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Franco Bassanini: la Cassa Depositi e Prestiti per fare politiche keynesiane. 300 miliardi di dote al nuovo governo
Pubblicato: 20/12/2012 18:07 CET | Aggiornato: 20/12/2012 19:10 CET
No, l'Iri no. La Cassa Depositi e Prestiti con il vecchio Istituto per la ricostruzione industriale che per quasi un secolo è stato il braccio pubblico nell'economia italiana, non ha niente a che vedere. L'Iri usava soldi pubblici. La Cassa usa soldi privati, quelli del risparmio postale. L'Iri assumeva il controllo delle società. La Cassa, tramite il suo Fondo Strategico, è sempre socio di minoranza. Ma allora a che serve la Cdp? La risposta, mai fino ad ora così schietta, l'ha data oggi il suo presidente, Franco Bassanini, durante una conferenza stampa convocata per i classici auguri natalizi.
L'ex senatore del Pds e poi componente della direzione nazionale del Pd, è stato chiarissimo. "La crisi", ha detto, "costringe ad utilizzare tutti gli strumenti per uscirne, e in questo il ruolo della Cassa è strategico". Quale sia questo ruolo è presto detto. "Usare le risorse della società pubblica per fare politiche keynesiane". Ovviamente, siccome in gioco ci sono i soldi dei risparmiatori, in questo territorio la Cassa si deve muovere con i piedi di piombo, secondo "regole di mercato". La Cdp, dunque, deve essere e sarà, uno strumento nelle mani del governo per stimolare la crescita. Per Bassanini, del resto, "il ruolo del sistema pubblico non è puramente e semplicemente il ruolo di chi fissa le regole e poi assiste con le mani legate dietro la schiena a quello che succede". Lo Stato, nell'economia, deve intervenire. E la Cdp è il modo più rispettoso del mercato per farlo. Punto.
Musica per le orecchie di Pierluigi Bersani, che il dibattito sulle politiche keynesiane è pronto a portarlo in campagna elettorale.
Dunque Bassanini offre una cospicua dote al prossimo governo. E la potenza di fuoco di cui la Cassa è capace è di tutto rispetto: 300 miliardi di euro di attivi. I numeri li ha messi uno dietro l'altro l'amministratore della Cdp, Giovanni Gorno Tempini. L'attività di concessione del credito sta diventando sempre più importante. Alla fine di quest'anno la Cassa avrà concesso fidi per 100 miliardi di euro. E lo farà mantenendo l'equilibrio economico-finanziario, visto che il bilancio sarà chiuso con un utile attorno ai 2 miliardi di euro. Tramite il sistema bancario la Cassa ha finanziato 52 mila piccole e medie imprese, stanziando 8 miliardi di euro. Poi ha messo a disposizione altri 10 miliardi, di cui 2 miliardi per il pagamento dei debiti arretrati della Pubblica amministrazione.
Tutto bene dunque? In realtà, in questa commistione tra mano pubblica e risparmio privato, non tutto sembra essere sempre coerente. Quest'anno Cassa ha acquistato dal suo azionista tre società, Simest, Sace e Fintecna. Un'operazione taglia-debito pubblico. Strategica, secondo Bassanini e Gorno Tempini, perché ha consentito di allargare le competenze della società in ambiti nei quali già operava, come le garanzie all'export e l'immobiliare. Solo che poi Fintecna in pancia ha Fincatieri, e nonostante tutte le giustificazioni sull'eccellenza dell'azienda cantieristica made in Italy, resta il fatto che si tratta di una società del tutto estranea agli scopi sia della Cassa che del Fondo Strategico (che investe solo in partecipazioni di minoranza).
Così come non fila alla perfezione il discorso sull'acquisto della partecipazione del 4,5% nelle Assicurazioni Generali dismessa dalla Banca d'Italia. E' stato fatto notare che si è risolto un conflitto d'interesse, quello di Via Nazionale che tramite l'Ivass dal primo gennaio vigilerà sul Leone di Trieste, creandone uno nuovo in capo alla Cassa stessa. Anche quest'ultima è vigilata dalla Banca d'Italia, anche se di una vigilanza, come ha voluto precisare Bassanini "speciale" e molto meno invasiva di quella sugli istituti di credito. Resta il fatto che Via Nazionale ha passato tre mesi quest'anno negli uffici della società del Tesoro per verificarne i ratio patrimoniali. E ha anche fatto più di un appunto.
L'operazione Generali con tutti i paletti, assomiglia tanto ad un'operazione di sistema: evitare che pacchetti consistenti del primo gruppo assicurativo italiano finissero sul mercato con un governo dimissionario, con un consiglio di amministrazione in scadenza e con altre quote (l'1% di Unipol-Fonsai e un 3% di Mediobanca) in libera uscita. Occasione troppo ghiotta per i rider in un momento di debolezza.
Comunque sia, Bassanini non nega che la Cassa, con tutti i suoi vincoli e la sua indipendenza, possa essere la longa manus del governo nella politica economica. Come quando, sempre a inizio di quest'anno, si è fatta prestare 30 miliardi dalla Bce partecipando all'operazione Ltro. Soldi poi usati per dare una mano sempre all'azionista Tesoro partecipando alle aste dei Btp quando gli investitori stranieri si erano volatilizzati. Argomenti buoni per il bilancio di fine mandato. Ad aprile i vertici scadranno. Starà al prossimo governo stabilire se le politiche keynesiane la Cassa le farà con Bassanini e Gorno Tempini o con nuovi vertici.