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Appennino torrenti inghiottiti dagli scavi dell'Alta velocit

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Appennino torrenti inghiottiti dagli scavi dell'Alta velocit

Messaggioda mauri il 27/03/2009, 12:24

se è questo il prezzo da pagare per il "progresso"
dico no, NOTAV
ma è possibile che le opere vengano fatte senza il pieno rispetto dell'ambiente?
allora a cosa serve la VIA se accadono questi macelli, a niente perchè poi per risparmiare soldi si distrugge e si butta nelle vallatediscariche macerie e detriti tutto per risparmiare soldi le ditte appaltatrici spariscono e non pagano,
dobbiamo pagare noi per riparare ai danni e fare denunce solitarie, ma nei contratti non ci sono penali per questo ed obblighi?
forse si ma nessuno controlla
che bell'italia, sogno e meta dei turisti che a colpi di leggi sta sparendo, rimarrà solo cementocementocemento
mauri



Appennino, i torrenti inghiottiti
dagli scavi dell'Alta velocità
Viaggio nel Mugello dove il sistema idrico è stato distrutto e le falde sono precipitate di centinaia di metri. Dove un tempo proliferavano trote, gamberi e vegetazione protetta ora ci sono solo profondi canyon dall'inviato PAOLO RUMIZ

SAN PIERO A SIEVE - Non servono sismografi per capire dove passa il tunnel dalla Tav tra Bologna e Firenze. Basta seguire una traccia di foreste rinsecchite, alvei vuoti, macerie. Persino i cinghiali rifiutano di vivere lassù. Sopra la "grande opera" esiste una scia di "grandi disastri" che la segnala fedelmente.

L'abbiamo percorsa, verso Nord, e per capire ci è bastata la parte toscana. Il Mugello, snodo cruciale dello scavalco appenninico. I danni li hanno appena quantificati i giudici: 150 milioni di euro solo per lo smaltimento abusivo dei terreni di scavo. Poi vengono i cantieri abbandonati, le cave e le frane.

Il peggio è il sistema idrico distrutto: per ripagarlo non basterebbe una mezza finanziaria. Fra 750 milioni e un miliardo 200 milioni, per ventidue minuti di viaggio in meno. Spariti o quasi 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi, 5 acquedotti: in tutto 100 chilometri di corsi d'acqua.

Ma le cifre non sono niente. Per farsi un'idea bisogna sentire il tanfo polveroso della montagna morta. Rifare i sentieri della Linea Gotica, tra i rovi, come in guerra. Solo che stavolta i danni non li hanno fatti i generali ma gli ingegneri, che possono essere peggio. Le ferite delle bombe si rimarginano. Queste restano per sempre. Siete avvertiti: non siamo di fronte a un evento naturale, ma a qualcosa di biblico.

Tace la valle del torrente Carzola. Niente più uccelli. La falda è precipitata di trecento metri e la montagna è sotto choc idrico. Ha piovuto tutto l'inverno, ma le conifere sono morte, le querce moribonde. C'erano salmoni, trote, gamberi: ora più nulla. Un catastrofe come il Vajont, ma alla rovescia

Polvere, silenzio. Nel canyon si spalanca una finestra di servizio. È sguarnita, potrebbero entrarci uomini e bestie. Cento metri sotto, il tunnel che ha inghiottito tutto. I tecnici ricordano quando avvenne. Esplose un getto da 400 litri al secondo a tredici atmosfere. Da allora, anche se in superficie la valle scende a Nord, le falde scaricano a Sud, verso Firenze. E del Mugello a secco chi se ne frega.

Paolo Chiarini, 30 anni, ingegnere ambientale, è cresciuto sui fiumi e, quando il Carza sparì di colpo un giorno di febbraio di 11 anni fa, fu il primo ad accorgersene. Corse in Comune ad avvertire, ma gli risposero giulivi: "Per forza, non è nevicato". Capì subito che l'unica acqua che interessava gli italiani era quella del rubinetto, e fece l'unica scelta possibile: combattere da solo.

Da allora Paolo ha battuto ogni rigagnolo e raccolto dati. Oggi ci fa da guida su questa strada partigiana. A Campomigliaio c'era la piscina naturale dei fiorentini. Poi è arrivata la talpa maledetta che ha "impattato" la falda e oggi sul greto resta solo un ridicolo cartello "Divieto pesca" e, a monte, uno scolo fognario a secco.

Il Carlone era il paradiso dei pescatori. Oggi è ingombro di bungalow dai vetri rotti, rottami, tubi, cisterne, caterpillar arrugginiti. Su un muro, la scritta "Ciao, è stato bello". Sotto, un torrente in agonia. Ma a monte è peggio. Una strada bianca in mezzo a una foresta sbiadita, fiancheggiata dai tubi che fino a ieri hanno pompato acqua per tenere in vita il torrente. Una finzione.

