E senza emendamento sui precari per le Poste un “buco” nei conti da 350 milioni l’anno
di Pietro Piovani
ROMA (31 luglio) - Un impiego alle Poste è tuttora un traguardo ambito da tanti italiani, ma ad alcuni non basta. Sono almeno 4-5 mila gli ex dipendenti con contratto a termine che, pur avendo avuto l’opportunità di un’assunzione sicura e definitiva, hanno scelto di andare avanti con la causa. Non si accontentano del posto di lavoro fisso, vogliono l’indennizzo: un risarcimento economico pari allo stipendio che avrebbero percepito se negli anni passati avessero sempre lavorato con contratto a tempo indeterminato.
Sono cifre grosse, decine di migliaia di euro a testa. Per Poste Italiane questa storia dei precari è una calamità che va avanti da anni, e che si fa sentire sui bilanci. Nel 2008, per esempio, la società prevede di spendere 350 milioni di euro come arretrati dovuti al contenzioso. La metà della somma ormai è già andata, come si legge nella semestrale approvata l’altroieri. L’emendamento del governo però consentirebbe all’azienda di recuperare almeno una parte dei soldi, e di risparmiare per gli anni a venire. In gioco, come si diceva, non sono tanto i posti di lavoro. I 5 mila ex-contrattisti di cui stiamo parlando avrebbero potuto aderire all’accordo raggiunto con i sindacati nel 2006 (come hanno fatto tanti altri): avrebbero così ottenuto l’ingresso in pianta stabile negli organici, a condizione di firmare la rinuncia ad altre pretese economiche. I 5 mila invece sono quelli che, avendo scelto di continuare con l’azione legale, hanno vinto la causa in primo grado.
Ora però è arrivata una nuova offerta, destinata sia ai 5 mila che hanno rifiutato la prima proposta sia ad altri 10 mila che non potevano rientrare nei termini di quell’accordo ma che nel frattempo hanno a loro volta vinto una causa di primo grado. A questi 15 mila, che già sono in servizio alle Poste in virtù di una sentenza, l’azienda dice: noi siamo disposti a non presentare ricorso in appello, se voi ci restituite l’indennizzo che vi abbiamo dovuto pagare per ordine del giudice. La restituzione può avvenire a rate spalmabili in un periodo che può durare anche quindici anni. I sindacati caldeggiano l’adesione all’accordo, che è stato firmato da tutte le principali sigle. Anche i manager di Poste Italiane sperano che aderiscano in tanti, l’assunzione degli ex-contrattisti non è un problema per un’impresa che ogni anno deve rimpiazzare 4-5 mila dipendenti andati in pensione. Ecco perché l’amministratore delegato Massimo Sarmi ha premuto tanto, sia sul governo sia sulla Confindustria, affinché venisse presentato il cosiddetto emendamento anti-precari, ribattezzato da qualcuno «emendamento salva Poste». Una norma che esclude un risarcimento maggiore di qualche mensilità di stipendio darebbe alla società la certezza (o quasi) di vincere il ricorso. Ed è chiaro che i 15 mila potenziali destinatari dell’ipotesi di conciliazione avrebbero a quel punto tutto l’interesse ad accettare la transazione.
Qualcuno, leggendo i giornali, ha temuto che l’emendamento cancellasse anche l’accordo con i sindacati: «È una notizia destituita di ogni fondamento» avverte Ciro Amicone della Uil. «Per chi aderirà all’intesa, la stabilizzazione è garantita. L’emendamento del governo, che non è assolutamente giusto chiamare “salva Poste”, non modifica una situazione che eravamo già riusciti a risolvere».
A perdere invece ogni diritto con l’approvazione del decreto sarebbero coloro che non hanno ancora vinto una sentenza di primo grado. È vero che i lavoratori in causa con le Poste sono perlopiù precari di vecchia data (in genere risalgono ancora all’epoca di Corrado Passera) ma l’esito positivo di molte vertenze ha convinto tantissimi altri a rivolgersi all’avvocato anche in tempi recenti. Intanto per tutti i 155 mila dipendenti di Poste Italiane sta per arrivare l’anticipo del premio di risultato 2008: sulla busta paga di settembre ci saranno in media 1.040 euro lorde a testa.
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