da pierodm il 28/08/2010, 16:14
Myos - Allora definitevi "centro", per non dire una "destra" liberale
Avrei dei dubbi sul "liberale".
Quello delle auto o etero-definizioni è diventato ormai da tempo un caleidoscopio senza alcun punto di riferimento.
Uno può definirsi o definire un altro in qualunque modo: caso limite il presidente-operaio Berlusconi, ma anche Marchionne definito in questo forum un "lavoratore" e cento altre definizioni che testimoniano quella che è la completa rottura di ogni argine logico e metodologico di ragionamento comune.
Come avviene spesso alla vigilia o agli albori di una mutazione autoritaria, ogni passo verso la restaurazione tende ad essere definito come "il nuovo", e c'è una gara a parlare in nome della "libertà", indipendentemente dal degrado e dall'evidente peggioramento delle condizioni sociali.
Non si tratta solo del linguaggio o delle definizioni capziose di chi sta attuando scientemente una truffa ideologica, ma di un "sentire dei tempi", ossia di un clima diffuso che coinvolge anche chi parla in perfetta buona fede.
Un fenomeno di mimetismo e di conformismo che si presneta più grave là dove la comunicazione prevalente avviene tramite il mezo conformista e pervasivo per eccellenza, ossia la televisione, e in via subordinata la pubblicità e il marketing, che non hanno né l'intenzione né la missione di "fare cultura" ma solo quello di utilizzare i format mentali e le convenzioni linguistiche più universalmente comprensibili nel target di riferimento.
In tutto questo la realtà scompare, ogni stato esistenziale diventa un'astrazione sociologica definita nel modo che è più a portata di mano o recepito per sentito dire.
La gente non si cura nemmeno più di dare un senso e soprattutto un peso a ciò che vive direttamente e vede con i propri occhi: molti sono poveri e fanno una vita di merda, ma hanno più piacere a pensare di far parte della "classe media", e di essere per così dire dei "consumatori in stand by".
Altra idea conformistica - alias luogo comune - è quello dell'Italia afflitta da un eccsso di assistenza sociale, eredità della prima repubblica catto-comunista, etc etc etc.
Ebbene, da Repubblica: Per quanto riguarda invece la quota di spesa nell'ambito di tutte le prestazioni di protezione sociale, l'Italia tra i 27 Paesi europei precede solo la Polonia: nel nostro Paese, infatti, la quota per la famiglia e la maternità, nell'ambito della spesa per welfare, pesa il 4,7% (in Polonia il 4,5%). Mentre la media complessiva dei Paesi europei è dell'8%. Se poi si guarda alle voci del Bilancio dello Stato, e in particolare a quelle delle prestazioni di protezione sociale, emerge che nel 2009 la spesa pubblica per assegni familiari è scesa a 6,390 miliardi di euro dai 6,675 del 2008 (-4,3%). In calo anche la spesa per l'indennità di maternità, che è in un'unica voce di bilancio assieme all'indennità di malattia e per infortuni: la riduzione delle uscite è stata nel 2009 del 2,5% rispetto al 2008.
Riguardo alla malattia, l'Italia si colloca su un livello di spesa in rapporto al Pil (6,7%) inferiore alla media dei 15 (7,6%) e dei 27 (7,4%). Per le altre spese sociali, invece, il nostro paese presenta percentuali meno elevate o in alcuni casi simili agli altri, tranne Malta e Polonia per famiglia e maternità, e Bulgaria, Polonia e Romania, nonché i tre paesi baltici per disoccupazione (0,5% del Pil). Per quanto riguarda infatti la disoccupazione, la spesa dell'Italia è inferiore alla media dei 27 di 0,8 punti di Pil, così come quella per famiglia e maternità.
Possiamo discutere e approfondire questi dati, senza prenderli con semplicismo, come sempre si dovrebbe con i numeri. Ma rimane il fatto che, non solo nel chiacchiericcio ma anche in sedi più "ragionate", si usa dare per scontato che il problema italiano sia un eccesso di assistenzialismo: naturalmente non l'assistenzialismo di cui parla giustamente Giorgio, che da decenni regala miliardi e miliardi ai "capitani coraggiosi" dell'imprenditoria, ma l'assistenza verso i cittadini e i lavoratori.
E poi, sempre nell'ambito delle auto-definizioni, quelli che si definiscono "riformatori" (cioè tutti) si dividono in due categorie: la destra PDL che abbonda in descrizioni dettagliate, ma spaccia per riforme il ritorno all'ancien regime, e il centro-sinistra che non descrive mai quali riforme intende fare nel concreto.
Però tanto basta perché tutti si definiscano "riformisti", che è una delle forme più a buon mercato per darla ad intendere.