Il tema è la distribuzione del rdc in Italia. Il concetto sarebbe quello di rapportarlo al costo della vita o al potere di acquisto. Ma si dovrebbe fare con equità, o a caso?
Non si può operare in modo molto, troppo approssimativo stabilendo solo due importi per nord e sud.
Qui
https://it.numbeo.com/costo-della-vita/nazione/Italiac’è una tabella per città, ma si hanno rapporti diversi se si applicano i due parametri: costo della vita e potere di acquisto. E già c’è un problema.
Si dovrebbe assumere un coefficiente per ogni città. Ma poi c’è differenza pure tra città e paesi. Un paese del nord può avere un costo della vita inferiore a uno del sud, per cui il rdc dovrebbe essere inferiore.
Non si può dare lo stesso rdc a città come Padova e Milano, visto che il potere di acquisto a Padova è il 34% in più che a Milano, per esempio. E quindi il rdc a Padova dovrebbe essere il 34% in meno di quello di Milano.
Anche tra Bari e Ragusa, del sud, c’è una differenza del 15% nel potere di acquisto.
E nemmeno si possono dare rdc diversi, se fossero solo due scaglioni, a Palermo e Bergamo, visto che il rapporto tra i poteri di acquisto è appena il 3%, altro esempio.
Quanta iniquità si farebbe? Quante giuste contestazioni nascerebbero? Dove passerebbe il confine tra nord e sud? Un confine geografico per definire aree sulla base delle differenze economiche? Non c’è coerenza. E’ una cosa sballata differenziare il rdc solo tra nord e sud, visto che i poteri di acquisto variano anche tra nord e nord e sud e sud.
Se poi si volesse fare un rapporto con i redditi, visto che di reddito si tratta, i guai sarebbero gli stessi. Inutile che ne ripropongo qui i valori.
Si può considerare che la media della ricchezza non implica che non ci sia povertà anche dove il reddito medio è maggiore. Cioè non è che dove i redditi sono mediamente più alti non ci possa essere la stessa povertà che c’è dove sono più bassi. C’è la stessa povertà nelle periferie delle città con più sperequazione e nelle zone più povere, tipo periferia di Milano e Enna centro, per esempio. E quindi il potere di acquisto è diverso: come si fa?
Si potrebbe dire che a chi abita in periferia spetta un rdc minore di chi abita in centro? E dove passerebbe il confine tra centro e periferia? Secondo i prezzi del supermercato? Quando ci sono gli sconti che si fa? Si cambia l’importo del reddito? Mah
da
https://osservatoriomilanoscoreboard.it ... 19_ITA.pdf'A Milano ci sono 21 mila famiglie che non ce la fanno a vivere e altrettanti bambini che patiscono la fame”, ha tuonato davanti a politici e imprenditori Giuseppe Guzzetti, prima di lasciare la presidenza della Fondazione Cariplo.'
'negli ultimi anni è cresciuta anche la polarizzazione dei redditi e la distribuzione diseguale tra le diverse fasce di reddito, con il 9% della popolazione milanese che detiene oggi oltre un terzo della ricchezza complessiva.'Si potrebbe rapportare il rdc al potere di acquisto città per città, città per paese, paese per paese; centro e periferia; e certamente i tanti economisti al Governo dei migliori, non certo la Prof.ssa Saraceno che è sociologa, sarebbero in grado; casomai affidando la ricerca dati a qualche esterno, certamente.
Questo se volessero farlo. Io credo che non lo faranno, e meno male: ne verrebbe fuori un tale guazzabuglio di dati che avrebbero tutti l'emicrania, dopo.
Mi accontenterei che abbiano l’accortezza di sospendere le cartelle esattoriali solo a quelli che non hanno potuto pagarle allora e non possono pagarle ora, e non anche a quelli che non hanno voluto e possono farlo adesso. Mmmm però c’è la Lega al Governo: Salvini avrà un motivo se insiste che ci vuole la ‘pace fiscale’. C’entra il nord, credo.
E nemmeno è equo tagliare solo l’Italia in due, anche col rdc assegnando importi diversi. Non si fa una cosa equa, almeno per chi ci tiene all'equità.
L'Italia in due pezzi è un’idea della Lega che a me non piace. Se posso permettermi. Ma anche se no.
Invece, per tornare al tema sulle storture del rdc ho presente una cosa, oltre a quelle citate dalla Prof.ssa Saraceno. Caso che ho già citato a proposito delle iniquità della tassazione.
Non si ha diritto al rdc se si possiede un patrimonio immobiliare superiore a 30mila euro.
Quindi un disoccupato che possiede una abitazione e la concede in locazione a 5.000 euro l’anno con cui vive, non solo ci paga imu e irpef, ma non ha nemmeno il rdc.
Non si ha il rdc nemmeno se si possiede un’auto di cilindrata superiore a 1600 cc, comprata nei due anni precedenti.
Nel secondo caso è facile: chi ha gli altri requisiti vende l’auto e ne compra una più vecchia.
Certo, anche nel primo caso si può vendere l’abitazione perdendo il reddito da locazione per avere il rdc, col rischio che poi un altro Governo cambi qualcosa facendogli perdere il diritto, e allora i soldi potrebbero non bastargli più per comprare un altro alloggio da dare in locazione per ricavarci quel reddito di sussistenza (o povertà) che prima aveva.
Ci sono restrizioni nelle norme che non consentono di averlo; e ci sono quelli che lo ottengono perché hanno occultato il nero o dichiarato il falso, e quindi sfuggono al controllo patrimoniale, dato che nessuno vuole quel ‘quadro’.
Mi sembra più equo dare l’integrazione al rdc, come è per chi ha altri piccoli redditi.
E pure togliergli irpef e imu, ma questo è un altro discorso.
Sempre che non si arrivi a sommare il rdc al proprio reddito, come dice la Prof.ssa:
‘Per rendere vantaggiosa la ricerca di lavoro da parte di chi è in condizione di farlo occorre cambiare il meccanismo per cui ogni euro in più guadagnato va a ridurre la somma che si riceve dall’Inps. In tutti i Paesi si consente di sommarli, in modo da incentivare l’attivazione.’