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Il lavoro

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 18/08/2010, 12:55

Chiaramente sarebbe compito dello stato rimuovere gli ostacoli, non metterne altri. Poi è facile fare ironia sulle furbizie e sui sotterfugi che tutti devono fare per sopravvivere (non solo le aziende) ma ricordiamoci che il "peccato originale" causa della mancanza di lavoro è sempre dovuto a leggi sbagliate e troppe leggi.

Continuiamo a non capirci, evidentemente.
Ma non so come spiegarmi meglio di quanto abbia fatto finora, e di come ha fatto Chango.

Una semplificazione drastica della pletora di leggi e leggine sarebbe benefica per tutti, su questo non c'è dubbio, ma quello che mi sembra assurdo è il ragionamento "ad imbuto" per cui alla fine tutto si condensa nella nequizia dello Satuto, al quale non si riconosce nemmeno il valore simbolico e civile che ha avuto nell'italietta post-bellica e post-fascista.
In altri termini, più generale, Franz, il fatto è che nessuno nega l'evidenza di alcune critiche che tu fai - per altro non nuove, e anzi assai ben note e quasi universalmente condivise - ma eventuali "riforme" su certi temi non dipendono solo dal tipo di critiche che si fanno, ma dai modelli di pensiero, dall'ideologia, dal punto di vista che manifesta chi si propone per fornire "soluzioni".
In breve: il punto di vista e l'ideologia che, almeno io, riscontro nei tuoi discorsi mi spingerebbe a non affidarti mai il compito di proporre e applicare le tue "soluzioni".
Il tuo fideismo ideologico verso il feticcio dello Sviluppo e dell'Impresa è già in sé estremistico, ma risulta particolarmente stralunato in riferimento alla realtà dell'imprenditoria italiana.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 18/08/2010, 13:20

pierodm ha scritto:Una semplificazione drastica della pletora di leggi e leggine sarebbe benefica per tutti, su questo non c'è dubbio, ma quello che mi sembra assurdo è il ragionamento "ad imbuto" per cui alla fine tutto si condensa nella nequizia dello Satuto, al quale non si riconosce nemmeno il valore simbolico e civile che ha avuto nell'italietta post-bellica e post-fascista.
In altri termini, più generale, Franz, il fatto è che nessuno nega l'evidenza di alcune critiche che tu fai - per altro non nuove, e anzi assai ben note e quasi universalmente condivise - ma eventuali "riforme" su certi temi non dipendono solo dal tipo di critiche che si fanno, ma dai modelli di pensiero, dall'ideologia, dal punto di vista che manifesta chi si propone per fornire "soluzioni".
In breve: il punto di vista e l'ideologia che, almeno io, riscontro nei tuoi discorsi mi spingerebbe a non affidarti mai il compito di proporre e applicare le tue "soluzioni".

Ok, saresti concretamente d'accordo ma ideologicamente non ti fidi.
Dici per l'ideologia che io manifesto ... ma io credo che sia per la tua.
In ogni caso l'ideologia sembra di supporto al parassitismo che vorrei eliminare e non mi meraviglio per niente.
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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 18/08/2010, 16:36

franz ha scritto:Una volta che è stata stabilita una soglia (15 dip) anche altre leggi si sono accodate usandola. E peggiorando la situazione.
Il problema non è tanto accettare o meno gli standard di sicurezza (che per me dovrebbero essere universali, visto che un lavoratore in un'azienda di 5 dip non è sub-umano ma dovrebbe essere come gli altri) ma i costi collegati, che ovviamente possono disincentivare il passagio dimensionale, se evitable.
Ribadisco che i diritti (anche sulle rappresentanze sindacali) e leggi sulla sicurezza devono essere universali, non scattare sulla base di soglie. Metti soglie e vincoli ed è chiaro che alleverai, premiandola, una classe imprenditoriele nanerottola ed infima, che cercherà scappatoie ovunque, anche comprimendo il costo del lavoro (che lordo è tra i piu' elevati OECD, in termini PPP).


se i costi sulla sicurezza o la rappresentanza sindacale sono ostacoli alla crescita dimensionale, perchè, se resi universali, non dovrebbero essere ostacolo alla nascita dell'impresa stessa?
non sarebbero un vincolo da rimuovere?

se uno decide di aprire un'impresa lo fa a prescindere dalla soglia dei 15 dipendenti.
quando apri un impresa il primo problema è riuscire a sopravviere, figuriamoci ad espandersi fino alla soglia dei 15 dipendenti.
poi dipende sempre in che settore la apri e con che prosettive.


