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Alitalia: salvataggio o fallimento?

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Messaggioda pagheca il 13/09/2008, 14:51

Mi viene da sorridere quando sento dire che un eventuale accordo con i sindacati sia "la soluzione" al caso Alitalia.
C'e' un aspetto del problema che secondo me non viene sottolineato abbastanza: chi garantisce che il nuovo operatore sia in grado di competere in un mercato difficile come questo? Ieri, guidando per molte ore, ho seguito su BBC l'evolversi della situazione riguardante il gruppo XL, terzo operatore turistico del Paese (UK). Le cause, secondo il management l'aumento dei prezzi del kerosene, la congiuntura, il tracollo nei consumi voluttuari; secondo altri (BBC), la cattiva gestione, prezzi troppo bassi. L'altra settimana hanno chiuso i battenti Zoom, un operatore low cost con cui avrei potuto volare da dove abito in Canada. Solo l'ultima di una lunga serie di fallimenti. E la crisi che attanaglia la GB non sembra dare tregua altrove, soprattutto dove le infrastrutture sono molto piu' gracili (nonostante il Vate Tremonti sostenga che non vi siano problemi particolari in Italia).

E in questo contesto un'azienda decotta, con un personale stanco e adirato, abituato alla politica del "comunque il governo trovera' una soluzione", in un contesto istituzionale non certo dei piu' felici, con una flotta datata, con rischi enormi causati dalle variazioni del prezzo del petrolio, fra falchi navigati come Ryan Air, dovrebbe essere in grado di risorgere e trovare il suo "spazio"? Avete visto voi per caso, quando si parla di salvaguardare l'occupazione, se qualcuno ha pensato di fare una previsione realistica di mercato sulle reali possibilita' per CAI di sopravvivere al mercato, oltre che alle difficolta' di avvio?
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SCALFARI: Il pifferaio, gli allocchi e l'asso di Colaninno

Messaggioda franz il 14/09/2008, 9:49

Il pifferaio, gli allocchi e l'asso di Colaninno
di EUGENIO SCALFARI

IL tema caldissimo di oggi è l'Alitalia, il tema appena meno scottante ma altrettanto infuocato è il federalismo fiscale. L'accoppiata sarebbe già di per sé esplosiva ma come non bastasse si colloca in un panorama politico estremamente teso e inquietante: una serie di annunci, di disegni di legge, di atti politici e amministrativi che hanno tutti il solo univoco effetto di accrescere le tensioni, inasprire i conflitti, mostrare la faccia feroce e la voglia di menar le mani all'insegna di uno slogan diventato ormai un "passepartout".

Lo slogan è stato inventato dal ministro dell'Interno che lo ripete a dritto e rovescio come una sorta di tic, di intercalare, ed è "tolleranza zero". È diventato il succo programmatico del governo e della sua maggioranza.

Evidentemente funziona e i sondaggi in favore del "premier" hanno toccato il culmine.

La gente vuole che si proclami tolleranza zero nei confronti di chiunque utilizzi i propri diritti di libertà in senso non conforme al senso comune ora in auge. Che poi la tolleranza zero realizzi risultati desiderati oppure no, questo non arresta l'onda d'urto d'una strategia "schiacciasassi" tipica nella storia europea degli ultimi cent'anni tutte le volte che pulsioni autoritarie abbiano, in nome di superiori ragioni di ordine e di sicurezza, ristretto i diritti di cittadinanza.

Speriamo che il "trend" attuale non ci conduca oltre il limite del populismo e delle favole narrate al popolo per distrarlo, ma questa sorta di ipnosi collettiva induce comunque a riflessioni preoccupate in un'epoca in cui si ridisegna la mappa politica ed economica del mondo.

Tolleranza zero, abolizione di fatto della legge Merlin sulla prostituzione, smantellamento della scuola pubblica dell'obbligo senza un progetto che abbia un senso, crescente pressione sui poteri e sull'indipendenza della magistratura inquirente, leggi elettorali che rafforzano il potere degli apparati confiscando ogni diritto di scelta dei cittadini, disprezzo dei valori costituzionali più sensibili, clericalismo di ritorno e impoverimento dei valori cristiani in una ritrovata alleanza tra la gerarchia ecclesiastica e il potere politico, inquinamento reciproco tra politica e affari, rivalutazione del fascismo da parte di ministri e di sindaci in carica: questo è lo sfondo allarmante di questa stagione.

La crisi dell'Alitalia e l'incognita del federalismo fiscale ne rappresentano i punti di massima tensione e di totale mancanza di progettualità. Non la fantasia ma il dilettantismo è oggi al potere. Non è la prima volta che accade nel nostro paese dove purtroppo la memoria è labile e non riesce a diventare matura esperienza.

* * *

Il ministro Tremonti, nella sua lunga ricostruzione del disastro Alitalia esposta davanti alla commissione competente della Camera e successivamente riprodotta nel suo testo integrale su 24 ore di venerdì e di ieri, ha esordito dicendo: "Lasciamo da parte il confronto con le condizioni di Air France dello scorso aprile, era un altro contesto e un'operazione di altra natura".

Seguiamolo in questa sua raccomandazione iniziale, non senza tuttavia aver ricordato che l'offerta di Air France fu respinta dal combinato-disposto del rifiuto dei sindacati, dalla campagna scatenata da Berlusconi contro quel progetto e dall'insistente pressione a favore d'una cosiddetta cordata tricolore sponsorizzata da Banca Intesa.

