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Il muro del Debito

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Re: Il nonno della II Repubblica

Messaggioda franz il 10/01/2012, 17:27

flaviomob ha scritto:Potrebbe aumentare il costo del petrolio, ma se gli incrementi dei prezzi sono interni all'area euro e sono relativi a prodotti europei, non sono giustificati e bisogna intervenire contro le speculazioni (come avvenne al momento del passaggio lira-euro in maniera scandalosa).

Flavio, o viviamo in un regime dittatoriale, che impone un controllo ferreo dei prezzi e dei salari, come in certe repubbliche delle banane, oppure ognuno è libero, domani, di fare il prezzo che vuole per la merce che vende ed i servizi che offre.

Se lo stato crea inflazione, svalutando la moneta e stampando carta moneta (o altre cose equivalenti all'incremento della massa monetaria) è assolutamente normale (e non speculativo) che ci sia una corsa al rialzo dei prezzi. Lo spiegava bene quel cartone animato che tu stesso avevi postato (quello che parlava dei tempi di hamilton). Il primo che rialza i prezzi intercetta una maggiore quantità di denaro. In questo caso lo speculatore principale sarebbe lo stato stesso, perché specula di poterci guadagnare svalutando l'euro per salvare il priprio debito (poi con cavolo che i cinesi ed i fondi pensione extra-euro comprano i nostri titoli di debito pubblico, svalutati).

Occorre comprendere che svalutare l'euro (piu' di quanto oggi si stia già svalutando il dollaro) significa di fatto un default parziale (ho preso 100 euro in prestito e li rendo che valgono meno, svalutati) ma non solo del debito pubblico, anche verso ogni forma di investimento extra europeo (quindi usa, giappone, BRIC etc). Contare sull'europa solamnente (consumo e produzione interna) mi ricorda l'autarchia. Considerando che EU esporta tra il 55 ed il 60% del PIL http://www.google.it/publicdata/explore ... l=en&dl=en ed importa dal 51 al 58% dEL PIL http://www.google.it/publicdata/explore ... l=en&dl=en sarebbe una pazzia.

In queste condizioni l'Europa non puo' far finta di essere un'isola. Svalutare, come dice giustamente pianogrande (e spero trilogy confermi) significa di fatto diminuire i redditi (il potere d'acquisto) dei lavoratori e dei pensionati.
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Re: Il muro del Debito

Messaggioda flaviomob il 10/01/2012, 21:23

L'ARITMETICA DELL'OTTIMISMO
di Francesco Daveri 10.01.2012
Un buon andamento delle esportazioni italiane farebbe da argine alla presumibile ventata recessiva che colpirà i consumi nella prima metà del 2012. Se l'euro continua a deprezzarsi nel corso dell'anno, le aziende italiane che esportano guadagnano competitività. L'esperienza del 1993 suggerisce che un deprezzamento del 25 per cento sarebbe oggi associato ad una crescita aggiuntiva delle esportazioni per 2,5 punti percentuali e ad una crescita aggiuntiva del Pil di circa 0,6 punti. La recessione sarebbe dunque attenuata, ma probabilmente non eliminata.
In un recente articolo ho suggerito che ci sono ragioni per essere meno pessimisti della maggior parte degli analisti sulle prospettive economiche dell’Italia nel 2012. Una di queste è che se l’euro continuerà a deprezzarsi nel 2012, ciò si tradurrà in un guadagno di competitività per le nostre esportazioni. Un buon andamento dell’export farebbe da argine alla presumibile ventata recessiva che colpirà i consumi nella prima metà del 2012. In questo pezzo - anche sollecitato dai commenti al precedente - provo a fare l’aritmetica dell’ottimismo (o del non pessimismo). Propongo cioè un calcolo approssimativo di quanto grande potrebbe essere l’“aiutino” derivante da una svalutazione dell’euro per l’export e per il Pil dell’Italia.

L’EURO CONTINUERÀ A DEPREZZARSI NEL 2012

La prima cosa da capire è se l’euro si deprezzerà davvero nel 2012. Notoriamente, come già ammetteva in un articolo del 1982 l’ex capo economista del Fondo monetario Ken Rogoff, prevedere l’andamento dei cambi è impossibile per ogni persona di buon senso: la cosa onesta da fare è tirare una moneta in aria e fare a testa o croce. La verità è che non esiste nessun modello di previsione che riesca ad azzeccare stabilmente l’andamento dei cambi.
Detto questo, le previsioni bisogna pur farle perché l’evoluzione dei cambi influenza la vita quotidiana di famiglie e imprese. Anche rischiando una brutta figura. Con gli attuali chiari di luna, che previsioni si possono fare sul cambio dell’euro nel 2012? Se guardiamo alle grandi aree del mondo, vediamo che, schiacciata sotto il peso delle incognite sul suo futuro, l’area euro è in una fase di rallentamento, se non di recessione. Il discorso è un po’ differente per Stati Uniti e Cina, oltre al resto dell’Asia emergente, dove la crescita è rallentata ma persiste, e persiste a livelli stellari in Asia. Ciò suggerisce che i tassi di interesse controllati dalle banche centrali - che si muovono per sostenere le economie in difficoltà e per evitare che si surriscaldino - rimarranno stabili o scenderanno marginalmente in Europa e rimarranno stabili nel resto del mondo.
Con tassi in discesa (e crisi dell’euro risolta a metà) in Europa e stabili altrove, l’euro probabilmente andrà più o meno come negli ultimi sei mesi. La tendenza al deprezzamento - da 1,45 a meno di 1,30 verso il dollaro; da 9,42 a 8,15 contro lo yuan cinese – presente da quando la crisi dei debiti sovrani è la notizia del giorno (di ogni giorno) continuerà nel 2012. Se quindi, come presumibile, non ci sarà una soluzione rapida dei problemi di sostenibilità del debito pubblico dei paesi europei periferici, il meno 12 per cento osservato negli ultimi sei mesi del 2011 potrebbe diventare un meno 25 per cento nell’arco di un anno.