franz ha scritto:Per quando riguarda la "ricchezza nazionale" prima creiamola, facedo lavorare e crescere le imprese, e POI si puo' parlare di ridistrribuire. Ho l'impressione che molti statalisti della casta, che già sguazzano in quel 52% che lo stato sottrae alla crescita privata dando in cambio servizi di infimo ordine, pensino alla ridistribuzione (per loro è importante, per garantirsi il voto) e non alla crescita. Cosa tipica di un ragionamento parassitario. Se la ricchezza non si crea (ed in Italia non la si crea abbastanza) c'è ben poco da ridistribuire.
Per produrre ricchezza e lavoro bisogna eliminare le leggi, liberalizzare, togliere vincoli ai mercati.
Quali, come e quando è il problema di dettaglio ma basta essere d'accordo e si puo' discutere.

Franz


per quanto riguarda la ricchezza nazionale, prima decidiamo come la vogliamo produrre.
il modello sono Germania e Francia o Polonia e Serbia?

nessuno vuol impedire alle imprese di lavorare e crescere, quello che si vorrebbe e che per farlo non si debba andare a danneggiare le condizioni di vita e lavoro dei loro addetti e delle loro famiglie.
come sta avvenendo in Italia da troppo tempo.

sarà anche vero che L'italia produce poca ricchezza, ma è anche vero che la distribuisce male.
di riforme che chiedono ad un parte di fare sacrifici e rinunce in prospettiva di un aumento e redistribuzione della ricchezza, mentre la ricchezza attualmente prodotta viene incamerata da alcuni e il momento della redistribuzione viene sempre rimandato, mi sono stancato.

per produrre ricchezza sarà necessario eliminare vincoli al mercato, eliminare leggi e liberalizzare. ma forse è anche necessario che vengano riequilibrati i sacrifici richiesti tra le varie categorie. che tutte si assumano la propria responsabilità nei confronti della società.
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Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 18/08/2010, 16:42

Niente OK: queste sono conclusioni tue, non il riassunto delle mie.

Ripeto: le tue osservazioni sono condivisibili tanto quanto sono, da anni, ovvie, per ciò che riguarda il caos legislativo italiano e le sperequazioni, le consorterie, le disuguaglianze che ne derivano.
Ma le soluzioni che tu sembri privilegiare vanno in direzioni che non condivido per niente.
Trovo davvero starvagante che tu, quando si parla di disuguaglianze, neghi che esistano o ne neghi l'importanza, salvo poi concentrarti sull'unica disuguaglianza che riconosci: qualla tra lavoratori garantiti e quelli meno garantiti, a causa dello Statuto.
Uno potrebbe pensare che, tuttavia, il tuo sia un pensiero gentilmente sollecito verso quelli meno garantiti, ma poi si scopre che non è così: per te uguaglianza significa togliere le garanzie anche a quelli che ce l'hanno in forza dello Statuto.

La tua giustificazione è che per il bene di tutti bisogna fare il bene delle aziende, perché il bene delle aziende coincide con il bene comune, e porti esempi tratti qua e là per il mondo, trascurando la diversità di sistema complessivo e di "storia" che esiste tra le differenti realtà.
Ebbene, io non credo che questa posizione ideologica sia la più adatta per guidare una riforma, una ristrutturazione del sistema legislativo italiano.
Per essere più precisi, è una posizione ideologica che è tipica di una destra aziendalistica e capitalistica piuttosto estrema, ma non certo qualificante per una politica progressista.
Quindi, non sto dicendo che alla fin fine tu non sia un volenteroso riformatore: lo sei, ma di destra.
Riconosco, comunque, che riformare da sinistra sia assai più difficile, se non altro perché bisogna tener conto degl'interessi di una gamma più estesa di ceti e classi sociali: non basta far contente le aziende e pensare che queste siano il sale della terra.
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 18/08/2010, 17:01

chango ha scritto:per quanto riguarda la ricchezza nazionale, prima decidiamo come la vogliamo produrre.
il modello sono Germania e Francia o Polonia e Serbia?

