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Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil

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Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil

Messaggioda franz il 23/06/2009, 17:14

Dopo la notizia di ieri, sul piu' elevato prelievo fiscale (e contributivo) sul lavoro, ecco una notizia che illustra la piu' probabile causa: la spesa previdenziale.
Ciao,
Franz


la Commissione ue: squilibri dovuti al debito pubblico peseranno su economia italiana
Ue: da debito elevato rischi per l'economia Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil
L'Italia è il paese dell'Ocse con il più alto livello di spesa pensionistica, pari al 14% del Pil (dati 2005)


BRUXELLES (BELGIO) - Un campanello d'allarme sullo stato di salute dei conti pubblici italiani arriva contemporaneamente dalla Commissione europea e dall'Ocse.

OCSE - L'Italia è il paese dell'Ocse con il più alto livello di spesa pensionistica, pari al 14% del Prodotto interno lordo nel 2005. È quanto afferma la stessa Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico nel rapporto 2009 sulle pensioni nel quale rileva che nel decennio 1995-2005 la spesa previdenziale è aumentata del 23%. Solo paesi quali Giappone, Korea, Portogallo e Turchia, secondo l'Ocse, hanno avuto aumenti simili (o superiori).

La spesa pensionistica in Italia assorbe circa un terzo delle uscite statali complessive, ovvero quasi il doppio rispetto alla media degli altri paesi Ocse, rileva inoltre la stessa Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo nel rapporto, sottolineando che la previdenza pesa per il 30% sul bilancio statale italiano, contro il 16% della media Ocse. In Italia la spesa pubblica per benefici a favore degli anziani «è la più alta nei paesi Ocse da alcuni anni» precisa l'organizzazione parigina sottolineando che «le pensioni assorbono quasi il 30% del bilancio dello Stato, rispetto a una media Ocse del 16%». L'Ocse mette quindi in guardia dal «rischio» che un sistema così concepito induca a sottrarre risorse di spesa pubblica a altri settori «preferibili» quali il welfare e l'istruzione. Quanto ai contributi pensionistici, in Italia raggiungono «quasi il 33% dei guadagni, contro una media del 21% negli altri paesi Ocse».

UE - Ma un segnale d'allarme per i nostri conti pubblici arriva anche dal rapporto 2009 sullo stato delle finanze pubbliche della Ue, presentato oggi dalla Commissione Ue, per il quale «Gli squilibri interni dovuti all'elevatissimo debito pubblico possono colpire le vulnerabili finanze pubbliche italiane e possono portare ad un alto costo del capitale per l'intera economia, pesando perciò sulla sua crescita potenziale».

CRISI FINANZIARIA - Per la Commissione europea la prudenza del governo e la relativa solidità del settore bancario hanno «contribuito a contenere la percezione del rischio sull’Italia da parte dei mercati finanziari» tuttavia «La crisi finanziaria globale ha portato ad un aumento dell’avversione al rischio nei mercati finanziari, sottolineando la vulnerabilità dell’economia italiana dovuta al debito molto alto. Gli spread tra i bond tedeschi e quelli italiani - afferma la Ue - sono aumentati più che nel resto dell’area euro. Anche se sostanziosi gli aumenti sono bene al di sotto degli spread registrati prima dell’unione monetaria, quando incorporavano anche i premi sul rischio sui cambi. La risposta di bilancio prudente data dal governo alla crisi, insieme alla relativa solidità del sistema bancario, possono aver contribuito anch’essi a contenere la percezione del rischio di bilancio dell’Italia da parte dei mercati finanziari».

FAMIGLIE - Per la Commissione europea tuttavia «Nonostante l’alto debito del governo, che rifletta l’accumulazione di deficit pubblici nel passato, il bilancio dell’economia italiana mostra una posizione ampiamente equilibrata rispetto al resto del mondo, che riflette una bilancia commerciale complessivamente positiva per i beni e i servizi negli ultimi decenni. L’assenza - si legge ancora nel rapporto - di squilibri esterni rilevanti è lo specchio della posizione relativamente solida del settore privato. In particolare le famiglie hanno accumulato un indebitamento relativamente basso e continuano ad accumulare risparmi consistenti. Questo può in parte riflettere i risparmi fatti per precauzione davanti alla situazione persistentemente fragile delle finanze pubbliche italiane».

23 giugno 2009
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Re: Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil

Messaggioda ranvit il 24/06/2009, 11:46

Ma questo 14% contiene solo pensioni o c'è altro???

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil

Messaggioda franz il 24/06/2009, 13:36

ranvit ha scritto:Ma questo 14% contiene solo pensioni o c'è altro???

Vittorio

Contiene quello che le autorità italiane segnalano sulla base delle istruzioni ricevute.
In mancanza di splitting vero tra previdenza ed assistenza, qualche dobbio me lo faccio anche io.

Franz
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Re: Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil

Messaggioda mauri il 24/06/2009, 15:38

e questa notizia alimenta gli ulteriori dubbi
Pensioni: Inps, crollano anzianita' 2009,in 5 mesi -67%
http://it.notizie.yahoo.com/10/20090620 ... cd5f9.html
ciao, mauri
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Re: Ocse: spesa pensioni al 14% del Pil

Messaggioda ranvit il 24/06/2009, 21:20

Se ricordo bene a carico dell'Inps c'era anche la Cig....se cosi' fosse bisognerebbe scorporarla per capire l'esatta incidenza delle pensioni sul Pil.