Se oggi ci troviamo tutti di fronte ad un "malpasso" la responsabilità sta in quel rifiuto dovuto a due soggetti (sindacati e Berlusconi) e alla presenza d'un convitato di pietra in attesa di entrare in scena (Banca Intesa).
Per Tremonti invece le responsabilità incombono interamente su Prodi e Padoa-Schioppa, incapaci secondo lui di afferrare il bandolo della matassa e concludere.

Credo che ci sia stata un'inerzia di Prodi come ci fu, ancor più grave, nella questione dell'immondizia napoletana. Ma Tremonti dimentica almeno due passaggi essenziali avvenuti nel corso del governo Berlusconi e della sua presenza al ministero dell'Economia. Il primo passaggio sta nella valutazione patrimoniale di Alitalia: l'azione in Borsa valeva circa 10 euro nel 2001 e 1,57 nel 2006. Tremonti ha contestato queste cifre, ma il 24 ore dell'11 settembre le ha ricontrollate insieme alla banca dati della Thomson Financial e ne ha certificato l'esattezza. In cinque anni di legislatura il patrimonio della compagnia di volo ha perso dunque i 9 decimi del suo valore patrimoniale. Le cifre non sono opinioni e non hanno bisogno di commenti.

Il secondo passaggio riguarda la proposta dell'amministratore di Alitalia, Mengozzi, nominato a quella carica dal governo Berlusconi e quindi dallo stesso Tremonti. Mengozzi aveva in animo una fusione con Air France. Aveva negoziato a lungo e aveva ottenuto che la fusione fosse fatta attribuendo ad Alitalia il 30-35 per cento del capitale del network francese. Il governo però respinse la proposta. Anche qui c'è poco da commentare, i fatti parlano da soli.

* * *

E veniamo all'oggi. Il governo ha emanato pochi giorni fa un decreto che spacca in due Alitalia: la società controllata dal Tesoro con in capo tutti i debiti, il personale, la flotta, i diritti di volo e i pochi soldi rimasti in cassa; una società sostanzialmente fallita, affidata dal Tesoro ad un commissario secondo le regole della legge Marzano appositamente riveduta per meglio adattarla al caso Alitalia.

A fianco del rottame Alitalia una nuova società di nuovissima istituzione, con 18 azionisti, un presidente (Roberto Colaninno) e un amministratore delegato (Sabelli), depurata da tutti i gravami e pronta a fondersi con Air One.

Sulla base della legge Marzano questa società figlia giovane e bella d'una madre vecchia e moribonda, potrà rilevare tutta la polpa di Alitalia e cioè gli aerei per l'attuazione del piano industriale, le rotte, il personale di volo e di terra necessari. Gli esuberi resteranno in capo alla società madre, così pure i debiti e il personale esuberante. Il prezzo ritenuto giusto da ambo le parti sarebbe attorno ai 450 milioni di euro.

Il capitale messo insieme dai 18 azionisti (tutti italiani) supera il miliardo. Il nome, nuovo di zecca, è Compagnia Aerea Italiana (Cai). Air One si fonderà con essa e i suoi proprietari otterranno 300 milioni portando nella Cai la flotta, le rotte, le opzioni per l'acquisto di nuovi aerei, il personale di volo. L'amministratore di Air One, Toto, entrerà nel capitale della Cai con 120 milioni e siederà nel consiglio d'amministrazione.

Il governo e soprattutto Berlusconi è entusiasta: in centoventi giorni la cordata italiana si è materializzata, il caso Alitalia è stato risolto, tutto è stato previsto: la sospensione per sei mesi delle regole antitrust, una benevola disponibilità della Commissione di Bruxelles a dare il disco verde all'operazione, l'entusiasmo degli azionisti della Cai. Molti di loro - in palese conflitto d'interessi - sono felici di esser adeguatamente compensati da alcuni affari sottobanco. L'amministratore di Banca Intesa, diventato da "advisor" dell'operazione azionista Cai, di fronte all'obiezione sugli affari non chiari di molti colleghi di cordata ha risposto che "i conflitti d'interesse saranno gestiti". Il capo dell'antitrust chiamato in causa dal senatore Zanda non ha risposto. Bonanni della Cisl manifesta disponibilità a collaborare.

Tutto insomma sembra andare a gonfie vele. Certo il Tesoro si dovrà accollare parecchi pesi: i debiti della vecchia Alitalia, gli esuberi di circa 7 mila unità di cui mille piloti; ma l'onore è salvo, perdite future non sono previste, gli esuberi saranno trattati con gli ammortizzatori sociali esistenti. Ma l'attivo sta nella resurrezione della compagnia di bandiera interamente rinnovata e tricolore, un taglio consistente ai vecchi azionisti, l'ingresso d'un vettore straniero con una quota di capitale non superiore ai 120 milioni. Che cosa si vuole di più? Berlusconi dove tocca fa il miracolo. I consensi degli italiani distratti e assuefatti (che sono al momento la larga maggioranza) sono alle stelle. Tremonti sentenzia: "La luna di miele del governo con gli italiani durerà molto a lungo, ci stiamo preparando a festeggiare le nozze d'argento".

Invece no. Poche ore dopo queste celebrazioni scoppia la tempesta. Ci siamo dentro tuttora e non si sa ancora come finirà.

