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Alitalia: salvataggio o fallimento?

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Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda annalu il 28/08/2008, 20:44

Alitalia, via libera del governo Colaninno capo

Parte la nuova Alitalia. Ma la vecchia viene rottamata alla faccia del mercato con la quasi certezza che i debiti accumulati finiranno sulle spalle dello Stato e quindi dei contribuenti.

Via libera del Consiglio dei Ministri al decreto legge ed al disegno di legge delega su Alitalia. Un cambio legislativo posto come condizione dagli imprenditori che compongono la cordata messa insieme da Intesa San Paolo: noi entriamo, ma non vogliamo accollarci i debiti della vecchia Alitalia. Una quota di minoranza della nuova società potrebbe essere acquisita addirittura da Air France-Klm, la compagnia con cui sfumò la trattativa mesi fa: un portavoce del vettore franco-olandese ha fatto sapere che l’azienda è «pronta a rilevare una partecipazione di minoranza sul capitale, al fianco degli investitori riuniti dalla Banca Intesa SanPaolo».

La nuova società sarà linda e incorporerà Air One. E della vecchia, in barba ai tanti creditori e alle norme antitrust, il commissario potrà vendere le parti attive con trattative private.

Il primo provvedimento vara una riforma delle procedure previste dalla Legge Marzano per il commissariamento come strumento per il salvataggio delle grandi aziende in crisi. Il secondo pone le basi per una riforma più ampia delle norme che regolano l'amministrazione straordinaria.

Sospensione delle norme antitrust, tutela degli azionisti e possibilità di immediata cessione degli asset della bad company a trattativa privata. Queste alcune delle misure contenute nella bozza del dl di modifica alla legge Marzano. Il provvedimento prevede la possibilità da parte del commissario di procedere a una trattativa privata per la cessione di asset dopo aver effettuato una perizia.

Il dl prevede inoltre la sospensione delle norme antitrust in relazione alla integrazione con Air One. Quanto alla tutela degli azionisti, dovrebbe essere attuata facendo ricorso al Fondo di tutela del risparmio alimentato dai conti dormienti. Il Dl prevede un'accelerazione dei tempi previsti nella Legge Marzano.

Il periodo dell'amministrazione straordinaria per Alitalia e le aziende in crisi può essere compreso tra uno o due anni. È quanto si legge nella bozza del ddl approvato dal consiglio dei ministri che riforma la Legge Marzano.

Nella delega, si legge, il governo si atterrà ai seguenti principi: «prevedere espressamente tra le operazioni autorizzabili per favorire il risanamento l'affitto di beni, aziende o rami aziendali; prevedere che la durata dell'amministrazione straordinaria possa essere determinata da uno a due anni in funzione della complessità della procedura, e che possa essere prorogata fino ad un massimo di un ulteriore anno in caso di eccezionali esigenze sopravvenute».

Intanto il consiglio di amministrazione di Immsi, su proposta del presidente Roberto Colaninno, ha approvato la partecipazione della società al progetto di integrazione e rilancio delle attività di Alitalia mediante assunzione di una partecipazione nella società Compagnia Aerea Italiana. L'investimento complessivo sarà non superiore a 150 milioni di euro.

Il consiglio ha conferito al presidente Roberto Colaninno ogni più ampio potere per «negoziare termini, condizioni e modalità dell'operazione». Nel quadro dell'operazione è prevista l'assunzione da parte di Roberto Colaninno della carica di Presidente operativo nella società Compagnia Aerea Italiana.

Il commissario della vecchia società (bad company) sarà invece Augusto Fantozzi. «Per la parte bad company Augusto Fantozzi è stato indicato come commissario e si assumerà questo grave, difficile ma non impossibile compito». Lo afferma il ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, al termine del consiglio dei ministri in parte dedicato alla questione Alitalia. «Oggi abbiamo approvato un decreto legge che modifica la Marzano-Prodi per quanto riguarda gli adempimenti societari ed un ddl delega di riordino complessivo di tutti gli strumenti di intervento nelle crisi aziendali che si rendeva necessaria anche al di là della vicenda Alitalia, perchè la normativa in questione era farraginosa». «È iniziata una fase operativa - ha aggiunto Brunetta - si sono palesati i 16 capitani più o meno coraggiosi con il relativo capitale, si è ragionato anche di partnership internazionali, ma la compagnia sarà italiana con capitale fresco, interessata a partnership e questo la dice lunga sul diverso sistema di approccio. Prima si svendeva ad unico acquirente e si svendeva la compagnia di bandiera, oggi si risana la compagnia di bandiera, la si dota di capitale fresco e di management privato interessato; si cercano e si troveranno partnership internazionali».

Sulla possibilità, proposta dal collega Matteoli, che gli esuberi in Alitalia siano assorbiti dalla Pubblica amministrazione, Brunetta la pensa molto diversamente. «È assolutamente esclusa ogni forma di riassorbimento degli esuberi Alitalia nella pubblica amministrazione o nelle Poste». «Non esiste alcuna forma di ammortizzazione sociale attraverso passaggi nella pubblica amministrazione o in aziende assimilabili come le Poste», spiega Brunetta a Radio Radicale interpellato sulla vicenda Alitalia al termine del consiglio dei ministri.

