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Jobs act, Art 18, indennizzo

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Jobs act, Art 18, indennizzo

Messaggioda gabriele il 09/10/2014, 8:48

ANSA.it
Economia

Jobs act, tutti i contenuti

Su art. 18 saranno decreti delegati a chiarire su disciplinari

L'emendamento del governo sul Jobs act sarà presentato al Senato, dove in serata si voterà la fiducia.

Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti per i nuovi assunti; riordino della cassa integrazione con nuovi limiti all'utilizzo; razionalizzazione degli incentivi all'assunzione e in generale riordino dei servizi del lavoro e delle politiche attive; rimodulazione dell'Aspi (l'assegno di disoccupazione) in relazione alla carriera contributiva del lavoratore con l'estensione anche ai collaboratori; ferie 'solidali': sono le principali novità del Jobs act, la riforma del lavoro sul quale il Governo si appresta a mettere la fiducia.

Nelle prossime ore è atteso un emendamento del Governo con però solo piccoli ritocchi al testo che non dovrebbero stravolgerne l'impostazione. In particolare ci dovrebbe essere un impegno a destinare risorse risparmiate alle politiche per il lavoro.

Ecco in sintesi cosa prevede la delega:
- CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI PER I NEOASSUNTI: arriva "il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio" per i neoassunti. La delega non cita l'articolo 18 e saranno i decreti delegati a definire le fattispecie per le quali si manterrà il reintegro in caso di licenziamento illegittimo. Sicuramente la reintegra sarà prevista per i licenziamenti discriminatori, mentre per quelli disciplinari si chiariranno i confini già messi con la legge Fornero del 2012 (due sole fattispecie danno diritto al reintegro mentre per le altre c'è già l'indennizzo). Sulle interruzioni di rapporto di lavoro per motivi economici è già intervenuta la legge Fornero prevedendo l'indennizzo in caso di licenziamento illegittimo.
- RIORDINO FORME CONTRATTUALI E RAPPORTI LAVORO: l'obiettivo al quale si vuole arrivare con il contratto a tutele crescenti e' di farne la modalità normale di assunzione sfoltendo le decine di forme contrattuali e le norme esistenti. Si punta alla creazione di un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro.
- MANSIONI FLESSIBILI E CONTROLLI A DISTANZA: si rivede la disciplina delle mansioni con la possibilità, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale di rivedere, in vista della tutela del posto di lavoro, l'inquadramento. Il passaggio da una mansione all'altra diventa piu' flessibile. Viene rivista anche la disciplina dei controlli a distanza: si apre all'utilizzo delle nuove tecnologie per la 'sorveglianza' ed il 'tele-lavoro', tutelando comunque "dignità e riservatezza" del lavoratore.
- RIFORMA CIG: sarà impossibile autorizzare la cig in caso di cessazione di attività aziendale mentre sarà previsto l'accesso alla cig solo a seguito dell'utilizzo delle possibilità contrattuali di riduzione dell'orario di lavoro.
Saranno rivisti i limiti di durata dell'indennità (adesso il tetto e' di due anni per la cassa ordinaria e di quattro per la straordinaria) ed una maggiore partecipazione da parte delle aziende che la utilizzano.
- RIFORMA ASPI: la durata del trattamento di disoccupazione dovrà essere rapportata alla "pregressa storia contributiva" del lavoratore con incremento della durata massima (per ora fissata a 18 mesi a regime nel 2016, ndr) per quelli con "le carriere contributive più rilevanti". Si prevede anche l'introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa.
- ASSEGNO DISOCCUPAZIONE UNIVERSALE: contestualmente si punta alla "universalizzazione" dell'Aspi con l'estensione ai co.co.pro. prevedendo prima dell'entrata a regime "un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite".
- RAZIONALIZZAZIONE INCENTIVI ALL'ASSUNZIONE E ALL'AUTOIMPIEGO: si istituisce inoltre un'Agenzia nazionale per l'impiego al cui funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali gia' disponibili.
- SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE: si punta a creare le condizioni perche' si possano svolgere "esclusivamente in via telematica" tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro.
- FERIE SOLIDALI: si prevede la possibilità per il lavoratore che ha un plus di ferie di cederle a colleghi che ne abbiano bisogno per assistere figli minori che necessitano di cure.
- CONTRATTI DI SOLIDARIETA' PER AUMENTARE OCCUPAZIONE: si punta a semplificare e ad estendere il campo di applicazione dei contratti di solidarietà potenziando l'utilizzo in chiave "espansiva", per aumentare cioè l'organico riducendo l'orario di lavoro e la retribuzione del personale.