* * *

Il governo e insieme con esso il commissario di Alitalia, Fantozzi, il presidente di Cai, Colaninno, il leader della Cisl, Bonanni, si erano scordati della questione "contratti". O meglio: non se ne erano scordati ma l'avevano considerata di facile soluzione. I dipendenti - pensavano - non hanno alternative: se non accettano le condizioni offerte dalla Cai, la nuova società si ritirerà, l'Alitalia fallirebbe, 20 mila persone forse più, considerando anche il lavoro indotto, andrebbero in mobilità, anticamera del licenziamento entro qualche anno. Quindi accetteranno.

Ma i contratti, per consentire alla Cai di volare con profitto, debbono realizzare una diminuzione di costi del 30 per cento e un pari aumento di produttività. O così o niente, prendere o lasciare. Gli esuberi avranno ammortizzatori lunghi e corsie preferenziali per essere ricollocati, ma sui contratti e sulla produttività non c'è margine. D'altra parte furono proprio i piloti ad affondare l'offerta di Air France. Dunque se la sono voluta. Chi semina vento raccoglie tempesta. E poi il mercato è il mercato.

Invece i piloti, gli assistenti di volo, il nucleo duro dei dipendenti, non ci stanno. All'inizio sembra una manfrina ma col passare dei giorni si vede che no, non è la solita sceneggiata sindacalese. I piloti alla fine si alzano dal tavolo e se ne vanno. Berlusconi chiama Colaninno, Sacconi chiama i sindacati, Matteoli chiama i piloti, Passera chiama tutti, ma la questione sembra ormai chiusa: Cai conferma che non può fare modifiche alla sua piattaforma, i piloti confermano che a quelle condizioni è inutile continuare. Berlusconi ha un momento di sconforto ma poi torna in battaglia: ha ancora qualche carta da giocare e la gioca.

* * *

Alle ore 14 di ieri, sabato, Fantozzi incontra i sindacati e comunica che siamo alla fine: non c'è più un euro in cassa, i fornitori di carburante hanno comunicato che non faranno più forniture a credito, d'ora in poi la flotta Alitalia potrà contare soltanto sulle poche riserve esistenti nei depositi.

Per conseguenza a partire da domani lunedì alcuni voli saranno cancellati e il personale addetto verrà messo in cassa integrazione. I voli da annullare saranno 34. Gli altri e in breve l'intera flotta cesseranno di volare entro una settimana o poco più.

Tra i piloti e gli assistenti di volo la tensione sale alle stelle. Intanto si viene a sapere che il fornitore che ha chiuso i rubinetti del credito è l'Eni. Ennesimo paradosso: la compagnia di bandiera petrolifera non fa più credito alla compagnia di bandiera del trasporto aereo. Il governo è stato informato? Oppure governo ed Eni d'accordo stringono la tenaglia intorno al collo dei sindacati? Roberto Colaninno ha passato a Mantova la notte di venerdì e la mattina di sabato ma nel pomeriggio è all'aeroporto di Verona: rientrerà a Roma in serata. Questa mattina, domenica, inviterà i sindacati ad un colloquio finale.

Ha qualcosa da mettere sul tavolo? Sì, qualcosa ce l'ha. Si era tenuto una riserva da usare all'ultimo minuto e l'ultimo minuto è arrivato. Potrà migliorare il "monte salari" del personale da riassumere in Cai in misura del 20 per cento. Che cosa significa? Se aveva chiesto ai piloti una decurtazione stipendiale del 25 per cento rispetto gli stipendi vigenti, il 20 per cento di miglioramento significa che la decurtazione scenderebbe al 20. Basterà? Questa sarà l'ultima parola.

Ma c'è un però. Colannino non vuole trattare soltanto con i piloti. Se seguisse questa tattica le altre categorie dei dipendenti potrebbero esigere che quel 20 per cento di miglioria sia ripartito tra tutti. Da buon imprenditore Colaninno non ha nessuna voglia di imbottigliarsi in una questione di riparto, perciò la sua offerta sarà fatta al complesso delle sigle sindacali: vedano tra di loro come spartire l'offerta. Comunque entro oggi la questione dev'essere chiusa altrimenti lunedì mattina comincerà non più l'ultima fase ma l'agonia vera e propria di un malato terminale.

* * *

Forse l'accordo oggi si farà: le probabilità si misurano al 51 per cento in favore dell'accordo in extremis contro il 49 che non riesca. Berlusconi, che era ormai con le spalle al muro perché il fallimento dell'Alitalia sarebbe stato per lui una catastrofe d'immagine senza precedenti, deve aver strizzato per bene Colaninno e i membri principali della cordata tricolore. Questi a loro volta avranno rincarato a propria compensazione i vantaggi extra che si aspettano dalla loro partecipazione.

Passera saggiamente aveva detto che i conflitti d'interesse debbono essere gestiti e il "premier" è un asso in quel tipo di gestione. Un'occhiata di riguardo non si può negare a nessuno dei 18 "capitani coraggiosi". Di occhiate di riguardo ne sono già state date parecchie, una di più non la si nega a nessuno pur d'assicurare il lieto fine.

