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Il merito e il salario

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Il merito e il salario

Messaggioda franz il 27/04/2014, 16:33

Un editoriale di Ichino, data (2007) scoperto per caso ma ancora attuale.

http://www.corriere.it/editoriali/07_no ... c53b.shtml

A FATICA DEL LAVORARE BENE
Il merito e il salario

di Pietro Ichino

Il presidente di Confindustria, Montezemolo, ha rilanciato con forza, in questi giorni, la parola d’ordine della meritocrazia; e il segretario della Cisl, Bonanni, gli ha risposto positivamente: «Il nostro obiettivo è lavorare meglio e di più, per produrre e guadagnare di più». Su questo tema, invece, la Cgil resta abbottonata. Questa sua riluttanza non risponde a ragioni tattiche contingenti: ha radici profonde nella cultura della sinistra. E niente affatto disprezzabili.
A sinistra l’idea dominante è che la produttività non sia un attributo del lavoratore, bensì dell’organizzazione aziendale in cui egli è inserito. «Prendi un ingegnere bravissimo e mettilo a spaccare le pietre: otterrai probabilmente un lavoratore molto meno produttivo di uno spaccapietre analfabeta». Se, poi, nessuno domanda pietre, entrambi stanno fermi e la produttività di entrambi è zero. Nel dibattito di tutto lo scorso anno sui nullafacenti del settore pubblico, questo è stato immancabilmente il concetto che veniva contrapposto all’idea di commisurare le retribuzioni anche ai meriti individuali: «Il risultato penosamente basso di molti uffici — si è detto da sinistra — ma anche il difetto di impegno di molti impiegati dipendono dal pessimo livello di organizzazione e strumentazione ».

C’è del vero in questo argomento; ma a sinistra si cade spesso nell’errore di fermarsi qui
. È l’errore che il grande Jacovitti rappresentò con l’indimenticabile vignetta dove una mucca dall’aria torpida e pigra diceva: «Sono una mucca per colpa della società». La realtà è che la produttività del lavoro dipende da entrambe le variabili: sia dall’organizzazione, e talvolta da circostanze esterne incontrollabili, sia dalla competenza e dall’impegno del singolo addetto. E conta anche il suo impegno nel cercare l’azienda dove il proprio lavoro può essere meglio valorizzato.

Commisurare interamente la retribuzione al risultato significa, certo, scaricare sul lavoratore tutto il rischio di un esito negativo che può non dipendere da suo demerito. Ma garantire una retribuzione del tutto stabile e indifferente al risultato significa cadere nell’eccesso opposto: così viene meno l’incentivo alla fatica del far bene il proprio lavoro e del muoversi alla ricerca del lavoro più utile, per gli altri e per se stessi. Questa stabilità e indifferenza della retribuzione è la regola oggi di fatto imperante in tutto il settore pubblico, ma troppo largamente applicata anche in quello privato, per effetto di contratti collettivi che lasciano uno spazio del tutto insufficiente al premio legato al risultato.

E questo è uno dei motivi —insieme, certo, a tanti altri difetti strutturali e imprenditoriali — della bassa produttività media del lavoro nel nostro Paese. Per uno stipendio magari basso, che però matura qualsiasi cosa accada, ci sono sempre i lavoratori che si impegnano a fondo, se non altro per rispetto verso se stessi, e si ribellano alle situazioni di improduttività; ma ce ne sono sempre anche altri che se la prendono comoda, fino al limite del non far nulla. Un’iniezione di meritocrazia nei contratti collettivi e individuali fa certamente bene anche a questi ultimi.

27 novembre 2007
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda pianogrande il 27/04/2014, 23:06

Perfettamente d'accordo che chi, al lavoro, si fa una ronfata non può pretendere lo stesso stipendio o la stessa carriera di chi si dà da fare e si appassiona al proprio lavoro.

Grosso problema anche stabilire i parametri della meritocrazia.
Anche lì si fanno errori pazzeschi.

Mi è capitato, di vedere dei capi progetto valutati solo in base alla misura degli investimenti relativi al progetto stesso.
in pratica, più soldi gestivi più eri valutato.
Questo senza un vero legame con i risultati.
L'Ing. Rossi, quest'anno, ha gestito quattro miliardi di investimenti.

Capita di tutto.
Negli anni settanta ("rigidità della forza lavoro") c'era qualche operaio di un certo confezionamento che accortosi di aver fatto un numero di confezioni superiori a quello stabilito, ributtava il prodotto nel silo o il prodotto contenuto in un reattore pronto da travasare allo stoccaggio che rimaneva lì perché era "troppo presto" per mandarlo via.

Questo non è folklorismo, sono fatti veri.

Voglio dire che c'è anche una impreparazione (a volte anche malafede) da parte del management nell'attribuire meriti.

Non credo che la sinistra sia ancora alla "rigidità" degli anni settanta.
Posso, però, confermare che il termine "meritocrazia" viene ancora inquadrato nell'ambito di lecc....lismo da parecchi.
Il termine meritocrazia non ha ancora acquisito la dovuta dignità.
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda franz il 28/04/2014, 8:21

diciamo che il "folclorismo" lascia il tempo che trova perché aziende che lo adottano (o che lo permettono, anche senza rendersene conto) avranno svantaggi rispetto ad aziende che riescono a valutare meglio il merito. Anche valutar emeglio il merito ... è un merito. Nel contesto giusto, naturalmente.
Quanto alla anedottica, io come capoprogetto ero valutato con una retribuzione variabile così concepita (per sommi capi)
1) una retribuzione fissa, di base, in linea con la retribuzione media di mercato.
2) una retribuzione variabile (fino al 30%) suddivisa in tre
2.1) 1/3 legato al raggiungimento di obbiettivi personali annuali, concordati e verificati trimestralmente con il superiore
2.2) 1/3 legato al raggiungimento di obbiettivi del team di lavoro (ufficio, progetto) annuali, concordati e verificati trimestralmente con il superiore (capo ufficio)
2.3) 1/3 legato al raggiungimento di obbiettivi aziendali annuali, concordati e verificati trimestralmente dalla direzione generale.

