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RIFORME: VOLERLE SENZA FARLE

MessaggioInviato: 26/09/2011, 12:26
da ranvit
Piaccia o no Ostellino, ha centrato in pieno i guasti dell'economia italiana....naturalmente da liberale.

Per quanto riguarda pero' "il buco della serratura"...credo sottovaluti il fatto che un uomo pubblico non puo' comportarsi come Berlusconi. Che, fra l'altro, trasforma il privato in pubblico nel mometo in cui interviene sulla Polizia per farsi riconsegnare Ruby, fa eleggere le sue amichette in istituzioni pubbliche, traffica in qualche modo con faccendieri e gaglioffi vari che corrompono e rubano dalle casse pubbliche.


http://www.corriere.it/editoriali/11_se ... f157.shtml


RIFORME: VOLERLE SENZA FARLE
Società e politica, la doppia morale

L’asfittica manovra del governo, in senso liberale, introduceva un minimo di flessibilità nelle relazioni industriali. Hanno provveduto Confindustria e sindacati a spazzarla via con l’accordo che ripristina la dittatura del contratto collettivo in nome dell’ «autonomia delle parti sociali » che, di fatto, toglie la parola alla sola parte sociale che dovrebbe contare— i lavoratori — per (ri)consegnarla alle due corporazioni. La logica è sempre la stessa: i sussidi pubblici all’industria; la gestione delle relazioni industriali ai sindacati «consociati» con i padroni. Il che spiega perché nessuno riduca la spesa pubblica — aumentata, invece, di circa seicento miliardi dalla nascita del bipolarismo centrodestra- centrosinistra (1994) a riprova che, chiunque governi, la musica è sempre la stessa: come spillare altri soldi dalle tasche dei cittadini per farvi fronte — e perché di sviluppo e crescita manco parlarne.

Se ogni Paese ha la classe politica che si merita, la conclusione è che la confusione politica viene da lontano. La società civile — che, poi, vuol dire l’establishment, a tutti i livelli, e il «sentire comune» dell’uomo della strada — da noi, non è migliore della Casta politica, bensì ne è a fondamento. L’Italia non è sprofondata, all’improvviso, in un «vuoto politico», mentre l’intero Paese continuerebbe a progredire. È vero il contrario. È stato il «vuoto sociale» di una parte del Paese — che meglio sarebbe dire «culturale» —ad aver inabissato la democrazia in un vuoto politico.

Basta togliere l’occhio dal buco della serratura della camera da letto di Berlusconi per capire che ciò che ha generato l’attuale situazione è l’idea che a produrre progresso non possano essere i singoli individui— messi nelle condizioni di perseguire liberamente i propri interessi, alla sola condizione di non danneggiarsi reciprocamente— ma debba essere «il disegno» di una razionalità legislativa e di governo provvidenzialiste. Il fatto che ogni governo, prima o poi, pretenda di avere una «politica industriale » ha prodotto due distorsioni. L’invasione, da parte dei partiti, di un terreno, la produzione di ricchezza, che, in una società «aperta », è delle forze sociali; l’Italia è il Paese dove, più che in ogni altro, la nascita di un’azienda, e la sua stessa esistenza, dipendono da un apparato legislativo e amministrativo invasivo e soffocante. La conseguente dipendenza del mondo dell’impresa—che meglio sarebbe definire assuefazione e adeguamento — dalla discrezionalità della politica, cioè dalle sue concessioni legislative e finanziarie.

Il centrodestra oscilla fra il «rigore burocratico» del ministro delle Finanze, che inclina al dirigismo pubblico, e la carenza di visione di quello dell’Economia, incarnati nella stessa persona, che si ispira a una sorta di «vetero- mercantilismo», e il velleitarismo del presidente del Consiglio, una sorta di dottor Jekyll (il politico liberale a parole) e di mister Hyde (l’imprenditore monopolista per vocazione).

Piero Ostellino
26 settembre 2011 09:07