Lieto fine per tutti? Forse per i piloti che rappresentano la nobiltà di spada tra i dipendenti Alitalia, forse per gli assistenti di volo che rappresentano la nobiltà di toga. Il popolaccio dei servizi a terra sarà il più strattonato, ma peggio per loro, qualcuno che trasporti i bagagli lo si trova sempre a buon prezzo magari tra i marocchini e i romeni per bene che fanno la coda per un posto precario.

E poi? Il finale della storia l'abbiamo già scritto domenica scorsa: tra cinque anni Cai avrà registrato una cospicua plusvalenza patrimoniale, gli azionisti venderanno e incasseranno. Cai entrerà a far parte di un bel "network" internazionale, tedesco o franco-olandese, perché nell'economia globale non c'è posto per una compagnia di volo come Alitalia, troppo grande per esser piccola e troppo piccola per esser grande. Così saremo tornati alla casella di partenza avendo perso un sacco di soldi e di tempo. Intanto il pifferaio suona il suo piffero e gli allocchi lo seguono incantati.

È in arrivo il federalismo fiscale, del quale riparleremo. Per ora si sono sentite molte parole ma non s'è visto nessun numero. Prima o poi però i numeri dovranno sbucare da qualche parte e bisognerà leggerli con molta attenzione.
(14 settembre 2008)
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Alitaglia

Messaggioda franz il 15/09/2008, 8:27

Alitaglia, di Oscar Bartoli

Visto dall'America questo insistere sulla 'compagnia di bandiera' e' incomprensibile e stinge sul cretinismo. La bandiera viene issata e portata da un alfiere, da qualcuno che merita di sventolarla. Alitalia con le sue perdite abisssali, lo standard di un servizio a bordo famoso per l'arroganza e la sinecura del suo personale, con i piloti che volano un numero di ore mensile inferiore a quello di altre compagnie e con vantaggi personali economici superiori, quale lustro ha aggiunto in questi anni alla bandiera italiana ed all'immagine della Nazione che rappresenta? Qui negli Stati Uniti non ci sono compagnie di bandiera e il mercato vive sulla legge della fisiologia imprenditoriale che prevede la nascita di aziende e la morte di quelle malate e decotte. Alitalia avrebbe dovuto essere dichiarata fallita da decenni.

Quanto all'operazione scaturita dalla fertile inventiva del ministro per l'economia Tremonti, si cominciano a contare le prime cannonate a palle incatenate della stampa europea. L'articolo pubblicato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung e' indicativo di uno stato d'animo che si va diffondendo negli ambienti europei. Definire l'operazione Alitalia, fatta dal governo Berlusconi, uno 'scandalo' dovrebbe far rizzare le orecchie a tutti quelli che hanno intonato un indecente e servile coro di tripudio, spesso non sollecitato dai diretti interessati al potere. Ci sono buone ragioni per ritenere che l'Europa boccera' il caso Alitalia. Vi e' un precedente importante che non viene citato. Quando Prodi, allora presidente dell'IRI, fu costretto a stracciare la lettera d'intenti che aveva appena sottoscritto a Londra con il vicepresidente della Ford per la vendita dell'Alfa sull'onda di una protesta mediatica abilmente gestita da Cesare Romiti, la casa del Biscione ando' a finire nelle mani degli Agnelli. E i pesanti debiti vennero accollati allo stato. Quando l'Unione Europea comincio' a funzionare, la pratica FIAT-Alfa fu riesumata e la casa di Torino costretta ad assumersi tutte le pendenze debitorie della parabubblica Alfa Romeo. La cordata presieduta da Colaninno avra' un regalo costituito da una societa' priva di debiti, le cui azioni potranno essere rivendute tra cinque anni (il tempo passa presto) a chi di aerei si intende, ovvero a quella Air France contro la quale il cavaliere Berlusconi aveva gettato quintalate di pesanti accuse alla vigilia delle elezioni. Eppure Air France si sarebbe assunta tutti i debiti di Alitalia, aveva concordato un massimo di esuberi nella misura di 2150 dipendenti a fronte dei 5-7mila che l'attuale operazione Berlusconi prevede a carico di imprese private e della cassa integrazione speciale (finche' dura). Perche' quell'accordo non e' stato portato a termine? La risposta e' semplice: non si doveva dare a Prodi la soddisfazione di concludere il suo mandato con un successo economico di grande rilevanza sociale e mediatica. Ecco perche' vista dall'America tutta la faccenda Alitalia puzza di bizantinismo paesano, contro ogni regola di mercato ed all'insegna del piu' classico menefreghismo all'italiana secondo il quale le imprese pubblicizzano le perdite e privatizzano i profitti. Alla faccia di tutti, ovvero dei cittadini che continuano a tirare la carretta in mezzo a tante difficolta'. Vergogna.
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda pagheca il 16/09/2008, 13:07

Interessanti retroscena di cui non ero a conoscenza...
pagheca

Cattive compagnie (di bandiera)

Per accontentare Silvio Berlusconi Emma Marcegaglia si è cacciata in un bel guaio. Per Alitalia ha rinnegato principi come libero mercato e concorrenza


di Marco Travaglio, da http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... i-bandiera)/2040700/1&ref=hpsp

Emma Marcegaglia S'è cacciata in un guaio, Emma Marcegaglia, nell'ansia di portare la sua razioncina d'oro alla Patria. Cioè il suo oboletto all'AliSilvio. Strapazzata perfino sul giornale confindustriale dall'economista liberale Alberto Alesina, concorre col penultimo predecessore Antonio D'Amato al record di servilismo filogovernativo in viale dell'Astronomia. Quando parlerà di libero mercato, qualcuno le ricorderà che è entrata in una compagnia aerea nata dalla sospensione delle regole antitrust con modifica ad hoc di tre leggi.