http://www.ansa.it/sito/notizie/economi ... afe41.html
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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda franz il 09/10/2014, 11:06

La CIG dovrebbe essere abolita e sostituita da ammortizzatori per tutti.
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art 18

Messaggioda Robyn il 12/10/2014, 21:38

La legge delega sull'art 18 è una scatola vuota piena di indefinitezze su cui non si hanno le idee chiare.Per modificarlo basta solo,per gmo e disciplinari,aumentare di sei mensilità l'indennità se il datore di lavoro si rifiuta di fare la reintegrazione e diminuire di molto i tempi del processo.Per il resto mantenerlo così come è.Per il job act bastano due anni di contratti a termine.Se al termine un contratto non viene rinnovato bisogna introdurre l'indennità di fine contratto che non si paga se c'è la reiterazione,questo per evitare la precarietà.Non si può parlare di famiglia e allo stesso tempo incentivare la precarietà
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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda Salemi il 27/11/2014, 17:34

Confindustria scrive, Renzi fa copia e incolla
(Marco Palombi).
27/11/2014

IL LAVORO DELLA RIFORMA.

IL DOCUMENTO DI SQUINZI “PROPOSTE PER IL MERCATO DEL LAVORO” CONTIENE GIÀ TUTTO IL JOBS ACT: VIA L’ART. 18, “DEMANSIONAMENTO”, CONTROLLI SUI DIPENDENTI.

Il Centro Studi di Confindustria, per la crescita, ha adottato la politica di Giorgio Gaber sulla rivoluzione: oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente. In pratica quest’anno sul Pil non si muove foglia, l’anno prossimo può essere, ma dopo sarà una pacchia. D’altronde, scrivono gli analisti degli imprenditori, “le riforme strutturali danno frutti nel medio termine, ma nell’immediato rispondono alla domanda di cambiamento del Paese e restituiscono così la fiducia necessaria a rilanciare consumi e investimenti”. Che lo dicano non è così sorprendente se si considera – come vi mostriamo in questa pagina – che l’unica riforma strutturale in dirittura d’arrivo, il Jobs Act, l’hanno scritta loro.

