L'inflazione è fisiologica?

Non credo affatto che l'inflazione sia fisiologica.
Non so chi lo sostenga ma credo che provando a ragionare si possa dimostrare che l'affermazione è falsa (e tendenziosa, come direbbe Perry Mason).
Ritengo anzi che sia fisiologica la deflazione (per le leggi di mercato) e cerco di spiegarlo brevemente.
Pur non essendo un economista.
1) in presenza di competizione, concorrenza, innovazione tecnologica, globalizzazione (assenza di dazi e ostacoli al commercio), i prezzi tendono a scendere e la qualità dei prodotti tende ad aumentare. Credo che questo sia un fatto incontrovertibile, ben visibile in tutto il commercio dei prodotti elettronici di largo consumo, dai computer e relative periferiche alla fotografia digitale, televisori, telecamere, gps.
2) I guadagni di produttività (incremento del valore aggiunto totale e pro capite) creati dalla combinazione di innovazione e concorrenza si trasmettono anche sui salari, aumentando il potere di acquisto. Il fatto è evidente anche in un altro settore strategico e trainante: quello automobilistico. Qui aumenta la qualità (sicurezza, spazio e optional) ed il prezzo rimane o costante o scende leggermente ma se si va a calcolare quale vettura può essere comprata dall’operaio che la produce, sulla base delle ore lavorate, si osserva nei decenni un costante miglioramento del potere di acquisto. Per comprare la stessa vettura (pur con tutti gli optional aggiunti) servono sempre meno ore (c'è uno studio classico di Campiglio su questo).
Sulla base dei due punti appare chiaro che se il mercato fosse teoricamente perfetto (e sappiamo che in realtà ora non lo è … ma ci si deve avvicinare) e quindi se non ci fossero monopoli pubblici e privati, ostacoli al commercio ed alla concorrenza, se ci fosse innovazione tecnologica, allora la tendenza dei prezzi è a diminuire e la tendenza del potere di acquisto è di aumentare. La tendenza generale (naturale, fisiologica) dovrebbe essere deflattiva, non inflattiva.
Vediamo ora per quale motivo invece i prezzi potrebbero aumentare.
Sicuramente avviene se aumenta il costo di una materia prima, se aumenta il costo dell'energia necessaria per produrre le merci e trasportarle. La materia prima e l'enrgia possono diventare care in due modi: 1) per tutto il mondo, se diventano piu' rare, solo per qualcuno se la sua valuta perde valore (svalutazione).
Tuttavia queste sono componenti importanti ma minori nella determinazione del prezzo finale. Il grosso è dato dalla capacità umana di trasformare un pezzo di legno o di ferro, di scarso valore come materia prima, in un oggetto che ha valore di mercato. E se una materia prima o una fonte di energia diventano scarse e quindi salgono di prezzo, sarà lo stesso processo di innovazione tecnologica a fare in modo che si usi sempre meno materia prima ed energia e poi si trovino anche nuove materie prime e nuove fonti di energia.
Nel caso delle materie prime pero' avremo aumenti solo dove quella materia è implicata. In caso dell'energia invece possiamo avere un aumento generalizzato o in tutto il mondo (fonte piu' scarsaper tutti) o solo in un paese (svalutazione decisa dal potere politico).
Sicuramente se aumentano tasse e contributi, aumentano i prezzi dei prodotti e dei servizi: le imposte si traslano. L'aumento in questo caso è generalizzato. Inoltre diminuisce il potere di acquisto, perché anche i redditi subiscono prelievi maggiori (imposte dirette e contributi). Naturalmente i prezzi tariffari non soggetti a concorrenza (monopoli pubblici e privati) non diminuiscono e possono benissimo aumentare, tanto in regime di monopolio l'utente non ha scelta.
Poi i prezzi posso aumentare, in modo generalizzato, se i salari aumentano in modo superiore a quanto calcolabile sulla base della produttività. Credo che il caso piu' classico sia cosi' raffigurabile: immaginiamo che tramite aspre lotte sindacali i lavoratori ottengano improvvisamente un raddoppio dello stipendio ma la produttività nazionale sia aumentata solo del 5%. I lavoratori, vincitori, si ritrovano in tasca una “paccata” di soldi, per usare un termine di moda, cosi' tanti che la produzione nazionale non gli tiene testa. Quindi occorre importare. La bilancia dei pagamenti si deteriora (troppe importazioni rispetto alle esportazioni) ed intanto tutti i venditori aumentano i prezzi, perché sanno che i lavoratori hanno piu' soldi in tasca. Naturalmente la banca nazionale date tutte queste importazioni è costretta ad aumentare la massa monetaria (con cosa si pagano le importazioni?) ed inoltre è costretta a farlo anche per riempire fisicamente le tasche dei lavoratori (altrimenti il lavoratore va in banca e non trova i soldi da prelevare). Il risultato è inflazione e svalutazione della moneta, che rende piu' care le importazioni e piu' economiche le esportazioni. Le importazioni piu' care, unite all'aumento dei prezzi interni creano la spirale inflazionistica. Non è un caso teorico. È successo all'Italia.