Quando esalterà il rischio d'impresa, qualcuno le rammenterà che il governo le ha consegnato la nuova Alitalia ripulita da debiti ed esuberi. Quando siederà a trattare col governo per conto degli imprenditori sarà sospettata di ripagare il governo della grazia ricevuta. Quando un socio di Confindustria rischierà il crac, Emma dovrà spiegargli come mai la sua impresa deve fallire, mentre Alitalia no. Solo pochi mesi fa, sotto Montezemolo, l'associazione degli industriali aveva mollato alla classe politica uno schiaffo morale, cominciando a espellere i soci che pagano il pizzo anziché denunciare il racket mafioso.

Ora quel patrimonio di legalità va rapidamente evaporando. Questione di coerenza. Il gruppo Marcegaglia, pochi mesi fa, ha patteggiato per corruzione al Tribunale di Milano a proposito di una tangente pagata nel 2003 a un manager dell'Enipower in cambio di un appalto: pena pecuniaria 500 mila euro e 250 mila di confisca alla Marcegaglia Spa, pena pecuniaria di 500 mila euro e 5 milioni di confisca alla controllata NE Cct Spa, 11 mesi di reclusione patteggiati dal vicepresidente Antonio Marcegaglia (fratello di Emma). Il padre Steno, invece, è stato condannato dal Tribunale di Brescia a 4 anni per la bancarotta Italcase-Bagaglino. Nello stesso processo di primo grado, sono stati condannati Roberto Colaninno (4 anni) e Cesare Geronzi.

Colaninno è il presidente della nuova Alitalia, mentre Geronzi è indicato fra i grandi sponsor dell'operazione. Ma la cordata è impreziosita da un altro condannato in primo grado, il costruttore Marcellino Gavio (già arrestato nel '93 per Tangentopoli, dopo mesi di latitanza all'estero, s'è appena buscato 6 mesi per violazione di segreto investigativo) e dal pregiudicato Salvatore Ligresti (2 anni e mezzo definitivi per Tangentopoli). Ora, espellere chi non denuncia il racket mafioso è un'ottima idea. Ma chi paga il pizzo in Sicilia, di solito, ha la lupara alla tempia. Chi paga mazzette in Lombardia no. Con che faccia la Confindustria caccia chi subisce il racket (e per la legge è vittima di un reato) e non chi sgancia tangenti (e per la legge è colpevole di un reato)? Sarebbe come se il ministro Gelmini denunciasse le promozioni facili al Sud e poi volasse a Reggio Calabria per dare l'esame da avvocato. Per dire.

(12 Settembre 2008)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda lucameni il 16/09/2008, 22:53

stavo per postare pure io.
Al di là dei suoi vezzi tribunizi (e incoerenti con I. Montanelli quale "maestro") T. va ringraziato per questi articoli.
E' l'unico che, grazie anche ai suoi temutissimi e aggiornatissimi dossier,ci ricorda queste cosine che altrimenti passerebbero nell'anonimato ....
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 18/09/2008, 17:25

a pensar male ....

ho come l'impressione che visti i tempi che tirano, non buoni per le banche e per l'economia, magari la cordata italiana gradirebbe sciogliersi come neve al sole, lasciando il cerino spento ("la colpa") in mano ai sindacati.

... si fa peccato?

Ciao,
Franz
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 18/09/2008, 17:27

franz ha scritto:a pensar male ....

ho come l'impressione che visti i tempi che tirano, non buoni per le banche e per l'economia, magari la cordata italiana gradirebbe sciogliersi come neve al sole, lasciando il cerino spento ("la colpa") in mano ai sindacati.

... si fa peccato?

Ciao,
Franz

Scusate, avevo scritto prima di leggere la pagina di repubblica, che fino a pochi minuti fa parlava dell'attesa per la decisione.

Ora leggo:

Caos Alitalia, la Cai ritira l'offerta
Berlusconi: "Colpa Cgil e piloti"

La Cai ha ritirato l'offerta per Alitalia. Alle 15.50 era scaduto l'ultimatum Cai ai sindacati. Berlusconi attacca Cgil e piloti.


17:20 Cai, ritiro all'unanimità

Il ritiro dell'offerta Cai per Alitalia "è stato deliberato all'unanimita". Lo si apprende da fonti informate sulla riunione.
17:20 Berlusconi contro Cgil e piloti

"Ho avuto la conferma ufficiale del ritiro del piano da parte di cai. La situazione è drammatica, potremmo essere di fronte a un baratro. Ci sono responsabilità della Cgil e dei piloti. E ci sono anche responsabilità politiche" Lo dice il presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda franz il 19/09/2008, 8:15

Cosa succede adesso che la cordata degli imprenditori italiani ha ritirato l'offerta
Ci sono almeno tre possibilità. La più catastrofica è il fallimento

Alitalia, tre scenari per il dopo
Fallimento, "piano B" o stranieri

La risposta in pochi giorni. Fantozzi: "Voleremo finchè ci sono soldi"
Ma la compagnia perde due milioni di euro al giorno e le casse sono vuote
di CLAUDIA FUSANI

ROMA - "Lufthansa...". "No, vedrai che ricuciono, Letta e Fantozzi sono al lavoro..." (per far risorgere Cai. O un'altra cordata di imprenditori italiani). "Ci sono tre giorni di tempo...". Se ne riparla lunedì. Scampoli di comunicazioni tra palazzo Chigi e ambienti sindacali. Alla fine di una giornata dove è successo di tutto, dopo l'inimmaginabile s'intravede anche l'impossibile: Cai, che oggi ha detto no in cinque minuti, ci potrebbe ripensare, magari in un'edizione riveduta e corretta. Una Cai2, riveduta e corretta.

