Dice bene franz....infatti l'art. 18, che esiste solo in Italia (chissà perchè

), andrebbe abolito
ma in presenza della flexsecurity (salario minimo ed altro...vedi Ichino).
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id ... sez=ITALIALicenziamenti, Fini: rischio tensioni sociali il governo non sia irresponsabile
Allarme Cgia Mestre: con nuove norme la disoccupazione sarebbe all'11%.
Casini: serve salario minimo. Pd: impraticabile
ROMA - Se una normativa che rendesse più semplici i licenziamenti fosse stata applicata durante gli anni della crisi economica, il tasso di disoccupazione in Italia sarebbe salito all'11,1%, anziché essere all'8,2% attuale, con quasi 738mila persone senza lavoro in più rispetto a quelle conteggiate oggi dall'Istat. E' lo scenario delineato dall'associazione artigiani Cgia di Mestre, secondo quello che il segretario Giuseppe Bortolussi definisce «un puro esercizio teorico» ottenuto «ipotizzando di applicare le disposizioni previste dal provvedimento sui licenziamenti per motivi economici a quanto avvenuto dal 2009 ad oggi».
Nella simulazione della Cgia è stato calcolato il numero dei lavoratori dipendenti che tra l'inizio di gennaio del 2009 e il luglio di quest'anno si sono trovati in Cig a zero ore. Vale a dire i lavoratori che, per ragioni economiche, sono stati costretti ad utilizzare questo ammortizzatore sociale del quale, con il nuovo provvedimento - secondo la Cgia - potranno disporre probabilmente solo a licenziamento avvenuto. Pertanto, se fosse stata applicabile questa misura segnalata nei giorni scorsi dal governo all'Ue, negli ultimi due anni e mezzo questi lavoratori, che hanno usufruito della Cig, si sarebbero trovati, trascorso il periodo di "cassa", fuori dal mercato del lavoro.
Secondo la stima della Cgia, sommando le Ula (Unità di lavoro standard) che hanno utilizzato la Cig a zero ore nel 2009 (299.570 persone), nel 2010 (309.557) e nei primi sette mesi di quest'anno (128.574), si ottengono 737.700 potenziali espulsi dal mercato del lavoro che in questi ultimi due anni e mezzo avrebbero fatto salire il tasso di disoccupazione relativo al 2011, all'11,1%.
Fini: rischio autunno caldo. «Se, come mi sembra di aver capito, si tende solo a favorire la possibilità di licenziare, c'è il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un'area del Paese - ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, al congresso regionale di Futuro e Libertà - Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e le categorie economiche per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e prosperare. Altrimenti si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro».
«Per mesi e mesi si è autocelebrato quotidianamente il rito dell'Italia che reggeva la crisi - ha detto Fini - Non era vero. L'Italia non è il paese dei balocchi. La crisi si è fronteggiata e si fronteggia tenendo i conti pubblici sotto controllo, cosa indispensabile, ma sarebbe stato meglio non aver negato per troppo tempo la necessità di farlo».
Sacconi: licenziamenti per motivi economici vanno resi più trasparenti. Non solo «rivedere le norme sui licenziamenti per motivi economici», ma «contrastare l'abuso dei contratti co.co.co. e dei tirocini», «promuovere il lavoro giovanile con l'apprendistato e quello femminile con i contratti di inserimento part time», «aumentare l'occupazione nel Sud col credito d'imposta a valere sul Fondo sociale europeo». Sono le proposte per il mercato del lavoro che il ministro del Welfare Maurizio Sacconi si prepara a presentare alle parti sociali. La trattativa, dice, sarà aperta «presto, nei prossimi giorni». Sacconi difende le nuove proposte sui licenziamenti indicate nella lettera del governo a Bruxelles. «A luglio - afferma - il Consiglio europeo ha raccomandato all'Italia di riformare la legislazione sui licenziamenti e la stessa raccomandazione è arrivata dalla Bce, dall'Ocse e dal Fondo monetario internazionale». Il ministro sottolinea che l'obiettivo del governo non è quello di «licenziamenti facili, ma creare le condizioni per la crescita delle imprese e dell'occupazione. Vogliamo dare più certezze, perché quando un'impresa si rattrappisce non c'è legge che possa garantire il posto di lavoro». Su questo tema Sacconi precisa che i licenziamenti «discriminatori» resteranno «nulli», mentre «quelli per motivi economici vanno resi più trasparenti e certi nelle modalità e nelle tutele per il lavoratore».
