La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Una lettura keynesiana della crisi

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 04/12/2012, 14:35

E' tutto molto strano, a cominciare dalla definizione di "politiche kenesiane", pure o "bastarde" che siano definite.
Per prima cosa le politiche keynesiane (anticicliche) si attuano in momenti di crisi e lui stesso, almeno in un primo momento, spiegava che finita la crisi bisognasse tornare alle politiche normali. Cioe' si puo' pompare la spesa pubblica durante la crisi per creare domanda ma poi ricuperere la stabilità dei conti a crisi finita, agendo in senso opposto. E cosi' è stato fatto quando, a partire dagli anni 40 e poi soprattutto dal dopoguerra abbiamo avuto un lungo periodo di boom economico, legato alla ricostruzione post-bellica prima e poi a due fattori trainanti nel manufatturiero: automobile ed elettrodomestici.
Durante il boom non c'era alcun particolare bisogno di politiche keynesiane.
Da qui la tranquillità. Si cresce e non ci sono crisi.
Non è un merito o un demerito particolare delle teorie di keynes. Quelle eventualmente le apprezzi quando c'è crisi.

Bisognerebbe pero' chiedersi come mai allora negli anni 70 è scoppiata la crisi (petrolifera ed energetica).
Sicuramente come nel 2008 la crisi è venuta dagli USA, che per finanziare la guerra nel vietnam e poter stampare dollari a go-go (keynesianamente) hanno interrotto la conversione del Dollaro con l'Oro (una cosa che anche keynes piu' volte aveva definito un relitto del passato) con risultato di inflazionare il dollaro. I produttori arabi, che non sono sprovveduti, hanno aumentato il prezzo del petrolio per ricuperare valore a cio' che vendevano e questo ha esportato l'inflazione americana in tutto l'occidente.
La crisi attuale del debito pubblico pare dovuta al fatto che diversamente dalle prime indicazioni di keynes, gli stati si sono messi a far debiti sempre, non solo durante le crisi. Non so se sia qusta l'interpretazione "bastarda" a cui si allude ma fose vero l'attuale periodo di crsi sarebbe dovuto ad un eccesso di politiche di costante indebitamento da parte di alcuni stati ed alla scarsa credibilità degli stessi di saper rientrare dagli sperperi. In ogni caso anche l'aumento dei debiti e della spesa pubblica, non pare aver portato grandi benefici (aumento della domanda), forse perché nel frattempo le cose sono cambiatte drammaticamente. Quando Keynes scriveva le sue innovative teorie, il debito delgi stati era attrnoal 20% del PIL e la pressione fiscale era molto bassa. Oggi si viaggia tra il 90% di germania e francia ed il 125 dell'Italia, con una pressione fiscale decisamente elevata.
In queste condizioni keynes non è piu' attuale ed applicarlo significa applicare una presunta cura che non fa che peggiorare la malattia.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 11/12/2012, 13:39

Il paradosso dell’Unione Europea: l’Italia in crisi aiuta gli altri paesi


“Contributore netto”. E’ questa la definizione tecnica dell’Italia rispetto al Bilancio dell’Unione Europea. Vuol dire che il nostro paese versa alle casse dell’Unione più di quanto riceve in cambio. Niente di male, se non fosse che l’Italia, un paese in crisi economica, dovrebbe invece ricevere più di quanto versa, se l’Europa fosse un normale stato federale.

Come abbiamo infatti più volte sottolineato, l’euro per funzionare dovrebbe avere alle spalle un largo bilancio pubblico federale e riequilibratori automatici in grado di ammortizzare gli “shock asimmetrici” che possono colpire in modo differente le regioni dell’UE. In Italia, ad esempio, se una crisi si abbatte su una regione accadono automaticamente una serie di cose interessanti: a) poiché i redditi calano, calano anche le tasse da pagare; b) i dipendenti dello stato continuano ad essere regolarmente pagati, il che contribuisce ad evitare un ulteriore crollo dei consumi; c) i lavoratori privati che perdono il posto di lavoro ricevono dallo stato centrale un reddito di mantenimento sotto forma di cassa integrazione o sussidi di disoccupazione; d) tutti i servizi statali continuano a funzionare nonostante la riduzione del gettito fiscale in quella regione.