Non è un’esagerazione, ma la lettura comparata tra il testo Proposte per il mercato del lavoro e della contrattazione pubblicato da Confindustria a maggio e il ddl delega uscito dalla Camera: sono uguali. Esiste anche una conferma negativa: il Jobs Act reale non ha infatti praticamente niente a che fare con le linee guida che Renzi annunciò in pompa magna a gennaio. Testi a confronto: ecco quello scritto dagli industriali Sono anni che gli imprenditori tentano di manomettere lo Statuto dei lavoratori, ma non era mai capitato che un governo facesse proprie le loro proposte senza cambiarle di una virgola. Per esserne certi basta leggere le Proposte di cui sopra. Il testo si apre con una lamentazione sul declino italiano: c’è stata una perdita di produttività enorme, dice Confindustria, colpa anche di quegli avidi dei lavoratori italiani che hanno ottenuto aumenti di stipendio “che non avrebbero dovuto aver luogo”. Non solo: “Nel 2010 e 2011, all’accentuarsi della crisi, sia in Germania che in Spagna si è operato un aggiustamento verso il basso del livello delle retribuzioni reali, non così in Italia”. E quindi? “Questi dati devono guidare le nostre linee di riforma”. Insomma, il fine è tagliare gli stipendi. Ma quali sono queste linee? Lo spiega senza timidezze il box Interventi sulle tipologie contrattuali: “Occorre rendere più flessibile il contratto a tempo indeterminato”. Tradotto: via l’articolo 18 e libertà di licenziamento. E come? “Limitare la tutela della reintegrazione ai soli casi di licenziamento discriminatorio o nullo e prevedere la tutela indennitaria” per tutti gli altri. Il Jobs Act – e solo per un emendamento imposto al governo dalla sinistra Pd – cambia la formula aggiungendo la reintegra anche per alcuni licenziamenti disciplinari. Poca roba. Seconda richiesta: “Rendere più flessibile la nozione di equivalenza delle mansioni”. È il famoso de-mansionamento, che ovviamente Renzi ha inserito nel Jobs Act: oggi è possibile dequalificare un lavoratore – col suo accordo o quello dei sindacati – solo in presenza di una crisi aziendale, nel mondo della Leopolda deciderà l’impresa e basta. Terza richiesta: “Aggiornare la disciplina dei controlli a distanza”. Fatto. Il Jobs Act cancella di fatto l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che impedisce, per dire, di puntare una telecamera su un dipendente per controllarlo oppure monitorarne le operazioni sul Pc. L’era dei polli da batteria aziendali sta per cominciare. E ancora: bene il contratto unico a tutele crescenti – scrive Confindustria – però “non può sostituire tutte le altre tipologie contrattuali esistenti”. Il governo, ovviamente, si adegua e passa dal disboscamento radicale delle attuali 46 forme contrattuali degli annunci di Renzi all’invito al governo a “valutare” la situazione e semmai… Il premier, ad esempio, dice che cancellerà i Co.co.pro., tipologia contrattuale famosa che però stava già morendo di suo (all’uopo le imprese hanno già il sostituto: il comodissimo “tempo determinato” disegnato dal decreto Poletti). Finita? Macché. Le imprese chiedono – nell’apposita sezione “Ammortizzatori” – l’estensione a tutte le aziende del “contratto di solidarietà espansivo” (meno ore di lavoro e meno stipendio in cambio di qualche assunzione) anche alle aziende che oggi non ne hanno diritto: i criteri sono gli stessi per la concessione della Cig straordinaria. Fatto. Tutto il sistema comunque, dice Confindustria, va “riformato profondamente”. Il primo passo? Bisogna “porre fine subito all’esperienza degli ammortizzatori sociali in deroga”. Fatto pure questo. Memorabilia: Così la pensava Matteo a gennaio Si potrebbe continuare con le coincidenze tra il ddl delega del governo e le Proposte di Confindustria, ma lo schema è chiaro. Più curioso che il Jobs Act reale sia invece solo un lontano parente di quello che Renzi presentò in gennaio, quand’era segretario del Pd da un mese e a Palazzo Chigi c’era Enrico Letta : in quel testo, peraltro, tutta questa roba confindustriale non c’era. A gennaio, il primo punto all’ordine del giorno era scrivere (“entro 8 mesi”) un Codice unico del lavoro con le norme esistenti in modo che fosse traducibile in inglese: è passato un anno… Il punto due era invece la “riduzione delle varie forme contrattuali che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile” per andare verso “un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti”. E l’articolo 18? Neanche una parola: d’altronde per il Renzi pre-Chigi si trattava di “un falso problema”. Al punto 3 Renzi proponeva un “assegno universale” di disoccupazione. Nella delega l’impegno c’è, ma si dice che i soldi verranno stanziati con altri interventi nel bilancio dello Stato: peccato che nel ddl Stabilità attualmente in Parlamento a questo fine non c’è un euro. Rispettato invece l’impegno a istituire un’Agenzia unica per gestire le politiche attive del lavoro (anche qui però mancano i soldi), mentre “l’obbligo di rendicontazione online” per chi usa soldi pubblici per la formazione e la sospirata “legge sulla rappresentanza sindacale” il povero Renzi se le è proprio dimenticate, come pure i “sette piani industriali dettagliati per settore” con cui creare “nuovi posti di lavoro”. È un vecchio adagio: si fa campagna elettorale in poesia e si governa in prosa. E a Confindustria hanno degli ottimi prosatori.

Da Il Fatto Quotidiano del 27/11/2014.
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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda flaviomob il 27/11/2014, 22:15

La CIG la pagano lavoratori e imprese, non lo Stato.


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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda ranvit il 28/11/2014, 8:26

La CIG la pagano lavoratori e imprese, non lo Stato.


Davvero? :lol:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda franz il 28/11/2014, 8:36

flaviomob ha scritto:La CIG la pagano lavoratori e imprese, non lo Stato.

Quella in deroga la paga lo stato.
È quella che è esplosa, come costi, a partire dal 2008.
Non a caso i sindacati chiedono al governo di trovare fondi.
Se fosse come dici tu i fondi ci sarebbero già.

Se abolissimo la CIG sostituendola con ammortizzatori (obbligatori) per tutti, statali compresi, allora si che sarebbero imprese e lavoratori a pagare.

C'è pero' un piccolo dettaglio.
Oggi le ore di cassa integrazione (1 miliardo di ore nel 2013 riporta la stampa) sono pari (equivalenti) a 515mila lavoratori che non risultano disoccupati ma impiegati a zero ore. Sai schizzerebbero verso l'alto le nostra statistiche sulla disoccupazione se figurassero mezzo milione di disoccupati in piu'?

Secondo me avremmo piu' disoccupati del portogallo, cosa che comuque avverrà tra un po'.
http://www.google.com/publicdata/explor ... &ind=false
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La cassa integrazione è una grande illusione

Messaggioda franz il 28/11/2014, 10:36

La cassa integrazione è una grande illusione
di Beniamino Piccone - 16 giugno 2014

La fotografia fornita recentemente dalla Corte dei Conti sui costi della Cassa integrazione guadagni (Cig) è impressionante. I dati sono ricavabili dalla relazione dal titolo “L’evoluzione del sistema di ammortizzatori sociali”, che analizza la situazione degli ultimi cinque anni.

