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Bce e donne

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Bce e donne

Messaggioda Robyn il 07/01/2009, 13:02

Bisognarebbe dire no alla proposta della Bce di elevare l'età pensionabile per le donne a 65 anni.Il limite di 62 e 60 rispettivamente per uomini e donne và bene.Una economia non deve guardare solo alla sostenibiltà finanziaria ma anche alla sostenibilità sociale.Esiste cioè un tempo per lavorare e un tempo per riposare.L'elevamento continuo significa bloccare il turn-over per i giovani che entrerebbero troppo tardi nel mondo del lavoro,sarebbe un disincentivo alla natalità,anzi un'incentivo alla denatalità.Si pensa ad elevare,ma non si pensa a recuperare i contributi evasi (35mld) a regolarizzare gli immigrati e a promuovere la natalità che nel lungo periodo può riequilibrare il sistema previdenziale.Evidentemente gli echi dell'economia neoliberista non si sono ancora spenti del tutto Ciao Robyn
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 07/01/2009, 13:09

Robyn ha scritto:Bisognarebbe dire no alla proposta della Bce di elevare l'età pensionabile per le donne a 65 anni.Il limite di 62 e 60 rispettivamente per uomini e donne và bene.Una economia non deve guardare solo alla sostenibiltà finanziaria ma anche alla sostenibilità sociale.Esiste cioè un tempo per lavorare e un tempo per riposare.L'elevamento continuo significa bloccare il turn-over per i giovani che entrerebbero troppo tardi nel mondo del lavoro,sarebbe un disincentivo alla natalità,anzi un'incentivo alla denatalità.Si pensa ad elevare,ma non si pensa a recuperare i contributi evasi (35mld) a regolarizzare gli immigrati e a promuovere la natalità che nel lungo periodo può riequilibrare il sistema previdenziale.Evidentemente gli echi dell'economia neoliberista non si sono ancora spenti del tutto Ciao Robyn

Secondo me l'economia deve guardare principalmente alla sostenibiltà economica, tramite le sue fonti economiche (contributi previdenziali, fondi pensione, accantonamenti, riserve).
A quella sociale ci pensi la politica, ma con risorse prese da altre parti (fiscalità generale).
Poi i cittadini valuteranno se il santo (la prestazione) vale la candela (il costo da pagare).
In democrazia si usa cosi'. E troppo facile decidere cose che poi pagano gli altri.
Ciao,
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Re: Bce e donne

Messaggioda Robyn il 07/01/2009, 16:26

Infatti,se l'economia tende solo a realizzare il massimo profitto,il che significa la distruzione della società,la politica deve intervenire per realizzare contemporaneamente sostenibilità sociale e finanziaria Ciao Robyn
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 07/01/2009, 17:00

Robyn ha scritto:Infatti,se l'economia tende solo a realizzare il massimo profitto,il che significa la distruzione della società,la politica deve intervenire per realizzare contemporaneamente sostenibilità sociale e finanziaria Ciao Robyn

La politica puo' fare quello che dici (e sono d'accordo) solo perché nel frattempo l'economia realizza il massimo profitto.
Senza il secondo, non c'è trippa per i gatti, come russi e cinesi si sono resi conto da soli.
Ciao,
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Re: Bce e donne

Messaggioda Robyn il 07/01/2009, 20:34

Il fatto che senza l'economia non si realizza niente questo non autorizza a ricatti(a parte che hanno perso forza di persuasione).I poteri economici non sono in grado di realizzare un'economia competitiva ed equa.Infatti i risultati dell'economia neoliberista sono sotto gli occhi di tutti.Per risolvere i problemi posti dalla globalizzazione bisogna agire alla fonte.Esiste il problema dei paesi emergenti che non hanno lo stato sociale e questo penalizza l'Europa.Se si pensa solo al massimo profitto prima o poi i danni ricadono non solo sulle fasce deboli ,ma sù tutti Ciao Robyn
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 07/01/2009, 22:49

Robyn ha scritto:Il fatto che senza l'economia non si realizza niente questo non autorizza a ricatti(a parte che hanno perso forza di persuasione).I poteri economici non sono in grado di realizzare un'economia competitiva ed equa.Infatti i risultati dell'economia neoliberista sono sotto gli occhi di tutti.Per risolvere i problemi posti dalla globalizzazione bisogna agire alla fonte.Esiste il problema dei paesi emergenti che non hanno lo stato sociale e questo penalizza l'Europa.Se si pensa solo al massimo profitto prima o poi i danni ricadono non solo sulle fasce deboli ,ma sù tutti Ciao Robyn

Non è un problema di ricatti ma di risorse. Senza profitti non c'è trippa.
Puoi avere 20 persone a tavola ma se c'è un solo fagiolo da tagliare in 20, c'è poco da fare.
Il caso è evidente priprio nei paesi piu' lontani dalla globalizzazione ed in quelli emergenti (tipo Cina, in cui non esiste un sistema sanitario cone il nostro). Senza risorse lo stato sociale non parte. Oggi nella società globalizzata questo dà fastidio a tutti ma dà anche vantaggi .... non dirmi che in casa non hai nulla "made in China" e non è che non lo hai comprato perché loro non hanno ancora un welfare come il nostro......