Casini: sì licenziamenti, ma solo con salario minimo. «Dico sì a una riforma dei licenziamenti purché sia accompagnata da un paracadute, un ammortizzatore sociale come il salario minimo»: così Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, pone le condizioni per aprire un confronto su una delle misure più discusse e criticate, contenute nella lettera di intenti che il governo ha portato mercoledì scorso a Bruxelles. Proprio sul documento elaborato dal governo, Casini dice che «rimarrà inattuato perché il governo non c'è. La non credibilità del governo è nei fatti nonostante il via libera della Ue alla lettera di impegni e il costante lavoro della Bce per calmierare i tassi, oggi per vendere i nostri titoli pubblici siamo costretti a offrire un rendimento record oltre il 6%». Sul capitolo subito definito dei "licenziamenti facili", Casini osserva che «non si può pensare di rendere meno rigidi i licenziamenti senza offrire un paracadute, un ammortizzatore sociale come il salario minimo. «Siamo in un momento in cui tutte le forze sane e responsabili del Paese, politiche e sociali, sono chiamate a un'assunzione di responsabilità che impone di affrontare la situazione complessivamente. Questo governo che predicava meno tasse per tutti ha portato la pressione fiscale a livelli record e a pagarne le conseguenze sono soprattutto le imprese e le famiglie». Occorre trasferire «parte di questo carico su chi finora ha pagato poco o nulla: gli evasori certamente ma anche chi ha guadagnato grazie alla speculazione, le rendite finanziarie e i grandi patrimoni».
Damiano: salario minimo è soluzione impraticabile. Il salario minimo di disoccupazione non è stato possibile attuarlo negli «anni di vacche grasse», dove si vanno a trovare le risorse oggi che in giro non c'è un'euro? È la domanda che Cesare Damiano, ex ministro del Welfare e oggi capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, mette sul tappeto nel commentare la proposta di Casini. «Per quello che mi riguarda - premette il parlamentare del Pd - un provvedimento che va a incidere sulle norme che regolano ora il licenziamento, non può essere accettato. Sarebbe un segnale gravissimo al Paese, soprattutto in un momento di crisi. Non dimentichiamo che le imprese, dal 2008 a oggi, hanno richiesto 3 mld di ore di Cig e che attualmente centinaia di migliaia di lavoratori sono di fatto cassintegrati e che, una volta superate le attuali difficoltà del quadro economico, pensano di poter tornare al loro posto di lavoro. Che segnale dà il il governo se invoca il principio di licenziamento per motivi economici? Comunque non mi sembra proprio che la soluzione risieda in un salario garantito non meglio precisato. Garantito a chi? A tutti i disoccupati. Il costo è sostenibile per la collettività? Mi pare che di questi tempi le uniche certezze siano i tagli. Si tagliano le pensioni alle donne ma non si migliorano le loro condizioni di vita e di lavoro. Né migliorano le condizioni per i giovani, pretendendo di licenziare i padri con l'idea fasulla di assumere i figli, moltiplicando le modalità di assunzione a termine. Mi paiono tutti controsensi che nascondono un solo intendimento: colpire sempre dalla stessa parte come fa il governo e in particolare lo stato sociale».
Idv: salario minimo non attenua norme sui licenziamenti. «Lo si chiami salario minimo, indennità di disoccupazione o con un altro nome, poco cambia - dice il vice capogruppo dell'Idv alla Camera, Antonio Borghesi - L'elemento concreto che ci fa dire di no, sono le norme, inaccettabili, che rendono più facile il ricorso ai licenziamenti. Francamente non mi sembra una grande trovata, mi pare che discutere di salario minimo sia solo un modo per facilitare il varo di un provvedimento inaccettabile in generale, ma ancor di più in un momento di gravissima crisi per i lavoratori e le famiglie. Non mi pare una proposta in grado di farci cambiare la nostra opinione totalmente negativa sul licenziamento facile».
Sabato 29 Ottobre 2011 - 12:48 Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Ottobre - 09:11