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Il TTIP e noi

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Il TTIP e noi

Messaggioda mauri il 25/04/2014, 18:28

quindi potrebbe risultare una fregatura per i lavoratori e i cittadini europei?
ciao mauri

http://www.ilpost.it/2014/03/30/ttip/
Fillippomaria Pontani spiega con parole sue cos'è il Trattato Atlantico in ballo tra Europa e Stati Uniti e perché bisognerebbe preoccuparsene un po' di più

Chi si oppone all’accordo, dall’organizzazione internazionale Attac a una rete di associazioni costituite in apposito comitato (ma non mancano dure prese di posizione di Slow Food, senza contare le perplessità dell’ufficio studi di Nomisma e perfino le obiezioni da destra in chiave nazionalistica; l’analisi più chiara è questa), da un lato contesta il metodo per nulla trasparente dei negoziati (in mano essenzialmente alle lobby, e la dimensione fasulla dei benefici ventilati, che andrebbero ridotti realisticamente di almeno 10 volte, senza che (NAFTA docet) ci si possa attendere alcuna ricaduta positiva sull’occupazione (si osserva tra l’altro che il sullodato Center londinese è finanziato da grandi banche internazionali che detengono grandi interessi in bottega); dall’altro prospetta le seguenti conseguenze sulla nostra vita associata:

- sul piano economico, l’agricoltura europea, frammentata in 13 milioni di piccole aziende (contro i 2 milioni degli interi Stati Uniti) e non più protetta dai dazi doganali, finirebbe in breve tempo per soccombere alle portaerei d’Oltreoceano, soprattutto se – condizione controversa – venisse dato il via libera alle colture OGM; con tanti saluti alla biodiversità e all’agricoltura a chilometro zero;

- sul piano industriale, in molti settori (dalla siderurgia all’alimentare) la concorrenza delle multinazionali sarebbe esiziale per qualunque realtà di calibro medio o piccolo, talché l’unica salvezza sarebbe creare joint ventures transatlantiche con inevitabile preminenza degli Americani (il modello FIAT in questo senso è istruttivo), e con un sicuro peggioramento delle condizioni dei lavoratori (si pensi semplicemente al diverso ruolo delle tutele sindacali qui e lì, all’uso o all’assenza di contratti collettivi, etc.);

- sul piano del welfare, settori come l’acqua, l’elettricità, l’educazione, la salute verrebbero esposti alla libera concorrenza, in barba a tutti i discorsi che in questi anni si sono sviluppati attorno all’idea di “beni comuni”; come corollario, i diritti sulla proprietà intellettuale verrebbero rinforzati e la loro disciplina completamente stravolta (già ci si era provato nel 2012 con l’ACTA, che limitava il libero accesso alla cultura e attentava fra l’altro alla stessa libertà di espressione sul web), e la protezione dei dati personali sensibili (già messa a dura prova in tempi recenti dalle famigerate incursioni della NSA) risulterebbe di fatto impossibile – anche se va detto che ambedue queste questioni sono state stralciate dal corpaccione dell’accordo in occasione degli incontri di dicembre;

- sul piano della salute e dell’ambiente, verrebbe imposto un drastico accordo al ribasso su alcune garanzie essenziali: oltre alla questione degli OGM, si pensi all’uso dei pesticidi, all’obbligo di etichettatura del cibo, alle soglie per la valutazione del danno ambientale delle imprese, all’uso indiscriminato del fracking per estrarre il gas di scisto, alla protezione dei brevetti farmaceutici – tutti àmbiti nei quali la legislazione europea offre al cittadino-consumatore tutele inesistenti negli USA;

- sul piano finanziario, i servizi internazionali verrebbero liberalizzati al punto di favorire ogni sorta di opacità, in barba a tutti i (peraltro assai timidi) programmi di “imbrigliamento” dello strapotere della finanza sbandierati all’indomani della crisi del 2008;