1993 E 2012: EFFETTI SU EXPORT E PIL

Cosa succederebbe all’export dell’Italia se il cambio dell’euro si deprezzasse del 25 per cento? Per rispondere ci si può aiutare con un precedente storico. Nel corso del 1993, dopo l’uscita dell’Italia dal Sistema monetario europeo (Sme), la lira si deprezzò del 25 per cento nei confronti della media delle valute dei partner commerciali dell’Italia (e del 21 per cento nei confronti del dollaro). In parallelo, nel 1993, le esportazioni di beni e servizi italiani a prezzi costanti (in italiano: le quantità esportate) aumentarono del 9 per cento circa (+8,7 per la precisione). Il 9 per cento del 1993 venne dopo una crescita media del 4 per cento registrata nel 1990-92, anni in cui il tasso di cambio della lira - “ingabbiato” all’interno dello Sme - era rimasto pressoché costante. Dunque con il 1993, si assiste a una drastica accelerazione dell’export, che cresce di quasi 5 punti percentuali più rapidamente rispetto agli anni precedenti. Se prendiamo questi numeri come punto di riferimento e usiamo il gergo degli economisti, ne consegue che l’elasticità dell’export al tasso di cambio osservata nel 1993 fu di 0,2 (+5 per cento diviso 25 per cento).
C’è però un’importante differenza rispetto al 1992-93. Allora la valuta che si deprezzava era la lira nei confronti del resto del mondo. Il guadagno di competitività dei produttori italiani era globale. Oggi la valuta che si deprezza è quella dell’area euro nel suo complesso e così i produttori italiani guadagnano competitività rispetto a cinesi, svizzeri e americani, ma non rispetto a tedeschi e francesi. Il guadagno di competitività riguarda cioè solo il 55 per cento dell’export italiano, non il suo 100 per cento come nel 1993 quando c’era la lira. Quindi l’elasticità dell’export rispetto al cambio dell’Italia non vale più 0,2 ma più probabilmente poco più di 0,1. Si è cioè sostanzialmente dimezzata. Ma non si è azzerata. E così se l’euro si deprezza del 25 per cento nel 2012 possiamo aspettarci un aumento addizionale dell’export di soli 2,5 punti percentuali (e non 5 come allora) rispetto a quello osservato negli ultimi anni. Anziché crescere dell’8 per cento come nel 2010-2011, le esportazioni italiane potrebbero dunque crescere di un ottimo 11,5 per cento nel 2012.
Le buone notizie non finiscono qui. Una svalutazione non rende solo più facile la vita agli esportatori italiani sui mercati esteri. Ha anche un effetto positivo sulla capacità di competere dei produttori italiani che competono sul mercato interno con le importazioni. La Ferrari beneficia dalla svalutazione perché vende più automobili ai ricchi svizzeri, ma anche perché diventa più probabile che una ricca famiglia italiana alla ricerca di uno status symbol compri una Ferrari anziché una Rolls Royce prodotta in Inghilterra. Questo effetto è più difficile da quantificare, tuttavia, ed è probabilmente di minore entità data la scarsa crescita attesa del mercato interno italiano. Ma è un altro “più” della svalutazione da tenere in considerazione.
Alla fine della storia si può provare a quantificare l’aumento di Pil derivante da una svalutazione. Dato che l’export è circa un quarto del Pil, una svalutazione del 25 per cento dell’euro farebbe aumentare del 2,5 per cento le esportazioni e dunque di circa 0,7 punti percentuali (un po’ più di un quarto di 2,5, includendo qualche effetto di sostituzione delle importazioni con beni interni) il Pil dell’Italia rispetto a uno scenario con valore dell’euro stabile. Un effetto significativo ma non dirompente.