Avvocato tributarista e docente di diritto tributario, ed ex ministro nei governi Dini (1995) e Prodi (1996), Fantozzi, 68 anni, dovrebbe quindi trovarsi a gestire lo spacchettamento degli asset da conferire alla «nuova Alitalia» (che nascerà integrando le attività operative di Alitalia con la compagnia Air One, in una nuova società creata da una cordata di imprenditori italiani) e la difficile gestione dei debiti e degli esuberi che resteranno sulle spalle della società commissariata, che poi dovrà essere liquidata.

Veltroni: una compagnia di bandierina Una soluzione «confusa che non fa gli interessi del Paese» e che trasforma l'Alitalia in una «compagnia di bandierina»: questa l'opinione di Walter Veltroni, commentando le decisioni del Consiglio dei ministri e le prospettive del'azienda. «La vicenda Alitalia - sostiene il segretario del Pd è lo specchio fedele di come il governo Berlusconi sia vittima della sua demagogia e della sua inadeguatezza. Il Partito democratico auspica ovviamente che da questa situazione si possa venir fuori con il minor impatto possibile sui livelli occupazionali ma non può e non deve far passare in secondo piano il suo dovere di dire chiaramente e con forza che quella prescelta dal governo rappresenta una soluzione pasticciata, confusa, pericolosa e che non persegue affatto l'interesse del nostro Paese». «Sono mesi - ricorda Veltroni - che il Pd lancia l'allarme sull'inqualificabile prospettiva di scaricare le perdite della compagnia sui contribuenti italiani, sugli azionisti e obbligazionisti della società, sui lavoratori dell'azienda e sulle loro famiglie. In questi giorni i più autorevoli commentatori economici italiani hanno ripreso queste osservazioni sollevando anche altri pesanti interrogativi, riguardo ad esempio; l'approvazione europea di questo piano. Sono tutti dubbi molto gravi e fondati che il governo ha il dovere di chiarire immediatamente nelle sedi parlamentari e che fanno ancor di più rimpiangere l'incredibile occasione perduta mesi fa quando la destra respinse scelleratamente, per miopi calcoli elettorali, l'accordo di fatto già raggiunto con Air France». «Rispetto a quelle prospettive, Alitalia e i cittadini italiani si trovano oggi davanti un futuro peggiore sotto tutti i punti di vista. E, alla faccia della tanto decantata difesa dell'italianità, il piano presentato ci consegna una compagnia di bandiera che di fatto diventa di "bandierina", con un inaccettabile ridimensionamento della capacità di espansione internazionale. Non era davvero questa - sottolinea - la nuova Alitalia che si sarebbe dovuta far nascere». «Le responsabilità del centrodestra sono state in questa vicenda enormi. Al di là degli escamotage comunicativi del governo, nessuno - conclude - potrà cancellare questa verità».

Pubblicato il: 27.08.08
Modificato il: 28.08.08 alle ore 18.07
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda annalu il 28/08/2008, 21:23

Alitalia, metà la pagheremo noi Al governo basta il nome italiano
Veltroni: «Soluzione pericolosa»

A Berlusconi basta il nome. Basta che Alitalia resti «nelle mani degli italiani», non importano i settemila esuberi e i debiti della compagnia che restano sulle spalle dei contribuenti. Per lui, il salvataggio è fatto. Come per l’emergenza rifiuti a Napoli. «Non è nazionalismo fuori moda - ha voluto sottolineare Berlusconi - ma è indispensabile se si vuole che i turisti vengano in Italia piuttosto che in altri paesi del mondo; è indispensabile se si vuole che i nostri imprenditori e manager vadano all'estero senza essere penalizzati in termini di tempo e denaro». La nuova Alitalia parte, ma la vecchia viene rottamata alla faccia del mercato, in barba ai tanti creditori e alle norme antitrust, visto che il commissario potrà vendere le parti attive con trattative private.

La good company Gli imprenditori che compongono la cordata messa insieme da Intesa San Paolo e che incorporerà Air One l’avevano detto subito: noi entriamo, ma non vogliamo accollarci i debiti della vecchia Alitalia. È così cje la parte sana dell’azienda diventa la Newco, la società Compagnia Aerea Italiana, con a capo Roberto Colaninno, che investirà complessivamente 150 milioni di euro per il rilancio della compagnia. A Colaninno, presidente operativo della società, è stato conferito ogni più ampio potere per «negoziare termini, condizioni e modalità dell'operazione». Una quota di minoranza della nuova società potrebbe essere acquisita addirittura da Air France-Klm, la compagnia con cui sfumò la trattativa mesi fa: un portavoce del vettore franco-olandese ha fatto sapere che l’azienda è «pronta a rilevare una partecipazione di minoranza sul capitale, al fianco degli investitori riuniti dalla Banca Intesa SanPaolo».

