Dopo vent'anni nulla è cambiato
La spesa corrente continua ad aumentare nella totale assenza di una politica economica di largo respiro
di Italia Futura , pubblicato il 1 agosto 2011
La manovra varata in gran fretta dal governo per far fronte agli attacchi speculativi, per i suoi contenuti, fa tornare alla memoria gli anni Ottanta, periodo terribile per la finanza pubblica italiana. Allora, a causa di una dinamica della spesa e del debito fuori controllo i governi erano costretti, anno dopo anno, a varare (improbabili) piani di rientro volti a stabilizzare la dinamica del rapporto tra debito e PIL. Questi piani erano basati su un aumento immediato delle entrate e su annunci di interventi “strutturali” sulle dinamiche della spesa, che essendo puntualmente disattesi, obbligavano l’anno successivo ad un nuovo piano di rientro ed a nuovi aumenti di imposte.
È triste osservare che dopo vent’anni nulla è cambiato, la spesa corrente continua ad aumentare e per farvi fronte si ricorre, esattamente come negli anni Ottanta, ad aumenti delle entrate attraverso provvedimenti estemporanei (accise, ticket, etc...) nella totale assenza di una politica economica di largo respiro. Di fatto negli ultimi dieci anni la spesa pubblica al netto degli interessi è cresciuta ad un ritmo di circa una volta e mezzo rispetto alla crescita media del PIL nominale (3,7 contro il 2,4), per un aumento complessivo del 38,6% nel periodo 2001-2010, a fronte di un aumento del PIL del 24%. Di conseguenza, il rapporto fra la spesa pubblica, al netto degli interessi, ed il PIL ha raggiunto i valori record del 47,8% nel 2009 e del 46,7% nel 2010 (dal 40% nel 2000), riportando il rapporto spesa totale/PIL sopra il 50%, valori che non si osservano più dalla metà degli anni Novanta, quando però la sola spesa per interessi viaggiava su valori intorno al 12% del PIL contro il 4,5% del 2010.
Perdendo un’occasione storica, negli ultimi dieci anni abbiamo così dilapidato il capitale che l’entrata nell’euro ci aveva fornito attraverso il forte risparmio nella spesa per interessi sul debito pubblico. C’è da chiedersi che cosa accadrebbe se, in assenza di manovre credibili da parte del governo italiano, le perturbazioni osservate sui mercati finanziari in questi giorni dovessero continuare, lasciando gli spread sui tassi di interesse tedeschi ai livelli massimi osservati in questo periodo.
È necessario quindi agire con urgenza “bloccando” in maniera credibile i meccanismi di spesa. Non esistono scorciatoie, solo il controllo effettivo della spesa pubblica potrà evitare un ulteriore aumento della già elevatissima pressione fiscale e un brusco aumento del costo dell’indebitamento, che riporterebbe l’Italia su quel sentiero di insostenibilità del debito pubblico che ha caratterizzato gli anni Ottanta ed i primi anni Novanta.
Anche se il deficit pubblico attuale è inferiore a quello medio dei paesi dell’Europa, l’entità del debito pubblico, la litigiosità del governo, la struttura ed il timing della manovra non rassicurano i mercati, esponendo il nostro Paese al rischio potenziale di attacchi speculativi. La bassa qualità della manovra, eccessivamente orientata sull’innalzamento della pressione fiscale, costituisce un chiaro segnale dell’incapacità di superare i veti dei gruppi di pressione, i quali ostacolano provvedimenti volti ad affrontare le inefficienze che caratterizzano la spesa pubblica e danneggiano il nostro sistema produttivo. C’è da chiedersi che fine abbia fatto la rivoluzione liberale annunciata con l’avvento della Seconda Repubblica, che prevedeva un cospicuo alleggerimento della pressione fiscale e del peso dello stato nell’economia.