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La speculazione uccide la produzione

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La speculazione uccide la produzione

Messaggioda flaviomob il 24/10/2014, 23:41

Succede in Liguria: dal Manifesto

Chiude la fabbrica Agnesi


—  Geraldina Colotti, 22.10.2014

Imperia. In sciopero fino a sabato gli operai del pastificio più antico d'Italia


«L’Agnesi va a morire», si potrebbe dire para­fra­sando il film di Giu­liano Mon­taldo, tratto dal romanzo di Renata Viganò. E non per amore degli ideali, ma per esi­genze di mer­cato. «L’Agnesi deve chiu­dere», ha annun­ciato il pro­prie­ta­rio dello sto­rico pasti­fi­cio, Angelo Colussi. Ma gli ope­rai non ci stanno, e sono in scio­pero, fino a sabato 25, per il man­te­ni­mento del posto di lavoro. Sono rima­sti in 110, 8 dei quali già in Cassa inte­gra­zione, più un’altra qua­ran­tina legata all’indotto.

Ieri, la segre­ta­ria gene­rale della Cgil, Susanna Camusso, si è recata davanti all’Agnesi per par­lare con gli ope­rai: «Il governo deve capire che biso­gna tor­nare a inve­stire su que­sta azienda – ha detto man­giando un piatto di pasta cuci­nata davanti alla fab­brica — Gli inve­sti­menti pro­messi anche a giu­gno non sono mai arri­vati. Siamo vicini ai lavo­ra­tori in lotta nel set­tore ali­men­tare, fon­da­men­tale per l’economia. Biso­gna soste­nere e man­te­nere il mar­chio, tro­vando un impren­di­tore che rilanci que­sta attività».

Una solu­zione che in molti auspi­cano, di fronte al disin­te­resse degli attuali ver­tici azien­dali: «La pasta Agnesi non si vende non per man­canza di ren­di­mento, ma per­ché l’azienda non inve­ste e non innova – dice Lina, che lavora da 27 anni nel reparto con­fe­zioni – Dopo il famoso slo­gan pub­bli­ci­ta­rio del “Silen­zio, parla Agnesi”, tutto è andato in deca­di­mento. Alcuni reparti sono stati chiusi, la gente man­data a casa. Eppure siamo tutt’altro che in per­dita, pro­du­ciamo molto per il Giap­pone». Pro­prio ieri, è infatti venuta in visita alla fab­brica una dele­ga­zione da Tokyo e le pres­sioni sugli ope­rai per­ché levas­sero i pic­chetti non sono state poche.

Ma loro hanno tenuto duro, anche per­ché — dice Gigi — «da mesi veniamo tenuti sulla corda dalle pro­messe dell’azienda e sem­pre per un nulla di fatto. E siamo stanchi».

Il piano indu­striale pro­messo da Colussi ha lasciato inten­dere il man­te­ni­mento del mar­chio sul comune di Impe­ria ma in ter­mini ultra­ri­dotti, reste­rebbe in piedi solo un reparto per la pro­du­zione di pasta arti­gia­nale e sughi. «Un pro­getto per pochis­simi posti di lavoro – dice Ales­san­dro – e comun­que anche su que­sto non ci sono certezze».

La sena­trice Pd Dona­tella Albano, che sta seguendo il tavolo di trat­ta­tive a livello nazio­nale, ha espresso soli­da­rietà agli ope­rai: «Dal tavolo di crisi presso il Mini­stero dello Svi­luppo Eco­no­mico — ha detto — era uscito l’impegno del Gruppo Colussi per garan­tire gli attuali livelli occu­pa­zio­nali del pasti­fi­cio, anche tra­mite una ricon­ver­sione indu­striale per la pro­du­zione di sughi e suc­ce­da­nei. Dalla riu­nione tenu­tasi a Peru­gia il 17 otto­bre risulta però che que­sta pro­spet­tiva non è più tenuta in con­si­de­ra­zione. Il governo sta facendo il pos­si­bile per rilan­ciare l’industria agroa­li­men­tare ita­liana, sono que­sti i “capi­tani d’industria” che abbiamo?»

Domani vi sarà un nuovo incon­tro con i ver­tici azien­dali e oggi alle 18 gli ope­rai hanno orga­niz­zato una fiac­co­lata. La città di Impe­ria li sostiene, finora hanno già rac­colto oltre 6.000 firme. L’Agnesi è la più antica fab­brica di pasta, attiva dal 1824. E le sue cimi­niere, che si sta­gliano sul porto di One­glia, da allora sono il sim­bolo di Impe­ria, cit­ta­dina del Ponente Ligure che conta 220.000 abi­tanti. Un patri­mo­nio indu­striale in con­ti­nua dismissione.