Santo cielo, chango.
Non siamo nell'unione sovietica dove si decideva cosa e come produrre.
È il mercato che decide cosa e come.
Caspita lo hanno capito anche i cinesi!
Deng Xiao Ping ha detto «arricchirsi è glorioso» ed il motto è diventato «Non si produce più quanto e cosa Pechino prescrive, ma si produce quanto e cosa vuole il mercato».
Oggi assistiamo al sorpasso del Giappone e tra 15 anni si prevede quello dell'economia americana.
Noi non decidiamo un bel niente. Sono gli industriali, sono le imprese (milioni) a farlo, sono milioni di consumatori. Alla politica spetta solo (e non è poco) mettere a disposizione le condizioni quadro migliori (infrastrutture, scuola formazione professionale, un welfare efficente, sicurezza). Non sta a noi scegliere i modelli.
Se poi imporremo troppi vincoli e pessime condizioni quadro non avremo alcuna sclta tra germania o polonia, francia o serbia. Ci troveremo, troppo tardi, come la grecia.

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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 18/08/2010, 17:26

franz ha scritto:
chango ha scritto:per quanto riguarda la ricchezza nazionale, prima decidiamo come la vogliamo produrre.
il modello sono Germania e Francia o Polonia e Serbia?

Santo cielo, chango.
Non siamo nell'unione sovietica dove si decideva cosa e come produrre.
È il mercato che decide cosa e come.
Caspita lo hanno capito anche i cinesi!
Deng Xiao Ping ha detto «arricchirsi è glorioso» ed il motto è diventato «Non si produce più quanto e cosa Pechino prescrive, ma si produce quanto e cosa vuole il mercato».
Oggi assistiamo al sorpasso del Giappone e tra 15 anni si prevede quello dell'economia americana.
Noi non decidiamo un bel niente. Sono gli industriali, sono le imprese (milioni) a farlo, sono milioni di consumatori. Alla politica spetta solo (e non è poco) mettere a disposizione le condizioni quadro migliori (infrastrutture, scuola formazione professionale, un welfare efficente, sicurezza). Non sta a noi scegliere i modelli.
Se poi imporremo troppi vincoli e pessime condizioni quadro non avremo alcuna sclta tra germania o polonia, francia o serbia. Ci troveremo, troppo tardi, come la grecia.

Franz


e le condizioni quadro non determinano se ti sviluppi seguendo il modello tedesco o quello polacco?
e se a definire quelle condizioni quadro è la politica non siamo noi, intesi come comunità, che decide?
e se noi non decidiamo un bel niente, perchè te la sei menata con tutti quei paragoni europei?
se non decidimano un bel niente, che serve rimuovere vincoli, liberalizzare ed eliminare leggi?

la Cina dimostra proprio che il modello lo possiamo decidere visto che è passata da un modello comunista ad uno capitalista.
chango
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 18/08/2010, 17:42

chango ha scritto:e le condizioni quadro non determinano se ti sviluppi seguendo il modello tedesco o quello polacco?
e se a definire quelle condizioni quadro è la politica non siamo noi, intesi come comunità, che decide?
e se noi non decidiamo un bel niente, perchè te la sei menata con tutti quei paragoni europei?
se non decidimano un bel niente, che serve rimuovere vincoli, liberalizzare ed eliminare leggi?

la Cina dimostra proprio che il modello lo possiamo decidere visto che è passata da un modello comunista ad uno capitalista.

No, ritengo che le condizioni quadro deteminino un processo che non sia poi pilotabile per scegliere se serbia o germania. Diciamo che prima diventa serbia e poi, magari dopo decenni, germania.
Noi dobbiamo solo togliere il freno a mano.
La Cina è passata ad un modello capitalista e di mercato ma non si è posta il problema se sceglirere la francia o la germania, l'otalia o l'olanda.
Il loro mercato produce di tutto, da i beni a basso valore aggiunto a quelli piu' alti (Pechino sforna 100'000 ingegneri l'aanno).
Lo stesso possiamo dirlo per il Giappone. Nell'immediato dopoguerra facevano pessime copie dei prodotti occudentali, già negli anni 70 facevano prodotti migliori e poi negli anni '80 High Tech che nemmeno potevamo pensarlo.
Non esiste un modello: esiste un processo, un percorso e piu' paletti mettiamo piu' il percorso è contorto e piu' tardi arriviamo.
In ogni caso, a livello di auspicio l'obiettivo è dato dai paesi industrializzati avanzati, come USA, UK, Germania, ma per arrivarci la strada è lunga e non è detto che non si debba passare per strade che qualcuno dirà che assomigliano alla Polonia. La quale per esempio in campo scolastico educativo e formazione professionale ci batte.