Da qui a lunedì la domanda è una sola: ora che la cordata dei "capitani coraggiosi" si è dissolta nello spazio di un mese, che succede? Se lo chiedono tutti, le migliaia di clienti Alitalia, i ventimila dipendenti, soprattutto Silvio Berlusconi che su Alitalia italiana ci aveva pure inventato lo slogan estivo "Io amo l'Italia, io volo Alitalia". La domanda è semplice, la risposta complessa. Una cosa è certa: commissario e dipendenti faranno funzionare Alitalia il più a lungo possibile, anche a costo di "tagliarsi lo stipendio". "Quindi nessun panico negli aeroporti e tra chi deve viaggiare, noi siamo al lavoro e garantiremo il servizio anche a costo di gravosi sacrifici" taglia corto Antonio Divietri (Avia) uno dei leader sindacali del cosiddetto fronte del no che hanno chiesto fino all'ultimo secondo di poter trattare con Cai. Ribadisce il commissario Augusto Fantozzi: "Voleremo finchè ci sono i soldi". Quanto? "Non si sa, la confusione di questi giorni complica ancora di più le cose".

Fatta questa premessa - Alitalia vola - sono almeno tre gli scenari per il futuro prossimo della compagnia aerea italiana.

Il piano B del premier. Governo e maggioranza continuano a dire che "un piano B non esiste". Anzi, per Berlusconi "siamo di fronte a un baratro". E ripete, come fa da almeno tre giorni: "Tutta colpa della Cgil". E però, vista come s'era messa la situazione fin dall'inizio di questa trattativa surreale, il Cavaliere - e il sottosegretario Gianni Letta - potrebbero avere una carta segreta da giocare. Un jolly da tirare fuori in extremis, il cosiddetto piano B. "Ipotesi non irrealistica" dicono i sindacati del fronte del Ni, Cgil e autonomi.

In meno di mezz'ora i dodici "capitani coraggiosi" hanno votato all'unanimità la rinuncia all'investimento. Insomma, una scelta affatto sofferta e forse decisa da giorni. Esiste ancora lo spazio per una nuova Cai, con altri imprenditori? In fondo adesso c'è già un piano industriale, un'offerta di contratto e una controproposta dei sindacati che ricalca i contratti delle compagnie straniere. Insomma, le cose sono molto più chiare, le carte in tavola e la maggior parte del lavoro è già fatto. Se qualcuno si affaccia per vederle sa già a cosa va incontro. Da via del Plebiscito, residenza del premier che sta studiando carte e appunti, trapela una considerazione: Cai ha ritirato l'offerta ma la cordata non è sciolta. Letta, Fantozzi e i ministri Matteoli e Sacconi si rivedranno lunedì, a palazzo Chigi.

L'asse italo-tedesco. O italo-franco-olandese.
O, ancora, con gli spagnoli di Iberia e con gli inglesi di British Airways. Il secondo scenario prevede l'acquirente straniero. Vorrebbe dire portare le lancette dell'orologio indietro ad aprile, quando Spinetta stava per chiudere l'acquisto di Az da parte di Air France. "Finchè esiste anche una lontana ipotesi di cordata italiana, nessun straniero farà mai un'offerta" osservano i sindacati.

E' un fatto che oggi, appena un'ora dopo l'annuncio del ritiro dell'offerta Cai, ai microfoni di Radiocor un portavoce di Lufthansa dice: "La compagnia considera molto interessante il mercato italiano e osserva con grande interesse" quanto succede in Italia. E' un'affermazione di qualche peso visto che finora Lh, Ba, Af-Klm non hanno mai manifestato interesse con il commissario Fantozzi.

La cordata Cai prevedeva il socio straniero solo in quota di minoranza per almeno cinque anni. E solo con la pax sindacale. Oggi lo scenario vede i sindacati del cosiddetto fronte del no che hanno detto sì a un contratto che ricalca quello di una delle grandi compagnie straniere. Significa che se adesso arriva un'offerta dall'estero, la strada è spianata. O quasi. E tutto sommato fa anche un buon affare.

Nello scenario acquirente straniero restano, però, due ostacoli che sembrano insormontabili. Il primo: Berlusconi ha fatto dell'italianità di Alitalia una questione di principio. Può rinunciarci adesso che rischia una "sconfitta-simbolo"? Il secondo: un acquirente straniero non può fare un'offerta con la consapevolezza di contraddire il capo del governo. La soluzione per Alitalia passa una volta di più dal nodo della politica.

