Il ritorno degli speculatori

ECONOMIA
LA STORIA
Il ritorno degli speculatori
di VITTORIO ZUCCONI
"Siamo sempre noi, vi ricordate di noi, sì? Il popolo delle scatole di cartone cacciati dalla terra promessa di Wall Street. Beh, siamo tornati, le nostre scatole vuote si stanno di nuovo riempiendo di soldi e la bolla si rigonfia. Tutto doveva finire, remember September?, ricordate il settembre nero. E tutto è ricominciato". Dalle finestre a vetri, il traffico di passanti e delle poche auto strozzate nella strettoia di Times Square sotto i nostri piedi si coagula e si liquefa come se nulla fosse mai accaduto e il settembre nerissimo sembra, come un altro settembre, un incubo sfumato nel ricordo. L'uomo che guarda la strada dalla vetrata, uno dei pochi scampati ai giorni dei lunghi coltelli, quando nomi come Lehman Brothers, Bear & Sterns, Merryl Linch, Citibank, Bank of America, per non citare neppure i mega pataccari alla Bernie Madoff, sprofondavano o sbandavano, riesce persino a sorridere.
"Vedi la gente là sotto? Non sono cambiati loro, non siamo cambiati noi. Tutti vogliono fare soldi, tutti hanno paura di perderli quando li hanno. Fino a quando esisteranno gli uomini, esisteranno le bolle". Qui nella trading room, nel termitaio del salone scambi di questa grande maison finanziaria, come in tutte le altre che un anno fa dovevano morire e un anno dopo guardano il corso delle proprie azioni puntare di nuovo alla stratosfera, il vento, se potesse entrare dalle finestre sigillate, porterebbe non più la paura di andare a fondo, ma semmai il timore di volare troppo in alto. In ogni ufficio di Goldman Sachs, che in un anno ha visto il proprio "stock" passare dai 49 dollari del novembre 2008 ai quasi 180 di ieri, di Morgan Stanley (dagli 11 dollari di un anno fa ai 33), di Citigroup (da 1 dollaro e 11 centesimi all'inizio dell'anno ai 4 di ieri), blaterano all'unisono gli schermi piatti sintonizzati sulla network che fa e disfa il mercato, la CNBC, sparando messaggi e profezie contraddittorie. Ma tra annunci di prossime catastrofi portate dai pessimisti e l'ottimismo garrulo di Jim Cramer, seguitissimo miliardario da talk show che esorta tutti a buttarsi dentro la nuova bolla, la sola certezza è che 12 mesi dopo quell'epifania di cartone che fece gridare alla "fine del capitalismo" non è cambiato nulla. "Si è organizzata un po' di messinscena per dare alle gente l'impressione che fossero finalmente arrivati i governi a mettere ordine e regole, ma chi ha voluto speculare al ribasso, al rialzo, con i famosi derivati e con i fondi hedge lo ha continuato a fare" urla Jim Cramer.
Una ex managing director di Lehman Brothers cacciata con la scatola di cartone piena di merendine zuccherose e di pillole alla caffeina, che era arrivata a incassare un milione e mezzo di bonus a fine 2007 (più lo stipendio), si è concessa una vacanza di sei mesi e ha fatto il giro del mondo, dal Bangladesh a Londra, dalla Terra del Fuoco al Vietnam. E' tornata, ha telefonato ai suoi ex clienti e colleghi, ha creato una propria finanziaria e finirà il 2009 con un portfolio da 750 milioni di dollari. "Quello che i governi fanno finta di non capire è che i soldi veri, i miliardi, non sono mai scomparsi".