La bad company Il commissario della vecchia società (bad company) sarà invece Augusto Fantozzi, che «si assumerà questo grave, difficile ma non impossibile compito», come spiegato dal ministro per la Funzione pubblica, Renato Brunetta. Avvocato tributarista e docente di diritto tributario, ed ex ministro nei governi Dini (1995) e Prodi (1996), Fantozzi, 68 anni, dovrebbe quindi trovarsi a gestire lo spacchettamento degli asset da conferire alla «nuova Alitalia» (che nascerà integrando le attività operative di Alitalia con la compagnia Air One, in una nuova società creata da una cordata di imprenditori italiani) e la difficile gestione dei debiti e degli esuberi che resteranno sulle spalle della società commissariata, che poi dovrà essere liquidata. È lo stesso Brunetta a non gridare vittoria: «È iniziata una fase operativa - ha spiegato - si sono palesati i 16 capitani più o meno coraggiosi con il relativo capitale, si è ragionato anche di partnership internazionali, ma la compagnia sarà italiana con capitale fresco, interessata a partnership e questo la dice lunga sul diverso sistema di approccio. Prima si svendeva ad unico acquirente e si svendeva la compagnia di bandiera, oggi si risana la compagnia di bandiera, la si dota di capitale fresco e di management privato interessato; si cercano e si troveranno partnership internazionali».

Gli esuberi I numeri non li fa nessuno. E il silenzio fa presagire che saranno proprio quei settemila lavoratori di troppo di cui si era parlato nelle anticipazioni. Berlusconi si limita a chiamarli «sacrifici» e assicura che «il personale in eccedenza non sarà abbandonato». Il ministro delle Infrastrutture Matteoli aveva ventilato la possibilità che gli esuberi in Alitalia fossero assorbiti dalla Pubblica amministrazione, ma Brunetta ha già fatto capire che la pensa molto diversamente. «È assolutamente esclusa ogni forma di riassorbimento degli esuberi Alitalia nella pubblica amministrazione o nelle Poste – ha detto – Non esiste alcuna forma di ammortizzazione sociale attraverso passaggi nella pubblica amministrazione o in aziende assimilabili come le Poste».

Gli hub Oltre a ridurre la flotta e ad aumentare l’orario lavorativo dei dipendenti che sopravvivranno alla bufera, nella NewCo spariscono anche gli hub: ci saranno solo sei aeroporti principali (Milano, Torino, Venezia, Roma, Napoli e Catania). E ora Berlusconi viene tirato per la giacca da due suoi uomini che temono disgrazie. Formigoni e Alemanno stanno già alzando le barricate perché né Malpensa né Fiumicino vengano ridimensionate. Il presidente della Lombardia: «Per una valutazione complessiva – dice Formigoni a proposito dell’operazione – occorre attendere il piano industriale e in particolare vedere se la nuova Alitalia, come mi attendo, ripudia gli errori della vecchia e quindi decide di ripartire proprio dalla Lombardia». Il sindaco di Roma: «Chiedo al Governo – si preoccupa Alemanno – un incontro immediato che coinvolga tutti gli altri Enti locali del nostro territorio per valutare l'impatto che il nuovo piano di ristrutturazione di Alitalia avrà sulla città di Roma».

Una compagnia di bandierina Una soluzione «confusa che non fa gli interessi del Paese» e che trasforma l'Alitalia in una «compagnia di bandierina»: questa l'opinione di Walter Veltroni, commentando le decisioni del Consiglio dei ministri e le prospettive del'azienda. «La vicenda Alitalia – sostiene il segretario del Pd – è lo specchio fedele di come il governo Berlusconi sia vittima della sua demagogia e della sua inadeguatezza. Il Partito democratico auspica ovviamente che da questa situazione si possa venir fuori con il minor impatto possibile sui livelli occupazionali ma non può e non deve far passare in secondo piano il suo dovere di dire chiaramente e con forza che quella prescelta dal governo rappresenta una soluzione pasticciata, confusa, pericolosa e che non persegue affatto l'interesse del nostro Paese». «Sono mesi - ricorda Veltroni - che il Pd lancia l'allarme sull'inqualificabile prospettiva di scaricare le perdite della compagnia sui contribuenti italiani, sugli azionisti e obbligazionisti della società, sui lavoratori dell'azienda e sulle loro famiglie. In questi giorni i più autorevoli commentatori economici italiani hanno ripreso queste osservazioni sollevando anche altri pesanti interrogativi, riguardo ad esempio; l'approvazione europea di questo piano. Sono tutti dubbi molto gravi e fondati che il governo ha il dovere di chiarire immediatamente nelle sedi parlamentari e che fanno ancor di più rimpiangere l'incredibile occasione perduta mesi fa quando la destra respinse scelleratamente, per miopi calcoli elettorali, l'accordo di fatto già raggiunto con Air France». «Rispetto a quelle prospettive, Alitalia e i cittadini italiani si trovano oggi davanti un futuro peggiore sotto tutti i punti di vista. E, alla faccia della tanto decantata difesa dell'italianità, il piano presentato ci consegna una compagnia di bandiera che di fatto diventa di "bandierina", con un inaccettabile ridimensionamento della capacità di espansione internazionale. Non era davvero questa - sottolinea - la nuova Alitalia che si sarebbe dovuta far nascere». «Le responsabilità del centrodestra sono state in questa vicenda enormi. Al di là degli escamotage comunicativi del governo, nessuno - conclude - potrà cancellare questa verità». Durissimo anche il commento del ministro ombra all’economia Pierluigi Bersani secondo il quale «sarà una compagnia più piccola, più domestica che dovrà cercare alleanze con Airfrance in condizioni meno favorevoli per noi, per i lavoratori, i consumatori e i risparmiatori».

