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Pensioni da fame

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Pensioni da fame

Messaggioda flaviomob il 11/02/2015, 12:07

Senza integrazione al minimo i giovani rischiano la fame.

Una pensione da 502 euro al mese non è certo invidiabile.
Eppure per molti lavoratori, l’attuale minimo sindacale della previdenza rischia di essere solo un miraggio. Anche se il vitalizio sarà molto basso in futuro non si aprirà più alcun paracadute, la famosa integrazione al minimo da parte dello Stato è già andata (è il caso di dirlo) in pensione.

Così, ad esempio, un dipendente trentenne che oggi ha un reddito netto mensile di mille euro e che accumulerà forti buchi contributivi, prenderà appena 408 euro netti il mese, cioè quasi cento in meno della soglia minima attualmente in vigore.
Un autonomo nella stessa situazione arriverà ad appena 341 euro netti il mese.

Le simulazioni realizzate dalla società di consulenza Progetica sipingono uno scenario a dir poco allarmante.
“Si tratta tipicamente di chi riesce a mettere insieme tra i venti e i trentacinque anni di contribuzione, invece degli oltre quaranta richiesti, e ha un reddito di mille euro netti il mese – spiega Andrea Carbone, partner di Progetica – per questi lavoratori la pensione raramente supererà i cinquecento euro il mese:
a differenza dei cinquantenni delle simulazioni, che hanno iniziato prima della legge Dini del 1995, non avranno alcun paracadute.

Il sistema contributivo, infatti, non prevede l’integrazione al minimo, che negli esempi porta a un vitalizio di cinquecentodue euro netti al mese”.

In pratica, senza integrazione al minimo da parte dello Stato, con contratti precari e comunque salutari e la prospettata flessibilità lavorativa – ossia la tendenza a cambiare spesso lavoro e costruire conseguentemente in modo discontinuo la propria storia previdenziale – la pensione di “domani” costruita tra i 20 ed i 35 anni al massimo di contributi, non ha molte speranze di raggiungere soglie superiori se la situazione generale non migliora (salvo per ruoli di maggior spessore che possano far raggiungere un vitalizio mensile pari al 37% dell’ultimo stipendio).

Il nuovo metodo di calcolo non lascia troppe speranze dunque anche per chi aspira ad un migliaio di euro, visto che con i calcoli nel sistema contributivo (esclusa ogni integrazione al minimo) si supera di poco una pensione minima da poco più di 500 euro netti al mese.

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Re: Pensioni da fame

Messaggioda franz il 11/02/2015, 18:37

A fronte di un lavoratore dipendnete che prende 1000 euro netti, non dimentichiamo che c'è un datore di lavoro che ne tira fuori piu' di 2000.

Per quanto riguarda l'integrazione al minimo mi sembra giusto che non sia prevista a livello pensionistico (previdenziale) infatti è una misura assistenziale (da prevedere assolutamente) che dovrebbe gravare sulla fiscalità (reddito minimo).
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Re: Pensioni da fame

Messaggioda Robyn il 11/02/2015, 23:19

Per pensioni inferiori ai mille euro ci dovrebbe essere l'integrazione al minimo in modo da portarle a mille euro è una misura che ricade sulla fiscalità generale che più precisamente rientra nel rmg,i costi per l'integrazione al minimo non ricadono sulla previdenza ma sull'assistenza
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Re: Pensioni da fame

Messaggioda trilogy il 15/02/2015, 11:38

La Generazione mille euro di oggi rischia una pensione dimezzata domani
Una ricerca Censis-Fondazione Generali lancia l'allarme sul futuro dei giovani


WALTER PASSERINI 13/02/2015
La generazione mille euro a fine carriera rischia di trovarsi povera. Oggi il 40% dei lavoratori dipendenti di 25-34 anni ha una retribuzione netta media mensile fino a mille euro. Per questo molti si troveranno ad avere una pensione più bassa del reddito che avevano a inizio carriera. Secondo il Censis e la Fondazione Generali, che hanno avviato un percorso di ricerca sul welfare del futuro, l'invecchiamento della popolazione e le riforme pensionistiche renderanno più complesso il tema della longevità. Il Censis stima che il 65% dei giovani occupati dipendenti 25-34enni di oggi avrà una pensione sotto i mille euro, anche con avanzamenti di carriera medi, a causa dell'abbassamento dei cosiddetti tassi di sostituzione. Questa previsione riguarda i riguarda gli occupati, cioè i 3,4 milioni oggi inseriti nel mercato del lavoro con contratti standard. A questi vanno aggiunti 890mila giovani 25-34enni lavoratori autonomi o con contratti di collaborazione e quasi 2,3 milioni di Neet. Il 53% dei millennial (i giovani di 18-34 anni) rivela una certa consapevolezza su ciò che aspetta loro: uno su due pensa che la pensione arriverà al massimo al 50% del reddito da lavoro.

La pensione dipenderà infatti dalla quantità dei contributi versati. Quasi due su tre millennial hanno avuto finora una contribuzione intermittente, perché hanno alternato pause tra un lavoro e l'altro, sono rimasti spesso senza lavoro o hanno lavorato in nero. Per avere pensioni più adeguate, l'unica soluzione sarà quella di lavorare fino ad età avanzata? Il mercato del lavoro lo permetterà? I dati sono allarmanti. L'occupazione dei giovani è crollata. Siamo passati dal 70% di giovani di 25-34 anni occupati nel 2004, pari a 6 milioni, al 59,1% nel 2014 (primi tre trimestri), pari a 4,2 milioni. In dieci anni si sono persi quasi due milioni di posti di lavoro giovanili. Una perdita con un costo sociale pari a 120 miliardi di euro. Se la tendenza dovesse continuare, i giovani sarebbero precari oggi anziani poveri domani.

fonte: http://www.lastampa.it/2015/02/13/blogs ... agina.html
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Re: Pensioni da fame

Messaggioda pianogrande il 15/02/2015, 19:55

Si fa prima a dire che il nostro si avvia (è condannato) a diventare un paese povero.

Come possiamo pretendere di essere un paese ricco se non facciamo innovazione e se non funziona niente a partire dalla macchina statale?

L'unica possibilità è diventare un paese di mantenuti.

C'è solo un problema.
Chi ci mantiene?
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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