I LIMITI E LE SPERANZE DELL’OTTIMISMO

L’aritmetica dell’ottimismo ci aiuta a capire che i potenzialmente significativi benefici del deprezzamento dell’euro non saranno presumibilmente in grado di compensare del tutto gli effetti recessivi del peggioramento del clima economico e delle manovre a pezzi e bocconi in questi mesi.
A meno che non avvenga qualcosa di inatteso: nel mondo globale di oggi, la torta da conquistare per i nostri esportatori e la sua rapidità di crescita è molto più grande di quella di allora. La svalutazione potrebbe quindi oggi essere una leva ben più potente di quella osservata nel 1993. E’ questa la speranza del 2012.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002786.html


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Re: Il muro del Debito

Messaggioda franz il 10/01/2012, 22:08

Le buone notizie non finiscono qui. Una svalutazione non rende solo più facile la vita agli esportatori italiani sui mercati esteri. Ha anche un effetto positivo sulla capacità di competere dei produttori italiani che competono sul mercato interno con le importazioni. La Ferrari beneficia dalla svalutazione perché vende più automobili ai ricchi svizzeri, ma anche perché diventa più probabile che una ricca famiglia italiana alla ricerca di uno status symbol compri una Ferrari anziché una Rolls Royce prodotta in Inghilterra. Questo effetto è più difficile da quantificare, tuttavia, ed è probabilmente di minore entità data la scarsa crescita attesa del mercato interno italiano. Ma è un altro “più” della svalutazione da tenere in considerazione.


due cose:
1) le previsioni)
Ripeto le considerazioni già riportate altrove. Anche gli americani si danno da fare per non perdere terreno nei confronti dell'euro. Hanno un debito pubblico maggiore (ora al 100% del PIL) una bilancia dei pagamenti dissestata e sono capacissimi, per averlo fatto già in passato, ad immettere liquidità, moneta fresca e bassi tassi di interesse (quasi zero) per stimolare la crescita, gli investimenti, le esportazioni e tenere bassoil corso del dollaro.
Questo è il calo dell'euro rispetto al dollaro, di cui parla l'articolista:
http://it.finance.yahoo.com/echarts?s=E ... f;source=;
Se pero' vediamo gli ultimi 5 anni, (cliccando sul relativo bottone) osserviamo una serie di sali-scendi che corrispondono a cicli di svalutazione di una moneta rispetto all'altra.

Ad ogni calo dell'euro segue, dopo mesi la risalita del dollaro e se vedete bene oggi siamo messi come 5 anni fa (1.29 cinque anni fa, 1.28 oggi) con punte massime di 1.58 e minime di 1.19
Dovendo fare previsioni quindi non guarderei gli ultimi 6 mesi ma periodi piu' lunghi. Osservate il periodo massimo (dal 15 febbraio 1999).

2) il bilanciamento import export
Un sano principio contabile (pareggio di bilancio) consiglia fortemente di bilanciare le esportazioni con altrettante importazioni.
Altrimenti la bilancia non è in pari e questo comporta, guarda caso, proprio effetti su valore delle divise.
L'articolista dice che con la perdita di valore dell'euro le esportazioni potrebbero aumentare di un certo tot (ed ha ragione, anche se non entro in merito sul calcolo). Dimentica pero' che le nostre importazioni diventano piu' care (esattamente come le nostre esportazioni diventano piu' economiche). Se convinciamo gli italiani (o gli europei in genere) ad usare principalmente prodotti del mercato interno e importare di meno (quelle che lui chiama buone notizie), avremo che il volume delle esportazioni supererà quello delle importazioni. Quando noi esportiamo veniamo pagati in euro quindi i compratori devono comprare euro in banca per pagarci. Tutto ok se poi il processo inverso si pareggia quando noi importiamo prodotti. Se il volume di euro in entrata e in uscita è uguale, il valore dell'euro non cambia. Però se la richiesta di euro supera la domanda, se le esportazioni superano le importazioni, l'euro torna ad apprezzarsi, aumenta di valore. È un classico caso che dimostra che non tutte le ciambelle vengono col buco. Uno vuole fare il furbo, esportando piu' di quanto importa tramite la svalutazione e si ritrova con una moneta che acquista valore, ostacolando le esportazioni. Vasi comunicanti, meccanismi di compensazione del mercato. Al contrario quando le importazioni superano di molto le esportazioni (è il caso del dollaro) allora la valuta perde valore. Diciamo che tra dollaro ed euro la lotta è impari, visto il diverso andazzo delle due bilance dei pagamenti.

Del tutto dimenticato poi il fatto, direi storico e inconfutabile, che le svalutazioni si traducono in inflazione e perdita di potere d'acquisto per salariati e pensionati.
Ultima modifica di franz il 11/01/2012, 9:56, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il muro del Debito

Messaggioda flaviomob il 10/01/2012, 22:35

Un'autorevole analisi... spazza via ogni dubbio!

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Re: Il muro del Debito

Messaggioda franz il 10/01/2012, 22:58

flaviomob ha scritto:Un'autorevole analisi... spazza via ogni dubbio!

Era il 1976, l'anno record con il 20.9% di inflazione (e due anni prima il 24.1%)
http://www.albanesi.it/Finanza/inflazione_italia.htm
Vogliamo riprovarci? :o

Interessante questa breve storia economica d'Italia (una pagina!) 8-)
http://www.unitus.it/scienzepolitiche/D ... Italia.pdf
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