Oltre a ciò è probabile che lo Stato centrale, per venire in aiuto all’economia regionale depressa, vari qualche programma di sostegno.

In Europa, invece, accade pressoché l’opposto: nei paesi in crisi le tasse aumentano, l’UE non ha un largo numero di dipendenti nei singoli stati e infine il bilancio europeo non prevede alcun tipo di riequilibrio automatico.

Ma c’è di più: i paesi in crisi continuano a contribuire al bilancio europeo sulla base di criteri che non tengono conto del ciclo economico. Così può accadere che un paese come l’Italia, attualmente in crisi, versi alle casse UE più di quanto riceva, mentre altri paesi continuino ad avvantaggiarsi dei fondi comunitari.

Non solo, l‘esiguità del bilancio stesso (appena l’1% del PIL dell’Unione), anche se esso funzionasse secondo la logica corretta, non basterebbe a compensare gli effetti della crisi e dell’austerità, se non per economie molto piccole, come le repubbliche baltiche o al limite la Grecia.

La situazione è ben evidente in questo grafico, che mostra il saldo dei contributi all’Unione in ragione del PIL degli stati membri. Come si può vedere l’Italia ci rimette, mentre le repubbliche baltiche ricevono ingenti contributi (il che, insieme al fatto di essere fuori dall’euro, spiega perché si siano risollevate dalla crisi).

In proporzione al PIL eravamo (2009) il secondo contributore netto del bilancio UE dopo la Germania, il terzo invece in termini assoluti, dopo la stessa Germania e la Francia. Tuttavia, data la recessione, e con il nuovo bilancio 2014-2020 (le cui trattative sono ancora in corso), potremmo ritrovarci al primo posto della classifica. Non male per un paese che ha vissuto quest’anno una contrazione del 2,4%.

Senza una riforma (alquanto improbabile, dati i costi) del funzionamento dell’UE, i problemi strutturali dell’euro non verranno risolti e le iniezioni di liquidità della BCE serviranno a tenere in vita un corpo malato, non a rilanciare l’economia e uscire dalla crisi.

Immagine

http://keynesblog.com/2012/12/11/il-par ... tri-paesi/


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 11/12/2012, 15:47

flaviomob ha scritto:“Contributore netto”. E’ questa la definizione tecnica dell’Italia rispetto al Bilancio dell’Unione Europea. Vuol dire che il nostro paese versa alle casse dell’Unione più di quanto riceve in cambio. Niente di male, se non fosse che l’Italia, un paese in crisi economica, dovrebbe invece ricevere più di quanto versa, se l’Europa fosse un normale stato federale.

Non so chi abbia scritto queste inesattezze ma evidentemente l'autore nulla sa di un normale stato federale.
E nel caso di dubbio, l'Europa non è una nazione federale. Normale o no.
In uno stato federale non esistono meccanismi o automatismi per ammortizzare gli “shock asimmetrici”. Soprattutto se questi shock sono legati a differenti politiche economiche pubbliche degli stati membri. Esiste invece un concetto di responsabilità (parola che fa paura agli irresponsabili) per chi si assume il rischio di politiche sbagliate, esose. Non si puo' sperperare e poi chiedere l'aiuto di "mamma federazione" o agli altr membri. Questo caso mai è un classico caso di comportamento irresponsabile negli stati unitari, che stanno insieme per il collante di politiche assistenzialistiche e di scambio (do ut des) attuate da un potere centrale verso la periferia.
Nessun paradosso quindi.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 12/12/2012, 2:31

L'Europa non è uno stato federale ma l'UE ha delle regole e l'area euro ha regole ancora più stringenti.
I punti deboli sono:
- la disomogeneità del peso politico dei paesi aderenti, per cui per alcuni sono permesse eccezioni, per altri qualche volta, per altri ancora mai
- la sostanziale mancanza di potere effettivo del parlamento europeo
- l'illusione, al momento dell'euro, che tutto andasse bene e che il contesto mondiale si mantenesse bello, stabile e tranquillo: per cui non si sono previsti automatismi efficaci in caso di forte crisi e spinte centrifughe
- la possibilità di artifici, trucchi contabili, giochi delle tre carte, che hanno permesso a Italia e soprattutto Grecia di bypassare controlli già poco efficaci.