Pubblicato il: 28.08.08
Modificato il: 28.08.08 alle ore 20.51

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 29/08/2008, 11:05

Sono stupito (ma non dovrei) per la sfrontatezza con cui si violano le leggi piu' elementari del codice civile solo per poter privatizzare gli attivi e scaricare sul pubblico i debiti.

Quando una azienda fallisce, proprio perché i debiti superano una certa quota del capitale, solitamente pari al 50%, la procedura fallimentare permette di ricuperare parte degli attivi a favore dei creditori (lavoratori, fornitori, azionisti).
Proprio per questo non si aspetta che il debito superi il capitale ma si fissa la soglia del 50% in modo che i creditori possano ricuperare una parte dei loro soldi. Ovviamente poi ci sono priorità per cui come noto prima vengono i lavoratori e poi gli altri.
Questa la prassi, solitamente scritta nero su bianco nei codici civili dei paesi occidentali.
La procedura che leggo in questi giorni mi pare violare seriamente queste elementari regole.

Il fatto di separare la parte sana da quella malata farà in modo che la bad company, in cui saranno concentrate le passività, renderà poco o nulla ai creditori legate a quelle attività. In pratica la nuova compagnia non vuole accollarsi i debiti e li accolla quindi ai lavoratori, ai fornitori, agli azionisti.

Una prassi sana sarebbe eseguire il fallimento dell Alitalia cosi' come è adesso.
Per pagare i debiti Alitalia (il suo curatore fallimentare) dovrà vendere tutti gli attivi, aerei compresi, e se la nuova compagnia vuole comprarli (tutti o in parte) deve aggiudicarseli in una gara pubblica, dove concorrerà con altri possibili acquirenti. Questo permette ai creditori di ricuperare gran parte dei loro investimenti.

Altre scorciatoie, all'italiana, sono solo delle "furbate" che danneggiano alcuni a favore di altri.

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda ranvit il 29/08/2008, 12:38

Ho letto stamane su Repubblica l'intervista a Colaninno (padre).
Sono dell'idea che la soluzione intrapresa per Alitalia sia buona e utile per l'Italia.
La svendita che si stava facendo ad Air France era una vera vigliaccata all'Italia e una ulteriore mossa verso il declino del Paese.

Nel merito delle considerazioni di franz, che condivido in linea di principio, credo che ci voglia tempo per capire come esattamente si svilupperà la faccenda.

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda lucameni il 29/08/2008, 13:39

e meno male si dichiarano "liberisti".
Alitalia doveva fallire.
Punto.
Adesso pagheremo tutti, con una soluzione ancora peggiore delle precedente, con buona pace di chi è liberista solo quando fa comodo e con buona pace di chi si fa ipnotizzare dalla demagogia.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda pagheca il 29/08/2008, 18:30

ranvit ha scritto:Ho letto stamane su Repubblica l'intervista a Colaninno (padre).
Sono dell'idea che la soluzione intrapresa per Alitalia sia buona e utile per l'Italia.
La svendita che si stava facendo ad Air France era una vera vigliaccata all'Italia e una ulteriore mossa verso il declino del Paese.

Nel merito delle considerazioni di franz, che condivido in linea di principio, credo che ci voglia tempo per capire come esattamente si svilupperà la faccenda.

Vittorio


Io non credo che la questione vada posta in questi termini. Piuttosto:

1) Ma perche' vigliaccata? Sabena, Swissair, PanAM, TWA e tante altre compagnie (di bandiera e non), grandi e piccole, sono fallite senza grandi rimpianti. Nessuno ha mai neanche considerato di tirarle fuori dai guai con interventi di questo tipo. Marchi emblematici sono stati venduti all'estero o sono scomparsi senza tanti piagnistei. Pensa alla Rolls-Royce o alla Rover. E' normale. Spiacera' anche a me dover rinunciare al marchio Alitalia, ma il mondo va avanti e tra 20 anni pochi se ne ricorderanno, mentre le condizioni economiche dell'Italia di allora dipenderanno dalla capacita' di modernizzare il paese, non di mantenere i suoi presunti "simboli". Non ho capito perche' nell'intervista a Colaninno questa semplice considerazione non sia stata fatta.

