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Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda franz il 26/08/2014, 16:54

D'accordo.
Il thread segnalava che la spesa è salita (malgrado il calo dello spread e quindi del costo del debito) e quindi per ora ci stiamo allontanando.
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda pianogrande il 26/08/2014, 19:29

"Una partecipata su quattro ha rendimento negativo".

http://www.repubblica.it/economia/2014/ ... ef=HRER1-1

A prescindere dai discorsi di principio, nello specifico la situazione mi sembra incoraggiante solo nel senso che ci sono (ci sarebbero) dei bei risparmi da fare.
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda trilogy il 27/08/2014, 13:15

guardando i dati sulle partecipate a prescindere dalle questioni di principio, a me sembra indecente che si debbano usare i soldi dei contribuenti per coprire i 20 milioni di perdita della società che gestisce il casinò di Venezia.... :?
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda franz il 27/08/2014, 13:38

A me sembra altrettanto indecente che ci siano 1.075 società di cui “non sono disponibili i bilanci”
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda pianogrande il 28/08/2014, 2:10

"Indecente" è il minimo che si possa dire.
Per quella del casinò di Venezia userei tranquillamente infame.
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda Iafran il 28/08/2014, 8:30

trilogy ha scritto:guardando i dati sulle partecipate a prescindere dalle questioni di principio, a me sembra indecente che si debbano usare i soldi dei contribuenti per coprire i 20 milioni di perdita della società che gestisce il casinò di Venezia.... :?

Anche li, nel casinò di Venezia, si saranno fissati guadagni "stratosferici" ai managers, presidenti, vicepresidenti, direttori e vicedirettori di sala, segretarie, croupiers, cassieri, commessi, addetti alla pulizia e vigilantes.
Anche li ci saranno i "mastropasqua della situazione" che (con determinazione e per riconoscenza) sistemeranno i leccapiedi del potentato politico-economico. :x
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda franz il 28/08/2014, 20:51

Probabile, ma è anche vero che per i Casinò sono finiti i tempi d'oro e molti sono in rosso.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... ne/546635/
http://www.linkiesta.it/crisi-casino-italia
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda franz il 29/08/2014, 16:55

A proposito di società partecipate.

Leggo:
"Le 5.264 società censite hanno un patrimonio netto sopra i 200 miliardi, ma un reddito netto positivo per poco più di 3 miliardi. Sulle 130 più piccole (patrimonio netto sotto i 10mila euro) solo 30 hanno un Roe positivo. Per quanto riguarda le aziende grandi, le 1.662 partecipate con patrimonio netto tra 100mila euro e un milione di euro hanno un patrimonio netto complessivo di oltre 627 milioni e un reddito netto positivo per appena 2,7 milioni. Però 1.128 hanno un Roe positivo. Infine le partecipate con oltre un milione di euro di patrimonio netto, che sono 2.290 e totalizzano 218 miliardi di patrimonio netto, hanno 3,37 miliardi di reddito netto e il 1.605 casi presentano un Roe positivo. "

Ora nessuna impresa sana di mente (o imprenditore deglo di questo nome) impiega 200 miliardi di patrimonio per guadagnarne 3. E' in media un ritorno dell'investimento dell' 1.5%
Chiaro che è la media di attività in attivo (anche decente) e attività il rosso (anche profondo) ma il risultato è che qui soldi, generalmente, potrebbero essere impiegati diversamente e produrebbero valore aggiunto, lavoro, anche posti, crescita, insimma tutte quelle cose là di cui si invoca la comparte e ci si lamenta dell'assenza.

Ora non so quanto di quei 200 miliardi siano patrimonio pubblico e quanto privato. Per il settore pubblico la perdita è scandalosa. Ma è chiaro che anche i privati ufficliemente non ci guadagnano un tubo. Se ci stanno, però, significa che hanno altri incentivi, altri guadagni. Probabilmente posizioni di rendita, stipendi elevati, benefit prestigiosi, assunzione di familiari, clientelismo. Tutte cose che una azienda privata sul mercato non si potrebbe permettere.

Se solo vendessimo tutto e realizzassimo 200 miliardi ponendoli a diminuzione del debito pubblico, avremmo un guadagno doppio risparmieremmo interessi del 2-3% risparmerenno interessi passivi per 5 miliardi (e quindi le relltive tasse da esigere).
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda franz il 19/09/2014, 7:17

Spending review, se il risparmio non è un guadagno
di Massimo Famularo | 16 settembre 2014
Commenti (35)

E anche questo commissario “se lo semo levato dalle palle”. Parafrasando i Vanzina prendiamo atto che l’ennesima puntata della spending review all’italiana si è risolta nella più gattopardiana delle tradizioni. Non sarà forse il momento di prendere atto che quella di chiamare un super tecnico per individuare quei risparmi sulla spesa pubblica, che sulla carta sembrano sempre a portata di mano, ma che poi all’atto pratico presentano difficoltà e costi politici in termini di consenso, che nessuno governo si vuol permettere, non sia poi una grande idea?

Intendiamoci, che la spesa pubblica del nostro paese sia sproporzionata rispetto alla qualità dei servizi prodotti è fuor di dubbio (chi avesse perplessità sul rapporto costo/qualità della PA italica può sfogliare ad esempio il Global Competitiveness Report 2013-2014 secondo il quale l’Italia, scesa dal 42° al 49° posto (su 148 Stati) nella classifica generale di competitività è al 102° posto per contesto istituzionale. Tra i fattori che ostacolano la possibilità di fare impresa dopo la pressione fiscale e la possibilità di accesso al credito spicca con il 17% di risposte tra gli intervistati l’inefficienza della pubblica amministrazione), tuttavia l’impostazione in base alla quale la strada per rimediare al problema sia fatta prevalentemente di tagli drastici, oltre ad essersi dimostrata politicamente non perseguibile, ha il difetto di non cogliere appieno la radice dei problemi del nostro apparato statale.

