attese con particolare attenzione dal mondo universitario, dal momento che la legge Gelmini dispone che per il futuro non ci saranno più assunzioni a ruolo dei ricercatori, solo contratti a tempo determinato.

La nota del ministero assicura però il contrario, che i fondi verranno erogati alle università, che avranno così la possibilità di bandire i concorsi e di pagare gli stipendi ai ricercatori assunti con i precedenti finanziamenti.

Il ministro Gelmini ha inoltre assicurato che a breve verranno sbloccati anche i fondi previsti dal bando "Futuro in ricerca", destinati ai progetti presentati da giovani ricercatori. "C'è stato qualche tipo di ritardo burocratico - ha ammesso il ministro - che è stato risolto, ma entro dicembre noi saremo in grado di approvare, di selezionare diversi progetti e quindi di distribuire le risorse previste ai ricercatori".
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