Franz
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Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 18/08/2010, 18:58

franz ha scritto:No, ritengo che le condizioni quadro deteminino un processo che non sia poi pilotabile per scegliere se serbia o germania. Diciamo che prima diventa serbia e poi, magari dopo decenni, germania.
Noi dobbiamo solo togliere il freno a mano.
La Cina è passata ad un modello capitalista e di mercato ma non si è posta il problema se sceglirere la francia o la germania, l'otalia o l'olanda.
Il loro mercato produce di tutto, da i beni a basso valore aggiunto a quelli piu' alti (Pechino sforna 100'000 ingegneri l'aanno).
Lo stesso possiamo dirlo per il Giappone. Nell'immediato dopoguerra facevano pessime copie dei prodotti occudentali, già negli anni 70 facevano prodotti migliori e poi negli anni '80 High Tech che nemmeno potevamo pensarlo.
Non esiste un modello: esiste un processo, un percorso e piu' paletti mettiamo piu' il percorso è contorto e piu' tardi arriviamo.
In ogni caso, a livello di auspicio l'obiettivo è dato dai paesi industrializzati avanzati, come USA, UK, Germania, ma per arrivarci la strada è lunga e non è detto che non si debba passare per strade che qualcuno dirà che assomigliano alla Polonia. La quale per esempio in campo scolastico educativo e formazione professionale ci batte.

Franz


una volta tolto il freno a mano che si fa?
andiamo avanti (economia avanzata sui beni ad alto valore aggiunto) o indietro (Serbia o Polonia)?

perchè la storia che il processo non sia pilotabile non sta in piedi.
certo non lo si può guidare nella precisa direzione che si vuole, ma instradarlo lungo il sentiero scelto sì.
altrimenti non avrebbe proprio senso togliere il freno a mano.
perchè toglierlo se non si è in grado di prevedere e in qualche misura determinare un miglioramento della situazione?
togliere il freno a mano in discesa senza pensare di poter governare una "macchina" non solo è pericoloso ma anche stupido.

La Cina si è posta il problema di come sopravvivere alla caduta del comunismo e ha fatto scelte precise, in termini di condizioni di lavoro, di privatizzazioni di imprese prima pubbliche, di tassazione, di assenza di welfare, di norme e agevolazioni fiscali per attrarre investimenti starnieri, ecc.
adesso si sta ponendo il problema di come rafforzare il mercato interno.
non ha tolto il freno a mano e ha aspetto a vedere come andava a finire. il porcesso di transizione l'ha governato.
così come hanno fatto i paesi dell'Europa dell'est, come ha fatto l'Irlanda, la Corea del Sud, la Germania, ecc.

ritenere che basti togliere il freno a mano e poi lasciare che il mercato faccia il suo corso e che questo suo corso porti sempre e comunque dei benifici è assurdo.

poi a differenza di altri Paesi la Cina è un Paese-continente sia per dimensione che popolazione e di conseguenza il probelma di specializzarsi in qualche produzione non se lo pone.
noi che sia un paese più piccolo il problema dovremmo porcelo.
ovviamente specializzarsi non vuol dire non produrre più certi prodotti, ma semplicemtne avere una forte produzione in alcuni settori.
chango
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Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 18/08/2010, 21:30

chango ha scritto:una volta tolto il freno a mano che si fa?
andiamo avanti (economia avanzata sui beni ad alto valore aggiunto) o indietro (Serbia o Polonia)?

perchè la storia che il processo non sia pilotabile non sta in piedi.
certo non lo si può guidare nella precisa direzione che si vuole, ma instradarlo lungo il sentiero scelto sì.
altrimenti non avrebbe proprio senso togliere il freno a mano.
perchè toglierlo se non si è in grado di prevedere e in qualche misura determinare un miglioramento della situazione?
togliere il freno a mano in discesa senza pensare di poter governare una "macchina" non solo è pericoloso ma anche stupido.

Per quanto riguarda l'andare avanti o l'andare indietro, vorrei chiarire che appare chiaro a tutti gli osservatori che da un po' (direi 10 o 15 anni) andiamo nettamente indietro. Un po' perché siamo lenti (per il freno a mano) ed un po' perché gli altri vanno piu' veloci. Tra un po' raggiungere la polonia non sarà un "andare indietro" ma un successo.
Il PIL polacco cresce piu' veloce del nostro. In alcuni anni anche 5 volte di piu'. Crescono i consumi interni, esportazioni ed importazioni. Anche il PIL procapite. Ha un debito pubblico che è la metà del nostro. Ha una percentuale di manodopera qualificata superiore alla nostra. Se fossimo su quel percorso, staremmo meglio.