Un pro­cesso ini­ziato prima che nelle altre parti d’Italia, nei pri­mis­simi anni ’80. «Tutte le nostre fab­bri­che sono state immo­late sull’altare della spe­cu­la­zione edi­li­zia – dice al mani­fe­sto Carla Nat­tero, segre­ta­ria regio­nale di Sel Ligu­ria -. Una leva di impren­di­tori legati all’impero del mat­tone ha pre­fe­rito dismet­tere le fab­bri­che e gua­da­gnare sulla ren­dita fon­dia­ria. E que­sto è l’ultimo atto. La cosa che più imputo a Clau­dio Sca­jola è di aver aiu­tato i suoi amici ad avere un cam­bio di desti­na­zione d’uso dei loro sta­bi­li­menti e indici di piano rego­la­tore molto alti in modo che aves­sero grossi van­taggi dalla ren­dita fon­dia­ria nel momento della spe­cu­la­zione edi­li­zia. E così, quando il set­tore è entrato in crisi, l’insieme di que­sti impren­di­tori, con Sca­jola, ha pro­dotto que­sto deserto industriale».

Per met­tere un freno alle spe­cu­la­zioni, la lista Impe­ria bene comune, che rac­chiude tutte le anime della sini­stra alter­na­tiva, com­presa Rifon­da­zione e il cen­tro sociale La Talpa e L’Orologio, ha pre­sen­tato una mozione in con­si­glio comu­nale, che però non è pas­sata. «Anche die­tro la dismis­sione dell’Agnesi – dice il con­si­gliere Mauro Ser­valli – si pro­fila la pos­si­bi­lità di costruire in una vasta area nel cuore della città, di fronte al mare». Un’operazione appro­vata e can­tie­ra­bile detta La Porta del mare — pre­cisa Enrico Revello, respon­sa­bile Cgil, che si dice deciso ad accom­pa­gnare gli ope­rai «anche fino all’occupazione della fab­brica e all’autogestione».

Nel porto di One­glia, su un’enorme gru cam­peg­gia uno stri­scione: “Nuova dieta medi­ter­ra­nea? Palaz­zine e posti barca”. Dice al mani­fe­sto Vale­rio Romano, con­sole della Com­pa­gnia por­tuale: «Lo stri­scione lo abbiamo fatto per il Forum della dieta medit­ter­ra­nea, un evento inter­na­zio­nale che torna qui a novem­bre. A forza di chiu­dere le fab­bri­che dell’olio e ora quella della pasta, stiamo per­dendo tutti i com­po­nenti della dieta medi­ter­ra­nea. Il 28 feb­braio Colussi ha chiuso il mulino dell’Agnesi. Il grano duro, che si maci­nava con poca spesa per­ché arri­vava via mare e la fab­brica si trova a 150 metri, ha smesso di arri­vare. Risul­tato, 28 posti di lavoro tagliati, meno con­trollo sulla qua­lità per­ché ora si usa la semola pro­ve­niente da fuori e ancor meno lavoro per noi por­tuali, spinti sem­pre di più verso la pri­va­tiz­za­zione del porto».


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Re: La speculazione uccide la produzione

Messaggioda franz il 25/10/2014, 8:53

A me pare che il "deserto industriale" sia stato creato dalle scelte sbagliate dei governi italiani degli ultimi 30 anni, non dalla speculazione. Se le aziende chiudono, falliscono, delocalizzano, è a casua di una elevata tassazione, della troppa burocrazia, di condizioni quadro ostili all'impresa. Se poi uno chiude e/o vende, allora succedono due cose:
1) si libera un'area spesso di valore, una volta in periferia ora quasi in centro.
2) si hanno capitali da investire, spesso all'estero oppure in titoli di stato (l'unic speculazione che si puo' fare in Italia).
Ma le speculazioni sono l'effetto, non la causa. Certo che quando uno è in difficiltà e non sa se continuare o cedere, puo' anche venire l'idea che "quasi quasi vendo tutto, libero i terreni e mi faccio pagare bene, con quei soldi investo all'estero o al minimo compro BOT e mi tolgo ogni preoccupazione".
Il killer della prodozione pero' è la politica, non la speculazione.
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Re: La speculazione uccide la produzione

Messaggioda flaviomob il 25/10/2014, 10:23

Bisogna capire se Agnesi va davvero male o se invece la proprietà vuole dismettere tutto per "portare a casa i soldi" brutti sporchi e subito.

Il costo del lavoro, comunque, in Italia è più basso che in Germania

http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statis ... B14_II.png

In ogni caso Imperia chiude perché la produzione viene spostata a Fossano, non all'estero!

http://www.corriere.it/economia/14_otto ... 70d5.shtml


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