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Industria Italia in lenta discesa

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Industria Italia in lenta discesa

Messaggioda franz il 10/06/2011, 9:53

Secondo un rapporto di Confindustria, nella classifica mondiale la Penisola nel 2010 è scivolata dal quinto al settimo posto, superata da India e Corea del Sud

■ MILANO L'Italia resta il secondo pro­duttore industriale europeo, alle spal­le della Germania, ma scivola dalla quinta alla settima posizione mondia­le, superata da India e Corea del Sud. Lo rivela il rapporto sugli Scenari in­dustriali del Centro Studi di Confin­dustria, l'associazione delle imprese italiane, che lancia l'allarme sul ral­lentamento dell'attività manifatturie­ra tricolore: negli ultimi tre anni è ca­lata del 17% cumulato, il doppio o il triplo di quelle dei maggiori concor­renti (ha fatto peggio solo la Spagna). Pur essendo ancora un Paese a forte vocazione industriale, l'Italia dal 2007 al 2010 ha visto scendere dal 4,5 al 3,4 la sua quota percentuale di valore sul­la produzione mondiale. La perdita di competitività accumulata in prece­denza e gli effetti della crisi si sono ri­percossi sull'attivo negli scambi inter­nazionali di prodotti manufatti, che si è dimezzato dai 63 miliardi di euro del 2008 ai 39 del 2010. Inoltre la produ­zione industriale italiana è quasi fer­ma ai livelli dell'estate scorsa, con ap­pena uno 0,1% di crescita media men­sile da luglio 2010 a marzo 2011.

«Non pare esserci piena coscienza nel Paese del ruolo cruciale giocato dalle attività manifatturiere come princi­pale motore della crescita dell'intera economia», si legge nel rapporto. Al­l'industria sono infatti legati diretta­mente e indirettamente più di un ter­zo del PIL e 8,2 milioni di unità di la­voro: senza il suo contributo determi­nante agli scambi con l'estero, il siste­ma economico italiano implodereb­be. Lo dimostra, tra l'altro, la stretta correlazione tra grado di industrializ­zazione e livello del benessere rag­giunto, valida ovunque ma in partico­lare in Italia, dove Lombardia ed Emi­lia-Romagna risultano le prime regio­ni sia per il valore aggiunto industria­le pro capite sia per il PIL pro capite a parità di potere d'acquisto.

Il motivo? Attraverso l'innovazione introdotta dal manifatturiero nei prodotti e nei processi si genera l'aumento di pro­duttività anche per gli altri settori: l'in­formatizzazione dei servizi, per fare un esempio, non sarebbe mai avve­nuta senza il «manufatto» computer. Tanto più che è nel manifatturiero che si effettuano la ricerca e lo sviluppo, base dell'innovazione. «È l'altra fac­cia del dualismo economico e civile tra Nord e Sud del Paese - commen­ta il rapporto -. Il Mezzogiorno è ri­masto arretrato anche perché non si sono create le condizioni per la sua industrializzazione».

L'Italia tuttavia, sottolinea Confindu­stria, non è la sola a perdere quote del­la «torta» globale. In quello che si con­ferma come un colossale spostamen­to del baricentro manifatturiero mon­diale, tutti i Paesi di più antica indu­strializzazione hanno fatto passi in­dietro a vantaggio degli Emergenti asiatici, che tra il 2007 e il 2010 hanno conquistato 8,9 punti percentuali e so­no saliti al 29,7% sul valore della pro­duzione industriale totale. La sola Ci­na è al 21,7% (+7,6 punti) e si trova ora saldamente prima.

L'India ha guada­gnato quattro posizioni ed è quinta. Se si allarga lo spettro a un periodo più ampio, dal 2000 al 2010, colpisce l'ar­retramento degli Stati Uniti (che in dieci anni hanno lasciato sul campo il 9,2% del valore del manifatturiero globale) e del Giappone (-6,7%), un tempo locomotive mondiali.
ENRICO MARRO, www.cdt.ch
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