- su tutti i piani testè menzionati, è facile prevedere che s’instaurerebbe un predominio de facto delle multinazionali, non più arginato da governi e Parlamenti ormai impotenti o con le mani legate dalle clausole-capestro (gli eventuali contenziosi sarebbero trattati dinanzi a tribunali internazionali speciali appositamente creati all’uopo), e dal terrore delle astronomiche cause giudiziarie (basti pensare al processo milionario intentato dalla Philip Morris contro l’Uruguay per il divieto del fumo, o quello della Vattenfall contro la Germania per l’abbandono del nucleare, o quello della Lone Pine contro il Canada per lo stop all’estrazione dello shale gas): diventerebbe prevalente il condizionamento delle politiche in materia di difesa della salute, di tutela ambientale, di arginamento della finanza.
mauri
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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda flaviomob il 26/05/2014, 1:51

Kissinger: abbiamo vinto, i vostri Stati sono in bolletta

«Vedo in questa crisi globale una grande opportunità», perché «la crisi finanziaria ha fatto il trucco, cioè ha limitato i mezzi che ogni Stato aveva per affermare i propri interessi». Così Henry Kissinger, potentissimo profeta del super-potere mondiale, all’occorrenza anche golpista – ieri coi carri armati, oggi col dominio finanziario di una ristretta élite. «Non c’è neppure più bisogno d’inventarsi un nuovo ordine internazionale», dice l’ex segretario di Stato americano in un’intervista. «Già i problemi esistenti oggi costringono tutti a soluzioni comuni e globali». Li chiama “interessi comuni”, come fossero accordi amichevoli tra buoni vicini di casa, ma in realtà intende l’esatto contrario: «I vicini di casa, cioè gli Stati – scrive Paolo Barnard – vengono prima colonizzati da un unico sistema finanziario, poi sottoposti a crisi di quel sistema talmente devastanti da incatenarli l’uno all’altro, e così per salvarsi sono costretti a cedere tutte le sovranità e a trovare un unico regime politico, o un’unica gestione».

Barnard la chiama “l’era degli interessi comuni”, ma ovviamente nell’accezione più orwelliana e ipocrita possibile: la nuova epoca «sarà Kissingerdettata dalla nazione egemone, in particolare da una minuta élite di uomini». Per Kissinger, «uno dei sacerdoti occulti di questo complotto», l’attuale amministrazione Obama «deve saper cogliere nella crisila scintilla per costruire un nuovo sistema internazionale». Lo scenario è favorevole: «Ci sono già importanti parallelismi d’interesse fra le grandi potenze, cioè Usa, Cina, Russia, India ed Europa». E aggiunge: «Conosco l’opinione secondo cui si comincia convertendo l’intero pianeta alla nostra filosofia politica». Il super-oligarca americano non vede grossi ostacoli: «Ho parlato a diversi leader mondiali. Ho cercato di capire fino a che punto la crisifinanziaria ha aumentato la loro disponibilità a cooperare con gli Usa».

«Di nuovo: il Complotto è lampante, è di una semplicità diabolica», insiste Barnard. «Ripeto: negli scorsi 40 anni il sistema finanziario ha colonizzato tutti, dall’Iran all’Indonesia, dal Giappone alla Russia, dal Brasile a Europa, Cina, Africa. Wall Street e Eurozona fanno deflagrare la più potente crisi in quasi un secolo». L’Eurozona, in particolare, con l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, «la incancrenisce con le Austerità dell’Economicidio, che di rimbalzo mandano sempre più in crisi le potenze anche più distanti, come la Cina». Il sistema, aggiunge Barnard, funziona con degli shock che rimbalzano Lewis Powelluno contro l’altro e ri-rimbalzano indietro per ri-sfasciare i paesi da cui si erano originati, in un domino, o cane che si morde la coda, senza fine.

