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Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda ranvit il 15/12/2010, 21:03

E senza tener conto del sommerso!

Ricordiamocelo quando qualche "buontempone" del Pd/Idv/Sel si fa venire in mente di proporre l'aumento di qualche altra tassa...invece che tagliare costi a partire da quelli per la politica.
Il che costituisce una delle ragioni storiche del voto al centrodestra.

Vittorio


http://www.corriere.it/economia/10_dice ... aabc.shtml

PENULTIMA INVECE PER IL LAVORO GIOVANILE
Pressione fiscale, Italia terza al mondo
Nel 2009 con il fisco al 43,5% del Pil superato anche il Belgio. Ora davanti ci sono solo Svezia e Danimarca



MILANO - Una medaglia di bronzo che tutti gli italiani avrebbero preferito non avere. È quella della pressione fiscale più alta al mondo, che nella classifica dei Paesi più tartassati vede l'Italia nel 2009 raggiungere il terzo posto scavalcando il Belgio che ci precedeva e ora vede le prime due posizioni, occupate però saldamente da Danimarca e Svezia. Lo riferisce l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nelle stime preliminari relative all'anno scorso contenute in Revenue Statistics.
PRESSIONE - In Italia la pressione fiscale è cresciuta dal 43,3% del prodotto interno lordo del 2008 al 43,5% del 2009. Il Bel Paese supera così il Belgio, che nel 2009 ha visto il peso del fisco diminuire di un punto percentuale netto: dal 44,2% del 2008 al 43,2%. Prima dell'Italia nel 2009 si collocano quindi solo la Danimarca (48,2%) e la Svezia (46,4%).


LAVORO GIOVANILE - Situzione diamentralmente opposta per quanto riguarda il lavoro giovanile. Secondo i dati Ocse, l'Italia è al penultimo posto tra i 33 Paesi membri per quanto riguarda il tasso dell'occupazione giovanile. In Italia solo il 21,7% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è occupato, contro una media Ocse del 40,2%. Dietro l'Italia c'è solo l'Ungheria con il 18,1%. L'Italia ha anche il minor tasso di occupati tra i giovani laureati e la maggior percentuale di giovani «falsi autonomi»: infatti nel 2008 circa il 10% dei giovani occupati italiani risultava autonomo ma senza dipendenti, contro una media del 3% nell'Ue. Tra gli occupati inoltre, riporta ancora lo studio, il 44,4% ha un impiego precario, e il 18,8% lavora part time. Per quanto riguarda i disoccupati, oltre il 40% sono senza lavoro da lungo tempo, e il 15,9% non studiano né lavorano: tra questi ultimi 6,7 milioni sono in cerca di un impiego mentre altri 10 milioni hanno smesso di cercare.

Redazione online
15 dicembre 2010
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda matthelm il 15/12/2010, 21:40

Sì e pensiamo anche alle imprese medio-piccole che pagano tutto il "dovuto" al fisco devono affrontare la crisi, fare ammortamenti, ricerca, pagare l'energia più dei concorrenti stranieri, costo del lavoro esagerato e sottostare alle numerose ed inutili vessazioni ecc. ecc.
Questa è una tragedia nella tragedia perché soffoca la possibilità di ripresa delle aziende sane contro il sommerso e gli evasori di ogni tipo.
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Re: Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda flaviomob il 16/12/2010, 0:07

Gli onesti vengono munti, pagano tutte le tasse e si svenano, per ricevere in cambio servizi a volte scadenti, talvolta pessimi. I disonesti si dividono in due categorie: quelli che si ingrassano evadendo le tasse e facendo lavorare in nero e quelli che fanno girare le tangenti gonfiando gli appalti (tav e metropolitane non costano in nessun paese civile quanto in Italia, a chilometro, tanto per dire...) ed eliminando la concorrenza virtuosa e migliore.
L'è tutto da rifare!!!


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Re: Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda pianogrande il 16/12/2010, 0:19

Più che di onesti e disonesti, forse, sarebbe più realistico di parlare di forti e deboli.
Tantissimi onesti per forza evaderebbero se fosse possibile (evadono quando è possibile).
Quello che non va è che esista questo divario di forza tra varie categorie di cittadini.
Il governo si compra il consenso di una parte della popolazione a spese dell'altra.
Questa è l'ingiustizia che sta alla base di tutto.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda flaviomob il 16/12/2010, 0:52

Forse per i lavoratori dipendenti è vero, pagano tutto perché tassati alla fonte. Ma per le imprese bisogna dire che la distinzione tra onesti e disonesti c'è ed è piuttosto netta. Ricordiamoci per esempio di quanti imprenditori pagano il pizzo, ma anche di quanti (piccoli) imprenditori sono morti in Sicilia per denunciare la mafia ben consapevoli dei rischi che correvano.


