C’è chi paga più del 100% di tasse

C’è chi paga più del 100% di tasse
La storia raccontata da un imprenditore milanese è assurda ma vera: lo conferma uno studio di Assolombarda, secondo cui quasi un'impresa su dieci paga più di quel che guadagna. Neanche in Corea del Nord si arriva a tanto
di Matteo Borghi
Quella che state per leggere è una cronaca da Paese dell’assurdo. Una di quelle storie che vi aspettereste di leggere in una commedia di Beckett o Ionesco e che invece è così drammaticamente reale, e per molti.
In Italia ci sono imprese che pagano più del 100% di tasse. Avete letto bene: imprese che danno al fisco non solo tutto quello che riescono a guadagnare ma anche di più. Quando abbiamo sentito le parole di Fabrizio Castoldi, titolare della milanese Bcs un’impresa di trattori e macchine agricole, dichiararlo due pomeriggi fa ai microfoni della Versione di Oscar (Giannino) su Radio 24 non volevamo crederci. Com’è possibile – ci siamo detti – che lo Stato costringa alcune imprese a dare di più di tutta la ricchezza che riescono a produrre? Neppure nella “civilissima” (secondo alcune voci del centrodestra nostrano) Corea Del Nord si arriverebbe mai a un esproprio superiore al totale del reddito.
Eppure la materia ci ha talmente incuriosito da spingerci ad approfondire. Abbiamo così spulciato le 182 pagine dell’ottimo rapporto Le imprese milanesi: struttura e dinamica reddituale. Periodo 2007-2012 stilato dall’Osservatorio Assolombarda Bocconi e Prometeia citato da Castoldi in trasmissione. Scoprendo che è tutto drammaticamente vero. Lo studio, completo e approfondito, prende in considerazione un campione di 5.735 aziende milanesi che, con un fatturato minimo di 1,6 milioni di euro l’anno, rappresentano il 53,4% della ricchezza prodotta sul territorio. Aziende che, nei sei anni presi in considerazione, hanno pagato un totale di 15.155 milioni di euro di imposte su un Rai (reddito ante imposte) di 30.596 milioni, ovvero il 49,5%. Percentuali all’apparenza lontane non solo dal 100% ma anche da quel 68,3% certificato da un recente studio di Confindustria.
Ma attenzione. Come loro stessi precisano l’imposizione fiscale calcolata da Assolombarda prende in considerazione solo la somma di Ires (imposte sul reddito delle società) e Irap (imposta sul reddito delle attività produttive) ma non include tutte le imposte sui beni (Ici, Imu, oggi ci sarebbero anche Tasi e Tari). Non solo: dall’analisi delle percentuali si deduce che l’anno in cui le imprese hanno pagato più tasse rispetto al reddito è il 2009, in cui la crisi ha punto di più. Pare impossibile ma è così. «Ciò è dovuto – spiega Assolombarda – al fatto che una parte dell’imposizione, l’Ires, è proporzionale al Rai, mentre l’altra parte, l’Irap, appare meno correlata (per certi versi anelastica) all’andamento del Rai». Quindi un’impresa che va male, se ha molti beni strumentali e dipendenti, paga più o meno le stesse tasse di quando va bene. Lo Stato, in ogni caso, al suo corposo assegno non rinuncia.
E se l’impresa va molto male, finisce per pagare anche più del suo reddito. Nei sei anni presi in considerazione si va da un minimo di 6,6% (nel 2012) di imprese a un massimo del 10,7% (nel 2009) di imprese che hanno pagato più del 100% di imposte. Ad essere più colpite le imprese più piccole, con una grossa spesa per stipendi e con sede legale e fiscale in Italia, proprio quelle che la politica blatera di voler difendere.
Assurdo per assurdo raccontiamo anche un’altra storia che ieri Giannino ci ha “regalato” – raccontata anche dal Corriere della Sera – e che dovrebbe farci vergognare di essere italiani. Un’impresa di ingegneri, la Me srl, non è stata pagata e ha trascinato un proprio cliente in tribunale. Invece che vedersi dare ragione ha dovuto rinunciare al proprio onorario, restituire i soldi ricevuti e costituire un fondo di garanzia per rimborsare tutti i clienti che avevano già pagato. Come mai? La controparte si è appellata a una vecchia legge fascista, la 1815 del 1939, che vieta alle società di architetti e ingegneri di lavorare per i privati. Pur abrogata nel 1997 ma mancano i decreti attuativi è formalmente valida. Di conseguenza il giudice ha pignorato i beni e i conti della società di ingegneria che ora rischia di fallire. E dire che la legge era 1815 era stata fatta apposta per mettere i bastoni fra le ruote agli ebrei che ai tempi si dedicavano alle professioni liberali.
