chango ha scritto:Continui a ripetere il mercato dotato delle dovute regole e privo di monopoli e cartelli, come se fosse la condizione normale(reale) del mercato. Ma così non è. I monopoli e i cartelli esistono.
Non è la condizione "normale" ma è quella in cui il mercato dà (darebbe se ci fosse) il meglio di se in vari campi, tra cui quello che stiamo discutendo è la determinazione del prezzo e la sua tendenza a calare se non ci fossero spinte (principalmente statali, sindacali e monopolisitiche) che li tengono alti. Chiaro che ognuno fa il prezzo che decide di fare (nche i lavoratori) ma ci sono decine di migliaia di produttori di scarpe, mica solo nike e adidas. E nessuno è obbligato a comprare le nike. Se nike fosse realmente monopolista i prezzi che fa sarebbero maggiori e ritengo che anche la qualità sarebbe diversa.
Tornando al dunque: a parte una tendenza sporadica di alcuni prezzi a salire in caso di carenze momentanee della produzione o dell'estrazione (materie prime sempre piu' rare, problemi ambientali locali in agricoltura) la tendenza generale dei prezzi sia dei generi alimentari che dei beni prodotti dal secondario e del terziario (prezzi liberi, non imposti da cartelli o enti statali) è alla diminuzione. Come mai invece spesso si registra un incremento dei prezzi generali (es: indice dei prezzi al consumo)? Perché gli stati ed alcuni gruppi socliali organizati mettono in atto politiche inflazionistiche attraverso vari sistemi: 1) basso costo del denaro, 2) stampa eccessiva di moneta fresca, 3) altre politiche monetarie e finanziarie tipo il Quantitative Easing, 4) svalutazione della moneta rispetto alle altre per favorire l'esportazione, 5) eccesso di debito pubblico che indebolisce nazione e valuta. 6) si ritiene (a torto o a ragione) che una certa inflazione pilotata sia cosa positiva per la piena occupazione. 7) aumento dei salari e delle imposte che spingono verso l'alto i prezzi. Per le imposte, notare per esempio cio' che scrive Giarda nella relazione http://www.governo.it/rapportiparlament ... _spesa.pdf "La spesa pubblica italiana è passata, come incidenza sul PIL, dal 23,6 % del 1951 al 51,2% del 2010, passando per il massimo del 56,6 % (sic) del 1993." Chiaro che la spesa genera imposte e queste si riversano sui prezzi.
Quindi per concludere l'inflazione non è affatto fisiologica ma frutto di ben precise politiche statali o sindacali (giuste o sbagliate che siano). Se queste politiche non ci fossero, avremmo un calo dei prezzi e non sarebbe necessario aumentare i salari perché aumenterebbe il potere d'acquisto come conseguenza degli aumenti di produttività. Naturalmente si preferisce chiedere l'aumento salariale (altrimenti a cosa servono i sindacati?) e questo contribuisce forse per la misura maggiore all'aumento dei prezzi osservato e anche ad ostacolare la piena occupazione. Questo giocattolino pero' si è un po' rotto con l'incremento di velocità della globalizzazione, perché le aziende possono andare a produrre dove i salari sono piu' bassi con il risultato abbastanza evidente di una forte crescita dei paesi in via di sviluppo (e conseguente riduzione delle disparità mondiali) e di un impoverimento di chi non riesce (come l'Italia) ad adeguarsi in fretta alle nuove condizioni.
Segnalo inoltre che l'inflazione mondiale è in calo (tra alti e bassi) da 30 anni http://www.google.com/publicdata/explor ... S&dl=en_US mentre se fosse realmente fisiologica dovrebbe essere piu' costante. Il grafico dell'inflazione puo' essere messo a confronto con quello della produttività (o capacità produttiva) mondiale: http://www.google.com/publicdata/explor ... dp_mktp_cd