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Re: Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda pianogrande il 16/12/2010, 14:10

Be'.
Non volevo certo dire che non esistono imprenditori onesti (ci mancherebbe!).
Sui grandi numeri, però, il mio concetto resta inalterato.
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Re: Pressione fiscale, Italia terza al mondo

Messaggioda flaviomob il 04/01/2011, 17:31

http://www.economiaepolitica.it/index.p ... el-lavoro/

Da leggere per intero, con molte tabelle esplicative.


...Un aumento della diseguaglianza nella distribuzione dei salari e degli stipendi a favore dei top manager, nonostante possa essere compatibile con una quota più o meno costante delle retribuzioni del lavoro sul PIL, ha come effetto una diminuzione della parte di reddito dei “lavoratori medi”....


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Chi detiene il debito pubblico italiano?

Messaggioda flaviomob il 04/04/2011, 23:44

Chi detiene il debito pubblico italiano

di Luca Troiano (sito) lunedì 4 aprile 2011

È noto a tutti che il debito italiano ha raggiunto livelli esorbitanti. Meno noto è che la metà del debito sia in mano a stranieri. E le conseguenze che questo comporta.

1. Nel 1837 Benjamin Disraeli scriveva che “Il debito è il padre d’una numerosa figliolanza di follie e di delitti”. In altre parole, ogni debitore, specie se di lungo corso, finisce sempre per avventurarsi in comportamenti irrazionali. Soprattutto se si tratta di uno Stato sovrano, capace di impegnare la responsabilità delle proprie generazioni future.

Uno Stato in deficit, ossia che spende più i quanto incassa, copre l’ammanco emettendo titoli di debito. È risaputo che, più il debito cresce, più lo Stato debitore incontrerà delle difficoltà nel restituirlo.

Meno ovvio è che c’è molta differenza se i creditori sono i propri cittadini o soggetti stranieri.

2. Fino a poco tempo fa i titoli di Stato erano la forma d’investimento in cui confluivano i risparmi delle famiglie. Secondo la Banca d’Italia, nel 1995 il 90% del debito pubblico era nelle mani di investitori italiani.

La storia economica ci insegna che, dall’Illuminismo in poi, questo rapporto ha rappresentato il più forte legame tra gli Stati e i loro popoli nelle nazioni democratiche. Ciò perché i cittadini, essendo creditori dello Stato, erano cointeressati alla gestione delle finanze pubbliche. E lo Stato, dal canto suo, era in un certo senso “obbligato” a fare buon uso dei fondi introitati attraverso il debito. Gli interessi di governanti e governati finivano così per coincidere.
In Italia, dove più di ogni altro Paese in Europa tali interessi sono tra loro distanti, questo meccanismo ha portato ad alcune distorsioni.

Per coprire il deficit senza aumentare il debito si sarebbe potuto aumentare le tasse. Ma così i governi avrebbero perso voti. Quindi, meglio indebitare lo Stato, lasciando i soldi in tasca agli italiani e illudendoli che avrebbero potuto riempirsele investendo in Bot e Btp. Ma così facendo le tasse non potevano che aumentare comunque, poiché aumentando il debito, aumentano gli interessi da pagare. Con l’aggravante di appesantire il bilancio statale con un onere per gli interessi che oggi supera gli 82 miliardi di euro annui.

Nel frattempo ci hanno guadagnato i ricchi e ci hanno perso i poveri: i titoli di Stato sono stati accumulati da banche, assicurazioni o nababbi per avere una rendita sicura con interessi alti. Interessi, ovviamente, a carico dei contribuenti. Cioè dei lavoratori dipendenti, quelli che le tasse le pagano sempre. E che possedevano solo il 10% del debito totale.

La rendita sicura è stata garantita anche da una tassazione ridicola, fissata in un’aliquota unica del 12,5% dalla riforma Visco del 1997. Con buona pace del criterio di progressività sancito dalla Costituzione. In pratica gli italiani più ricchi hanno pagato meno tasse, in compenso facendo raddoppiare il debito.