Scrive Fortune che le prime 100 corporation americane hanno complessivamente riserve liquide per 948 miliardi di dollari, che tengono stretti in attesa di avere la certezza che la buriana politica sia passata. E poi? "E poi li dovranno investire. Appena l'inflazione ripartirà, come ripartirà con il disavanzo pubblico creato per salvarci, non potranno tenerli nel materasso a perdere valore. Guardi la gente là sotto, a Broadway, a Times Square. Mangiano, bevono, spendono, comprano. Consumano. E quando si saranno convinti che l'Apocalisse non c'è stata, che non saranno spazzati via da un altro '29, i soldi ricominceranno a bruciare in tasca e vorranno rendimenti migliori di quello 0,5% all'anno che i buoni del Tesoro oggi gli offrono. E noi siamo qui, per accoglierli".
C'è un piccolo indice, in Borsa, che racconta meglio di tutti perché si stia riformando la "bolla". Si chiama "Vix" e non è un prodotto per il raffreddore. Sta per "Volatility Index" e segnala appunto la volatilità, la violenza degli sbalzi nelle quotazioni. E' tornato ai massimi dell'anno, spinto dal Dow Jones capace di perdere e di guadagnare il 2% in 48 ore e garantisce che il mare di soldi sciabordanti nella stiva dell'economia tornerà a cercare quegli strumenti di vera, o illusoria, protezione finanziaria che si chiamano "derivate" e "hedge funds". Proprio quei prodotti che furono accusati di avere causato il giudizio universale del settembre 2008 e avrebbero dovuto essere spazzati via.
Si era sparso il panico delle retribuzioni e della fine dell'età dell'oro, i "bonus" di fine anno, quelle mostruosità che avevano regalato al presidente della Morgan Stanley, John Mack, soprannominato "Big Mac" come la polpetta a due piani della McDonald's, 40 milioni di dollari a fine 2006. Un record che aveva resistito appena due giorni, fino a quando la rivale Goldman Sachs attribuì al proprio leader maximo, Lloyd Blankfein, 53,4 milioni di dollari. Ma nessuna delle grandi banche ha atteso che la ghigliottina delle famose "nuove regole" immaginate per rabbonire le folle, cadesse sui loro manager. "Ci siamo semplicemente aumentati gli stipendi, per compensare il fatto che per un po' di tempo avremmo dovuto limitare i bonus di fine anno" sorride l'uomo che guarda Times Square.
Anche la mongolfiera che da sempre fa volare o precipitare nel proprio cestello l'economia americana prende quota: la casa. A San Francisco per prima, ma addirittura anche a Miami, la terra del disastro immobiliare, le case si ricominciano a vendere, sia pure a prezzi di saldo. Le banche, con i miliardi di profitti e di liquido pompati dalla Fed a tasso zero nelle loro casseforti, devono tornare a prestarli al 5%, perché le banche per questo esistono, per lucrare fra il costo e il rendimento del danaro, e il governo estende per altri tre mesi l'abbuono fiscale di 8 mila dollari sull'acquisto. Il vento della nuova speculazione non soffia ancora nelle case dei senza lavoro, che sono ormai quasi il 10%. Ma l'occupazione è sempre l'ultima a svegliarsi dal coma della recessione, perché le aziende aspettano prima di riassumere.
"Siamo rimasti in meno, noi delle scatole di cartone, e un terzo di quelli che sparecchiavano bonus nel 2007 hanno cambiato lavoro o città" dice l'uomo che guarda la bolla gonfiarsi dalla vetrata su Times Square. "Per ora, chi di noi è sopravvissuto vive alla giornata, sapendo che tutto può finire domattina, come il 15 settembre del 2008, perché niente è cambiato e il danaro non sta mai fermo, si riversa oggi sull'oro, poi sul petrolio, poi sulle Borse, poi sui derivati, poi sull'immobiliare e anche i governi più sinceri sono come i bagnanti che vogliono vuotare il mare con il cucchiaio delle loro regole. La lezione del fallimento delle Lehman Brothers non ha insegnato a noi, ma ai governi, il rischio di voler fare i duri davvero. Usano i loro soldi per salvarci, quando si accorgono che siamo ormai diventati troppo grandi per lasciarci fallire". Come sempre? "Come sempre".
