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Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

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Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda flaviomob il 13/07/2013, 11:17

http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... ref=HREA-1
Allarme Cgia: un'impresa su tre chiude
per i debiti della Pubblica amministrazione
Secondo uno studio dell'associazione degli artigiani di Mestre i crediti delle aziende verso lo Stato ammontano a 120 miliardi di euro e i continui ritardi nei pagamenti hanno costretto al fallimento 15.100 imprenditori tra il 2008 e il 2012


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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda franz il 13/07/2013, 12:17

Interessanti anche altri dati presenti nel testo, per cui lo ripropongo interamente:
MILANO - Strette nella morsa della crisi e complice il ritardo nel pagamento dei debiti da parte della Pubblica amministrazione, sono sempre di più le imprese costrette a chiudere i battenti. Addirittura, secondo uno studio della Cgia di Mestre, tra il 2008 e il 2012 sono più che raddoppiate (+114%) le aziende fallite a causa dei mancati pagamenti da parte dello Stato: un debito complessivo che ammonta a circa 120 miliardi di euro.

Lo studio dell'associazione degli artigiani di Mestre si base su un'indagine campionaria presentata a marzo dalla Banca d'Italia in un'audizione parlamentare: secondo i ricercatori di via Nazionale, il debito della pubblica amministrazione è pari a 91 miliardi di euro. "E' verosimile ritenere che i debiti della Pubblica amministrazione italiana nei confronti delle imprese ammontino a circa 120 miliardi di euro" spiega il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, secondo cui l'ammontare dei debiti sia superiore rispetto ai dati forniti da Banca d'Italia: "Si tratta di una foto scattata il 31-12-2011, ovvero più di un anno e mezzo fa nella quale non sono comprese le aziende con meno di 20 addetti che costituiscono il 98% delle imprese italiane. In questa ricerca, inoltre, non sono state coinvolte le imprese che operano nei settori della sanità e dei servizi sociali che, storicamente, sono quelli dove si annidano i ritardi di pagamento più eclatanti. Alla luce di questi elementi, riteniamo che l'ammontare dei debiti scaduti stimato dalla Banca d'Italia sia sottodimensionato di circa 30 miliardi di euro".

Un ritardo che ha effetti devastanti sul tessuto imprenditoriale del Paese. Dall'inizio della crisi alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15.000 imprese. Per la Cgia tra il 2008 ed il 2010 questa incidenza ha raggiunto la soglia del 30%, per salire al 31% nel biennio 2011-2012. Pertanto, a fronte di oltre 52.500 fallimenti registratisi in Italia nel quinquennio preso in esame, la Cgia ritiene che 15.100 chiusure aziendali siano addebitabili ai ritardi nei pagamenti.

Se la Finlandia si conferma al primo posto in Europa per la rapidità con cui le pubbliche amministrazioni saldano i propri debiti (24 giorni), l'Italia continua a essere il fanalino di coda con un tempo medio di 170 giorni nel 2013.

Il metodo per arrivare ai 15'100 fallimenti è induttivo, non proviene quindi da una casistica concreta o da un elenco esaustivo di casi, tuttavia se è vero che l'analisi della banca d'Italia ha preso in considerazione solo aziende con piu' di 20 dipendenti ed applicando l'induzione in modo un po' spannometrico, avremmo che non solo sono fallite 15'000 aziende ma anche che sono stati persi, per colpa dello stato, da 60'000 a 300'000 posti di lavoro.
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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda flaviomob il 25/07/2013, 14:51

Facciamo un'ipotesi fantascientifica.
Lo stato decide che non c'è abbastanza liquidità ed emette dei titoli che di fatto possono venire usati, per un periodo, analogamente alla moneta (come in Irlanda, titoli con una scadenza remotissima per esempio).
Garantisce questi titoli con tot immobili di sua proprietà, mettiamo per X miliardi.
Stabilisce che questi titoli hanno corso legale e devono essere accettati, scambiati, all'interno del circuito economico del paese; non possono essere convertiti in euro ne' utilizzati all'estero, ne' utilizzati per pagare le imposte.
Li usa per pagare immediatamente tutti i debiti che ha contratto con le imprese.