La morale è che in Italia ci sono aziende che pagano più del loro reddito e leggi razziali ancora ufficiosamente in vigore. Non c’è da stare allegri…
http://www.lintraprendente.it/2014/11/c ... -di-tasse/
La storia raccontata da un imprenditore milanese è assurda ma vera: lo conferma uno studio di Assolombarda, secondo cui quasi un'impresa su dieci paga più di quel che guadagna. Neanche in Corea del Nord si arriva a tanto
di Matteo Borghi
Quella che state per leggere è una cronaca da Paese dell’assurdo. Una di quelle storie che vi aspettereste di leggere in una commedia di Beckett o Ionesco e che invece è così drammaticamente reale, e per molti.
In Italia ci sono imprese che pagano più del 100% di tasse. Avete letto bene: imprese che danno al fisco non solo tutto quello che riescono a guadagnare ma anche di più. Quando abbiamo sentito le parole di Fabrizio Castoldi, titolare della milanese Bcs un’impresa di trattori e macchine agricole, dichiararlo due pomeriggi fa ai microfoni della Versione di Oscar (Giannino) su Radio 24 non volevamo crederci. Com’è possibile – ci siamo detti – che lo Stato costringa alcune imprese a dare di più di tutta la ricchezza che riescono a produrre? Neppure nella “civilissima” (secondo alcune voci del centrodestra nostrano) Corea Del Nord si arriverebbe mai a un esproprio superiore al totale del reddito.
Eppure la materia ci ha talmente incuriosito da spingerci ad approfondire. Abbiamo così spulciato le 182 pagine dell’ottimo rapporto Le imprese milanesi: struttura e dinamica reddituale. Periodo 2007-2012 stilato dall’Osservatorio Assolombarda Bocconi e Prometeia citato da Castoldi in trasmissione. Scoprendo che è tutto drammaticamente vero. Lo studio, completo e approfondito, prende in considerazione un campione di 5.735 aziende milanesi che, con un fatturato minimo di 1,6 milioni di euro l’anno, rappresentano il 53,4% della ricchezza prodotta sul territorio. Aziende che, nei sei anni presi in considerazione, hanno pagato un totale di 15.155 milioni di euro di imposte su un Rai (reddito ante imposte) di 30.596 milioni, ovvero il 49,5%. Percentuali all’apparenza lontane non solo dal 100% ma anche da quel 68,3% certificato da un recente studio di Confindustria.
Ma attenzione. Come loro stessi precisano l’imposizione fiscale calcolata da Assolombarda prende in considerazione solo la somma di Ires (imposte sul reddito delle società) e Irap (imposta sul reddito delle attività produttive) ma non include tutte le imposte sui beni (Ici, Imu, oggi ci sarebbero anche Tasi e Tari). Non solo: dall’analisi delle percentuali si deduce che l’anno in cui le imprese hanno pagato più tasse rispetto al reddito è il 2009, in cui la crisi ha punto di più. Pare impossibile ma è così. «Ciò è dovuto – spiega Assolombarda – al fatto che una parte dell’imposizione, l’Ires, è proporzionale al Rai, mentre l’altra parte, l’Irap, appare meno correlata (per certi versi anelastica) all’andamento del Rai». Quindi un’impresa che va male, se ha molti beni strumentali e dipendenti, paga più o meno le stesse tasse di quando va bene. Lo Stato, in ogni caso, al suo corposo assegno non rinuncia.
E se l’impresa va molto male, finisce per pagare anche più del suo reddito. Nei sei anni presi in considerazione si va da un minimo di 6,6% (nel 2012) di imprese a un massimo del 10,7% (nel 2009) di imprese che hanno pagato più del 100% di imposte. Ad essere più colpite le imprese più piccole, con una grossa spesa per stipendi e con sede legale e fiscale in Italia, proprio quelle che la politica blatera di voler difendere.
Assurdo per assurdo raccontiamo anche un’altra storia che ieri Giannino ci ha “regalato” – raccontata anche dal Corriere della Sera – e che dovrebbe farci vergognare di essere italiani. Un’impresa di ingegneri, la Me srl, non è stata pagata e ha trascinato un proprio cliente in tribunale. Invece che vedersi dare ragione ha dovuto rinunciare al proprio onorario, restituire i soldi ricevuti e costituire un fondo di garanzia per rimborsare tutti i clienti che avevano già pagato. Come mai? La controparte si è appellata a una vecchia legge fascista, la 1815 del 1939, che vieta alle società di architetti e ingegneri di lavorare per i privati. Pur abrogata nel 1997 ma mancano i decreti attuativi è formalmente valida. Di conseguenza il giudice ha pignorato i beni e i conti della società di ingegneria che ora rischia di fallire. E dire che la legge era 1815 era stata fatta apposta per mettere i bastoni fra le ruote agli ebrei che ai tempi si dedicavano alle professioni liberali.
La morale è che in Italia ci sono aziende che pagano più del loro reddito e leggi razziali ancora ufficiosamente in vigore. Non c’è da stare allegri…
http://www.lintraprendente.it/2014/11/c ... -di-tasse/