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Altro che articolo 18: in Italia c’è un tabù che resiste a tutto: i sussidi alle imprese non si possono tagliare. Poco importa che siano utili, meri regali o scandalosi furti alla collettività. Come documentato nel 2012 da La Stampa, di circa 33 miliardi versati dallo Stato alle aziende quasi 30 finiscono a partecipate dallo Stato per far risultare sostenibili bilanci che altrimenti sarebbero in rosso. Da consulente del governo Monti, Francesco Giavazzi presentò un piano di tagli troppo radicale e quindi dimenticato. Poi è arrivato Matteo Renzi che, nel programma delle primarie 2013 per la segreteria del Partito democratico, prometteva questo: “Una riduzione del 20-25 per cento degli investimenti e dei trasferimenti alle imprese. Base aggredibile: 60-70 miliardi. Obiettivo di risparmio: 12-16 miliardi”.
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per molte aziende le tasse 2014 aumentano a sorpresa, aspettando le riduzioni 2015.
... (ma il PD non vota l'emendamento di Scelta Civica, così succede che...)
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nella legge di Stabilità restano soltanto i tagli decisi da Renzi: altro che i “12-16 miliardi” promessi, soltanto 68 milioni nel 2015, 95 milioni nel 2016 e 18 milioni dal 2017. Noccioline. Vedremo se al Senato qualcosa cambierà, ma è lecito dubitarne. Così gli investitori stranieri da fuori guarderanno un Paese dove non c’è più l’articolo 18, ma resistono sussidi pubblici che distorcono la competizione e premiano le imprese più vicine alla politica.
flaviomob ha scritto:No, da noi i comuni virtuosi (con attivi di bilancio) non possono spendere i soldi "loro", mentre per quelli che falliscono continuamente (Roma, Catania, etc) ci pensa pantalone...
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