Il potere di acquisto inizialmente raddoppiato, dopo pochi mesi di guadagni illusori è tornato alla condizione iniziale ma ora c'è in moto una spirale che sarà difficilmente arrestabile (e l'Italia ne sa qualche cosa).
Un altro modo per avere un incremento generalizzato dei prezzi è quello di abbassare il costo del denaro (lo fa la banca nazionale) in modo che pur non avendo soldi in piu' in busta paga (come nel caso precedente) il lavoratore possa indebitarsi a basso costo. Lo si fa in periodi di crisi, unito alla stampa di denaro fresco. Anche questo genera inflazione e svalutazione e quindi crea una spirale inflazionistica per l'importazione di materie prime ed energie tutte piu' care.
Facendo una prima sintesi, pare che se ci limitiamo al mercato (privo di monopoli, come deve essere il mercato per essere definito libero) i prezzi devono scendere ed il potere di acquisto aumentare. Invece quasi tutte le condizioni in cui i prezzi aumentano sono dovuti alla politica economica o monetaria degli Stati (imposte, tasse, contributi, politiche di sostegno della domanda tramite denaro fresco e bassi tassi di interesse, dazi doganali alle importazioni, sostegno alle esportazioni). Il risultato è quello che vediamo, perché lo Stato occupa in certi casi anche il 50% del PIL e quindi ha un potere inflazionistico fortissimo, che annulla praticamente tutti i vantaggi di produttività e potere d'acquisto che la parte produttiva del paese produce.
Quindi il mercato produce deflazione, le politiche pubbliche producono inflazione.
La risultante, come in fisica, dipende, nazione per nazione, dalle forze in campo.
PS: corretto il titolo (aggiunta la "l" in inflazione)
Non so chi lo sostenga ma credo che provando a ragionare si possa dimostrare che l'affermazione è falsa (e tendenziosa, come direbbe Perry Mason).
Ritengo anzi che sia fisiologica la deflazione (per le leggi di mercato) e cerco di spiegarlo brevemente.
Pur non essendo un economista.
1) in presenza di competizione, concorrenza, innovazione tecnologica, globalizzazione (assenza di dazi e ostacoli al commercio), i prezzi tendono a scendere e la qualità dei prodotti tende ad aumentare. Credo che questo sia un fatto incontrovertibile, ben visibile in tutto il commercio dei prodotti elettronici di largo consumo, dai computer e relative periferiche alla fotografia digitale, televisori, telecamere, gps.
2) I guadagni di produttività (incremento del valore aggiunto totale e pro capite) creati dalla combinazione di innovazione e concorrenza si trasmettono anche sui salari, aumentando il potere di acquisto. Il fatto è evidente anche in un altro settore strategico e trainante: quello automobilistico. Qui aumenta la qualità (sicurezza, spazio e optional) ed il prezzo rimane o costante o scende leggermente ma se si va a calcolare quale vettura può essere comprata dall’operaio che la produce, sulla base delle ore lavorate, si osserva nei decenni un costante miglioramento del potere di acquisto. Per comprare la stessa vettura (pur con tutti gli optional aggiunti) servono sempre meno ore (c'è uno studio classico di Campiglio su questo).
Sulla base dei due punti appare chiaro che se il mercato fosse teoricamente perfetto (e sappiamo che in realtà ora non lo è … ma ci si deve avvicinare) e quindi se non ci fossero monopoli pubblici e privati, ostacoli al commercio ed alla concorrenza, se ci fosse innovazione tecnologica, allora la tendenza dei prezzi è a diminuire e la tendenza del potere di acquisto è di aumentare. La tendenza generale (naturale, fisiologica) dovrebbe essere deflattiva, non inflattiva.
Vediamo ora per quale motivo invece i prezzi potrebbero aumentare.
Sicuramente avviene se aumenta il costo di una materia prima, se aumenta il costo dell'energia necessaria per produrre le merci e trasportarle. La materia prima e l'enrgia possono diventare care in due modi: 1) per tutto il mondo, se diventano piu' rare, solo per qualcuno se la sua valuta perde valore (svalutazione).