2) Possiamo chiacchierare quanto vogliamo del se sia giusto o meno (s)vendere Alitalia o scorporarla o salvarla a danno del contribuente, ma poi arrivera' il momento di confrontarsi con il mercato. A questo punto domando: ma voi credete realmente che anche senza considerare il passato, l'eredita' Alitalia, sia facile conquistare spazi o anche solo sopravvivere in presenza di aziende estremamente aggressive come RyanAir, KLM, Easyjet e in un contesto amministrativo, quello italiano, che non mi sembra il piu' agile? Francamente ho i miei dubbi.
Mi pare che di tutto si parli tranne che di questo.

3) Qualcuno mi deve spiegare perche' al dipendente Alitalia vada garantito il lavoro mentre quello della Ing. Rossi Costruzioni Meccaniche (nome di fantasia), in via di fallimento per gestione demenziale, non ha diritto allo stesso trattamento. Le dimensioni dell'azienda? Il fatto che si tratta un'azienda strategica? Dal punto di vista del lavoratore non capisco cosa questo c'entri. Forse Alitalia e' un serbatoio di voti che sono andati a una determinata parte politica per certe promesse fatte in campagna elettorale?

4) La normativa europea mi sembra chiara: non si puo' perturbare la concorrenza su base europea con aiuti di Stato. E mi sembra giusto. Non dimentichiamo che a parita' di voli per ogni posto di lavoro perso ad Alitalia se ne puo' creare uno ad Easyjet o ad Airone. Anzi, direi 1.5 o 2, vista l'inefficienza di quel carrozzone. Non sono un esperto ma sinceramente mi stupirei se tutto questo can-can non venisse bollato dall'EU semplicemente come aiuto di stato. L'italia (e l'Alitalia) devono imparare a confrontarsi con le leggi di mercato e con le normative europee, e che se i posti di lavoro si spostano dall'Italia alla Francia o all'UK e' solo colpa sua e che non esistono scorciatorie. D'altra parte sarete voi a pagare, drenando risorse che potevano essere distribuite altrove. Dico voi perche' io vivo all'estero...

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda ranvit il 30/08/2008, 10:00

Da un punto di vista strettamente di mercato è cosi'....sembra un'azione di protezionismo a qualsiasi costo.
In altri casi sicuramente sarei stato d'accordo con te.
Ma qui si tratta di Alitalia (che è andata ramengo grazie proprio ad una azione di distruzione della ricchezza causata dai politici e dai sindacati. E va anche detto che il fallimento della trattativa con AF è stata determinata innanzi tutto dai sindacati e dalla sinistra radicale).
E Alitalia è uno dei biglietti da visita dell'Italia. Perderla....perchè sta tranquillo che sarebbe stata cancellata....sarebbe stata una sconfitta del Paese. Ci sono momenti e situazioni in cui una politica puramente "ragioneristica" non è un fatto positivo.
Come l'aumento delle tasse fatte dal governo Prodi/TPS : operazione ragioneristica che ha migliorato il bilancio dello Stato, ma ha fatto perdere a quel governo tutto il sostegno popolare che si è poi tramutato nello tsunami alle politiche.
Essere bravi ragionieri non è sufficiente per essere anche bravi statisti.

Tra l'altro, il mercato Alitalia c'è ed è sostanzioso, se si gestisce bene....senza accontentare politici e sindacalisti....c'è di che guadagnare.

Due ultime coniderazioni....tutti grandi Paesi europei hanno una compagnia di bandiera...Ryanair sta per fallire....

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 30/08/2008, 11:46

ranvit ha scritto:E Alitalia è uno dei biglietti da visita dell'Italia. Perderla....perchè sta tranquillo che sarebbe stata cancellata....sarebbe stata una sconfitta del Paese.
....
Essere bravi ragionieri non è sufficiente per essere anche bravi statisti.
....
Due ultime coniderazioni....tutti grandi Paesi europei hanno una compagnia di bandiera...Ryanair sta per fallire....

Vittorio

Lego la prima e l'ultima considerazione di Ranvit con una mia, cumulativa.
le Swissair è fallita (cancellata) ed ora c'è la Swiss. E' sempre la compagnia di bandiera (anche se privata) perché nessuno dubita dal nome che sia finlandese o dello zimbawe. Dobbiamo distinguere tra
a) "compagnia di bandiera pubblica" dove tra pessimo management e sindacati si affonda lentamente sempre di piu' ma a scapito dei contribuenti e
b) compagnia di bandiera ma privata, dove anche qui possiamo avere un pessimo management ma chi paga sono principalmente i lavoratori, gli azionisti, i fornitori.

Non c'è dubbio che sempre sul piano del diritto civile e delle regole del mercato se una azienda ha un management incapace e inadeguato o si interviene subito, cambiandolo, o sarà troppo tardi e si arriverà al fallimento. Dal fallimento puo' nascere una nuova compagnia, la quale puo' usare un nome nuovo. Qui molti fanno l'errore di associare il nome (alitalia) al simbolo (compagnia di bandiera). E' un errore che cerca di usare un approccio nazionalistico-romantico per salvare capra e cavoli.
La prossima compagnia di bandiera potrebbe anche chiamarsi Enutria o Berlusconia o Aeritalia o semplicemente Italia.