Sopra, una montagna di rocce intrise di asfalto collante, oli e bitumi. Quando piove, la morchia scola sulla vasca di captazione del comune di Vaglia, che raccoglie la poca acqua. Purissima, era, da imbottigliare senza filtro. Tutto quel materiale poteva essere reimpiegato nel tunnel, come in Svizzera nella galleria del Gottardo. Qui invece s'è portato tutto in superficie. E nel buco hanno portato ghiaia fresca, aprendo decine di cave inutili sul monte. Ecco perché la Tav è costata il quintuplo del previsto.

A San Piero a Sieve la ferrovia veloce esce a palla di fucile e s'infila sotto l'autodromo del Mugello. Siamo nel cuore della conca, l'Appennino perde asprezza, l'orrore diventa bucolico. Tra le fattorie il torrente Bagnone è scomparso. Poco in là, anche il Bosso. Nove anni fa le sorgenti saltarono tutte assieme, ricorda l'avvocato Marco Rossi che segue le cause civili. "Quando sparì il torrente la gente pensò che sarebbe tornato. Invece non tornò. Finita. Arrivarono le autobotti. Poi il disseccamento salì fino a Farfereto e Striano".

A Sergio Pietracito hanno fatto di tutto. Gli hanno tolto l'acqua per gli animali, fatto franare il bosco, aperto crepe in casa, semidistrutto i frutteti con le polveri, terremotato il sonno con esplosioni, ventole al massimo, bip di cicalini, fischio di allarmi, rombo di tir in retromarcia. Poi, a cantiere chiuso, gli hanno ripristinato i terreni con zolle miste a cemento, plastica e ferri arrugginiti.

Pietracito ha speso 30 mila euro in avvocati, senza aiuto degli enti locali. L'italiano è solo davanti al potente. Lui non molla, ma molti altri sono stanchi. Sanno che, più dei danni, sono i processi a mangiarti la vita. Finisce che sei tu a dover pagare. La politica cala le brache: è già tanto se i sindaci sono riusciti a farsi dare il tracciato della galleria.

Risaliamo verso il Giogo della Scarperia. Ormai è un "trek" nella devastazione. Conifere moribonde, castagni in sofferenza. Fra un mese gli animali scapperanno anche da qui. A Lugo hanno visto "i caprioli scendere a valle per bere dai sottovasi dei giardini". Non era mai successo prima del 2006, quando la Tav ha smesso di pompare acqua "finta" in quota.

Dopo il crinale, il versante del Santerno ci sbatte davanti l'ultimo sacrilegio. Sul lato della Sieve avevamo censito pozzi defunti col nome di santi e beati. Qui, nell'abbazia di Moscheta, succede di peggio. Hanno rubato l'acqua santa. La pieve, per riempire il suo secolare abbeveratoio rimasto a secco, deve farsi sparare acqua da Fiorenzuola. Sempre per quei maledetti ventidue minuti.

Oltre si spalanca un abisso dantesco, il canyon chiamato Inferno. Era il top del Mugello, segnato su tutte le guide. Trote, gamberi, muschi. Sopra, il sentiero dove un tempo Dino Campana andava a Firenze incontrando bande di musicanti e pescatori di fiume. Oggi si cammina a secco tra massi enormi e smerigliati, segno della sacra potenza uccisa dall'uomo. Chi pagherà tutto questo? Quale nazione chiederà il conto?

Il fiume infernale si butta nel Santerno, dove s'apre il cratere della colossale stazione intermedia della Tav. Intorno, la devastazione. Novanta cave. Novanta cicatrici. Ed è solo il preludio dell'ultima è più spaventosa ferita. La più lontana, la meno visibile. La condanna, esecuzione e morte del torrente Diaterna, con la doppia sorgente biforcuta sotto il Sasso di San Zanobi.

Ora si procede solo a piedi, tra ghiaie terribili, guadi algerini, qui nell'Italia di mezzo a fine inverno. Tre anni fa Chiarini vide e fotografò vasche piene di pesci putrefatti. Da allora è morte biologica. Querce cadute, polvere, vento, lucertole. Sotto, la galleria spara la sua traiettoria in un fondale umido carico di bitumi. Qui sopra, il biancore abbacinante di un greto. La frazione di Castelvecchio - sopra l'ultima finestra della Tav in terra toscana - ha perso il suo acquedotto nel '98. Ora vorrebbero costruire un invaso per compensare lo scippo.

Ma per metterci quale acqua? Con quale canalizzazione? Cementificando gli impluvi? Ricoprendoli di resine? Coprendo lo scempio con uno scempio ulteriore? La parola catastrofe non basta.
Il viaggio è finito. "Cosa ci riserva il futuro Dio solo sa" brontola Piera Ballabio, della Comunità montana del Mugello. "Con la nuova legge sulle grandi opere, i Comuni avranno ancora meno voce in capitolo. Siamo vicini a una militarizzazione del territorio. Alla faccia del federalismo".
http://www.repubblica.it/2009/03/sezion ... renti.html
mauri
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Re: Appennino torrenti inghiottiti dagli scavi dell'Alta velocit

Messaggioda franz il 27/03/2009, 18:50

mauri ha scritto:se è questo il prezzo da pagare per il "progresso"
dico no, NOTAV
ma è possibile che le opere vengano fatte senza il pieno rispetto dell'ambiente?

