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Risparmiatori italiani: meno titoli e servizi finanziari

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Risparmiatori italiani: meno titoli e servizi finanziari

Messaggioda franz il 15/06/2009, 10:40

DOSSIER. GfK-Eurisko: distaccato o nullatenente il 70% delle famiglie
Si torna a guardare con diffidenza alle banche, ai prodotti e ai servizi finanziari

Meno titoli e servizi finanziari
i risparmiatori cambiano rotta

di MARCO PATUCCHI

ROMA - Neanche il tempo di superare lo shock della triade Parmalat-Ciro-Argentina, e per i risparmiatori italiani è arrivata la mazzata dei mutui subprime seguita dall'onda lunga della crisi globale che ha messo in ginocchio un'intero modello capitalistico. Inevitabile la fuga dalla finanza da parte di un Paese, il nostro, che già di suo non ha mai dimostrato grande feeling con quel mondo. Un ritardo, rispetto alla cultura anglosassone, che in una fase di crisi acuta come l'attuale si è paradossalmente trasformato in atout per evitare guai peggiori.

La fotografia è nei numeri dell'ultimo aggiornamento del "Multifinanziaria retail market" realizzato da GfK-Eurisko e relativo a gennaio 2009 con prime proiezioni sui mesi successivi. La rilevazione sul campione rappresentativo dei 19,5 milioni di famiglie, ci dice che il 70% degli italiani si colloca tra l'area del "distacco e dell'uso basico" degli strumenti finanziari e quella della "scarsità" di risorse economiche disponibili. Scende al 30%, invece, la cosiddetta "area delle risorse e della vicinanza" ad azioni, titoli, conti correnti, prestiti e carte di credito.

Passando al dettaglio degli "stili finanziari", le fughe più rilevanti sono quelle di due categorie di risparmiatori catalogate da GfK-Eurisko: gli "innovatori" e gli "aspiranti". Nel primo caso si tratta del segmento storicamente più corposo, ma che a gennaio 2009 è sceso al 22% delle famiglie italiane (4,3 milioni di nuclei) rispetto al 24,3% del gennaio 2008 e al picco del 25,6% fatto registrare nel 2004: si tratta prevalentemente di giovani con reddito superiore alla media, buona posizione professionale e concentrati nelle grandi città. Denotano familiarità con il mondo economico, competenza ed elasticità nell'uso di tutti i prodotti e servizi, investono in Borsa e non disdegnano di chiedere prestiti alle banche in una logica di credito al consumo. All'interno di questo segmento, netto calo per la "finanza base" passata dal 13,4 all'8,6% (1,7 milioni di famiglie): "Si tratta del nuovo ceto medio italiano cresciuto negli anni 50/60, caratterizzato da buona scolarizzazione, età media giovane, professioni da white/blu collar. Bassi patrimoni finanziari, finalizzati all'acquisto della casa, e interesse per strumenti finanziari più semplici, in particolare la smaterializzazione del denaro attraverso l'uso delle carte di pagamento". In fuga anche le famiglie degli "aspiranti", passate dal 4,4 al 3,7% (700mila nuclei): "Rappresentano il consumismo povero e sognante - spiega l'analisi di GfK-Eurisko - per il quale le uscite superano costantemente le entrate. Sono soprattutto capifamiglia operai, piccoli artigiani o commercianti: poiché il reddito non gli consentirebbe altro se non di soddisfare i bisogni basici, è fortissimo il ricorso al credito al consumo o ai finanziamenti all'attività e ai prestiti personali".

Speculare a questi spostamenti è l'aumento delle famiglie del segmento "distaccati", passate dal 18,7% di gennaio 2008 al 20,7% del gennaio scorso (4 milioni di nuclei), dopo aver toccato un minimo del 13,6% nel 2001: "Hanno una disponibilità economica nella media italiana, ma gestiscono il denaro secondo canoni molto conservatori. Gli appartenenti a questo stile sono per lo più pensionati e casalinghe". In crescita anche le famiglie del segmento "nullatenenti" (dal 12,8 al 13,7% per 3,7 milioni di nuclei a gennaio 2009). Stabili gli "accumulatori", 3,2 milioni di famiglie "solide e prudenti" (16,5%); i "previdenti" (400mila famiglie per una quota del 2,1%), con la tendenza a investire "in primo luogo per la loro sicurezza e per la tranquillità del futuro"; gli "spensierati" (3,8 milioni di famiglie pari al 19,3%).

Insomma, l'Italia del risparmio che torna a guardare con diffidenza alle banche, ai prodotti e ai servizi finanziari. E le cronache di questi anni certo non sembrano dargli torto.

(15 giugno 2009)
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