Cosa succederebbe all'economia? All'inflazione? Ai consumi? Alle imprese "risarcite"?
Sarebbe compatibile con i trattati europei?


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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda franz il 25/07/2013, 16:13

flaviomob ha scritto:Garantisce questi titoli con tot immobili di sua proprietà, mettiamo per X miliardi.
Stabilisce che questi titoli hanno corso legale e devono essere accettati, scambiati, all'interno del circuito economico del paese; non possono essere convertiti in euro ne' utilizzati all'estero, ne' utilizzati per pagare le imposte.
Li usa per pagare immediatamente tutti i debiti che ha contratto con le imprese.

Cosa succederebbe all'economia? All'inflazione? Ai consumi? Alle imprese "risarcite"?
Sarebbe compatibile con i trattati europei?

Mi sembra un po' una sorta di Peppa Tencia (Cifr: https://it.wikipedia.org/wiki/Peppa )
Se non puoi convertirli in euro allora non puoi pagarci gli stipendi, se compri beni devono essere non esteri (o se sono esteri deve esserci un intermediario italiano che compra dall'estero e vende al possessore della peppa tencia) non puoi pagarci le imposte. Insomma un pezzo di carta che nessuno vorrebbe avere in mano. Come la famosa Peppa.
I casi sono due: o sono accettati, scambiati e convertibili, oppure se non c'e' convertibilità è solo una fregatura.
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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda flaviomob il 26/07/2013, 15:13

No, non è una peppatencia. :?
I titoli sarebbero garantiti dagli immobili. In caso di fallimento dello Stato, dovrebbe essere stabilito per legge che hanno priorità i detentori di questi titoli (appunto con una contropartita immobiliare vincolata ad una percentuale del valore corrente dell'immobile, ipotizziamo l'80%, per coprire eventuali variazioni del mercato del mattone).

I titoli potrebbero avere una scadenza molto prolungata (30-50 anni) in cui di fatto costituirebbero una liquidità aggiunta, in grado di rilanciare l'economia. Fino alla scadenza non sarebbero convertibili in euro, ma non per questo mancherebbe la copertura con un controvalore equivalente (gli immobili).

Peraltro lo Stato potrebbe, per 30-50 anni, riscuotere i proventi degli affitti degli stessi immobili, che andrebbero perduti se essi fossero venduti nel presente per fare cassa.

Non mi sembra molto distante da quello che sta accadendo concretamente in Irlanda, per dire. Anzi, ci sarebbero delle garanzie superiori. :mrgreen:

http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=11608

Un'altra idea "irlandese" e green:

http://www.repubblica.it/ambiente/2013/ ... -49732301/


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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda franz il 26/07/2013, 18:03

flaviomob ha scritto:No, non è una peppatencia. :?
I titoli sarebbero garantiti dagli immobili. In caso di fallimento dello Stato, dovrebbe essere stabilito per legge che hanno priorità i detentori di questi titoli (appunto con una contropartita immobiliare vincolata ad una percentuale del valore corrente dell'immobile, ipotizziamo l'80%, per coprire eventuali variazioni del mercato del mattone).

Mi pare di trovare un punto debole nella proposta.
Già oggi in caso di fallimento lo Stato deve comunque rispondere con gli attivi (aziende di stato, immobili, riserve auree) e questi attivi sono già di diritto considerati come controparte implicita del prestito. Nessuno ci presterebe 2000 miliardi se non contasse sul fatto che comunque vada l'Italia ha un grande patrimonio in attivo. L'idea di creare un debito previlegiato (con una precisa contropartita immobiliare) indebolisce la restante parte del debito, che ha minori contropartite. Essendo piu' rischioso i compratori chiederanno interessi piu' alti per la parte meno protetta. Di fatto creare due tipi di debito, uno di serie A con precise contropartite ed uno di serie B, con minori contropartite, non mi sembra una buona idea.
Chiedo a Trilogy cosa ne pensa.
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e due terzi per la burocrazia e le troppe tasse

Messaggioda franz il 26/07/2013, 18:17

Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato ... e due terzi per la burocrazia e le troppe tasse.