www.repubblica.it
LA STORIA
Il ritorno degli speculatori
di VITTORIO ZUCCONI
"Siamo sempre noi, vi ricordate di noi, sì? Il popolo delle scatole di cartone cacciati dalla terra promessa di Wall Street. Beh, siamo tornati, le nostre scatole vuote si stanno di nuovo riempiendo di soldi e la bolla si rigonfia. Tutto doveva finire, remember September?, ricordate il settembre nero. E tutto è ricominciato". Dalle finestre a vetri, il traffico di passanti e delle poche auto strozzate nella strettoia di Times Square sotto i nostri piedi si coagula e si liquefa come se nulla fosse mai accaduto e il settembre nerissimo sembra, come un altro settembre, un incubo sfumato nel ricordo. L'uomo che guarda la strada dalla vetrata, uno dei pochi scampati ai giorni dei lunghi coltelli, quando nomi come Lehman Brothers, Bear & Sterns, Merryl Linch, Citibank, Bank of America, per non citare neppure i mega pataccari alla Bernie Madoff, sprofondavano o sbandavano, riesce persino a sorridere.
"Vedi la gente là sotto? Non sono cambiati loro, non siamo cambiati noi. Tutti vogliono fare soldi, tutti hanno paura di perderli quando li hanno. Fino a quando esisteranno gli uomini, esisteranno le bolle". Qui nella trading room, nel termitaio del salone scambi di questa grande maison finanziaria, come in tutte le altre che un anno fa dovevano morire e un anno dopo guardano il corso delle proprie azioni puntare di nuovo alla stratosfera, il vento, se potesse entrare dalle finestre sigillate, porterebbe non più la paura di andare a fondo, ma semmai il timore di volare troppo in alto. In ogni ufficio di Goldman Sachs, che in un anno ha visto il proprio "stock" passare dai 49 dollari del novembre 2008 ai quasi 180 di ieri, di Morgan Stanley (dagli 11 dollari di un anno fa ai 33), di Citigroup (da 1 dollaro e 11 centesimi all'inizio dell'anno ai 4 di ieri), blaterano all'unisono gli schermi piatti sintonizzati sulla network che fa e disfa il mercato, la CNBC, sparando messaggi e profezie contraddittorie. Ma tra annunci di prossime catastrofi portate dai pessimisti e l'ottimismo garrulo di Jim Cramer, seguitissimo miliardario da talk show che esorta tutti a buttarsi dentro la nuova bolla, la sola certezza è che 12 mesi dopo quell'epifania di cartone che fece gridare alla "fine del capitalismo" non è cambiato nulla. "Si è organizzata un po' di messinscena per dare alle gente l'impressione che fossero finalmente arrivati i governi a mettere ordine e regole, ma chi ha voluto speculare al ribasso, al rialzo, con i famosi derivati e con i fondi hedge lo ha continuato a fare" urla Jim Cramer.
Una ex managing director di Lehman Brothers cacciata con la scatola di cartone piena di merendine zuccherose e di pillole alla caffeina, che era arrivata a incassare un milione e mezzo di bonus a fine 2007 (più lo stipendio), si è concessa una vacanza di sei mesi e ha fatto il giro del mondo, dal Bangladesh a Londra, dalla Terra del Fuoco al Vietnam. E' tornata, ha telefonato ai suoi ex clienti e colleghi, ha creato una propria finanziaria e finirà il 2009 con un portfolio da 750 milioni di dollari. "Quello che i governi fanno finta di non capire è che i soldi veri, i miliardi, non sono mai scomparsi".