Credo che questo sia il prezzo del "progresso all'italiana" e che sia abbastanza indipendente da chi governa.
L'inizio dei lavori vedo che è del 1991 (fine prevista allora per il 1998!!!) e quindi anche i governi dell'ulivo, di D'Alema, di Amato ci hanno messo mano. Compreso quel Di Pietro che proprio al Mugello fu eletto e che era ai Lavori Pubblici prima ed alle Infrastrutture poi. Ovviamente poi ci sono stati anche gli anni di Berlusconi e credo sia difficile distinguere le responsabilità del mancato controllo dei danni fatti dall'impresa durante i lavori.

Come è il progresso all'italiana?
Tutti devono mangiarci sopra, facendo malissimo il lavoro.
Totale l'opera costa moltissimo, è in ritardo e con mille problemi ambientali.
Ma non tutto il mondo per fortuna (magra consolazione) è come l'Italia.

A riguardo di quanto successivamente speso per le opere previste è stato recentemente pubblicato uno studio della società di ricerca Nuova Quasco nel quale si analizzano i costi delle tratte ferroviarie ad alta velocità completate o in corso di costruzione. Tale studio riguarda linee come la Milano-Torino, la Napoli-Roma, la Firenze-Bologna. Nello studio vengono tra l'altro paragonati i rincari che i costi di costruzione delle linee hanno avuto rispetto al preventivo iniziale del 1991. L'aumento dei costi è vertiginoso: si va da un rincaro della Torino-Milano del 624% (passata dai 1074 milioni di Euro del 1991 ai 7778 milioni del 2006) al 212% della Roma-Napoli (passata dai 1994 milioni del 1991 ai 6235 milioni del 2006) per arrivare fino al 1378% dei lavori di adeguamento della linea direttissima Roma-Firenze (dai 51 milioni del 1991 ai 754 milioni del 2006). Il totale di costo delle linee ad alta velocità, facente parte del pacchetto presentato nel 1991 dalle Ferrovie dello Stato, è passato dai 14.159 milioni allora preventivati ad un dato ufficiale di costo che oggi è valutato in 66.617 milioni, ma che la Nuova Quasco stima in effettivi 87.850 milioni. Suddividendo i costi per voci si ottengono dei dati molto interessanti. La crescita dei costi si riferisce principalmente alla costruzione delle tratte (410%) e dei nodi ferroviari (689%). Nuova Quasco stima invece solo al 12% del rincaro complessivo quello legato ad opere legate ad impatti emersi sul territorio. Molto interessante risulta anche il confronto con i costi di realizzazione delle linee ad Alta Velocità in altri paesi. Tale confronto, per poter paragonare valori omogenei, è stato realizzato con il costo dell'opera calcolato sulla base del valore attuale del denaro, considerando quindi l'evoluzione che l'inflazione ha avuto nei paesi in oggetto. Risulta che in un paese come il Giappone la linea ad alta velocità Tokio-Osaka è costata solo 8,5 milioni di Euro al chilometro, ma anche esaminando realtà più vicine alla nostra i numeri non cambiano di molto: in Francia la linea ad alta velocità Parigi-Lione è costata 9,7 milioni al chilometro mentre in Spagna la Madrid-Siviglia è costata 9,2 milioni al chilometro. Sconsolante è il confronto con l'Italia: si va dai 30,5 milioni al chilometro della Roma-Napoli fino ai 62,7 della Torino-Milano, arrivando ai 76,3 della Firenze-Bologna. Abissale anche la distanza tra i tempi di realizzazione. La linea Tokio-Osaka (550 km) ha richiesto 3,5 anni per la progettazione e 6,2 anni per la realizzazione, la linea Parigi-Lione (417 km) ha richiesto 4,5 anni per la progettazione e 7,9 anni per la realizzazione, la linea Madrid-Siviglia (471 km) ha richiesto 3,8 anni per la progettazione e 7,2 anni per la realizzazione. I 78 km della Bologna-Firenze hanno richiesto 10,7 anni per la progettazione e si stima che richiederanno 12,9 anni per la realizzazione. Non vanno molto meglio le cose per la Roma-Napoli che ha richiesto 8,2 anni per la progettazione e sta richiedendo 12,5 anni per la realizzazione.

Nel loro complesso questi numeri paiono sottolineare più che un problema di costi dell'Alta Velocità come tale, un problema di contenimento di spesa sulle opere pubbliche in Italia che sull'Alta Velocità sembra essere particolarmente difficile.

(da "I costi dell'Alta Velocità" su Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto)
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