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Il complotto contro la Francia

MessaggioInviato: 14/11/2013, 21:42
da flaviomob
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Il complotto contro la Francia


di Paul Krugman, da Repubblica

Venerdì scorso l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha declassato la Francia. La notizia è arrivata in prima pagina sui giornali e molti articoli indicano che la Francia è in crisi. Ma i mercati non hanno fatto una piega: gli interessi passivi francesi, molto vicini al loro minimo storico, non si sono quasi mossi. Ma allora, che cosa sta succedendo?

La risposta è che la decisione di S&P deve essere contestualizzata nell’ambito della più vasta politica di austerità fiscale. E mi riferisco a quella politica, non a quella economica. Perché il complotto contro la Francia – può sembrare che io sia un po’ faceto, ma in verità c’è molta gente che cerca di screditare quel Paese – è un’evidente dimostrazione del fatto che in Europa, come in America, i predicozzi fiscali non si preoccupano affatto dei deficit. Anzi, sfruttano i timori di indebitamento per portare avanti un’agenda ideologica. E la Francia, che si rifiuta di stare al gioco, è diventata il bersaglio di un’incessante propaganda negativa.

Lasciate che vi dia un’idea di ciò di cui sto parlando. Un anno fa la rivista The Economist dichiarò che la Francia era «la bomba a orologeria nel cuore dell’Europa», con problemi che al confronto avrebbero reso trascurabili quelli di Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. Nel gennaio 2013, il direttore generale senior di Cnn Money ha dichiarato «in caduta libera» la Francia, «nazione che si avvia verso una Bastiglia economica». Sentimenti assai simili a questi sono reperibili in tutte le newsletter di economia.

Tenuto conto di questo livello del discorso, uno si accosta ai dati riguardanti la Francia aspettandosi il peggio, per scoprire invece che si tratta sì di un Paese in difficoltà economica – e quale Paese non si trova in tale condizione? – , ma che in linea generale se la passa bene o forse addirittura meglio della maggior parte dei suoi vicini, con l’unica notoria grande eccezione della Germania. Di recente la crescita francese è stata apatica, ma molto superiore, per esempio, a quella dei Paesi Bassi che hanno tuttora un rating da tripla A. Secondo le stime standard, una decina di anni fa i lavoratori francesi erano in effetti un po’ più produttivi delle loro controparti tedesche. E indovinate un po’? Lo sono ancora.

Nel frattempo, le prospettive fiscali della Francia appaiono chiaramente non preoccupanti. Il deficit di bilancio è sceso bruscamente e di molto dal 2010, e il Fondo monetario internazionale si aspetta un rapporto debito/Pil più o meno stabile per il prossimo quinquennio.

Che dire della zavorra sul lungo periodo rappresentata da una popolazione sempre più anziana? In Francia il problema c’è, come del resto c’è in tutte le nazioni benestanti. Ma la Francia ha un tasso di natalità superiore a quello della maggioranza dei Paesi europei, in parte grazie ai programmi statali che incoraggiano le nascite e semplificano la vita alle madri lavoratrici, al punto che le proiezioni demografiche sono di gran lunga migliori rispetto a quelle dei Paesi vicini, Germania inclusa.

Intanto il sistema sanitario francese, meritevole di attenzione perché assicura prestazioni di alta qualità a spesa contenute, costituirà nell’immediato futuro un notevole vantaggio fiscale.
Attenendoci alle sole cifre, pertanto, è difficile capire perché la Francia si meriti cotanto biasimo. Ma allora, ancora una volta, che cosa sta succedendo?

Ecco un primo indizio: due mesi fa Olli Rehn, commissario europeo per le questioni economiche e monetarie – nonché uno dei principali promotori delle rigide politiche di austerità – ha disapprovato la politica fiscale francese, apparentemente esemplare. Perché? Perché essa si basava su aumenti fiscali più che su tagli alle spese – e gli aumenti fiscali improvvisi, ha dichiarato, «annienterebbero la crescita e frenerebbero la creazione di posti di lavoro».
In altre parole, non conta ciò che ho detto in tema di disciplina fiscale: si suppone che voi dobbiate smantellare le reti di sicurezza.