Infatti nel 2008 il governo guidato da Silvio Berlusconi introdusse – a fianco dei consueti ammortizzatori sociali quali la cassa di integrazione ordinaria e straordinaria – la cassa integrazione in deroga e l’indennità di mobilità in deroga. L’intenzione era di creare dei sussidi temporanei. Ma sappiamo che in Italia non c’è nulla di più eterno della provvisorietà. Per cui fino a che la crisi non finirà, la cassa in deroga rimarrà. Con quali costi? Chi paga, direbbe il compianto Ugo La Malfa?

La principale caratteristica della cassa in deroga è l’assenza di contributi da pagare sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Siamo nella classica situazione del “pasto gratis”. Il premio Nobel Milton Friedman spiegò l’inesistenza dei pasti gratis – “No free lunch” – perché non visse in Italia ma in America. In Italia i pasti gratis ci sono, eccome, e li paga la fiscalità generale ossia i contribuenti gonzi, i quali continuano a vedere le tasse e le imposte aumentare. Senza soluzione di continuità.

Da gennaio 2009 a luglio 2013 la cassa gli oneri per la cassa in deroga hanno raggiunto i 5,78 miliardi. Siamo passati da 120 milioni di ore autorizzate di Cig nel 2009 a 370 milioni di ore nel 2010, per stabilizzarci nell’intorno delle 300 milioni di ore l’anno. E la cassa in deroga pesa per un terzo delle ore complessive autorizzate.

Si dovrebbe passare da un welfare – per come siamo messi si dovrebbe parlare di badfare – passivo, dove il lavoratore aspetta in panciolle che dal cielo arrivi un nuovo impiego a un sistema dove è richiesta la propensione ad attivarsi da parte del lavoratore. E dove, se non ci si attiva, si perde il sussidio.

Le azioni volte a incentivare il lavoratore a ricollocarsi sono irrisorie. Infatti si premia la politica dell’illusione, del frigorifero, dove si spera che l’impresa moribonda riassuma i lavoratori in cassa integrazione. Ipotesi implausibile, nella maggior parte dei casi. Ma noi italiani ci culliamo nelle illusioni, nei sogni, nei miraggi. E aspettiamo la soluzione. Che non arriva perché se si gioca a tresette al bar, il lavoro non salta fuori.

Nell’interessantissimo e triste Se muore il Sud (Feltrinelli, 2013), i valenti giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo raccontano come funziona in alcuni casi aberranti la cassa integrazione: “Bruno Munari era sceso laggiù dal Polesine per montare gli impianti, aveva conosciuto ‘na bella fimmina, l’aveva sposata e si era fermato lì. Diciannove anni dopo malediceva la scelta: “Cà non ci sta lavoro e i operai poareti more de fame”. Prima di andare in pensione a cinquantatre anni, si fece diciassette anni di cassa integrazione e due in mobilità”.

Ma non pensate che 17 anni di Cig siano una vergogna? Che senso ha pagare una persona per non fare niente? Dov’è la logica sottostante? L’Italia è una grande madre di homo assistitus che aspetta tutti i giorni il latte dalle mammelle potenti dello Stato. Ma la responsabilizzazione delle persone dove abita?

http://www.mysolutionpost.it/blogs/amar ... sione.aspx
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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda mariok il 28/11/2014, 11:34

Questo è un paese degli estremismi (per fortuna prevalentemente verbali).

Secondo questo genio, di nome Piccone, la madre di tutti i problemi sarebbe la cassa integrazione in deroga: ben 5,78 miliardi su una spesa pubblica, al netto degli interessi, di circa 780 miliardi. Quasi lo 0,8%!
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Jobs act, tutti i contenuti

Messaggioda flaviomob il 28/11/2014, 11:59

LA cassa integrazione (ordinaria) è stata costruita da sindacati e lavoratori proprio per ovviare a una mancanza del welfare, ma presenta il vantaggio che il lavoratore durante una crisi non perde il posto di lavoro e se l'azienda riparte torna a lavorare: un funzionamento simile hanno oggi i contratti di solidarietà, anche se determinano una riduzione del reddito da lavoro (e dell'orario). Quella straordinaria è decisa dal governo per le emergenze ed è chiaro che è un altro ripiego che non può garantire tutti. Ma la flexicurity, quella vera, come dice Bersani e non solo lui, costa e non si fanno le nozze con i fichi secchi...


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