I processi non pilotabili. Non è farina del mio sacco ma il concetto è che l'innovazione è cosi' imprevedibile ed ingovernabile che non puoi assolutamente prevedere tra 2 anni dove andrà l'economia. Quindi è una assoluta perdita di tempo cercare di pilotare qualche cosa che non è pilotabile (l'economia). Il concetto di pilotare l'economia ed i processi economici (o il mercato) è alla base delle economie pianifcate, le quali si sono dimostrate un colossale fallimento.
Con questo non vuol dire che la politica non abbia nulla da fare. Ha ben altri compiti piu' importanti.
Sicurezza, formazione, educazione, sanità, giustizia, stato di diritto. Non sono cose da poco.
Possiamo agevollare mille volte di piu' l'economia togliendo ostacoli che facendo cose come le rottamazioni o altre cose che drogano temporaneamente la domanda e l'offerta. Possiamo governare i processi ridistributivi che si rendono necessari quando l'economia cresce in modo irruento.

Io ritengo che senza eccessivi limiti statali, ma solo con i normali vincoli che possiamo trovere nel regno unito (e che riguardano le leggi di buon senso sulla sicurezza e l'ambiente, frutto anche del lavoro dei laburisti) ed in altri paesi ad economia cosiddetta "free" (la germania non lo è ma ci si avvicina piu' di altri) le cose possono solo migliorare. Certo le cosa da cambiare sono parecchie e la frase "togliere il freno a mano" è troppo esemplificativa rispetto al necessario processo di liberalizzazione in tutti i settori dell'economia. Ma il concetto è quello. Solo in pochissimi casi servono nuove leggi: nel grosso dei casi occorre eliminarle. Soprattutto quelle che limitano i mercato, ostacolando l'ingresso di nuovi competitori o proteggendo quelli decotti (un'attività in cui la DC era maestra).

Certo che occorre avere fiducia nel mercato e se lo hanno capito i cinesi, che sono (o erano?) comunisti credo che lo si possa capire anche in Italia. Ovvio che oggi si critica il mercato italiano il quale è appunto drogato dalla convivenza con uno stato a metà strada tra il parassita e lo spacciatore ma che tutto fa tranne riversare sul paese servizi decenti che siano di supporto a chi vuole creare ricchezza nel paese.

Da quello che scrivo mi pare di ritenere (tu correggimi se sbaglio) che per te il mercato, lasciato a se stesso con le sole regole del codice civile e penale ed un minino parco di leggi sulla sicurezza, sull'ambiente, sia un elemento pericoloso, fuori controllo. Un nemico da tenere sotto controllo 24 ore su 24. Guai lasciarlo solo per un minuto.
Non sei l'unico e questa se vuoi è la grande disussione da fare. Oggi viviamo in un paese che senza essere comunista ha fatto comunqe pessimi esperimenti di (mal)governo dell'economia (tramite leggi che vincolano il mercato o ne drogano domanda ed offerta oppre malversazioni e furbetti del quartierino). Vediamo i risultati in termini di costi fiscali, debito, mancata crescita, lavoro carente, precarietà, fuga di lavoratori e aziende.

È ora di cambiare. Io credo che nel PD lo abbiano capito e non è un caso che nel manifesto dei valori del PD il socialismo non sia nemmeno menzionato mentre le liberalizzazioni si' (tre volte). Loro sanno, ma come sempre non sanno come dirlo alla base, che in parte è ancorata alla vecchia ideologia (fallimentare) che prevede un forte intervento dello stato un po' ovunque.

Non dico pero' che lo Stato sia inutile (ultimamente ho tendenze anarchiche ma cerco di tenerle sotto controllo). Lo Stato rimane indispensabile ed insostituibile solo per un ben preciso e limitato elenco di compiti, in parte sopra elencati, non tutti da assegnare al livello centrale ma da distribuire invece ai vari livelli locali. Tra i vari compiti, rimuovere ogni ostacolo al progresso, alla crescita ed all'aumento del benessere della nazione e di tutte le altre.

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Re: Il lavoro

Messaggioda Robyn il 18/08/2010, 21:39

Gli ammortizzatori e la formazione sono sempre pagati ogni mese in parti eque da lavoratori e datori di lavoro e si hanno in caso di perdita involontaria del lavoro a prescindere che si abbia un contratto a termine oppure a tempo indeterminato esattamente come in Francia e Gran Bretagna.Nel caso degli esuberi"fermo restando ammortizzatori e formazione pagati in parti eque ogni mese da lavoratori e datori di lavoro"questi devono essere gestiti con il consenso del sindacato perche se si lascerebbe mano libera sarebbe un disastro per l'occupazione.Il sindacato può dire"bè effettivamente naviga in cattive acque" oppure dire questo ci gioca Ciao Robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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