Se misuriamo l’efficienza come rapporto tra risultati conseguiti/risorse impiegate è evidente che la via più semplice per ottenere dei guadagni immediati consiste nell’eliminare gli sprechi in modo da ridurre le risorse immediate a parità di risultati. Posto che si tratta di un esercizio sempre utile (soprattutto quando i margini di miglioramento sono consistenti) c’è da chiedersi quanto possa essere risolutivo: è un po’ come scegliere, avendo l’auto rotta in garage, di disdire l’RCA, qualcosa si risparmia, ma non è una soluzione che porta lontano…

Qual è la strada giusta allora? Spendere di più invece che di meno?

La pubblica amministrazione è un’organizzazione che ha il fine di offrire dei servizi alla collettività, come in qualunque altra istituzione di questo genere, la qualità dei suoi servizi e la loro economicità dipende principalmente da:

quanto i processi (intesi in termini aziendali) e le “infrastrutture” (sistemi informatici, dotazioni strumentali) sono adeguati a raggiungere gli obbiettivi prefissati

quanto le risorse sono qualificate e motivate al raggiungimento degli stessi obbiettivi

Intervenire sugli sprechi, per quanto apprezzabile, non incide su nessuna delle due dinamiche fondamentali del cattivo funzionamento dell’apparato statale, così come decisamente inadeguate appaiono le misure fino a questo momento messe in campo dal governo dal momento che si limitano accompagnare alla pensione qualcuno e prevedere sulla carta lo spostamento di qualcun altro.

Per ‘rivoltare la PA come un calzino’, invece di chiamare esperti che elaborino a tavolino delle soluzioni che poi i governi avranno cura di non seguire, occorre avere il coraggio di mettere in discussione radicalmente il sistema e il punto di partenza non può che essere rivedere le regole di ingaggio:

Per quanto riguarda i ruoli dirigenziali:
- i risultati attesi devono essere concordati in partenza e il compenso deve essere subordinato e commisurato al raggiungimento degli stessi,
- la performance va misurata in modo obbiettivo e determina la permanenza in carica (chi sbaglia prima paga e poi va a casa)

le risorse vanno selezionate in base alle competenze e all’esperienza passata (non alle adiacenze politiche), che di norma si sviluppano meglio lavorando nel settore privato

Per quanto riguarda gli altri ruoli:
-la selezione all’ingresso deve essere rigida e tenere in considerazione le competenze e le esperienze passate
-un monitoraggio continuo dei risultati conseguiti deve essere alla base di qualunque avanzamento di carriera e assegnazione di prem
-una congrua dose di flessibilità deve essere richiesta onde poter adeguare le risorse alle necessità dell’istituzione per cui si lavora

in merito alle procedure:
- occorre avere il coraggio di eliminare le procedure inutili
-non devono esistere tabù o attività che non possono essere aggiornate e modificate

Qualunque ipotesi di riforma che non incida su queste determinanti fondamentali, si traduce di fatto (e si è tradotta fino ad oggi) in chiacchiere a buon mercato che possono forse dare l’impressione di voler cambiare qualcosa, ma di fatto si adoperano affinché nulla cambi.

Ma se è tutto così semplice e logico, perché nessun governo lo fa? Neanche uno giovane dinamico e sveglio come quello di Renzi? La risposta sta ovviamente nell’elevato costo politico e di “consenso” che questa impostazione richiede:

una selezione trasparente e meritocratica dei vertici, con attribuzione di leve di governo e conseguenti responsabilità è l’esatto contrario dell’impostazione attuale su cui si regge una parte non trascurabile del sistema di potere dei partiti

dimostrare che determinati ruoli e funzioni sono eliminabili, così come evidenziare che certe attività possono essere svolte meglio e a costi inferiori, vuol dire ammettere il fallimento di chi vi ha operato fino ad oggi e, nella migliore delle ipotesi, cambiare ruolo e mansione a un elevato numero di risorse un giochino che di norma ti fa perdere più voti di quanti te ne porti consegnare un’amministrazione decente agli altri cittadini

Insomma, la spending review all’italiana, per quanto teoricamente utile e magari avviata con le migliori intenzioni, si può leggere come un’utile arma di distrazione di massa dalla realtà di un apparato statale che non solo non funziona, ma non potrà mai funzionare finché le linee guida degli interventi saranno dettate dall’aritmetica del consenso e dalla volontà di preservare l’alleanza funesta tra politici e burocrati ai danni del resto del paese.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... o/1122959/
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Re: Spending review è un flop: spesa salita 25 miliardi

Messaggioda pianogrande il 19/09/2014, 10:45

E siamo ancora al problema di quanto sia difficile auto riformarsi.

Il problema vero è la volontà, la disponibilità verso la modifica del sistema.

Lì non ci sono tecnici che possano muovere una paglia.

Per usare i vecchi termini sessantottini, non è tanto un problema di presa di coscienza ma di volontà politica.

E non bastano certo volontà singole (il governo, il premier, il ministro...).

L'unica energia che lavora per questo (per quello che può) è l'incazzatura di tanti (assolutamente non tutti) cittadini davanti ai soprusi dello stato (del potere).

Altre energie non ne vedo tranne quelle che fanno vibrare le corde vocali e abbassare i tasti di una twittata.
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