«I mezzi sovrani di ogni nazione vegono disabilitati dalle proporzioni immani di questi shock», come nel caso delle banche “too big to fail”, troppo grosse da affrontare coi mezzi tradizionali democratici. «E allora ecco che i cosiddetti leader mondiali vengono costretti a mettersi nella mani di élite di globocrati che sono gli unici oggi in possesso delle chiavi per spegnere questa macchina mostruosa». Interi blocchi continentali, vicini a divenire delle superpotenze economiche fino a pochi anni fa, «si consegnano a questa gestione “comune” in mano a pochissimi uomini: i Neofeudali. Ecco il Complotto». Il vero potere in mano a un’élite esigua, che ormai ha raggiunto l’obiettivo indicato quarant’anni fa dal memoriale di Lewis Powell: neutralizzare completamente lo Stato come governatore democratico del popolo. Togliendoli la linfa vitale: la possibilità di fare spesa pubblica per sostenere il sistema del benessere diffuso.

http://www.informarexresistere.fr/2014/ ... -bolletta/


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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda flaviomob il 20/06/2014, 1:11

http://espresso.repubblica.it/inchieste ... ef=HREC1-6

Post democrazia e finanza: verso la fine degli stati?


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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda franz il 20/06/2014, 8:24

Avevo letto ieri l'articolo, che mi pare che in pratica non dica nulla di concreto in relazione al titolo fatto per richiamare.
E' assolutamente normale che bozze di accordo siano secretate. Non so se è chiaro ma si tratta di accordi internazionali e quindi di lavoro diplomatico.

Una piccola perla, nascosta,c he rivela l'impostazione ideologica di chi ha scritto l'articolo:
La più aggressiva è la “Coalition of Services Industries”, lobby americana che porta avanti un'agenda di privatizzazione dei servizi, dove Stati e governi sono semplicemente visti come un intralcio al business: «Dobbiamo supportare la capacità delle aziende di competere in modo giusto e secondo fattori basati sul mercato, non sui governi», scrive la Coalition of Services Industries nei suoi comunicati a favore del Tisa, documenti che sono tra i pochissimi disponibili per avere un'idea delle manovre in corso.

La parte in giallo, inserita nel generale tono di mistero e complotto, suona come una cosa orrenda ... ma in realtà mi sembra una cosa pienamente legittima, come obiettivo di una associazione d'impresa. Basta leggere l'articolo con gli occhiali giusti (quelli del mercato) e tutto diventa molto verosimile e normale. Le aziende devono competere in base a fattori di mercato. Se lo fanno pilotate dai governi abbiamo corruzione e cartelli, tutte cose a scapito dei consumatorii e dei tax payers.
Finiti i tempi in cui l'Espresso faceva vero giornalismo d'inchiesta. I tempi del Sifar, dei colpi di stato e del tintinnar di malette, dello scandalo Lockheed. Ora mi pare fa copia ed incolla come tanti altri.
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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda flaviomob il 20/06/2014, 20:19

"Fattori basati sul mercato e non sui governi" vuol dire tutto o niente, estrapolato dal contesto.

Può essere letto come liberalismo puro ma anche come ricerca di un monopolio senza regole. Come meritocrazia o come sfruttamento del lavoro minorile, senza uno stato (o un organismo sovranazionale) a rompere i cabasisi. Come mercato libero o come capitalismo senza democrazia.


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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda franz il 20/06/2014, 20:43

Veramente la frase sulla capacità delle aziende di competere in modo giusto e secondo fattori basati sul mercato non puo' in alcun modo alludere o incitare al monopolio. Che poi lo stato oltre dettare le giuste tregole spesso esageri (come nel caso italiano, con decine e decine di migliaia di leggi e norme burocratiche) rompendo i cabasisi alle imprese ed all'intero paese, è cosa nota. Poi a qualcuno piace, ad altri no.
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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda flaviomob il 16/10/2014, 10:39



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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda flaviomob il 17/10/2014, 13:55



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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda flaviomob il 19/10/2014, 23:34



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Re: Il TTIP e noi

Messaggioda franz il 20/10/2014, 7:48

Sì, vista ieri sera.
Molto interessante, ma abbiamo poca voce in capitolo.
Alla fine il trattato, se sarà firmato, lo sarà tra USA e UE e mi pare che la ratifica piu' a rischio sia quella del congresso americano. Obama non ha avuto nessuna delega a trattare ed il congressiimpallinerà l'accordo, dato che non contiene (si dice) liberalizzazioni su carne ed ogm. Alla fine continueremo a pagare dazi e prezzi elevati per i generi alimentari.
Ma avete sentito che prezzi in USA?
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