Scrive Fortune che le prime 100 corporation americane hanno complessivamente riserve liquide per 948 miliardi di dollari, che tengono stretti in attesa di avere la certezza che la buriana politica sia passata. E poi? "E poi li dovranno investire. Appena l'inflazione ripartirà, come ripartirà con il disavanzo pubblico creato per salvarci, non potranno tenerli nel materasso a perdere valore. Guardi la gente là sotto, a Broadway, a Times Square. Mangiano, bevono, spendono, comprano. Consumano. E quando si saranno convinti che l'Apocalisse non c'è stata, che non saranno spazzati via da un altro '29, i soldi ricominceranno a bruciare in tasca e vorranno rendimenti migliori di quello 0,5% all'anno che i buoni del Tesoro oggi gli offrono. E noi siamo qui, per accoglierli".
C'è un piccolo indice, in Borsa, che racconta meglio di tutti perché si stia riformando la "bolla". Si chiama "Vix" e non è un prodotto per il raffreddore. Sta per "Volatility Index" e segnala appunto la volatilità, la violenza degli sbalzi nelle quotazioni. E' tornato ai massimi dell'anno, spinto dal Dow Jones capace di perdere e di guadagnare il 2% in 48 ore e garantisce che il mare di soldi sciabordanti nella stiva dell'economia tornerà a cercare quegli strumenti di vera, o illusoria, protezione finanziaria che si chiamano "derivate" e "hedge funds". Proprio quei prodotti che furono accusati di avere causato il giudizio universale del settembre 2008 e avrebbero dovuto essere spazzati via.
Si era sparso il panico delle retribuzioni e della fine dell'età dell'oro, i "bonus" di fine anno, quelle mostruosità che avevano regalato al presidente della Morgan Stanley, John Mack, soprannominato "Big Mac" come la polpetta a due piani della McDonald's, 40 milioni di dollari a fine 2006. Un record che aveva resistito appena due giorni, fino a quando la rivale Goldman Sachs attribuì al proprio leader maximo, Lloyd Blankfein, 53,4 milioni di dollari. Ma nessuna delle grandi banche ha atteso che la ghigliottina delle famose "nuove regole" immaginate per rabbonire le folle, cadesse sui loro manager. "Ci siamo semplicemente aumentati gli stipendi, per compensare il fatto che per un po' di tempo avremmo dovuto limitare i bonus di fine anno" sorride l'uomo che guarda Times Square.
Anche la mongolfiera che da sempre fa volare o precipitare nel proprio cestello l'economia americana prende quota: la casa. A San Francisco per prima, ma addirittura anche a Miami, la terra del disastro immobiliare, le case si ricominciano a vendere, sia pure a prezzi di saldo. Le banche, con i miliardi di profitti e di liquido pompati dalla Fed a tasso zero nelle loro casseforti, devono tornare a prestarli al 5%, perché le banche per questo esistono, per lucrare fra il costo e il rendimento del danaro, e il governo estende per altri tre mesi l'abbuono fiscale di 8 mila dollari sull'acquisto. Il vento della nuova speculazione non soffia ancora nelle case dei senza lavoro, che sono ormai quasi il 10%. Ma l'occupazione è sempre l'ultima a svegliarsi dal coma della recessione, perché le aziende aspettano prima di riassumere.
"Siamo rimasti in meno, noi delle scatole di cartone, e un terzo di quelli che sparecchiavano bonus nel 2007 hanno cambiato lavoro o città" dice l'uomo che guarda la bolla gonfiarsi dalla vetrata su Times Square. "Per ora, chi di noi è sopravvissuto vive alla giornata, sapendo che tutto può finire domattina, come il 15 settembre del 2008, perché niente è cambiato e il danaro non sta mai fermo, si riversa oggi sull'oro, poi sul petrolio, poi sulle Borse, poi sui derivati, poi sull'immobiliare e anche i governi più sinceri sono come i bagnanti che vogliono vuotare il mare con il cucchiaio delle loro regole. La lezione del fallimento delle Lehman Brothers non ha insegnato a noi, ma ai governi, il rischio di voler fare i duri davvero. Usano i loro soldi per salvarci, quando si accorgono che siamo ormai diventati troppo grandi per lasciarci fallire". Come sempre? "Come sempre".
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