pierodm ha scritto:Innanzi tutto, non ha senso dire che "l'economia deve guardare a..." mentre "la politica pensare a ...": la politica ha, quasi per difinizione, una soggettività, un "cervello" destinato a pensare, a scegliere, mentre l'economia è un soggetto astratto, un fenomeno che deriva dalla somma di tanti agenti diversi, alcuni costituiti da persone, altri da meccanismi di mercato.
No, non sono d'accordo. Entrambi, come classi generiche (politica ed esconomia) non pensano e non scelgono.
Entrambi, come soggetti che compongono i vali livelli (politici, imprenditori, consumatori, cittadini) pensano e scelgono.
Chiarito questo, va detto che ognuno principalmente deve pensare alla sua specificità, al suo "saper fare" che tra impreditori e politici è decisamente diverso. Io capisco che nel mondo alla rovescia che ci ritroviamo in Italia, dove tutto è disorganizzato e dove siamo abitiati al fatto che nessuno fa quello che dovrebbe saper fare (perché non lo sa fare) e dedica il suo tempo a farsi i cazzi altrui (che sa fare forse ancora peggio) Piero che è situato nel cuore "romano" di codesta italica disorganizzazione trovi naturale dire che non ha senso che l'economia deve guardare all'economia e la politia alla politica (e la cultura alla cultura, aggiungerei). Ma l'Italia è una eccezione da non promuovere. La fuori, nel mondo che funziona, i cuochi fanno da mangiare, i taxisti trasportano persone, gli imprenditori fanno economia, i politici fanno politica.
pierodm ha scritto:Mi sembra che nei discorsi di Franz corra un sottinteso, o comunque un significato forse nemmeno voluto: "l'economia" sarebbe costituita dalle imprese e dai capitali in esse impiegati, che quindi sarebbero insomma i proprietari della ricchezza prodotta, mentre la sostenibilità sociale e la politica sarebbero i rappresentanti di una moltitudine ottusa e parassitaria che cerca di appropriarsi e di spendere i soldi "degli altri".
Fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono, ...
No, anche qui hai una concezione statica della produzione e dell'utilizzo delle risorse. In economia le risorse non si "usano" ma si creano. Il carbone non era una risorsa 5000 anni fa (lo era il legname) ed il petrolio non lo era 100 anni fa. L'uranio non lo era 60 anni fa cosi' come la maggior parte dei componenti chimici della tavola periodica degli elementi oggi usati nelle nanotecnologie. Ogni era tecnologica trova e costruisce le
sue risorse. La tua visione improntata sull'
utilizzo svela l'incapacità di concepire un sistema in cui le risorse vengono
scoperte, sviluppate, ottimizzate. Qui si' che va detto che l'economia è prodotta da una buona metà della popolazione, che lavora a tutti i livelli, dal dirigenziale e responsabile al livello meno qualificato e meno responsabilizzato, mentre un'altra metà rivendica una migliore distribuzione di quanto altri hanno prodotto. Il mio sottointeso va proprio in quella direzione ma con la precisazione che ovunque cresca lo sviluppo troviamo che la quota produttiva di popolazione è predominante sulla quota non produttiva (che pur esiste ovunque, anche per evidenti motivi). Basta a questo proposito vedere le statistiche comparate (hai, l'ho detto) sul numero di lavoratori (uomini e donne) nell'età lavorativa (25-65) nei vari paesi sviluppati ed in quelli in via di sviluppo ... magari cercando di vedere dove l'Italia si situa nell'elenco. In questo senso intendo che senza sviluppo non c'è trippa per i gatti.
Se l'economia non produce ricchezza (un certo volume minimo, che puo' essere dato da pochi lavori ad alto valore o da tanti lavoro di basso valore, a seconda della capacità in campo) non esiste ridistribuzione possibile da parte della politica.
Ciao,
Franz