Per quanto riguarda i ragionieri, quelli pessimi portano il paese al fallimento e non sono mai grandi statisti.
A quelli bravi da noi si tagliano le gambe prima che diventino anche grandi statisti.
Si aspetta che mettano a posto i conti e poi un modo per mandarli a casa lo si trova sempre.

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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 30/08/2008, 21:47

Notaro: "Non è vero che il nostro stipendio è più alto di quello dei piloti Lufthansa"
"Abbiamo retribuzioni inferiori almeno del 40% rispetto alla media europea"

Alitalia, i piloti: 'Serve vero rilancio'
Almunia: 'Soluzione in linea con Ue'

La stampa tedesca: "Uno scandalo di dimensioni europee"
Alitalia, i piloti: 'Serve vero rilancio' Almunia: 'Soluzione in linea con Ue'

ROMA - Prime reazioni dopo il commissariamento della compagnia di bandiera italiana. Mentre il neo commissario Augusto Fantozzi osserva: "E' come se stessi salendo in corsa su un aereo senza benzina", dal commissario europeo agli Affari economici e monetari Joachim Almunia arriva un monito: "Spero che si trovi una soluzione, serve una soluzione buona per la compagnia, per i passeggeri, per i lavoratori e che sia compatibile con le regole europee".

Intanto il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, si è affrettato a ribadire che Fantozzi avrà tutto l'appoggio necessario: "Il commissario per Alitalia, Augusto Fantozzi, non sarà certo lasciato solo. Da noi avrà pieno appoggio. Abbiamo piena fiducia in lui e nell'advisor - ha concluso - e noi siamo ottimisti, dato che ce la possiamo fare e quindi ce la dobbiamo fare".

L'Unione Piloti. D'accordo con il piano Alitalia "se questo porterà ad un futuro per la compagnia. Altrimenti lo osteggeremo". Queste le parole del presidente dell'Unione Piloti, Massimo Notaro, che dall'incontro governo-sindacati di lunedì si aspetta "che ci sia un piano di rilancio vero della compagnia aerea. Noi lo valuteremo. Mi auguro che si vada incontro a una stagione di intelligenza e ragionamento".

Notaro ha anche sferrato un duro attacco verso alcune affermazioni emerse nel corso dell'approfondimento del Tg1 TV7: "I piloti Alitalia non sono pagati più di quelli di Lufthansa e non sono meno bravi dei colleghi tedeschi". "Noi piloti Alitalia guadagniamo molto meno di quelli Lufthansa e il fatto di non guidare più tipi di aeroplani dipende dalla legge, non da noi", ha puntualizzato.

La stampa tedesca: "Uno scandalo"
. Il piano governativo di salvataggio di Alitalia è "insolente" e rappresenta "uno scandalo di dimensioni europee". E' quanto scrive in un lungo fondo il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, secondo il quale il risanamento della compagnia di bandiera italiana "si fa beffe di tutte le regole del mercato".

Il giornale spiega che la soluzione scelta dal governo italiano "non ha nulla a che vedere con i principi della concorrenza", con il risultato che i clienti della nuova compagnia avranno "un servizio peggiore a prezzi più elevati".

Dopo aver ricordato che fino al 2002 Alitalia ha ricevuto 1,4 miliardi di euro di sovvenzioni statali, a cui si sono aggiunti altri crediti nel 2005 e nel 2008, "registrati alla fine sui libri contabili come capitale proprio", la "Faz" rileva che il piano di privatizzazione attuale è ancora "più insolente", poichè intende "separare la parte migliore della compagnia, per assegnarla ad un prezzo di favore ad un nuovo consorzio di imprenditori, mentre ad occuparsi del marcio restante sarà lo Stato italiano".
(30 agosto 2008)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 31/08/2008, 11:43

L'ad di Intesa ai sindacati: si mila esuberi ma è l'ultima opportunità
"Chi parla di un favore a Berlusconi non ha capito niente o è in malafede"

Mediobanca e British Airways
il pressing di Passera non si ferma

Nelle parole del banchiere la critica alle incertezze del governo Prodi e ai veti dei sindacati
I complimenti di Spinetta sul dossier dell'advisor: "Avete fatto un lavoro eccellente"
di MASSIMO GIANNINI

"Il piano è solido e serio. Dietro c'è una vera strategia-Paese, non un banale interesse di bottega. Per questo non accetto che si dica che è un imbroglio, o un favore fatto a Berlusconi. Semmai è un favore fatto all'Italia, alla sua industria, al suo futuro". Corrado Passera si gode in relativa pace, tra Roma e il mare di Sabaudia, il primo weekend da "salvatore" dell'Alitalia. Se nel disastro della compagnia aerea il Cavaliere è il sedicente vincitore della partita politica, l'amministratore delegato di Intesa-San Paolo è l'evidente vincitore della partita economica.