Se una federazione o una comunità di stati ha regole serie e le fa rispettare, non si arriva nella condizione di uno "shock asimmetrico".


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 12/12/2012, 8:56

flaviomob ha scritto:Se una federazione o una comunità di stati ha regole serie e le fa rispettare, non si arriva nella condizione di uno "shock asimmetrico".

Anche in USA, che possiamo definire una federazione con regole serie, puo' capitare che uno stato abbia una difficoltà nei conti pubblici ma le regole serie in questo caso molto semplici. Vedi la california che ha un debito pari al 5% del PIL e che se supera una certa soglia di indebitameno deve bloccare tutte le uscite (stipendi, pensioni, sussidi). Stessa regola a livello centrale. Nessuno corre in suo aiuto. Eventualmente il welfare aiuta le persone piu' deboli ma aiuti agli stati non ce ne sono, nelle regole scritte. Ora questa regola potremmo applicarla anche a livello di paese puramente centralizzato/decentrato, come l'Italia o la Francia. O potrebbe essere una regola UE anche senza essere una federazione. Ma questa regola nessuno la vuole e quindi è ovvio che c'è chi mantiene un comportamento virtuoso e chi invece va in crisi, a causa dei suoi errori. Possiamo quindi dire che nche in singolo stato come l'Italia, se avesse regole serie e le facesse rispettare, non avrebbe "shock asimmetrici" e che quindi l'unione europea non c'entra proprio un tubo. Anzi, essendo la UE come una vacca da cui si spera di mungere latte, questo casi mai aggrava la condizione di shock percheé uno stato si espone di piu' ai rischio contando poi di essere aiutato.
Naturalmente un keynesiano non potrà mai convenire che la regola che impedisce l'indebitamento di uno stato è una regola sera, anzi la definirà dannosa. I keynesiani quindi cercano di dare ad altri (la UE) la responsabilità dei disastri provocati dalle loro politiche di spesa pubblica gonfiata per "sostenere la crescita" e dai danni che immancabilmente si vengono a creare quando si fa marcia indietro per sistemare i conti pubblici.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 12/12/2012, 10:51

Dato che le radici del debito italiano sono: economia sommersa, criminalità organizzata, tangenti e corruzione, una federazione seria avrebbe imposto leggi serie che impedissero questo scempio (magari leggi "federali", per dire). E il PPE dovrebbe sbattere fuori Berlusconi e i suoi sodali ora, subito, adesso (anzi ieri), senza indugi. Altrimenti è una barzelletta.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 12/12/2012, 12:32

flaviomob ha scritto:Dato che le radici del debito italiano sono: economia sommersa, criminalità organizzata, tangenti e corruzione, ...

Secondo me quelli sono gli effetti palesi di cause piu' profonde e nascoste (a chi non le vuole vedere).
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda ranvit il 12/12/2012, 12:45

Secondo me quelli sono gli effetti palesi di cause piu' profonde e nascoste (a chi non le vuole vedere).


L'incapaciotà di una dialettica politica chiara e trasparente senza vedere gli avversari come "nemici"?
Posizioni di massimalismo barcamenante tra utopia ed infantilismi?
Invadenza soverchiante di una Chiesa a difesa dei propri privilegi molto terreni?
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10669
Iscritto il: 23/05/2008, 15:46

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda franz il 12/12/2012, 13:39

ranvit ha scritto:Secondo me quelli sono gli effetti palesi di cause piu' profonde e nascoste (a chi non le vuole vedere).


