franz ha scritto:No. Assolutamente in disaccordo. Anche se ci fossero (e ci dovranno essere) i servizi che in italia mancano ed in svezia ci sono, un'azienda non assume una persona che non sa fare un tubo (dequalificata) solo perché lei ha tempo libero e strutture di appoggio. La base della produttività sta nel know-how del lavoratore/lavoratrice ed anche se le aziende volessero assumere donne, in Italia ne troverebbero poche di buon livello professionale. Questo il dramma che emerge dai quei dati OECD. Se le donne studiassero come gli uomini, forse allora con le dovute strutture come dici ci avvicineremmo alla parità occupazionale e salariale. Chiaro che iniziando oggi ci vogliono 40 anni per arrivare all'obbiettivo e 20 anni per arrivarci al 50%.
Un'azienda assume una persona in base al tipo di personale di cui ha bisogno.
per fare le pulizie non sta certo a guarda il titolo di studio che una persona ha.
se gli serve del personale con competenze di amminisrazione e contabilità guarderà tra chi possiede almeno il diploma.
se gli serve un operaio che spinga i pulsanti di un macchinario, che sposti i pezzi prodotti e altre mansioni non complesse da apprendere non cerca certamente un laureato in ingegneria.
per quanto riguarda le donne, studiano quanto e di più degli uomini. solo che la necessità di un loro ingresso permanente si è manifestata a partire dagli anni 70. così come negli ultimi 30 si è visto un recupero a livello di istruzione da parte delle donne sugli uomini che si è concretizzato in un ribaltamente del gap di genere tra i laureati.
non è che in Italia siamo a zero.
vanno cambiate le politiche educative (a partire da maggiori finanzzimenti nell'istruzione), ma servono anche maggiori servizi di welfare se si vuole aumentare il tasso di occupazione delle donne.
la base della produttività non risiede nel know how del lavoratore, quanto piuttosto nell'organizzazione del lavoro, nel livello di innovazione, nell'impiego di capitale che spesso spingono ad una crescita delle competenze professionali del lavoratore.
la produttività è diversa se le famose buche sono fatte utlizzato una vanga o un escavatore. il livello di conoscenze del lavoratore è sicurmanete più alto nel secondo caso, ma è altrettanto vero che è la conseguenza dell'innovazione tecnolociga e dell'investiemento in capitlae fisico.
Non sto sostenendo che la formazione non sia un elemento che aumenti la produttività, ma che è un elemento che , in molti casi, "segue" o presuppone interventi/investimenti precedenti.
franz ha scritto:Anche pensare che riempire e svuotare buche sia "politica industriale" è decisamente ideologico.
Anche nazionalizzare e privatizzare lo è.
Solo che sono politiche di segno opposto.
Tutto è ideologico e mi sta bene che lo sia (quello che non accetto è il dogmatismo, le ideologie dogmatiche).
Metti che uno Stato decida, democraticamente, di ritirarsi da ogni interventi di politica economica, dopo aver capito che qualsiasi cosa fa é un disastro che dovrà essere corretto da li' a poco. Clicca sul bottone e si spegne.
È politica industriale?
Non direi. È una
scelta politica ma non tutte le scelte politiche sono "politica economica" o "politica industriale"
Comunque abbiamo idee diverse, le abbiamo espresse in modo completo e compiuto e mi sembra inutuile cercare di convincerci ulteriormente su questo aspetto.
prendo atto che continui ad arrampicarti sugli specchi.
franz ha scritto:Io sono piu' realistico.
Per prima cosa, il welfare costa e quindi fa finanziato. In svezia lo è da una produttività per addetto che è quasi doppia rispetto all'Italia (valore aggiunto al costo dei fattori diviso numero di lavoratori). Da noi la produttività ristagna da 15 anni e quindi non ci sono risorse nuove. Occorre quindi fare scelte. Rinunciare ad alcune spese pubbliche in favore di altre.
Io propongo meno (anzi zero) pensioni di anzianità e piu' spesa per la formazione post obbligo (professionale e universitaria) e per il sostegno alle famiglie in cui entrambi lavorano (per esempio se lavorano entrambi, aliquote IRES dimezzate).
Dovrebbe essere chiaro che deve essere IMPEDITO ad un datore di lavoro (anche una fabbrica o un cantiere) assumere una persona che non abbia compiuto studi post-obbligo: o una scuola professionale, liceo, università. Per l'università dobbiamo potenziare il terziario di tipo B, da noi totalmente carente. Mai piu' al lavoro senza alcuna qualifica. Dopo le medie occorrono quindi come minimo 3 o 4 anni di scuola professionale ed uno di appredistato obbligatorio. Tutto il percorso formativo va rivisto. Poi anche cio' che dici allora puo' funzionare.
sul fatto che da noi la produttività ristagni fa 15 anni si potrebbe far notare che più o meno sono gli anni in cui in italia sono stati introdotti i contratti flessibili.
va bene alzare il livello di istruzione e di formazione, ma deve essere fatto con degli obiettivi precisi e non solo per dare tanto per dare un po' di formazione o istruzione in più ( che può anche essere un obiettivo valido, basta però non apsettarsi che questo porti di per se ad un aumento dell'occupazione, per es.)
avere persone più istruite e qualificate professionalemente deve presuppore un mercato del lavoro, quindi un sistema produttivo, che quelle capacità le sappia impiegare.
oggi ci sono tencinci che se ne vanno dall'Italia perchè le imprese non sanno come utilizzarli o perchè pensano di poterli pagare poco.