I tanti, autorevoli interlocutori che in queste ore hanno avuto occasione di parlargli, non possono non cogliere la legittima soddisfazione di chi sente di aver portato a termine una "missione impossibile". Ma Passera è anche il primo a sapere che siamo solo all'inizio di un percorso lungo e difficile. Per poter considerare davvero risolto il caso Alitalia "le prossime due settimane saranno decisive", continua a ripetere. C'è da definire il "pacchetto di mischia" dei player che guideranno la "best company". C'è da decidere il partner estero che dovrà pilotarla in un circuito globale. C'è da convincere il sindacato ad accettare la gestione degli esuberi e la definizione degli asset in perdita da "rottamare" nella "bad company". Ecco perché il Ceo di Intesa non si stacca un minuto dal telefono. Chiamate continue. Con il suo braccio operativo Miccicché, "che sta facendo un lavoro straordinario". Con il ministro del Welfare Sacconi, "che finora si è mosso in modo impeccabile". Con il commissario Fantozzi. Con le banche d'affari, "che dovrebbero entrare a breve nel capitale" della newco. Con i vertici delle grandi compagnie europee, tra le quali "nei prossimi giorni sarà scelto l'alleato".

Passera ci crede. Ha una fiducia enorme nel progetto. Non è un caso che venerdì scorso, nel bagno di folla del meeting di Cl a Rimini, ai tanti amici che gli andavano a stringere la mano per complimentarsi per Alitalia continuava a ripetere: "La tiriamo fuori, è sicuro. Abbiamo il piano, abbiamo gli uomini, abbiamo gli alleati, abbiamo i soldi. E stata ed è ancora una fatica pazzesca, ma stavolta la tiriamo fuori sul serio". Forse è proprio per questa fiducia, proprio per la passione e l'impegno personale che ci ha buttato dentro, che il super-banchiere oggi si irrita di fronte alle obiezioni sollevate da giornali e centrosinistra.

"Chi dice che abbiamo fatto un favore a Berlusconi o è in malafede, o non ha capito niente. Da oltre un anno avevamo avanzato un progetto di salvataggio per Alitalia. Il governo di centrosinistra aveva fatto scelte diverse, che per tante ragioni non sono andate a buon fine, E ora che siamo stati richiamati per studiare un'alternativa, cosa dovevamo fare? Chiamarci fuori perché al governo c'è Berlusconi? Buttare a mare la compagnia di bandiera per fare un danno al premier? Siamo seri: non è questo lo spirito con cui lavoriamo, non è questo lo spirito con cui dovrebbero agire tutti quelli che hanno a cuore le sorti di questo Paese". Passera non è mai stato un berlusconiano, in senso politico. Nel chiacchierare con i suoi amici, non ha mai risparmiato critiche al Cavaliere. Ma nel raccontare ai suoi manager le tappe della vicenda Alitalia, non gli ha mai risparmiato neanche gli elogi. Lo ha incontrato due volte, insieme a Giulio Tremonti, e in entrambe le occasioni il premier lo ha trovato "correttissimo".

"Sappiamo che non siete una banca a noi vicina - gli ha detto il Cavaliere - ma vogliamo salvare Alitalia e la sua italianità, e per questo abbiamo piena fiducia in voi". Così è andata. Oggi Passera lo rivendica con orgoglio, a chi lo chiama a Sabaudia. "C'è una grande sfida da cogliere. C'è una grande azienda-Paese che non ce la fa ad andare avanti, e che sta morendo. Ma al suo interno ha grandi risorse, grandi potenzialità. E' giusto provarci, e noi lo facciamo, con un piano vero, con un passaggio trasparente attraverso le procedure concorsuali, con una strategia di risanamento e di rilancio molto chiara. Cosa volete che ci importi della politica? E lasciamo pure stare i Benetton o i Ligresti, ma cosa volete che gli importi della politica ai Riva, agli Aponte, ai Fratini, che in questa scommessa ci investono tra i 50 e i 100 milioni di euro? Dov'è la "pistola puntata alla tempia" di cui si parla in giro?".

Su questo, il super-banchiere e il Pd sembrano parlare davvero due lingue diverse.
Passera, secondo i racconti di chi gli ha parlato, è anche convinto di un'altra verità: non è stato Berlusconi a far saltare l'operazione con Air France. Il Cavaliere l'ha avversata in campagna elettorale, su questo non c'è dubbio. Ma ai vertici della compagnia francese, a un certo punto, ha anche mandato un messaggio chiaro: se chiudete l'affare prima del voto, e noi vinciamo le elezioni il 13 aprile, state pure tranquilli perché non torniamo indietro, e per noi l'operazione si fa comunque. Dunque la responsabilità vera di quel mancato accordo è stata di altri. I veti del sindacato, e le incertezze del governo Prodi. Tutto il resto è venuto di conseguenza. E su questo "resto" Passera ci mette fino in fondo la faccia, incurante delle strumentalizzazioni: "L'operazione che abbiamo costruito ci permette di salvare un grande asset del Paese, di rimettere in conti in ordine, di ampliare la copertura del mercato domestico e intercontinentale, di rinnovare completamente la flotta. Era ed è nostro dovere lanciarci in questa avventura: il caso Fiat ha dimostrato che, per quanto in crisi, un grande marchio italiano, una grande azienda del Paese può rinascere, se c'è dietro un grande progetto".