Il fallimento. Ipotesi più drammatica: Az, che perde due milioni di euro al giorno, sopravvive qualche giorno, magari anche qualche settimana, non si trova un'altra soluzione e il commissario Fantozzi deve portare i libri in tribunale. E' l'anticamera del fallimento, procedura che può durare anche un paio d'anni. Con la modifica delle legge Marzano, decisa in agosto dal governo proprio per il dossier Alitalia, il commissario potrà anche vendere isolatamente alcuni asset (punti di forza dell'azienda) come alcuni slot (rotte e orari). Insomma, una volta avviata la procedura, Alitalia sarà venduta a pezzi per avere i soldi per pagare i debiti con i fornitori. E' "il baratro" di cui parla il premier.
(18 settembre 2008)
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Re: Alitalia: salvataggio o fallimento?

Messaggioda ranvit il 19/09/2008, 11:00

L'attuale situazione della vicenda Alitalia se non si sblocca o se provocherà un intervento di nazionalizzaziome sarebbe il primo grosso smacco politico di Berlusconi da che ha vinto le elezioni.

Non sottovaluterei pero' anche la responsabilità grandissima della Cgil. Non mi sorprende l'atteggiamento degli autonomi che dovrebbero essere accontentati : "meglio falliti che nelle mani di questi banditi"...

Ricordo inoltre che probabilmente la Cgil e gli autonomi avrebbero fatto fallire anche la trattativa con Air France...

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Alitalia, il rilancio di Epifani "Ora vendiamola agli strani

Messaggioda franz il 20/09/2008, 9:28

Intervista al leader della Cgil: "Che danno quegli applausi. Ma i piloti vanno coinvolti"
"Palazzo Chigi ci ha dipinto come quelli che giocano allo sfascio"

Alitalia, il rilancio di Epifani
"Ora vendiamola agli stranieri"

di MASSIMO GIANNINI

ROMA - "O il governo e il commissario trovano il modo di riaprire la trattativa con Cai, oppure io vedo una sola strada: la vendita immediata a una grande compagnia straniera, che ci può assicurare un know how industriale più forte e condizioni finanziarie più solide". Il giorno dopo la disfatta politico-sindacale sull'Alitalia, Guglielmo Epifani riapre i giochi. In questa intervista a Repubblica il leader della Cgil respinge le accuse di Berlusconi, lancia segnali a Colaninno e soprattutto rilancia l'ipotesi di una cessione a un vettore internazionale. "Io personalmente vedo con favore Lufthansa, ma non sta certo a noi scegliere il partner. Tocca al governo decidere".

Epifani, lei giustamente ha fretta. Ma vedere quei dipendenti in divisa che esultavano davanti a Fiumicino, all'annuncio del ritiro dell'offerta Cai, è anche una vostra sconfitta, non trova?
"Certo, quegli applausi hanno nuociuto all'immagine dell'Alitalia. In qualsiasi altra situazione di grave crisi aziendale, e ne abbiamo vissute e ne viviamo tante, una notizia del genere viene accolta con profonda preoccupazione da tutti. Stavolta non è stato così, e di questo i lavoratori devono essere coscienti. Noi, di sicuro, non abbiamo gioito. Anche se è altrettanto certa un'altra verità: le caratteristiche della cordata italiana, l'assenza di know how specifico, la mancanza di procedure trasparenti, sono alla base della criticità oggettiva dell'intera operazione Cai".

Il problema è che dietro quella gente ci siete voi, c'è il vostro no. Avete giocato al tanto peggio tanto meglio?
"No, non è mai stata questa la nostra posizione. Noi abbiamo lavorato fin dall'inizio per cercare una soluzione positiva. Mentre fin dall'inizio è stato il governo ad accreditare l'immagine di una Cgil che giocava allo sfascio, sulla pelle dei lavoratori e del Paese. La nostra storia dimostra che questa non è e non è mai stata la nostra cultura. Berlusconi ripete da giorni che siamo manovrati dalla politica, quando è evidente a tutti che la Cgil ormai da decenni non è più cinghia di trasmissione di nessuno. Il giorno in cui Cai doveva decidere Berlusconi ha detto "si firmi anche senza la Cgil". Dopo che la Cai si è ritirata ha detto "è stata tutta colpa della Cgil". Le pare un modo serio di trattare? A colpi di ultimatum quotidiani, di drammatizzazioni continue, di ricatti veri e propri?".

Quanto ad accuse e a "penultimatum", anche i sindacati non sono stati da meno.
"Attenzione: un conto è la polemica, anche dura, che in una trattativa così delicata ci può stare. Tutt'altro conto è il livore degli attacchi, personali e politici, ai quali naturalmente abbiamo il dovere di rispondere. L'alzata di toni del governo contro di noi è indegna di un Paese civile. Questo modo di intendere i rapporti con le forze sociali è un imbarbarimento della vita del Paese".

Un clima di aggressione ideologica contro di voi, soprattutto da parte di un pezzo di governo che ha vissuto ai tempi di Craxi lo scontro sulla scala mobile, può anche esserci stata...
"Certo che c'è stata. L'abbiamo respinto e la respingiamo con altrettanta forza... ".

Ma qui c'è un fatto sul quale anche voi dovete riflettere. Un accordo è saltato per l'ennesimo no della Cgil. Non siete forse un elemento di freno sistematico alla modernizzazione del Paese?
"La modernizzazione del Paese la vuole anche la Cgil. Noi non viviamo con la testa rivolta al passato. Un sindacato che fa questo muore. Ma allo stesso tempo respingiamo una modernizzazione che scommette sulla sudditanza o peggio sull'irrilevanza delle rappresentanze sociali. Questa scommessa per noi è inaccettabile, anche perché prefigura una deriva autoritaria che dovrebbe preoccupare non solo noi, ma tutte le forze sociali che hanno a cuore la democrazia".