La spiegazione che S&P ha dato del declassamento del rating della Francia, anche se formulato meno chiaramente, in pratica afferma esattamente la stessa cosa: la Francia è stata declassata perché «è improbabile che l’attuale approccio del governo francese alle riforme di bilancio e alle riforme strutturali del regime tributario, così come ai prodotti, ai servizi e al mercato del lavoro, migliori sostanzialmente le prospettive a medio termine della Francia». E quindi, ancora una volta: lasciamo perdere le cifre di bilancio, dove sono i tagli alle tasse e la deregulation?

Si potrebbe pensare che Rehn e S&P abbiano basato le loro domande su prove circostanziate che i tagli alla spesa sono di fatto meglio per l’economia degli aumenti delle tasse. Ma così non è. Anzi, la ricerca del Fmi indica che quando in una recessione si cerca di ridurre il deficit, vale esattamente il contrario: le fluttuazioni temporanee e repentine delle tasse arrecano molti meno danni dei tagli alla spesa.

A proposito: quando qualcuno inizia a decantare le meraviglie della “riforma strutturale”, prendete le sue parole cum grano salis.
Per lo più questa definizione è un’espressione in codice per indicare la deregulation, e le prove relative alle virtù della deregulation sono decisamente contraddittorie. Come ricorderete, l’Irlanda fu elogiata per le sue riforme strutturali varate negli anni Novanta e Duemila, e nel 2006 l’attuale cancelliere dello scacchiere britannico, George Osborne, definì quello irlandese un «fulgido esempio». Ma come è andata a finire?

Forse tutto ciò suonerà familiare alle orecchie dei lettori americani e così è giusto che sia. I predicozzi fiscali degli Stati Uniti si rivelano, quasi sempre e invariabilmente, maggiormente interessati a tagliare Medicare e la Social Security che a tagliare realmente i deficit. E adesso i sostenitori europei dell’austerity si rivelano per lo più in linea con loro. La Francia ha commesso l’errore imperdonabile di essere fiscalmente responsabile, senza infliggere sofferenze ai poveri e ai più sventurati. E quindi deve essere punita.

(14 novembre 2013)

Re: Il complotto contro la Francia

MessaggioInviato: 14/11/2013, 22:11
da franz
Krugman Dixit ha scritto:Anzi, la ricerca del Fmi indica che quando in una recessione si cerca di ridurre il deficit, vale esattamente il contrario: le fluttuazioni temporanee e repentine delle tasse arrecano molti meno danni dei tagli alla spesa.

Interessante. Forse perché un inasprimento fiscale repentino in francia puo' essere controbilanciato abbastanza rapidamente da un'evasione fiscale (121 miliardi) o dalla fuga in massa di cittadini verso il belgio, la svizzera ed altri paesi in cui si parla francese (sono scivinisti e non andrebbero mai in UK e DE). Invece i tagli alla spesa lasciano piu' segni.
La francia oggi è in vetta, tra i grandi, nella spesa pubblica: http://www.google.it/publicdata/explore ... &ind=false

Comunque la vera "bomba ad orologeria" della francia, di cui tutti sanno e Krugman fa finta di non sapere, è la possibilità non remota che le elezioni siano vinte da marine le pen http://it.wikipedia.org/wiki/Marine_Le_Pen

Re: Il complotto contro la Francia

MessaggioInviato: 16/11/2013, 1:28
da flaviomob
L'evasione fiscale in Francia è inferiore a quella tedesca...

...
Alle spalle dell'Italia, per sommerso ed evasione, si sono piazzate Germania e Francia. L'economia tedesca in nero valeva, nel 2009, poco meno di 400 miliardi di euro, facendo perdere al fisco nazionale oltre 158 miliardi (il 16% delle entrate totali). Il sommerso in Francia sfiorava invece i 290 miliardi, generando un'evasione fiscale pari a 120,61 miliardi (il 15% del gettito fiscale complessivo).
...
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -30722112/

...ma la produttività è maggiore!