Ciao,
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Re: Bce e donne

Messaggioda Robyn il 07/01/2009, 22:50

Bisogna chiedere ai paesi emergenti come India e Cina di inserire lo stato sociale tramite il FMI il WTO etc.Se questo non avverrà bisognerà chiudere gli scambi commerciali con questi paesi e realizzazzare un'economia equa e competitiva fra tutti quei paesi che hanno nel loro dna lo stato sociale.Solo quando i paesi emergenti inseriranno nelle loro costituzioni lo stato sociale se ne potrà riparlare.Non si può provocare un'impoverimento generale del pianeta per fare un piacere a Cina e India che non rispettano neanche i diritti umani.La globabalizzazione a 360 gradi non è ancora possibile Ciao Robyn
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 08/01/2009, 0:49

Robyn ha scritto:Bisogna chiedere ai paesi emergenti come India e Cina di inserire lo stato sociale tramite il FMI il WTO etc...

Robyn, cerca di capire che lo stato sociale non è una cosa che si compra al supermercato dopo aver saputo dagli altri che è una cosa che occorre assolutamente fare altrimenti "non sei IN" ma che si fa solo quando le risorse per alimentarlo ci sono.
Da noi ci sono voluti 150 anni, forse oggi altrove ne basteranno 30.
Quando le risorse ci saranno, le richieste verranno dalla stessa società civile cinese, insieme alla democrazia, fattore ancora piu' importante.
Ciao,
Franz
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 08/01/2009, 10:27

Mi sembra davvero fuori posto questa contrapposizione tra economia e politica, specialmente messa in questi termini.
E mi sembra anche un po' esagerato, da parte di Franz, scaricare subito la cannonata della "creazione della ricchezza" non appena si profila all'orizzonte il minimo accenno ai soldi.

Innanzi tutto, non ha senso dire che "l'economia deve guardare a..." mentre "la politica pensare a ...": la politica ha, quasi per difinizione, una soggettività, un "cervello" destinato a pensare, a scegliere, mentre l'economia è un soggetto astratto, un fenomeno che deriva dalla somma di tanti agenti diversi, alcuni costituiti da persone, altri da meccanismi di mercato.
Ammesso che questi agenti siano dotati di sguardo e di pensiero, nessuno di essi è deputato a pensare all'interesse generale: questa non è una concessione o, peggio ancora, una geniale invenzione, ma un semplice dato oggettivo con il quale fare i conti.
Il dato oggettivo è - meglio sottolinearlo - che "l'economia" non "pensa" all'interesse generale, anche se ha effetti e conseguenze di carattere generale, e utilizza risorse di carattere generale - non pubbliche, ma d'interesse pubblico.
L'economia crea "una" ricchezza, certamente, ma non è detto che crei "quella" ricchezza, in quei modi, con quella distribuzione, etc, che corrispondono all'interesse generale, e nemmeno all'interesse a lungo termine della stessa "economia" - essendo un soggetto astratto, la sua sorte dipende dalle scelte fatte dai suoi agenti concreti, che hanno un orizzonte limitato nel tempo.
Quest'ultimo insieme di condizioni rappresenta la "sostenibilità sociale", della quale deve occuparsi la politica, e che va molto al di là di una sostenibilità limitata alla contentezza o scontentezza di qualche settore della società, ossia di una sostenibilità intesa come mantenimento del consenso da parte dei governi.
Da questo punto in poi si potrebbero sviluppare molti argomenti, ma voglio metterne in luce solo uno in particolare.

Quando Franz dice " è troppo facile decidere cose che poi pagano gli altri ", dice una cosa piuttosto strana: chi sarebbero "gli altri"?
Mi sembra che nei discorsi di Franz corra un sottinteso, o comunque un significato forse nemmeno voluto: "l'economia" sarebbe costituita dalle imprese e dai capitali in esse impiegati, che quindi sarebbero insomma i proprietari della ricchezza prodotta, mentre la sostenibilità sociale e la politica sarebbero i rappresentanti di una moltitudine ottusa e parassitaria che cerca di appropriarsi e di spendere i soldi "degli altri".
Fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono, queste risorse non appartengono a qualcuno in particolare, prese nel loro insieme: appartengono a tutti coloro che hanno partecipato a crearle, investendo, lavorando, pensando, faticando, vivendo.
Per altro, nel momento in cui un rivolo di queste risorse viene indirizzato a vantaggio di qualcuno - cioè si entra nel vivo delle scelte di governo, ma anche dei meccanismi economici - si spende sempre una risorsa "degli altri", ossia una risorsa che in linea di principio e spesso di diritto appartiene all'intera comunità.
Vorrei sottolineare che questo avviene anche nell'economia, non solo nella politica, tanto per rendere più realistico il quadro di un'economia dipinta come una versione laboriosa del Paese dei Campanelli.