Un cortocircuito finanziario che ha contribuito a rendere i ricchi ancora più ricchi e i poveri più poveri. Non è un caso se l’Ocse rivela che negli ultimi 15 anni in Italia la differenza tra ricchi e poveri è aumentata del triplo rispetto alla media europea. Alla faccia dei buoni propositi sulla redistribuzione della ricchezza.

3. Oggi la situazione è mutata. Complice la sopraggiunta “povertà” delle famiglie italiane, queste ultime hanno drasticamente ridotto la loro percentuale di risparmio in titoli di Stato, mentre è enormemente cresciuta la quota di debito in mano a soggetti stranieri. Esponendo il Paese al rischio di gravissimi problemi.

Il Bollettino statistico della Banca d’Italia1 sottolinea che dal 1995 ad oggi la percentuale del nostro debito pubblico detenuto da soggetti non residenti è progressivamente cresciuta dal 10% al 50%. E il debito attuale ammonta a 1.844 miliardi di euro, oltre il 120% del PIL, che ci porta ad essere l’ottavo Paese più indebitato al mondo2. Questo significa che, ragionando per assurdo, anche se noi italiani per amor di patria regalassimo allo Stato tutto il credito concesso, il debito resterebbe almeno per la metà dell’attuale valore. Per assurdo, perché la maggior parte di quei denari sono costituiti da fondi pensione o assicurativi. E dunque, intoccabili.

4. A chi appartiene oggi il debito pubblico italiano oggi?
La risposta l’ha data il New York Times, in seguito alla crisi greca dello scorso anno3. La Francia detiene 511 miliardi del nostro debito, pari al 30% del debito stesso e al 20% del PIL d’oltralpe. Il quotidiano della Grande Mela voleva evidenziare che, se il nostro Paese piombasse in una crisi di liquidità, ne soffrirebbe tutta l’area euro, al punto da metterne a rischio la stessa esistenza. Ma c’è un altro aspetto che ci riguarda molto da vicino.

Un Paese che sottoscrive il debito pubblico di un altro, oltre ad investire la propria liquidità e garantirsi un flusso di cassa pluriennale, ne ricava un altro effetto positivo. Calcolabile nel lungo periodo.

Se gli acquisti del Paese creditore sono fatti durante un periodo di crisi (come sappiamo ne è in corso una, e ci siamo dentro fino al collo), il potere negoziale esercitabile è notevole. Il creditore può ottenere in contropartita delle clausole nei trattati commerciali. La Cina, ad esempio, sottoscrivendo il debito greco ha chiesto l’uso del porto del Pireo e che le future navi in dotazione alla marina di Atene siano comperate in Cina.

Il debito ha l’effetto di incrementare le esportazioni dal Paese creditore al debitore, favorendo la competitività delle proprie industrie. E orientando le scelte commerciali (e strategiche) del debitore a proprio vantaggio.

5. Alla luce di queste considerazioni possiamo comprendere perché il governo non fa nulla per impedire che i colossi francesi acquisiscano aziende italiane. Ma sopratutto perché ha tanta premura di tornare al nucleare, acquistando le centrali dalla francese EDF.

Ora che il nostro debito non è più “in famiglia”, potrebbero essere proprio le famiglie italiane a pagarne le conseguenze, a cominciare dalle pensioni. E nella peggiore delle ipotesi, con le radiazioni.

I 511 miliardi di debito che pesano come un macigno sulle nostre spalle, a parere della maggioranza, sono una ragione sufficiente per svendere il nostro futuro e la nostra sicurezza.

Come sa bene Beppe Grillo, che nel suo blog aveva già denunciato a suo tempo: “EDF è il mandante, Berlusconi e la Confindustria gli esecutori materiali interessati”4.

Il ritorno al nucleare potrebbe rivelarsi la più drammatica delle “follie del debitore” di cui Disraeli parlava, e a pagare sarebbe l’Italia di domani. Quella dei nostri figli.

Che schiava di Roma Iddio la creò, declamava Mameli. E che il debito nascose all’ombra della Tour Eiffel.

1 http://www.bancaditalia.it/statistiche/ ... _14_11.pdf

2 https://www.cia.gov/library/publication ... 6rank.html

3 http://www.nytimes.com/interactive/2010 ... marsh.html

4 http://www.beppegrillo.it/2011/03/spegn ... index.html

FONTE: http://www.agoravox.it/Chi-detiene-il-d ... blico.html


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