Il "Piano Fenice", secondo Passera, è questo progetto.
E adesso può e deve spiccare il volo. Nonostante tutte le critiche, lo considera "il migliore possibile". E a chi in queste ore gli obietta che il piano Air France era molto più conveniente risponde a muso duro: "Chi fa questi ragionamenti dice una bugia e non tiene conto di una realtà oggettiva: il piano Air France è nato con un petrolio a 80 dollari al barile, il nostro con un petrolio a 115 dollari al barile. E nonostante questo, il nostro piano resta migliore, da tutti i punti di vista". La prova starebbe in un retroscena, raccontato da fonti vicine all'advisor: la telefonata con la quale Jean-Cyril Spinetta ha informato Passera della sua decisione di riaprire il dossier Alitalia per un eventuale ingresso nella newco con una quota di minoranza, culminata con un "complimenti, avete fatto un lavoro davvero eccellente". Ma qui si entra nel campo delle incognite, ancora da definire.

La prima, appunto, è quella del partner.
Il Ceo di Intesa-Sanpaolo sta lavorando, la squadra guidata da Miccicché fa la spola tra Milano, Parigi, Francoforte e anche Londra. Perché questa è la novità delle ultime ore: oltre ad Air France e Lufthansa, ci sarebbe anche un'apertura da parte di British Airways.

Questione di giorni, e il nodo verrà sciolto. Passera non lo dice, neanche ai suoi: nonostante un lieve vantaggio di Air France, già rodata con l'accordo SkyTeam (la cui rescissione costerebbe comunque 130 milioni di penale), non si può escludere nessuna delle altre piste. Né quella tedesca, con l'ingresso nel network di Star Alliance, né quella inglese, ora ampliata anche dall'integrazione con Iberia. Ma una cosa è chiara, e Passera ci tiene a ribadirlo ai suoi interlocutori: "L'accordo è per una quota di minoranza, perché Alitalia resta italiana". E non è pensabile neanche un patto a termine, più o meno segreto: si entra oggi con il 5 o il 10%, e tra due o tre anni il partner rileva le quote dei soci italiani e si mangia l'Alitalia. Su questo il vertice di Intesa - Sanpaolo è inequivoco: "Per i soci italiani c'è un vincolo di cinque anni. Scaduto il quale, non sono previsti diritti di prelazione, per nessuno".

E questa è però la seconda incognita. Non è ancora chiaro il modello di governance della nuova Compagnia Aerea Italiana. E anche su questo Passera è ancora al lavoro, Ci dovranno essere quattro o cinque soci maggiori, che investiranno ciascuno 150 milioni di euro. Tra questi ci sarà ovviamente Intesa-Sanpaolo, Benetton e Colaninno. Ma non è previsto patto di sindacato. E dunque, per rendere più stabile questo "nocciolino duro", altrimenti troppo debole, il super-banchiere sta trattando per far entrare in pista almeno due grandi investitori istituzionali, considerati ormai praticamente certi: Mediobanca e Morgan Stanley. I telefoni tra Roma e Milano, in questo week-end, sono roventi: nel giro dei prossimi tre-quattro giorni Piazzetta Cuccia dovrebbe sciogliere positivamente la sua riserva. Molto dipende anche dalla scelta del partner estero, e dalla "qualità" del suo coinvolgimento, che a Mediobanca viene considerata decisiva per poter valutare le reali prospettive di ripresa internazionale della compagnia.

Infine c'è la terza incognita, forse la più delicata. La questione degli esuberi, che è stata ed è oggetto di una critica feroce, anche di chi considera intollerabile, in una logica di mercato, il trasferimento coatto dei 6mila dipendenti Alitalia alle Poste o a qualche altra società pubblica, ancorché di diritto privato. Su questo punto, nei suoi colloqui con Sacconi, Passera è stato chiaro: "Non so chi mette in giro queste sciocchezze, ma la gestione degli esuberi avverrà come da prassi, e secondo le leggi vigenti in materia: quindi cassa integrazione e mobilità. Nient'altro. Se poi nel frattempo si profilassero altre opportunità di reinserimento, anche in questo caso attraverso l'attivazione delle normative già in vigore sulla riqualificazione e il reimpiego dei lavoratori svantaggiati, allora tanto meglio. Ma non c'è e non ci sarà alcuna forma di assistenzialismo".

Ma convincere Cgil-Cisl-Uil, più le rappresentanze dei piloti e le altre sigle del trasporto aereo, sarà una fatica immane. Passera, come gesto di distensione e segno di attenzione, ha definito subito il via libera dei sindacati "pregiudiziale" ai fini della riuscita del Piano Fenice. Ora, a mente fredda, fa un ragionamento più realistico: "Parlerò con i sindacati, ci parlerà il governo, ci parlerà il commissario. Ma stavolta devono capire una cosa semplice: preferiscono gestire lo smaltimento di 6 mila esuberi oggi, oppure trovarsene 20 mila tra un mese? Perché stavolta, davvero, non c'è un'altra strada".
(31 agosto 2008)
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