Si parla della cause della crisi e della mancata crescita, ma quando un supermercato ci mette piu' di 13 anni ad essere costruito, per via di autorizzazione e burocrazia varia, qui hai ben voglia di parlare di disugualianze come colpa della crisi.
La colpa è lo stato buricratico.


Il cantiere del Superstore in costruzione bloccato per 8 ore. «Per noi un'umiliazione»
Esselunga e l'ingorgo burocratico
«Venti ispettori per trenta operai»

Blitz a Novara di Inail, Asl, Inps, carabinieri, ps, GdF e Forestale

MILANO - No, nessuna chiusura per protesta in stile Dolce e Gabbana. Ma un «blitz» di Inail, Asl, direzione provinciale del lavoro, Inps, carabinieri, polizia, Guardia di Finanza e Guardia forestale per controllare la regolarità di un cantiere, è sembrato a Bernardo Caprotti senza dubbio esagerato. Tanto più che a Novara in corso Vercelli, dove a fine 2012 sono iniziati i lavori per un nuovo superstore, ci lavorano 30 persone e i controllori arrivati a giugno, di prima mattina, erano in 20.

I tempi dei libri denuncia sono lontani ma il fondatore di Esselunga, 88 anni, continua a essere combattivo. A La Spezia, per dire, si è dato da fare vent'anni tra ricorsi e controricorsi riuscendo alla fine ad aprire l'unico negozio Esselunga in una zona dominata dall'eterno rivale Coop. I cavilli e la burocrazia insomma sono il pane quotidiano per uno che ha creato un impero della Grande distribuzione con più di 20 mila dipendenti e 6,8 miliardi di giro d'affari. Eppure questa volta, assicura chi lavora con Caprotti tutti i giorni, la storia dell'ispezione a Novara «non gli è andata proprio giù. Otto ore con polizia, carabinieri e Guardia di Finanza a controllare che nessun lavoratore scappasse via, per poi redigere 75 pagine di verbale per un badge lasciato a casa». Proprio così. «Il 26 giugno - la ricostruzione dell'Esselunga - alle 9 del mattino si presentavano all'ingresso del cantiere funzionari e agenti per una visita ispettiva. Dalle 9 alle 17 ogni singolo addetto ha dedicato ai funzionari circa due ore della sua giornata lavorativa.

E al termine della visita sono stati prodotti 10 verbali per un totale di 75 pagine. A settembre - fanno sapere dalla catena della Grande distribuzione - sapremo che sanzioni pagheremo, ma le osservazioni emerse sono state di un cantiere regolare e in ordine, con la sola eccezione della mancanza dell'esposizione del cartellino identificativo da parte di poche unità del personale presente sul posto». Qualche lavoratore lo aveva dimenticato a casa, qualcun altro lo aveva ma senza specifiche indicazioni previste per legge. Irregolarità che i funzionari hanno contestato alle ditte che hanno in appalto il nuovo supermercato di Novara di settemila metri quadrati. «Ma i funzionari fanno il loro mestiere - precisano da Esselunga - è tutto il resto che non torna». Cioè? «Basta dire questo: l'idea di un superstore a Novara ci viene proposta nel 1999. Da lì in avanti abbiamo fatto partire tutti gli iter e le procedure burocratiche: nel 2004 abbiamo chiesto le autorizzazioni ambientali per l'argine che si sono concluse solo nel 2011. Nel 2006 otteniamo le autorizzazioni commerciali, nel marzo del 2011 chiediamo il permesso di costruire che ci viene rilasciato a fine luglio 2012. A novembre iniziamo i lavori e a giugno il blitz».