In questo modo uno era invogliato non solo a migliorare le sue performances ma anche quelle del gruppo ed era comunque confrontato anche con l'andamente generale del gruppo (se andava bene, 1/3 del suo bonus era aggiudicato) ed era quindi una forma di compartecipazione agli utili pari al 10% del suo salario base.
Questo era valido non solo per il management ed i quadri ma per tutti i dipendenti, fino al magazziniere (ed eravamo circa 300). Il tutto rigorosamente non in Italia ;-)

La domanda, per valutare come la sinistra oggi si relaziona al merito, è questa: la retribuzione variabile puo' essere solo positiva oppure potrebbe anche essere negativa? Per esempio -12% + 30%
Cioè se uno non raggiunge i suoi obbiettivi, il gruppo di lavoro nemmeno e l'azienda va male, un -12% di salario è accettabile?
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda pianogrande il 28/04/2014, 9:20

Terribile la tua ultima domanda Franz.
Non credo che le resistenze alla diminuzione dello stipendio si troverebbero solo a sinistra.
Secondo me, un regime del genere non potrebbe fare a meno della partecipazione dei dipendenti alla gestione aziendale.
Altrimenti, tu azienda prendi decisioni sbagliate e io dipendente ne pago le conseguenze.

Il problema fondamentale restano sempre i parametri da mettere nel calcolo.
Questo sopratutto per il calcolo a livello individuale.

Facilmente, si trascura il rapporto tra autonomia decisionale/operativa e responsabilità.

Queste gestioni possono anche portare ad utili chiarimenti sotto questo aspetto e quindi a migliorare l'organizzazione.
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda Robyn il 28/04/2014, 12:14

A me pare che i dubbi di Franz per quanto riguarda la sinistra e il reddito siano state sufficentemente superate da molto tempo.Esiste la retribuzione base fissa,poi esiste il premio legato al merito individuale,ed infine il premio aziendale dato a tutti.Queste due componenti,premio individuale e aziendale,possono variare,possono essere più alti o più bassi a seconda dei momenti.Il premio individuale e aziendale andrebbe percepito mese x mese.Se invece poi per merito si intendono gli straordinari non ci siamo.Si intende invece la produttività individuale a parità di tempo
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda flaviomob il 28/04/2014, 23:19

Stipendi giù del 12%? Una ricetta curiosa per uno dei paesi europei in cui le retribuzioni nette sono più basse in assoluto, mentre molti imprenditori portano illegalmente capitali all'estero e hanno bilanci falsi (tanto cosa rischiano? è depenalizzato...).

Del resto tutto va bene per distrarci e non affrontare il mostro...


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Re: Il merito e il salario

Messaggioda franz il 29/04/2014, 7:47

le retribuzioni sono basse perché è bassa la produttività.
Comunque il il -12% lo prevederei solo per management e quadri.
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda trilogy il 29/04/2014, 11:59

flaviomob ha scritto:Stipendi giù del 12%? Una ricetta curiosa per uno dei paesi europei in cui le retribuzioni nette sono più basse in assoluto, mentre molti imprenditori portano illegalmente capitali all'estero e hanno bilanci falsi (tanto cosa rischiano? è depenalizzato...).

Del resto tutto va bene per distrarci e non affrontare il mostro...


C'è un effetto statistico che inganna. Sui livelli inferiori siamo nettamente sotto la media europea, sui livelli alti prendono il doppio degli europei. Inoltre abbiamo un numero spropositato di dirigenti...

Rapporto OCSE: i dirigenti italiani guadagnano il doppio degli altri
http://www.cobaspisa.it/rapporto-ocse-i ... gli-altri/
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda franz il 29/04/2014, 21:11

trilogy ha scritto:C'è un effetto statistico che inganna. Sui livelli inferiori siamo nettamente sotto la media europea, sui livelli alti prendono il doppio degli europei. Inoltre abbiamo un numero spropositato di dirigenti...

Rapporto OCSE: i dirigenti italiani guadagnano il doppio degli altri
http://www.cobaspisa.it/rapporto-ocse-i ... gli-altri/

Si parla di dirigenti pubblici, nel caso non fosse chiaro.
Come sono messi quelli privati in rapporto agli "altri"?
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Re: Il merito e il salario

Messaggioda flaviomob il 30/04/2014, 1:12

I dirigenti sono un'altra cosa. In tutto l'occidente se un dirigente non raggiunge gli obiettivi può venir lasciato a casa dalla sera alla mattina. In Italia invece si applica una normativa fumosa e ambigua, per cui il dirigente ha alcuni diritti che in altri paesi sono riservati al personale dipendente ma non a chi ha funzioni di responsabilità. Molti contenziosi legali vedono soccombere aziende che magari hanno lasciato a casa un dirigente inetto semplicemente perché non gli hanno mandato la "letterina" scritta nel modo giusto. E' chiaro che a un manager si può attribuire uno stipendio variabile a seconda dei risultati e che le retribuzioni (soprattutto nel pubblico) devono adeguarsi alla media europea. Vanno anche eliminate certe buonuscite milionarie, soprattutto per chi ha fatto danni, sia nel privato che nel pubblico.


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