...
la produttività di Roma è scesa a 101,5 punti, mentre per Francia (132,7) e Germania (123,7) il livello non ha subito grossi scostamenti.
...

http://www.linkiesta.it/produttivita

Re: Il complotto contro la Francia

MessaggioInviato: 16/11/2013, 10:06
da franz
flaviomob ha scritto:L'evasione fiscale in Francia è inferiore a quella tedesca...

...
Alle spalle dell'Italia, per sommerso ed evasione, si sono piazzate Germania e Francia. L'economia tedesca in nero valeva, nel 2009, poco meno di 400 miliardi di euro, facendo perdere al fisco nazionale oltre 158 miliardi (il 16% delle entrate totali). Il sommerso in Francia sfiorava invece i 290 miliardi, generando un'evasione fiscale pari a 120,61 miliardi (il 15% del gettito fiscale complessivo).[/i]

Non credo sia giusto misurare l'evasione come volume rispetto al gettito fiscale. Ed è la prima volta che sento questo genere di calcolo, comunque interessante. Di solito il sommerso viene proporzionato al PIL. Due nazioni con lo stesso PIL potrebbero avere llo stesso sommerso (es 15% del PIL) ma in uno la pressione fiscale è enorme (50% del PIL) e nell'altro la pressione fiscale è la metà (25% del PIL). A fronte di fenomeni uguali il sistema che proporzionalizza al PIL direbbe per entrambi il sommerso vale il 15% del PIL, l'altro sistema mostrerebbe fenomeni diversi, tanto che l'evasione risulterebbe doppia nel paese con la pressione fiscale piu' bassa. Comunque anche rapportando al PIL la Germania (14.6%) ha un sommerso superiore a quello della Francia (11.8%) e noi risultiamo imbattibili tra i grandi paesi industrializzati con il 22.3%.
Qui lo studio piu' recente che ho trovato. http://ftp.iza.org/dp6423.pdf che tra l'altro contiene anche una elencazione di motivi che spingono al lavoro informale.

Per quanto riguarda la produttività, vedo che l'inkiesta ha basato il suo articolo sullo studio di un dipartimento americano.
Io invece ho accesso (come tutti quelli che vogliono farlo) ad una grossa banca dati UE e la studio da tempo (e ci vuole tempo per studiare i dati). Per prima cosa bisogna vedere come calcolare la produttività. Ci sono molti modi per farlo ed io uso quello di dividere il valore aggiunto (VA) nazionale per il numero di addetti. Non mi interessa la produttività oraria o giornaliera (influenzata da quante ore o giorni uno fa) ma il volume annuale. La Francia ha indubbiamente una produttività maggiore. Ogni addetto francese produce in media 66'500 di Va, contro il 60'000 tedeschi ed i 42'000 italiani. Vero che a questo punto sarebbe meglio calcolare il dato PPP, per mettere sullo stesso livello le tre economie. Lo faro' nel pomeriggio, se ho tempo. Quello che posso invece indicare subuto è il trend. La UE calcola che fatto 100 il VA del 2005, oggi (2013) l'Italia presenta 107, la Francia 118, la germania 138 (ed in particolare per le PMI 142). Svezia 136, E' un dato UE, non un calcolo mio. Il risultato è che come vedete l'Italia è praticamente in stallo. La produttività, calcotata relazionendo VA e addetti) ristagna (+7.6% in 8 anni) ma lo sapevamo già; in francia è aumentata del 15% ed in germania del 17%, con un incremento del 21% del numeri di addetti dal 2005 al 2013. Gli addetti in francia nello stesso periodo sono aumentati del 3% ed in Italia sono diminuiti (-1%).
Dove sta l'inghippo? Che la francia non produce abbastanza ed importa troppo. Oggi tutti i paesi Euro mostrano un surplus tranne la Francia. La germania produce tanto, esporta tanto e per questo ha aumentato la sua massa lavorativa del 21% in 8 anni. La Francia è stabile e compensa importando. Non è malata ma direi che non si stente molto bene e si vedono già alcuni sintomi.