Tuttavia queste sono componenti importanti ma minori nella determinazione del prezzo finale. Il grosso è dato dalla capacità umana di trasformare un pezzo di legno o di ferro, di scarso valore come materia prima, in un oggetto che ha valore di mercato. E se una materia prima o una fonte di energia diventano scarse e quindi salgono di prezzo, sarà lo stesso processo di innovazione tecnologica a fare in modo che si usi sempre meno materia prima ed energia e poi si trovino anche nuove materie prime e nuove fonti di energia.
Nel caso delle materie prime pero' avremo aumenti solo dove quella materia è implicata. In caso dell'energia invece possiamo avere un aumento generalizzato o in tutto il mondo (fonte piu' scarsaper tutti) o solo in un paese (svalutazione decisa dal potere politico).
Sicuramente se aumentano tasse e contributi, aumentano i prezzi dei prodotti e dei servizi: le imposte si traslano. L'aumento in questo caso è generalizzato. Inoltre diminuisce il potere di acquisto, perché anche i redditi subiscono prelievi maggiori (imposte dirette e contributi). Naturalmente i prezzi tariffari non soggetti a concorrenza (monopoli pubblici e privati) non diminuiscono e possono benissimo aumentare, tanto in regime di monopolio l'utente non ha scelta.
Poi i prezzi posso aumentare, in modo generalizzato, se i salari aumentano in modo superiore a quanto calcolabile sulla base della produttività. Credo che il caso piu' classico sia cosi' raffigurabile: immaginiamo che tramite aspre lotte sindacali i lavoratori ottengano improvvisamente un raddoppio dello stipendio ma la produttività nazionale sia aumentata solo del 5%. I lavoratori, vincitori, si ritrovano in tasca una “paccata” di soldi, per usare un termine di moda, cosi' tanti che la produzione nazionale non gli tiene testa. Quindi occorre importare. La bilancia dei pagamenti si deteriora (troppe importazioni rispetto alle esportazioni) ed intanto tutti i venditori aumentano i prezzi, perché sanno che i lavoratori hanno piu' soldi in tasca. Naturalmente la banca nazionale date tutte queste importazioni è costretta ad aumentare la massa monetaria (con cosa si pagano le importazioni?) ed inoltre è costretta a farlo anche per riempire fisicamente le tasche dei lavoratori (altrimenti il lavoratore va in banca e non trova i soldi da prelevare). Il risultato è inflazione e svalutazione della moneta, che rende piu' care le importazioni e piu' economiche le esportazioni. Le importazioni piu' care, unite all'aumento dei prezzi interni creano la spirale inflazionistica. Non è un caso teorico. È successo all'Italia.
Il potere di acquisto inizialmente raddoppiato, dopo pochi mesi di guadagni illusori è tornato alla condizione iniziale ma ora c'è in moto una spirale che sarà difficilmente arrestabile (e l'Italia ne sa qualche cosa).
Un altro modo per avere un incremento generalizzato dei prezzi è quello di abbassare il costo del denaro (lo fa la banca nazionale) in modo che pur non avendo soldi in piu' in busta paga (come nel caso precedente) il lavoratore possa indebitarsi a basso costo. Lo si fa in periodi di crisi, unito alla stampa di denaro fresco. Anche questo genera inflazione e svalutazione e quindi crea una spirale inflazionistica per l'importazione di materie prime ed energie tutte piu' care.
Facendo una prima sintesi, pare che se ci limitiamo al mercato (privo di monopoli, come deve essere il mercato per essere definito libero) i prezzi devono scendere ed il potere di acquisto aumentare. Invece quasi tutte le condizioni in cui i prezzi aumentano sono dovuti alla politica economica o monetaria degli Stati (imposte, tasse, contributi, politiche di sostegno della domanda tramite denaro fresco e bassi tassi di interesse, dazi doganali alle importazioni, sostegno alle esportazioni). Il risultato è quello che vediamo, perché lo Stato occupa in certi casi anche il 50% del PIL e quindi ha un potere inflazionistico fortissimo, che annulla praticamente tutti i vantaggi di produttività e potere d'acquisto che la parte produttiva del paese produce.
Quindi il mercato produce deflazione, le politiche pubbliche producono inflazione.
La risultante, come in fisica, dipende, nazione per nazione, dalle forze in campo.
PS: corretto il titolo (aggiunta la "l" in inflazione)