Infine, mi sembra che usare le vicende cinesi e russe per esaltare un certo sistema economico sia piuttosto improprio.
La Cina e la Russia stanno a dimostrare, in realtà, che cosa sia questo "certo sistema" nella sua versione selvaggia, ossia nella fase in cui il meccanismo economico prevede solo la logica dello sviluppo senza gli "impacci" della sostenibilità sociale, ovvero della coscienza di quella moltitudine che pretende di spendere i soldi "degli altri".
Per inciso, anche il regime del cosiddetto "socialismo reale" teneva in conto altri parametri, e non la sostenibilità sociale, i diritti e la coscienza della moltitudine, essendo anzi una speciale e retrograda versione di una società tesa al massimo "sviluppo".
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 08/01/2009, 14:35

pierodm ha scritto:Innanzi tutto, non ha senso dire che "l'economia deve guardare a..." mentre "la politica pensare a ...": la politica ha, quasi per difinizione, una soggettività, un "cervello" destinato a pensare, a scegliere, mentre l'economia è un soggetto astratto, un fenomeno che deriva dalla somma di tanti agenti diversi, alcuni costituiti da persone, altri da meccanismi di mercato.

No, non sono d'accordo. Entrambi, come classi generiche (politica ed esconomia) non pensano e non scelgono.
Entrambi, come soggetti che compongono i vali livelli (politici, imprenditori, consumatori, cittadini) pensano e scelgono.
Chiarito questo, va detto che ognuno principalmente deve pensare alla sua specificità, al suo "saper fare" che tra impreditori e politici è decisamente diverso. Io capisco che nel mondo alla rovescia che ci ritroviamo in Italia, dove tutto è disorganizzato e dove siamo abitiati al fatto che nessuno fa quello che dovrebbe saper fare (perché non lo sa fare) e dedica il suo tempo a farsi i cazzi altrui (che sa fare forse ancora peggio) Piero che è situato nel cuore "romano" di codesta italica disorganizzazione trovi naturale dire che non ha senso che l'economia deve guardare all'economia e la politia alla politica (e la cultura alla cultura, aggiungerei). Ma l'Italia è una eccezione da non promuovere. La fuori, nel mondo che funziona, i cuochi fanno da mangiare, i taxisti trasportano persone, gli imprenditori fanno economia, i politici fanno politica.
pierodm ha scritto:Mi sembra che nei discorsi di Franz corra un sottinteso, o comunque un significato forse nemmeno voluto: "l'economia" sarebbe costituita dalle imprese e dai capitali in esse impiegati, che quindi sarebbero insomma i proprietari della ricchezza prodotta, mentre la sostenibilità sociale e la politica sarebbero i rappresentanti di una moltitudine ottusa e parassitaria che cerca di appropriarsi e di spendere i soldi "degli altri".
Fermo restando che si può usufruire soltanto delle risorse che ci sono e non di quelle che non ci sono, ...

No, anche qui hai una concezione statica della produzione e dell'utilizzo delle risorse. In economia le risorse non si "usano" ma si creano. Il carbone non era una risorsa 5000 anni fa (lo era il legname) ed il petrolio non lo era 100 anni fa. L'uranio non lo era 60 anni fa cosi' come la maggior parte dei componenti chimici della tavola periodica degli elementi oggi usati nelle nanotecnologie. Ogni era tecnologica trova e costruisce le sue risorse. La tua visione improntata sull'utilizzo svela l'incapacità di concepire un sistema in cui le risorse vengono scoperte, sviluppate, ottimizzate. Qui si' che va detto che l'economia è prodotta da una buona metà della popolazione, che lavora a tutti i livelli, dal dirigenziale e responsabile al livello meno qualificato e meno responsabilizzato, mentre un'altra metà rivendica una migliore distribuzione di quanto altri hanno prodotto. Il mio sottointeso va proprio in quella direzione ma con la precisazione che ovunque cresca lo sviluppo troviamo che la quota produttiva di popolazione è predominante sulla quota non produttiva (che pur esiste ovunque, anche per evidenti motivi). Basta a questo proposito vedere le statistiche comparate (hai, l'ho detto) sul numero di lavoratori (uomini e donne) nell'età lavorativa (25-65) nei vari paesi sviluppati ed in quelli in via di sviluppo ... magari cercando di vedere dove l'Italia si situa nell'elenco. In questo senso intendo che senza sviluppo non c'è trippa per i gatti.
Se l'economia non produce ricchezza (un certo volume minimo, che puo' essere dato da pochi lavori ad alto valore o da tanti lavoro di basso valore, a seconda della capacità in campo) non esiste ridistribuzione possibile da parte della politica.

Ciao,
Franz
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