Vittorio
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I conti senza le tasse

Messaggioda franz il 26/06/2009, 13:54

I conti senza le tasse
di CARLO CLERICETTI

I numeri sono una cosa da maneggiare con cura, perché possono essere pericolosi. In apparenza sono neutrali ("la forza delle cifre"), ma non è così: uno stesso conteggio può essere fatto con diversi metodi, e i risultati possono essere niente affatto simili.

L'Ocse e altre organizzazioni sovranazionali (Fmi, World Bank, Commissione Ue) o nazionali (banche centrali, istituti di statistica e di ricerca econimica) sono grandi produttori di numeri. E su di essi si basano per esprimere pareri, impartire consigli, elaborare ricette. Spesso i consigli e le ricette sono chiesti dai governi dei paesi interessati, che vogliono dividere la responsabilità politica di decisioni impopolari con soggetti presupposti "indipendenti" ("Ce l'ha chiesto l'Europa, lo ha detto il Fondo monetario").

Oggi l'Ocse ci dice che la spesa per pensioni in Italia è la più alta tra i paesi aderenti all'organizzazione. Ma questo conteggio è fatto in un modo piuttosto singolare. Nello stesso rapporto, qualche riga più avanti, risulta che anche la tassazione sulle pensioni in Italia è il doppio della media. In altre parole: lo Stato con una mano dà, ma con l'altra prende. Siccome i soldi escono ed entrano dalla stessa cassa, basterebbe il buon senso - senza neanche tirare in ballo la razionalità economica - per capire che i conti dovrebbero essere fatti sul saldo. Quanto si spende per le pensioni al netto delle tasse sulle medesime? In Germania, per esempio, non c'è bisogno di fare conteggi del genere, perché le pensioni sono praticamente detassate. Quella tedesca, dunque, è una spesa previdenziale effettiva, ma l'Ocse la confronta con la nostra (senza considerare le nostre tasse).

Conosciamo già la risposta a questa obiezione: le convenzioni internazionali prevedono che le statistiche si facciano in questo modo e non in un altro. Bene: sono immutabili, le metodologie internazionali? Sono sempre state così? Non cambieranno mai? Se ci si rende conto che la metodologia non è corretta, si continua ad usarla senza preoccuparsene?

L'Ocse ci dice anche che i contributi previdenziali in Italia sono molto elevati, pari al 33% della retribuzione, contro una media del 21% negli altri paesi. Non ci dice, però, se quel 21% è l'aliquota di equilibrio (ossia se quel livello di contributi basta a coprire la spesa previdenziale o una parte di essa è a carico della fiscalità generale).

In Italia si pubblica ogni anno il "Rapporto sullo Stato sociale", elaborato da un gruppo di università e curato dall'economista della Sapienza Roberto Pizzuti. Da alcuni anni in questo rapporto si fa il saldo fra spesa previdenziale e introiti di contributi e tasse sulle pensioni: ebbene, questo saldo è positivo: secondo gli ultimi dati disponibili, relativi al 2006, la previdenza non ha pesato, ma ha contribuito al bilancio pubblico per 11 miliardi di euro. Come si vede, i risultati dei conteggi non sono "oggettivi", dipendono dal metodo usato. E il metodo, spesso, dipende dagli obiettivi che si vogliono perseguire.

C'è poi un altro fattore da considerare. I dati sulla previdenza diffusi dalle organizzazioni internazionali (ma anche da quelle nazionali) riguardano la spesa per la previdenza pubblica e non si occupano di quella privata. Rileviamo en passant che per la sanità, per esempio, non si fa così: quella che si osserva è la spesa complessiva in relazione al Pil, che poi viene suddivisa in pubblica e privata. Ma ciò che conta è che questo è un altro grave errore metodologico. In tutti i paesi la previdenza privata gode di agevolazioni fiscali più o meno generose, che naturalmente pesano sui bilanci pubblici esattamente come se fossero sovvenzioni (in termine tecnico si chiama tax expenditure). E allora, perché ignorare l'importo di queste agevolazioni? Il bello è che è stato proprio un ricercatore dell'Ocse, Willem Adema, a fare i conti considerando tutti questi fattori, dimostrando che il bilancio delle spese sociali nei vari paesi cambia in modo clamoroso.

Restiamo in attesa che i "produttori di numeri" - compreso il nostro Istat - prendano atto che nelle loro metodologie c'è qualcosa da rivedere e si accordino su nuovi standard di rilevazione. Nel frattempo, questi numeri prendiamoli per quello che valgono: poco.

(23 giugno 2009)
http://www.repubblica.it

Il vero titolo dovrebbe essere: quando i laureati in filosofia si occupano di economia, gli idraulici fanno trapianti di cuore, gli avvocati riparano computer.
Le castronerie scritte da costui sono ben analizzate dgli economisti italiani in america.
http://www.noisefromamerika.org/index.p ... _OECD#body
e lo stesso aticolista interviene cercando di giustificare il suo scritto.
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