L'incapaciotà di una dialettica politica chiara e trasparente senza vedere gli avversari come "nemici"?
Posizioni di massimalismo barcamenante tra utopia ed infantilismi?
Invadenza soverchiante di una Chiesa a difesa dei propri privilegi molto terreni?

Elenchi aspetti che definirei culturali, e quindi sovastrutturali.
In un inaspettato rigurgito di marxismo, che spero mi perdonerete 8-) , sarei portato a prendere in esame cause piu' strutturali, economiche, affini alla struttura profonda della società.
Corporativismo, familismo, campanilismo, statalismo, clientelismo. ma potrei proseguire.
Da qui nasce la cultura della raccomandazione in luogo del merito, dei favori tra amici e furbetti in luogo della severa competizione economica, dello stato da mungere (e che quindi è bene che gestisca tanti soldi) ed infine la logica delle fazioni l'un contro l'altro armate. Ok, non è indifferente anche l'etica religiosa cattolica, ben distante da quella protestante che ha originato lo sviluppo del capitalismo nord-europeo. Da noi ha originato, per tramite della DC, una cultura di potere ben diversa da quella dei popolari tedeschi, per intenderci.
Ma l'errore non è stato di voler unire in un'unica europa realtà economiche e culturali cosi' diverse (in fondo la federalisssima svizzera ha al suo interno differenze di etica religiosa equivalenti, tra protestanti e cattolici, e li' non esistono shock asimmetrici) piuttosto quello di lasciare blandi i controlli, i paletti. Ovvamente per le resistenze dei controllati unite agli interessi di chi controllato non vorrebbe mai esserlo. Quindi ugnuno poteva farsi i cavoli suoi e scivolare verso il baratro (i PIIGS) mentre altri facevano da locomotiva.
L'asimmetria è stata lasciata a se stessa e la speranza che una moneta unica facesse da rimedio è stata una pura illusione.
Chi sguazzava ha sguazzato ancora di piu', approfittando di interessi bassi. In fondo chè stato solo un periodo virtuoso prima di entrare nell'euro (da parte di chi non aveva i conti in ordine) ma dopo c'è stato un "libera tutti". Colpa/responsabilià della UE? Teoricamente si', in partica credo non ci fossero alternative, per il governo UE di allora. Ogni stato ha le sue responsabilità. L'italia ha sprecato ed ora paga. La germania ha fatto le riforme ed ora è, per fortuna nostra, la locomotiva. A chi venderemmo se non ci fosse l'import tedesco?
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Una lettura keynesiana della crisi

Messaggioda flaviomob il 13/12/2012, 10:03

franz ha scritto:Corporativismo, familismo, campanilismo, statalismo, clientelismo. ma potrei proseguire.
Da qui nasce la cultura della raccomandazione in luogo del merito, dei favori tra amici e furbetti in luogo della severa competizione economica, dello stato da mungere (e che quindi è bene che gestisca tanti soldi) ed infine la logica delle fazioni l'un contro l'altro armate.


Il tuo esempio riguardo alla Svizzera è calzante. In presenza di un sistema legislativo efficace, le differenze culturali possono essere mantenute secondo un principio di libertà, ma i comportamenti dannosi per la collettività vengono disincentivati.

L'Italia, pare, è entrata nell'euro per il rotto della cuffia e non interamente per propri meriti. Dato che l'Europa dovrebbe conoscere i propri polli (abbiamo una storia più che bimillenaria), si dovevano porre dei paletti legislativi contro queste cose, anche perché le possibilità di espansione della malapianta sono elevate (lo vediamo con la mafia che si estende in tutto il continente). Nel momento in cui si istituiva l'Euro eravamo sotto esame: quale migliore occasione per imporre leggi più efficace contro il malaffare? Invece si è accettato di tutto, persino la sciagurata depenalizzazione del falso in bilancio. Ah, se il PPE non avesse dormito questi vent'anni. Che occasione perduta per squallidi giochi di potere. E pure la chiesa cattolica non ha scherzato, in questo senso.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

PrecedenteProssimo

Torna a Economia, Lavoro, Fiscalità, Previdenza

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 5 ospiti