Un'umiliazione l'avrebbe addirittura definita Caprotti. Ancora di più, aggiungono dal gruppo della Gdo «se si considerano i complimenti fatti per la gestione e la regolarità del cantiere». Parole, queste, che trovano conferma anche da ambienti del servizio ispezione lavoro della direzione territoriale di Novara. «Nessuno contesta i controlli che ci devono essere, ma non ci stupiamo del perché in Italia le aziende non riescono a resistere in questo periodo di crisi» spiegano da Esselunga. Un eccesso di vittimismo? «No, solo il racconto di quello che succede sempre quando una grande realtà imprenditoriale italiana ha piani di sviluppo, apre cantieri e spende soldi per investire».
26 luglio 2013 | 7:45 www.correre.it
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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda flaviomob il 26/07/2013, 21:43

In caso di fallimento comunque lo stato non avrebbe una contropartita immobiliare sufficiente per tutti. Inoltre il debito con le imprese ammonta a meno di un ventesimo del totale del debito pubblico: saldare le imprese (anche se con titoli) rilancerebbe immediatamente l'economia. Infine, lo stato guadagnerebbe 30-50 anni di 'affitto dei locali degli stessi immobili, il che potrebbe addirittura ripagarli interamente, se ben gestito.


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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda franz il 27/07/2013, 9:27

flaviomob ha scritto:In caso di fallimento comunque lo stato non avrebbe una contropartita immobiliare sufficiente per tutti. Inoltre il debito con le imprese ammonta a meno di un ventesimo del totale del debito pubblico: saldare le imprese (anche se con titoli) rilancerebbe immediatamente l'economia. Infine, lo stato guadagnerebbe 30-50 anni di 'affitto dei locali degli stessi immobili, il che potrebbe addirittura ripagarli interamente, se ben gestito.

Vero ma appunto se già oggi non tutto il debito avrebbe una contropartita, sarebbe ancora peggio se le migliori contropartite fossero assegnate ad un debito di seria A. Lo stato già oggi percepisce questi affitti, quindi non vedo il "guadagno".
Se vende questi immobili di reddito è chiaro che gli affitti li percepiranno i privati (dolore?) e che ci pagheranno le tasse (IMU e imposte sul reddito per l'affitto percepito). Inoltre in 30-50 anni ci saranno anche ingenti spese di manutenzione (forse già anche oggi ma lo Stato non ha soldi per eseguirle) ed anche di questo bisogna tener conto in un calcolo economico.
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Re: Un terzo delle imprese chiude a causa dello stato

Messaggioda franz il 28/07/2013, 11:06

Immaginiamo di vendere immobili di reddito per 20 miliardi.
Vero che questi immobili oggi fruttano, se affittati a privati, un affitto.
Vediamo quanto. Ipotizzando un 5% del valore immobiliare come affitto esigibile (è uno standard abbastanza comune ma non so come si valuta in Italia) 20 miliardi di immobili potrebbero generare un miliardo di affitti all'anno.
Se l'Italia li vende ai privati saranno loro a guadagnare quel miliardo ma intanto lo stato italiano alleggerisce il suo debito di 20 miliardi. Quindi pagaherebbe in meno come interessi. Quanto? In media diciamo proprio la stessa cifra: 1 miliardo, visto che siamo tra il 4 ed il 5% di interesse. Quindi siamo in pari.
Tuttavia ci sono due ulteriori aspetti:
1) gli immobili hanno un costo di manutenzione, di cui lo Stato si libera.
2) l'affitto pagato dai privati genera un reddito/utile, sui cui si pagano imposte.
Dunque non siamo piu' in pari e sembra proprio evidente che conviene vendere.
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