Da Corriere.it:
LA CORTE CONDANNA IL COMPORTAMENTO DELL'ITALIA
Fisco, Corte Ue boccia il condono Iva
Per i giudici viola le norme e favorisce frode.
Il condono degli anni '98-'01 nella Finanziaria 2003
BRUXELLES - «Favorisce i contribuenti colpevoli di frode» e «viola gli obblighi derivanti dalla sesta direttiva Iva e l'obbligo di leale cooperazione»: così la Corte di Giustizia europea ha bocciato il condono sull'Iva per gli anni 1998-2001 contenuto nella Finanziaria 2003. I giudici di Lussemburgo hanno quindi ha dato ragione alla Commissione Europea e condannano - come si legge nella sentenza - «la rinuncia generale e indiscriminata all'accertamento delle operazioni imponibili relative all'Iva, effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta».
LA BOCCIATURA - La Corte ha evidenziato che ogni Stato membro ha l'obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative necessarie per garantire che l'Iva dovuta sul suo territorio sia interamente riscossa, verificando le dichiarazioni fiscali, calcolando l'imposta dovuta e garantendone la riscossione. Se è vero che gli Stati membri, si legge in una nota della Corte di giustizia relativa alla sentenza, beneficiano di una certa libertà nell'applicazione dei mezzi a loro disposizione, essi sono tuttavia tenuti a garantire una «riscossione effettiva delle risorse proprie della Comunità e a non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti». Ad avviso della Corte, la legge italiana inoltre «induce fortemente i contribuenti o a dichiarare soltanto una parte del debito effettivamente dovuto o a versare una somma forfettaria invece di un importo proporzionale al fatturato realizzato, evitando in tal modo qualunque accertamento o sanzione». Lo squilibrio «significativo» esistente tra gli importi effettivamente dovuti e quelli corrisposti da chi beneficia del condono fiscale conduce - sottolineano i giudici europei - ad una «quasi esenzione fiscale» che, per la sua entità, «pregiudica seriamente» il corretto funzionamento del sistema comune dell'Iva e danneggia il mercato comune perché i contribuenti in Italia possono sperare di non dover versare una considerevole parte di oneri fiscali. La Corte ha anche respinto la giustificazione dell'Italia che attribuisce al condono il merito di aver consentito all'erario di recuperare, senza lunghi procedimenti giudiziari, una parte dell'Iva non dichiarata. Per questo - si legge nella sentenza - la Corte «condanna la rinuncia generale ed indiscriminata all'accertamento delle operazioni imponibili relative all'Iva, effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, tramite la quale la Repubblica italiana viola gli obblighi derivanti dalla sesta direttiva Iva e l'obbligo di leale cooperazione».
17 luglio 2008