Perfetto. Ma nel caso Alitalia la Cgil ha compiuto uno strappo del tutto inedito. Si è schierata con sei sigle autonome, dividendosi da Cisl e Uil. Per difendere voi stessi, avete difeso una corporazione, i piloti. Non è così?
"Né oggi né mai ho difeso logiche di casta, privilegi o posizioni di potere consolidato. Ma una trattativa complessa non si gestisce usando l'esclusione e la forza. Il personale di volo non è rappresentato da noi, ma è sbagliato tagliarlo fuori dal confronto. E se io cerco di allargare il perimetro del confronto, lo faccio in nome della democrazia sindacale, non certo del corporativismo".

Ma c'è un paradosso: per cercare di allargare il consenso, come lei ha detto in questi ultimi giorni a proposito del piano Cai, avete finito per cavalcare il dissenso.
"Capisco che questa può essere l'impressione. Ma il problema di chi deve amministrare una compagnia aerea non è solo firmare un accordo. Perché se il giorno dopo la firma Fiumicino e Malpensa si bloccano e gli aerei non volano perché il personale di volo entra in sciopero, quell'accordo diventa carta straccia. E questo problema non si risolve minacciando soluzioni autoritative. Si risolve trattando con tutti, e cercando di trovare un'intesa che soddisfi tutte le rappresentanze dei lavoratori".

C'è anche un'altra chiave di lettura: la Cgil ha detto no perché, se avesse firmato, dal giorno dopo sarebbe implosa al suo interno. Che ne dice?
"Dico che è falso. Fratture con la base ne hanno e ne hanno avute tutti i sindacati. Fa parte della nostra storia. Ma nel caso dell'Alitalia questo è davvero l'ultimo dei problemi. La verità è che non si può trattare con la pistola alla tempia".

Continuate a sottovalutare un punto: Alitalia è nell'abisso. Tutti trattano con la pistola alla tempia, non crede?
"È vero. Ma tutto era già noto da un pezzo. La trattativa andava preparata per tempo, non improvvisata in un mese".

Per tempo, lei dice. E allora perché non avete accettato l'offerta Air France, che avrebbe risolto tutto e non sarebbe costata un euro ai contribuenti?

"Berlusconi scarica anche quella su di noi. Ma voglio ricordare che Spinetta, allora, pose due condizioni per acquistare Alitalia: la prima era in effetti il consenso del sindacato, e lì noi non trovammo l'intesa sui livelli occupazionali, ma la seconda era il via libera del governo in carica e di quello che, di lì a poco, avrebbe vinto le elezioni. Berlusconi aveva la vittoria in tasca, e fu lui a costruire la compagna elettorale sullo slogan "non passa lo straniero"".

Epifani, mettiamo da parte il passato, e veniamo al presente. Cai si è ritirata, il governo dice no a ogni forma di nazionalizzazione. Come si esce da questo buco nero, che rischia di ingoiare 20 mila famiglie?
"Innanzitutto bisogna che chi ha alzato irresponsabilmente i toni li abbassi immediatamente. E poi occorre che il capo del governo e il commissario straordinario riprendano in mano il bandolo di questa matassa".

Il suo collega Bonanni dice: basta che Epifani fa una telefonata a Colaninno, e tutto è risolto.
"Non sono io che devo attivarmi. Lo ripeto, la partita adesso è in mano a Berlusconi e a Fantozzi. Tocca a loro studiare una soluzione".

Ma lei cosa propone? Avrà un'idea, no?

"Io vedo solo due possibilità. La prima è che il governo ritrovi uno spiraglio per riprendere il negoziato con Cai, sapendo bene che il problema del consenso del personale di volo non è un'invenzione o una scusa, ma un'esigenza essenziale per chi fa trasporto aereo. So che è molto difficile, per le condizioni finanziarie della cordata e per i dissensi di merito che ancora restano in campo. Ma il governo ha il dovere di provarci".

E se non ci riesce?
"Vedo solo una seconda possibilità, che non considero nemmeno una "ipotesi B" perché è meno convincente, ma semmai è dal mio punto di vista addirittura più forte: il governo avvii subito, in modo limpido e trasparente, le procedure per vendere a una grande compagnia aerea internazionale. Io credo che le disponibilità ci siano, anche se ovviamente nessun partner potenziale si muove in assenza di una scelta netta e decisa da parte del governo".

Allude a Lufthansa?
"Non sta a me scegliere il partner. Ma lo ripeto, so che, a precise condizioni, esistono disponibilità. E dunque, se è così e se la pista Cai è chiusa per sempre, la Cgil chiede al governo di non esitare un solo minuto: faccia un passo indietro sul principio dell'italianità, e scelga subito un grande vettore straniero cui affidare le sorti di Alitalia. Sarebbe una scelta che avrebbe il vantaggio di un know how industriale più forte, condizioni finanziarie più solide e una tempistica più rapida. Se il governo fa questo, dichiarando a viso aperto il suo gioco nei confronti del Paese e del sindacato, la Cgil è pronta a fare fino in fondo la sua parte. Come ha sempre fatto, nella sua lunghissima storia".

(20 settembre 2008)
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